sabato 22 ottobre 2011

E per Papa Wojtyla Scampia divenne il Messico (Francesco Antonio Grana)

Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:

E per Papa Wojtyla Scampia divenne il Messico

Francesco Antonio Grana

«Fratelli, in piedi: il Papa è sulla sogliola». Fu così che un prelato annunciò ai suoi confratelli, dal microfono dell'altare, l'ingresso nel Duomo di Napoli di Giovanni Paolo II nel novembre del 1990. Nessuna città come il capoluogo campano ha un così grande debito di gratitudine nei confronti di Karol Wojtyla, di cui oggi ricorre la prima festa liturgica dopo la beatificazione del primo maggio scorso. È a Napoli che si è svolta, infatti, la più lunga visita in Italia di Giovanni Paolo II, la terza nella città partenopea dopo quelle del 1979 e del 1980 subito dopo il terremoto dell’Irpinia.
"Napoli è povera, ma ospitale. Accoglie il Papa con tutti gli onori che gli spettano". Con queste parole il sindaco Maurizio Valenzi salutò Giovanni Paolo II al suo arrivo nel capoluogo campano, ad appena un anno dalla sua elezione al soglio pontificio. "Io - disse Valenzi - sono ateo, sono comunista, ma per amore di Napoli mi attacco a tutto, anche alla sottana del Papa".
Dopo più di trent'anni sono ancora attualissime le parole che Wojtyla pronunciò nel 1979: "Napoli ha bisogno di sperare!". Questa espressione del beato Giovanni Paolo II non vuole né può essere semplicemente una formula consolatoria, come egli stesso sottolineò nella visita del '90. "Deve divenire - disse il Papa - una maniera di professare la fede cristiana mediante segni concreti di impegno e solidarietà, mediante la promozione costante della crescita morale e del risanamento dei costumi, mediante il superamento della paura e della rassegnazione".
Nel 1990 il Papa chiese ai napoletani di impegnarsi per promuovere la "cultura del bene comune, superando l’etica individualistica grazie all’osservanza convinta dei doveri civici. Occorre - disse Wojtyla - che la società civile napoletana nel suo insieme sia protagonista del suo stesso sviluppo; che il popolo di Napoli coltivi una forte coscienza sociale e, quale custode dei ricchi valori della sua tradizione, si faccia promotore di un fecondo rapporto con le istituzioni". E aggiunse: "La degenerazione della vita pubblica minerebbe alla radice ogni prospettiva di speranza.
È necessario perciò poter contare su una classe dirigente solerte e preparata nell’organizzare efficacemente la speranza, valorizzando la ricchezza di inventiva, la grande laboriosità, le capacità imprenditoriali, le risorse culturali di questa città, così da sottrarre ogni alimento alle forze disgregatrici del tessuto etico, sociale ed economico".
Quella del 1990 fu una visita straordinaria non solo per la sua durata, ma perché il Papa ebbe modo di incontrare le mille città di Napoli: i docenti universitari, i seminaristi, i lavoratori, i giovani, il mondo del volontariato, gli amministratori pubblici, il clero e i religiosi, la realtà carceraria, i malati e gli imprenditori. Da Scampia all’ospedale Cardarelli, da piazza del Plebiscito al teatro San Carlo, dal seminario, dove il Papa soggiornò, alla sede dell’Ansaldo, dallo stadio San Paolo all’aeroporto di Capodichino, dalla cattedrale al carcere di Poggioreale, dal Centro Direzionale alla Facoltà Teologica di Capodimonte: furono le tappe principale della visita pastorale del Papa, fortemente voluta dall'allora Arcivescovo, il cardinale Michele Giordano.
Ai giovani che riempirono fino all’inverosimile lo stadio San Paolo il beato Giovanni Paolo II lanciò un invito importante: "Non scoraggiatevi, non lasciatevi abbattere, non rifugiatevi nell’alibi del vittimismo, che sarebbe la peggiore risposta all’alibi del pregiudizio non sempre disinteressato sui mali di Napoli e del Mezzogiorno". Altra tappa significativa fu l’incontro con i carcerati nell’istituto di Poggioreale. "Alla scuola di Gesù, maestro di autentica umanità, - disse loro il Papa - si impara che la violenza svuota la persona e distrugge la società, che il male conduce alla morte dello spirito prima ancora che alla distruzione dell’individualità".
A Scampia Giovanni Paolo II pronunciò l’appello più importante del suo viaggio: "Non bisogna arrendersi al male! Mai! Il bene, se voluto con forza, forse fa meno rumore, ma è più efficace e può compiere prodigi. Se la situazione permane difficile, e per alcuni aspetti anche drammatica, è possibile, anzi è doveroso cambiarla, per creare un futuro migliore per voi e per i vostri figli". E al cardinale Giordano confidò: "Solo in Messico ho visto lo stesso entusiasmo di Scampia".

© Copyright Il Denaro, 22 ottobre 2011

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