Il sangue degli innocenti
Don Filippo Di Giacomo
L'ultimo attentato islamico in Egitto, ha colpito una comunità cristiano-copta pacificamente riunita in preghiera. Negli ultimi trent’anni, in tutto l’islam, mani assassine hanno aggredito tutte le confessioni cristiane, non solo quella cattolica, mentre erano all’opera in ospedali, scuole, opere sociali a favore di tutta la popolazione.
Questo è accaduto anche in contesti socio-culturali spesso descritti dai distratti nostrani come “moderati”.
Anche se poi anche questi Paesi vengono chiamati a pagare pegno ogni volta che diventano utili, nella rappresentazione mediatica, alla tesi di chi vede nello scontro tra islam e cristianesimo, i due termini di un conflitto di civiltà che è in corso ormai da troppo tempo.
Forse, anche di fronte a quanto sta accadendo in Egitto va intanto considerato che, mentre si discute di conflitto di civiltà e di contrasto alla deriva islamista di matrice sunnita o sciita, i “moderati” islamici si sentono legittimati ad approfittare delle categorie di sicurezza nazionale per aumentare la marginalità sociale e politica sia delle minoranze religiose sia della “maggioranza” di poveri ed esclusi, per spegnere ogni speranza verso un sistema politico e sociale corretto e per diminuire la tutela delle libertà democratiche a chiunque non si pieghi anche alla loro interessata interpretazione dell’islam. Se poi si analizza concretamente la geografia disegnata, dalla fine del secolo scorso a tutto il primo decennio del nuovo, dal sangue versato con le offese alla vita e alla libertà delle comunità cristiane che, con perseveranza, hanno testimoniato la fede alle frontiere della Chiesa e dell'umanità, scopriamo che l'odio religioso c'entra poco come spesso poco c'entrano i fanatici islamici di turno. Sono state persino cristiane, se non proprio cattoliche, le mani vigliacche che hanno ucciso in Europa, in America Latina, in Africa e in Asia, credenti che operavano a favore dei diritti umani dei senza terra e degli altri dannati dall'economia globalizzata. Subito dopo la seconda guerra mondiale, e fino agli anni Settanta, i giuristi sospettavano che l'alto tasso di libertà religiosa in vigore nel mondo Occidentale fosse direttamente proporzionale all'insignificanza che la religione aveva nel mondo della produzione e dell'economia.
Nel 1971 la Chiesa Cattolica celebrò un’assemblea generale e stilò un documento su ciò che stava per succedere e che ricordiamo come “crisi energetica”, cioè la prima (forse anche la “madre”) delle grandi crisi globali dei nostri tempi. Non è una gran soddisfazione leggere voci autorevoli, come quelle del Wall Street Journal, sostenere che la campagna anticattolica in corso negli Stati del Nord America e di alcuni Paesi europei sia stata, se non orchestrata, almeno cavalcata da quegli ambienti che mal sopportano la proposta di senso e di etica che le grandi religioni mondiali, sotto l'impulso della Chiesa di Roma, tentano di introdurre nei meccanismi della politica sociale e finanziaria internazionale.
Quando Benedetto XVI invita tutti «a far regnare la pace», iniziando da quella interreligiosa, (cosa diversa da quel “proteggeteci” che gli è stato attribuito nella omelia del primo gennaio) usa quattro belle e profonde categorie: memoria, narrazione, solidarietà e compassione. E questo, non per chiudere ma per aprire gli occhi a tutti perché la teologia cristiana, orientata verso la prassi, tiene “gli occhi aperti” sulla storia del mondo, cioè sulle sofferenze di tutti. Certo i cristiani non hanno il monopolio del martirio e della testimonianza.
Negli stessi Paesi infatti dove sangue cristiano innocente viene versato con indifferenza, spesso la terra è bagnata da sangue e dolore di testimoni di altre religioni, della politica, della libertà di parola, delle riforme sociali, dei diritti individuali, della libertà negli affetti …E anche questo dolore è avvolto nell’indifferenza. Oppure è svenduto, per quattro soldi, agli interessi delle rockstar e delle Ong. Per questo, forse va riconosciuta l’infinita saggezza di Benedetto XVI nel non voler trasformare l’oceano di dolore della Chiesa (senza qualificativi confessionali) in altrettanti argomenti (secondo la definizione di Andrew Sullivan) per i “cristianisti” che si dicono allergici alle chiacchiere ecumeniche, i teorici dell’identità forte, quelli che vantano di non calare mai le brache, che in economia continuano ad essere ultraliberisti e che, quando guardano il mondo, lo vedono a immagine e somiglianza dell’Occidente.
Il Papa in questi giorni natalizi ha fatto ben comprendere che, in Egitto come altrove, quando i cristiani muoiono perseguitati un altro passo è stato compiuto per uscire dalla notte del venerdì santo. Perché quando la ragione impazzisce, solo gli innocenti anticipano la resurrezione del buon senso.
© Copyright L'Unità, 6 gennaio 2011 consultabile online anche qui.
Che Dio mi perdoni ma don Filippo mi è proprio insopportabile.
RispondiEliminaCome usare anche il sangue dei cristiani (senza qualificativi confessionali, naturalemente!) per vomitare le proprie idiosincrasie per i "cristianisti" e provare ad arruolare Benedetto XVI alla propria ideologia inclusivista.
Un commento di Enzo Bianchi
RispondiEliminahttp://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=8263&ID_sezione=&sezione=
Sul Foglio un articolo di Rodari: "Ratisbona e ritorno. Perché sull’islam la chiesa ha idee contraddittorie".
RispondiEliminaE' solo per abbondati, l'ho letto sul cartaceo questa mattina, ma non saprei come inserirlo. Forse più tardi Rodari l'ho metterà sul suo blog.