sabato 16 aprile 2011

Reinhard Richardi: «Joseph Ratzinger è un amico attento, capace di farsi capire da tutti» (Santamaria)

IL TESTIMONE

«È un amico attento, capace di farsi capire da tutti»

Gianni Santamaria

Un Papa attento ai minimi particolari. Ma al quale non sfugge mai l’insieme. «Pen­si che ogni anno veniva a Ratisbona per Natale a trovare il fratello Georg e ci faceva visita. Una volta entran­do mi disse 'Reinhard, il presepe quest’anno è diverso'. Non ci avevo fatto caso nemmeno io». Joseph Rat­zinger si era accorto della nuova po­sizione di pastorelli e statuine varie nella bella casa del sobborgo di Pen­tling dove vivono i coniugi Reinhard e Margarete Richardi, suoi amici da quasi quarant’anni. Da quando cioè, nei primi anni Settanta, il professo­re teologo era docente nell’ateneo della cittadina bavarese.
Richardi, professore emerito di Di­ritto del lavoro, racconta al telefono – vicino al quale si percepisce ogni tanto la presenza della moglie, im­pegnata nei consultori femminili e nella Caritas – quello che è più di un aneddoto. La capacità di curare il dettaglio, infatti, Ratzinger la eser­citava anche nell’attività accademi­ca (fu decano della facoltà di Teolo­gia e anche vicepresidente dell’Ate­neo), quando si doveva ascoltare il parere di tutti nel Senato per giun­gere poi a una decisione di sintesi, assicura il docente che sedeva nel­l’organismo come decano di Giuri­sprudenza. L’amicizia della coppia con l’attua­le Papa, di una decina di anni più anziano, si è rafforzata – fino a du­rare ancora – quando entrambi i col­leghi, sacerdote e laico, misero su casa nel quartiere residenziale a po­chi chilometri dal centro città e dal­lo splendido Duomo (nei pressi del quale tut­tora vive monsignor Georg Ratzinger). Il sa­cerdote, poi vescovo, in­fine cardinale non è mai mancato a Battesimi, Cresime, matrimoni di figli e nipoti.
Casa Rat­zinger e casa Richardi distano poche centinaia di metri. Marito e mo­glie dovranno fare, in­vece un bel po’ di chilo­metri per stare con l’amico Papa quando in settembre sarà a Berlino. Nell’anno che vede le sue 84 prima­vere e i sei anni di pontificato. Poco male, ci sono abituati: ogni anno in ottobre la coppia viene in vacanza a Roma e non manca mai l’invito a ce­na dentro le Mura leonine. La grande memoria è solo uno dei tratti della personalità dell’illustre a­mico. «È una persona riservata – ci ricorda lui –. Ma al tempo stesso molto amichevole, anche con le per­sone semplici». E con i bambini, in particolare. Anche il suo innegabile profilo di intellettuale e di erudito non tragga in inganno. Richardi fa risalire alcune caratteristiche della vasta cultura dell’amico alla notoria passione che egli coltiva per le sette note: «La sua interiore musicalità, ad esempio, lo porta a saper padro­neggiare molte lingue».
E, dunque, sa farsi capire da tutti. In questi sei anni di pontificato i coniugi Richar­di sono rimasti molto colpiti dalle sue encicliche, le prime due certo. Ma soprattutto la terza, la Caritas in veritate . E poi il libro intervista con Peter Seewald e il Gesù, scritto non ex-cathedra. «Estratti di quest’ultimo sono stati pubblicati addirittura sulla Bild, che è un quo­tidiano popolare. Sono i passi in cui si parla del significato della Regalità di Cristo», ci dice. Un ar­gomento altissimo su un foglio che in Germa­nia viene definito Bou­levard- Zeitung (da noi, calcando un po’, si po­trebbe dire 'scandalisti­co'). Segno di un Papa che sta con­quistando sempre più la sua patria. Anche se persistono critiche interne, come la recente lettera dei teologi, che Richardi definisce un «infortu­nio ». E poi «posizioni di questo ge­nere non riguardano tanto la sua persona quanto la struttura della Chiesa e sono comuni anche ad al­tri Paesi», taglia corto. La situazione sta cambiando pure grazie ai due viaggi passati. Quello 'ereditato' da Giovanni Paolo II per la Gmg di Colonia. Quello del cuo­re, nella natia Baviera. Ora «una ve­ra e propria visita di Stato nella scia di quelle già compiute in Francia e Gran Bretagna». Richardi con tutta probabilità ci sarà. Il Katholisches Büro (la 'rappresentanza' dei ve­scovi presso gli organi federali) lo ha invitato a partecipare a una delle sta­zioni del viaggio: Berlino, Erfurt o Friburgo. E la preferenza del profes­sore e della moglie si appunta sulla prima tappa. Non solo perché lì ci sono i palazzi della politica.
Anche per ragioni anagrafiche. Il giurista è infatti nato nella capitale. «A Berli­no i cattolici sono una minoranza. E il Papa viene dalla cattolica Baviera. Storicamente le diverse identità hanno avuto un grande peso. Ma questo per le giovani generazioni ha poca importanza», sottolinea. Erfurt, invece, spiega il docente, è una sor­ta di enclave cattolica nel mondo protestante dell’Est (e che in passa­to dipendeva dalla diocesi occiden­tale di Magonza). Infine Friburgo, territorio occidentale in maggio­ranza cattolico e diocesi del presi­dente della Conferenza episcopale, l’arcivescovo Robert Zollitsch. A Berlino Benedetto XVI parlerà al Bundestag. «Per il Parlamento sarà un grande onore», assicura il giuri­sta. Il quale si attende un discorso che – pur non entrando diretta­mente nelle questioni politiche, co­me è costume del Pontefice – dia un filo conduttore sul quale la politica si possa esprimere, cercando di met­tere da parte le fisiologiche divisio­ni. «La cosa fondamentale riguardo alla strade da percorrere è che ci sia un accordo sui valori. Un esempio? Come già il suo predecessore ha più volte detto, che non ci è permesso di scivolare in una cultura della morte».

© Copyright Avvenire, 16 aprile 2011 consultabile online anche qui.

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