mercoledì 2 febbraio 2011

La biblioteca di Serra San Bruno. Sulle tracce dei certosini in Calabria (Falcone)

La biblioteca di Serra San Bruno

Sulle tracce dei certosini in Calabria

di Luigi Falcone

A coronamento delle iniziative promosse per le celebrazioni del ix centenario della morte di san Bruno di Colonia, è stata in questi giorni pubblicata l'edizione critica, a cura di Pietro De Leo, delle raccolte librarie del monastero, nelle grange e nel feudo della certosa di Serra San Bruno alla fine del XVI secolo indicate nell'inventario fatto redigere dalla Congregazione dell'Indice tra il 1599 e il 1603 e contenuto nel codice Vaticano Latino 11276 (La Biblioteca ritrovata, Soveria Mannelli, Rubbettino).
Un repertorio di circa 2.500 volumi, che registra non solo i libri disponibili all'interno del monastero, ivi compresi numerosi manoscritti e una trentina d'incunaboli, ma anche quelli dislocati nel territorio soggetto alla certosa, ricordati nella visita apostolica effettuata nel 1629 dal vescovo di Venosa Andrea Perbenedetti.
Dalla visita apprendiamo che la biblioteca si trovava presso la cella del priore e i libri catalogati per disciplina erano a libera disponibilità di ciascun monaco. Il loro valore si aggirava intorno ai 6.000 ducati. Viene fatto quindi di pensare che nel primo decennio del XVII secolo, espletati parte dei lavori di ripristino della certosa, venne trasportata in un unico locale gran parte dei volumi presenti prima nelle celle dei monaci, mentre rimasero presso le abitazioni dei sudditi i libri che a vario titolo essi possedevano o custodivano.
Questo fino al terribile terremoto del febbraio 1783 che devastò radicalmente il territorio delle Serre e la certosa sfaldò il suo patrimonio artistico e librario, quest'ultimo in parte recuperato e poi confluito nella biblioteca Capalbi di Vibo Valentia, insieme a molti documenti privati e pubblici di eccezionale valore.
L'edizione del presente catalogo conferma pienamente la straordinarietà del patrimonio librario del monastero di Santo Stefano del Bosco, che era stato riaffidato ai certosini da Papa Leone x nel 1513.
Un aspetto singolare è costituito dalla variegata tematica, anche in lingua italiana: liturgia, medicina, teologia, matematica, oratoria, astrologia, autori classici e padri della Chiesa, diritto, geografia, economia, navigazione, agiografia, architettura, musica, agricoltura, erboristeria e scienze naturali, con diffuse presenze di testi biblici, breviari, martirologi e libri di pietà legati alla vita spirituale dei religiosi all'interno delle celle e a quella dei sudditi dislocati nel territorio della certosa, da Serra a Spatola, da Bivongi a Montauro. Una serie, quest'ultima, dilatata verso le scienze umane e la saggistica letteraria in gran parte «italico idiomate».
Decisamente interessante è la provenienza dei libri che risultano stampati nelle principali tipografie italiane ed europee.
Merita inoltre attenzione l'elenco dei sudditi acculturati che, proprio per questo, erano in grado di avere dei libri a disposizione, in un contesto politico segnato dalla dominazione spagnola rappresentata da Giovanni iv Ventimiglia, marchese di Gerace (1559-1619), vicario generale del Regno di Sicilia e di conseguenza dal diffondersi della cultura spagnola in Calabria.

(©L'Osservatore Romano - 2 febbraio 2011)

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