lunedì 3 gennaio 2011

Da buon pastore che difende il suo gregge, il Papa alza la voce sugli atti di violenza che stanno martoriando le minoranze cristiane nel Medio Oriente. Il bellissimo commento di Lucio Brunelli

Riceviamo e con grandissimo piacere e gratitudine pubblichiamo il seguente articolo, davvero ben fatto e completo. Anche Brunelli ha ricordato che il Papa ha piu' volte condannato le violenze contro i musulmani, citando espressamente un Angelus. La professionalita' dei giornalisti si vede anche dalla loro preparazione.
R.

Ratzinger difende la libertà per tutti

Lucio Brunelli

Da buon pastore che difende il suo gregge, il Papa alza la voce sugli atti di violenza che stanno martoriando le minoranze cristiane nel Medio Oriente. La strage nella chiesa copta d'Alessandria d'Egitto fa seguito alla carneficina nella cattedrale siro-cattolica di Bagdad il 31 ottobre scorso. Già allora, rivendicando l'attentato, il ramo iracheno di Al Qaeda aveva minacciato di colpire la comunità cristiana in Egitto, adducendo come pretesto la presunta «detenzione» in un monastero copto di due donne cristiane che si sarebbero convertite all'islam. Episodio controverso, su cui i cristiani d'Egitto (sei milioni) danno una versione completamente differente.
Al di là dei pretesti sembra innegabile l'esistenza, denunciata ieri da Benedetto XVI all'Angelus, di una vera e propria «strategia di violenza che prende di mira i cristiani».
Dall'Iraq al Pakistan, dalla Nigeria all'Egitto nelle ultime settimane gli atti persecutori si sono moltiplicati in un crescendo inquietante. A muovere il Papa non è una ragione politica né tanto meno una volontà ideologica di soffiare sul fuoco delle relazioni con l'islam. «Solo il buon pastore custodisce con immensa tenerezza il suo gregge e lo difende dal male» aveva detto nel Regina Coeli del 25 aprile 2010. Un silenzio del Papa, pur giustificato da motivi di cautela diplomatica, risulterebbe incomprensibile ai cristiani oggi sotto attacco e accrescerebbe in loro la sensazione di essere lasciati soli, non solo dalle autorità civili, ma persino all'interno della Chiesa.
Giusto quindi che i fedeli di tutto il mondo si uniscano alla preghiera e al dolore del Pontefice, chiedendo con lui un intervento concreto dei responsabili delle nazioni per garantire sicurezza e libertà di religione. Questione di civiltà, che dovrebbe interessare non solo il piccolo gregge cristiano ma, come ha detto il Benedetto XVI, «ogni uomo di buona volontà».
Il tema è grave perché ogni gesto, ogni parola fuori posto, rischia di incendiare gli animi. La stampa egiziana evoca già lo spettro di una «guerra civile» fra cristiani e musulmani. Il grande imam dell'università Al Azhar del Cairo, sceicco Ahmed El Tyeb, una della massime figure dottrinali dell'islam, ha visto nelle miti parole di Benedetto XVI una «ingerenza» negli affari interni dell'Egitto. Lo ha anche rimproverato perché non avrebbe parlato quando a essere colpiti dai terroristi in Iraq erano i musulmani.
Accusa infondata, perché Benedetto XVI in più occasioni condannò pubblicamente le stragi di fedeli islamici. Ricordiamo, a titolo d'esempio, solo l'Angelus del 26 febbraio 2006: «Si susseguono in questi giorni le notizie di tragiche violenze in Iraq, con attentati anche alle stesse moschee. Sono azioni che seminano lutti, alimentano l'odio ed ostacolano gravemente la già difficile opera di ricostruzione del Paese».
L'ultimo dei desideri del Papa è che si strumentalizzino le sue parole per alimentare uno sconsid! erato scontro di civiltà.
Non a caso ieri, mentre condannava come «vile gesto di morte» l'attacco alla chiesa copta, invitava i cristiani esasperati alla testimonianza evangelica «della non violenza». Ha troppo senso di responsabilità, il Papa, per scrivere la parola fine su ogni tentativo di dialogo e amicizia con i discepoli del profeta Maometto. Sarebbe una catastrofe per il mondo intero, e i primi a pagare le conseguenze di un clima di scontro sarebbero proprio le inermi minoranze cristiane.
Ecco perché Benedetto XVI ha accompagnato il forte messaggio di Capodanno sulla libertà religiosa con l'annuncio, a sorpresa, di un grande incontro di preghiera per la pace, ad Assisi, nel mese di ottobre, con i rappresentanti di ebrei e musulmani.

© Copyright Eco di Bergamo, 3 gennaio 2011

2 commenti:

laura ha detto...

Il commento è davvero molto bello e il Papa è portatore di pace e amore, ma ha il diritto e il dovere di difendere i cristiani perseguitati e uccisi e di alzare la voce. Non si tratta di chiudere il dialogo, ma di reclamare il diritto alla libertà di professare la propria fede. Ho ascoltato il commento di un musulmamo a proposito dell'intervento del Papa e sono rabbrivididta. Forse si deve tacere anche davanti la massacro? Il Papa avrebbe condannato anche un massacro di musulmani, ma non possono accusarlo di ingerenza. Siamo la delirio

euge ha detto...

probabilmente mi sbaglierò ma, l'idea che mi sto facendo è che si voglia creare un secondo caso
" Ratisbona" Evidentemente taluni non sono avvezzi ad ascoltare un Papa che condanna una strage di cristiani e che condanna sistematicamente, ogni forma di violenza; questa non è ingerenza ma, il sacrosanto dovere di intervenire e di dire a chiare lettere le cose come stanno. Evidentemente, fino all'elezione di Bendetto XVI, tutti i successi sbandierati ai quattro venti sul dialogo interreligioso erano solo teorici fumo negli occhi a chi ci credeva e prima o poi i nodi mai sciolti sarebbero venuti al pettine! ed è questo che si sta puntualmente verificando. Dobbiamo essere profondamente grati a QUESTO PAPA per il coraggio, la fermezza con cui sta affrontando situazioni difficilissime mai risolte.