Su segnalazione di Eufemia leggiamo:
Ma quale WikiLeaks, in Vaticano s'è visto molto di peggio...
Quando i servizi di tutto il mondo (quelli veri) spiavano i Conclave
Paolo d'Andrea
Undici settembre della diplomazia o bidone intergalattico confezionato ad arte? Se c'è un posto al mondo dove finora nessuno ha dubbi su come classificare le "rivelazioni" di WikiLeaks, quel posto è il Vaticano.
I monsignori si danno di gomito tra risatine complici: i file "segretissimi" del sito pirata dedicati all'ultimo Conclave si sono rivelati banalissimi report d'intelligence diplomatica costruiti sulla base di qualche ritaglio di giornale e di qualche chiacchierata da caffè coi giornalisti. Vaticanisti di lungo corso come Marco Tosatti e Luigi Accattoli nei loro blog si divertono con gusto autoironico ad autodenunciarsi come "gole profonde" degli apparati Usa: hanno ritrovato nei dossier vaticani messi in rete da Julian Assange alcune "dritte" fuori bersaglio che loro stessi avevano contribuito a diffondere coi loro articoli sul toto-Conclave in tempo di Sede apostolica vacante.
Speculazioni in cui nell'aprile 2005 si accreditavano come teste di serie nell'imminente elezione pontificia personaggi in porpora come il colombiano Darìo Castrillòn Hoyos, il belga Godfried Danneels o l'italiano Dionigi Tettamanzi che poi, stando al "verbale" del Conclave pubblicato nel settembre 2005 dal vaticanista Lucio Brunelli sulla rivista Limes, non sono mai entrati in partita. E soprattutto, in quelle pompose "informative" partite dall'ambasciata Usa in Italia si escludevano o sottostimavano le chances dell'anziano teologo bavarese divenuto effettivamente successore di Giovanni Paolo II dopo solo quattro votazioni. La vicenda ripropone domande già più volte affiorate sul ruolo dei media nella delicata fase del pre-Conclave, quando i vaticanisti finiscono spesso per diventare portatori più o meno consapevoli dei desiderata delle loro fonti in porpora. Ma la sciatteria arruffona dei recenti dispacci Usa impressiona soprattutto se si confronta con la cura e la dovizia di strumenti che in passato gli apparati diplomatico-informativi usavano per monitorare attraverso canali ben più attrezzati le dinamiche reali dei vertici della Chiesa, influenzandole anche come fattori attivi di condizionamento.
Il Conclave è stato da sempre argomento d'interesse per le grandi potenze. Ma un tempo tale interesse non si saziava con la raccolta dei toto-papa prodotti a ritmo industriale dai giornalisti nei giorni che precedono l'Extra Omnes. Al Conclave del 1903, la strada all'elezione di papa Giuseppe Sarto, alias Pio X, fu spianata proprio da una decisiva interferenza politico-diplomatica recapitata fin dentro la Cappella Sistina: il veto posto dall'Austria-Ungheria - e comunicato al Sacro Collegio dal cardinale di Cracovia Puzyna - sulla possibile elezione a Papa del cardinale Mariano Rampolla Del Tindaro, già Segretario di Stato dello scomparso Leone XIII. Un intervento ad excludendum che allora era riconosciuto come privilegio a Francia, Austria e Spagna, e che fece fuori il porporato siciliano per il ruolo oggettivamente "antitriplicista" da lui assunto nella fase finale del pontificato leonino. La vicenda è raccontata nel bel volume di Luciano Trincia Conclave e potere politico (edizioni Studium, Roma 2004), dove si mette in luce anche il ruolo avuto dall'allora giovane minutante vaticano Eugenio Pacelli nella nuova legislazione sul Conclave voluta negli anni seguenti da Pio X, in cui si soppressero gli antichi privilegi di veto fino ad allora riconosciuti alle potenze europee. Una misura cautelare che comunque non frenò di lì in avanti gli interessi e le interferenze politici e geo-politici intorno al Conclave, a loro volta usati dalle cordate ecclesiastiche come sponde per realizzare i propri disegni.
