La vita nella sequela del Signore
Un'esegesi vivente del Vangelo
di Nicola Giordano*
«Vivere nella sequela di Cristo casto, povero e obbediente è (...) una "esegesi" vivente della Parola di Dio». È questa una affermazione di Benedetto XVI contenuta nell'esortazione apostolica postsinodale Verbum Domini (n. 83). Siamo ben certi che Gesù è la Parola vivente di Dio, colui che, per tutta l'umanità, è il modello, il maestro, la luce vera. Egli illumina ogni persona che viene nel mondo.
La deduzione che la vita umana, e ancor più la vita consacrata, diventa «esegesi» vivente della Parola di Dio, propone una singolare dimensione antropologica cui tutti gli uomini dovrebbero ispirarsi. Il legame libero e cosciente a Cristo casto, povero e obbediente diventa, in se stesso, una speciale consacrazione che spiega e prelude la configurazione a Cristo.
Dalle premesse scritturistiche si evidenziano la nobiltà della natura umana -- anima e corpo -- e la eccellenza delle facoltà proprie di ciascun individuo che viene coinvolto nella dinamica di Dio, autore della vita. Ciò che a volte manca nel quotidiano è la consapevolezza dell'essere chiamati a realizzarsi in una dignità di vita che conduca ogni uomo a essere «esegesi» divina.
Il termine usato da Benedetto XVI deve essere interpretato nel suo esatto valore etimologico di «spiegazione-manifestazione» e anche di «guida e conduzione pratica», finalizzato alla realizzazione di un processo di vita innovativa che deve diventare caratteristica particolare di ogni consacrato. Fin dal battesimo si acquista la fisionomia particolare di autentici consacrati. Spesso non ci si rende conto che la vita consacrata, cui in special modo sono chiamate alcune persone, non è un beneficio ricadente sulla propria singola individualità, ma si estende nell'ampiezza del piano di salvezza universale voluto da Dio. Occorre, per questo, scoprire e realizzarsi come «esegesi» di vita nuova, che significhi un nuovo modo di vivere attraverso un continuo divenire ascensionale, seppur sempre esposto a turbamenti, rischi e pericoli. Un modo di vivere che non può e non deve rinchiudersi in schemi già sperimentati. Ogni giorno è il novum donato da Dio all'universo. Solo Dio è il sempre intramontabile novum, e accanto e perfettamente unito a Lui c'è il Logos che si fa carne e cibo. Gesù Cristo non va catalogato in scaffali riposti, in preziosi reliquiari o in arcaiche strutture se pure di altissimo valore. Va ricercato, amato, fatto conoscere, annunziato, testimoniato in una forma e consuetudine di vita visibile e comprensibile anche dai moderni frequentatori degli stadi, della politica, delle accademie, delle piazze e, ancor più, da quanti giacciono lungo le strade intasate di mezzi che rendono sempre più difficile il camminare in armonia e l'udire la voce di Colui che parla al cuore.
Non si auspica soltanto un rinnovamento di stile corporativo o di nuove immagini stereotipe. Si vuole un rinnovamento luminoso, che parta dal cuore, che sia chiaro e saggio, capace di conquistare, entusiasmare, innovare l'esistenza di ogni individuo e di ogni società. La radicalità in Cristo è dovere primario e fondamentale per ogni credente.
La moderna «esegesi» va fatta sul Cristo affinché si comprenda Lui, irradiazione della gloria del Padre, casto, povero e obbediente, venuto a proporre la concretizzazione di una forma di essenzialità cristiana che conduca a Dio bandendo atteggiamenti di vita egoistica simili a incomprensibili sogni idilliaci. Un cristiano consacrato è spronato a non danneggiare la propria esistenza obliando il categorico proclama: «Guai a me se non predicassi il Vangelo» (1 Corinzi, 9, 16). È questa una norma di vita mirante a proporre, con maggiore insistenza e maggiore coerenza, la realtà che il «vivere è Cristo» e che unica legge del vivere consacrato deve essere l'ossequio alla legge di Gesù che insegna ad amare il mondo intero come ama Dio.
(©L'Osservatore Romano - 2 febbraio 2011)
*Fondatore del movimento di spiritualità "Vivere In"
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