venerdì 18 novembre 2011

Da venerdì 18 a domenica 20 Benedetto XVI in Benin (Ponzi)

Da venerdì 18 a domenica 20 Benedetto XVI in Benin

Un viaggio nel segno della continuità

di Mario Ponzi

Tutto è pronto a Cotonou per accogliere il Papa, che visita il Benin dal 18 al 20 novembre. I motivi del viaggio sono noti. Benedetto XVI va per firmare e consegnare l'esortazione post-sinodale nella quale ha raccolto e ha tradotto in indicazioni pastorali le indicazioni emerse nel corso della seconda assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei vescovi, svoltasi dal 4 al 25 ottobre 2009. Al contempo concluderà con la comunità ecclesiale beninese le celebrazioni per il 150° anniversario dell'evangelizzazione del Paese e renderà onore a uno dei suoi figli più illustri, il cardinale Bernardin Gantin. Sarà dunque un momento importante per la nazione africana che per la terza volta nella sua storia si appresta a ricevere un Papa. Le due precedenti visite erano state compiute da Giovanni Paolo II nel 1982 e successivamente nel 1993.
Sono trascorsi diciotto anni da quell'ultima volta. La situazione è naturalmente diversa, ma molte delle questioni denunciate a quel tempo non hanno ancora trovato una soluzione. Quel che è evidente, invece, è il cammino deciso compiuto accanto al popolo dalla Chiesa. Le statistiche indicano una crescita tendenziale. Oggi, su una popolazione complessiva di oltre otto milioni e settecentomila abitanti, si registrano circa tre milioni di cattolici, undici vescovi, circa 1.500 sacerdoti, poco più di 1.900 tra religiosi e religiose. Lasciano sperare i circa 800 studenti che frequentano i seminari.
La religione predominante è quella tradizionale animista. Discreto il numero di altre Chiese cristiane e di musulmani. A tutt'oggi non esiste una traduzione della Bibbia nelle lingue del Benin. Sarà forse anche questo che ha favorito il sincretismo e il proliferare delle sette religiose che si diffondono a macchia d'olio, così come nel resto dell'Africa. Prevalente è l'animismo. Le pratiche vudù sono visibili e largamente praticate, almeno stando al gran numero di luoghi di culto che punteggiano tutto il territorio nazionale.
Nel Paese, tuttavia, c'è una radicata religiosità popolare che si traduce in una provvidenziale fioritura di vocazioni e nel continuo sorgere di comunità di laici impegnati al fianco della Chiesa. Il frutto più confortante di questi anni è la serenità del processo di inculturazione del Vangelo e la conseguente indigenizzazione della Chiesa locale. Recentemente l'arcivescovo di Cotonou, monsignor Antoine Ganyé, parlando dei 150 anni di evangelizzazione, ha sottolineato come «la Chiesa stia crescendo nelle sue diverse manifestazioni. Dobbiamo ringraziare i missionari che ci hanno fatto conoscere il Vangelo, ci hanno educato alla fede e ci hanno insegnato a sentirci una grande famiglia di credenti».
Il Benin gode fama di essere un'isola felice per la convivenza tra le diverse religioni. Non mancano dialogo e collaborazione, pur nella molteplicità delle etnie che lo popolano. Anche perché nell'anima beninese è innato uno straordinario spirito di convivenza. In questi giorni i catechisti africani hanno dedicato numerosi incontri ad approfondire il pensiero del Papa sul dialogo tra le religioni e la sua convinzione della necessità di non perdere mai di vista il carattere assolutamente centrale della questione di Dio e del suo disegno per l'uomo in Gesù Cristo. Benedetto XVI è stato presentato come «il pastore accorto e lungimirante, che vuole aiutare a uscire dalla dittatura del relativismo, a qualunque livello essa si trovi». Si aspettano da lui un nuovo invito, esteso a ogni credente, a dimostrare coi fatti che le religioni liberano veramente l'uomo e contribuiscono alla pace nel mondo. Il relativismo è oggi la fonte più seria d'intolleranza e di violenza. L'Africa si aspetta dunque dal Pontefice un aiuto per far sì che le due ali della fede e della ragione si dispieghino verso la verità di Dio, perché la Chiesa del continente diventi anch'essa Chiesa missionaria ad gentes.