Anche nei giorni precedenti il Conclave del giugno 1963 un siluro fu lanciato contro un candidato forte al trono di Pietro: il cardinale armeno di Curia Pietro Agagianian, la cui sorella, cittadina sovietica, fu fatta passare come una collaboratrice del Kgb. Quella volta, a preparare un accurato dossier di 25 pagine da far girare negli ambienti vaticani fu il Sifar, il servizio segreto militare italiano guidato da Egidio Viggiani, uomo di fiducia del generale Giovanni De Lorenzo. Le barbe finte italiane avevano pedinato per giorni la sorella del cardinale, prendendo nota anche di un suo incontro con un funzionario armeno dell'ambasciata sovietica a Roma. Da quel Conclave uscì Papa il cardinale di Milano Giovanni Battista Montini. E anche la sua figura è al centro di vicende che documentano entrature potenti degli apparati diplomatici e informativi ai piani alti della cittadella vaticana. Qualche anno fa, nel loro libro Made in Usa, le origini americane della Repubblica Italiana (Rizzoli, 1996) Ennio Caretto e Bruno Marolo citarono numerosi documenti degli archivi Usa sul Vaticano e su monsignor Montini, che mettevano in luce tra l'altro l'interesse con cui l'amministrazione Usa seguiva le mosse del futuro Paolo VI, individuato già prima degli anni Quaranta dall'allora capo dell'Oss (i servizi segreti Usa) William Donovan come uomo chiave della ristrutturazione politica dell'Italia post-fascista.
L'interesse delle potenze globali per quel che succede in Vaticano ha conosciuto una prevedibile impennata con il pontificato di Giovanni Paolo II. Al tempo della sua elezione i sovietici non avevano dubbi: per loro si trattava di un bel colpo messo a segno dalla Cia. Nel 1985, il giornale russo Novoje Vremja leggeva in questa luce anche l'improvvisa scomparsa del predecessore Albino Luciani: a sentir loro, «Le intenzioni di Giovanni Paolo I mal si accordavano coi piani del governo americano» così «i nemici della distensione» avevano provveduto a «sostituirlo» con «un Papa che cercasse non il dialogo, ma lo scontro tra Est e Ovest». Sull'interesse americano per la "Santa Alleanza" con il pontificato polacco sono scorsi fiumi d'inchiostro. Carl Bernstein e Marco Politi nel loro libro Sua Santità (Rizzoli 1996) hanno raccontato nei dettagli e senza ricevere smentite gli incontri tra il Papa polacco e il direttore della Cia William Casey, che sottoponeva all'attenzione di Wojtyla anche le foto satellitari sui movimenti di truppe e armamenti oltre la Cortina di ferro. E prima che crollasse il comunismo, anche a Mosca c'era più di qualcuno interessato a origliare le conversazioni negli appartamenti privati d'Oltretevere. Nella sentenza del giudice Priore sull'attentato a Wojtyla del maggio 1981 si evince che il cardinale Agostino Casaroli fu spiato dal Kgb fino al maggio del 1990 grazie a una microspia che l'agente cecoslovacca Irina Trollerova, sposata con un nipote del cardinale, aveva piazzato nel soggiorno del suo appartamento, ben nascosta in una statuetta della Madonna. Se da tanto frenetico duellare d'intelligence si passa alle scialbe paginette inviate al Dipartimento di Stato Usa come documentazione "riservata" sulle incognite dell'ultimo Conclave, il salto è brusco. E il profilo dottrinale e pastorale del pontificato in corso, dopo l'era wojtyliana, probabilmente ha accentuato vieppiù il calo d'interesse delle cancellerie internazionali per gli equilibri misteriosi d'Oltretevere. Forse qualche alto prelato se ne dispiace, vedendo in tale décalage un ulteriore indizio della tanto aborrita «irrilevanza» ecclesiale, e una conferma del fatto che - come sostiene un saggio di Massimo Franco - «la Chiesa sta perdendo peso in Occidente». Ma c'è da scommettere che al Papa bavarese la scarsa attenzione degli apparati diplomatico-informativi per la sua persona e per la Chiesa intesa come lobby geo-politica non dispiaccia granché. Anzi.
© Copyright Il Secolo d'Italia, 2 dicembre 2010
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venerdì 3 dicembre 2010
1 commento:
Ci siamo trasferiti ad altro indirizzo
:-)
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Sarà che i governi italiani di solito subiscono gli ambasciatori americani mentre il Vaticano cerca di sceglierli. Quello francese è rimasto vacante un bel po' e persino Caroline Kennedy non riuscì gradita. Ora tocca a quello britannico, Eufemia
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