Per quanto riguarda il profilo sociale del Paese, la barra è orientata verso una certa stabilità, anche se problemi non mancano. In molti parlano del Benin come di una nazione povera ma non misera, nel senso che non c'è la miseria che si vive in altri contesti africani. Certo, non si può dire che sia un Paese ricco. La malnutrizione colpisce tante persone ma non si muore di fame. L'economia è di sussistenza. La gente vive di piccoli commerci e di agricoltura che si regge su coltivazioni di cotone, di mais, manioca e sull'estrazione di olio di palma. Proprio su quest'ultima punta molto il progetto di rinascita agricola. Nel 2007 fu varato un piano di ristrutturazione delle piantagioni orientate alla produzione di agrocarburanti. Il suggerimento venne dal Fondo monetario internazionale e riguardava tutta l'Africa. In Benin fu talmente preso sul serio che il Governo fissò la data del 2011 per l'individuazione di ben tre milioni di ettari da dedicare alla produzione di agrocarburanti. Naturalmente sul progetto hanno subito messo le mani le grandi aziende terriere e i tentativi dei piccoli agricoltori di seguirne la strada hanno finito solo per impoverire la loro fonte di autosostentamento. Una situazione destinata a diventare pesante se si considera che stanno diminuendo rapidamente le scorte alimentari.
In questi ultimi anni si sono andati intensificando i rapporti commerciali con la Cina che ha da tempo scelto di orientare i propri interessi verso il continente africano. Sono stati sottoscritti diversi accordi di partenariato e molte società cinesi hanno investito ingenti capitali in Benin, soprattutto nel settore agricolo, oltreché in quello tessile e delle telecomunicazioni. E mentre la penetrazione cinese non accenna a rallentare, si apre un altro fronte commerciale con il Vietnam. Evidentemente si fa sempre più scarsa la fiducia nei confronti del mondo occidentale, che del resto non ha favorito l'integrazione regionale né lo sviluppo economico dei Paesi dell'area.
Del resto negli anni più recenti, in Benin le cose non sono andate benissimo e la tormenta finanziaria che ha investito il mondo intero qui ha assunto proporzioni gigantesche. I provvedimenti adottati per fronteggiarla hanno favorito l'inasprimento della pressione fiscale e i prezzi, soprattutto quelli dei generi alimentari e della benzina, sono finiti alle stelle con pesantissime ricadute sulla popolazione. Il declino del settore agricolo non accenna a diminuire, anche a causa della perdurante difficoltà di accesso alla proprietà delle terre da coltivare.
Ne consegue un massiccio esodo dalle zone rurali, soprattutto di giovani. I terminali finiscono per essere naturalmente le grandi città, mentre vengono sottratte braccia all'agricoltura e si creano immense fasce di povertà che le stringono d'assedio.
Un quadro di difficoltà abbastanza comune in tutti i Paesi africani. Ma nel Benin la situazione sta assumendo aspetti molto seri. Attualmente almeno il settanta per cento della popolazione attiva è senza lavoro e si tratta soprattutto di giovani. Piaga dolente è la tratta dei minori. Pochi anni fa il ministero delle Famiglie e dell'Infanzia realizzò uno studio in collaborazione con l'ufficio delle Nazioni Unite in Benin. Ne risultò un quadro drammatico: in un solo anno quarantamila minori tra i sei e i diciassette anni sono finiti nelle mani dei trafficanti. Come in tanti altri Paesi dell'Africa capita che tra le famiglie povere e numerose delle zone rurali sia diffusa la pratica di affidare i propri figli a uomini che, in cambio di denaro, si impegnano a trovare loro un buon lavoro.
Altra piaga storica per il Paese è la corruzione, a tutti i livelli. Non è un caso che i vescovi abbiano spesso lanciato appelli ai fedeli per denunciare «la corruzione che ostacola lo sviluppo». Nel 2006 il Governo stesso mise in campo una vasta operazione anticorruzione. Gli effetti si fecero sentire nell'immediato, ma alla lunga la piaga si è mostrata di nuovo: circa l'80 per cento delle persone intervistate di recente hanno ammesso di aver dovuto pagare una tangente per ricevere quanto gli era dovuto.
Si tratta di sfide che la Chiesa affronta con vigore. Numerose le opere messe in campo per contrastare questi fenomeni: dall'apertura di scuole che garantiscono a tutti, senza distinzione alcuna, educazione e formazione, alla promozione di centri di accoglienza per emarginati, alla gestione di luoghi di assistenza e cura per i malati, in particolare per quelli colpiti dall'aids e dalla lebbra. Importante anche l'opera a favore soprattutto dei bambini abbandonati. Per l'Africa rappresentano uno dei drammi più dolorosi. Non a caso il Papa ha voluto riservare a loro un pomeriggio intero. Un fatto inedito nei viaggi apostolici ma significativo.

(©L'Osservatore Romano 17 novembre 2011)

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