Il Papa alle Fosse Ardeatine: luogo del male più orrendo
L’omaggio di Benedetto XVI alle 335 vittime della strage nazista, assieme al rabbino capo di Roma Di Segni e al cardinale vicario Vallini
DA ROMA
SALVATORE MAZZA
Quell’eccidio fu «un’offesa gravissima a Dio». Perché fu «violenza deliberata dell’uomo sull’uomo». Violenza che «l’effetto più esecrabile della guerra, di ogni guerra, mentre Dio è vita, pace, comunione».
Un monito alto, importante, quello che Benedetto XVI ha voluto lasciare, domenica, con la sua visita alle Fosse Ardeatine, nel 67° anniversario della strage nazista. Sacrario «caro a tutti gli italiani, particolarmente al popolo romano», ha sottolineato il Pontefice, nel breve discorso pronunciato al termine della visita e dopo la preghiera col rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni. «Doloroso memoriale del male più orrendo», dal quale, proprio attraverso la testimonianza dei martiri, scaturisce «la risposta più vera», che è «quella di prendersi per mano, come fratelli, e dire: Padre nostro, noi crediamo in Te, e con la forza del tuo amore vogliamo camminare insieme, in pace, a Roma, in Italia, in Europa, nel mondo intero».
È stata, l’ora trascorsa da papa Ratzinger al Memoriale sulla via Ardeatina, un momento vissuto tra preghiera ed emozione. Con Benedetto XVI a ricordare le testimonianze lasciate da alcuni dei caduti – dal «Credo in Dio e nell’Italia» graffito su un muro di via Tasso al foglietto rinvenuto nella tasca di una vittima, «Dio mio grande Padre, noi ti preghiamo affinché tu possa proteggere gli ebrei dalle barbare persecuzioni » – e l’incontro con i parenti, che il Papa ha salutato tutti, mentre si presentavano col nome del 'loro' caduto.
Arrivato verso le dieci del mattino, e accolto, tra gli altri, dal cardinale vicario Agostino Vallini, dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, dal generale Vittorio Barbato, commissario generale per le onoranze ai caduti in guerra, da Francesco Sardone, direttore del mausoleo e da Rosina Stame, presidente dell’Associazione nazionale tra le famiglie dei martiri caduti per la libertà della Patria, Benedetto XVI ha per prima cosa deposto un cesto di rose rosse davanti alla lapide che ricorda l’eccidio. Quindi ha visitato le grotte, accompagnato dal cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, al quale a diciannove anni toccò l’ingrato compito di dovere riconoscere la salma del padre Giuseppe, anch’egli tra le vittime.
E proprio la tomba del colonnello Giuseppe Montezemolo e stata la prima delle tre davanti alle quali ha voluto sostare dopo il momento di preghiera – il rabbino Di Segni ha cantato in ebraico il salmo 123, il Papa ha recitato il salmo 23: « Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. Davanti a me tu prepari una mensa », al termine del quale ha pregato «per i nostri fratelli che in questi luoghi sono stati uccisi senza pietà, concedi loro di godere per sempre la luce e la pace del tuo Regno». Le altre due sono state quella di don Pietro Pappagallo, unico sacerdote tra le vittime, che collaborò intensamente alla lotta clandestina e si prodigò in soccorso di ebrei, antifascisti e perseguitati, e quella di Alberto Funaro, uno degli oltre settanta ebrei uccisi alle Ardeatine, appartenente a una famiglia che ha sofferto la perdita di due parenti alle Fosse Ardeatine e di altri venti ad Auschwitz: «Era mio zio», ha detto davanti alla tomba al Papa il responsabile dell’ufficio rabbinico, che porta lo stesso nome del martire.
Quindi, subito prima di uscire sul piazzale dove avrebbe pronunciato il suo discorso e salutato i parenti dei caduti, Benedetto XVI ha voluto firmare il libro dei visitatori illustri: lo ha fatto scrivendo in latino un verso del salmo 23, Non timebo quia Tu mecum es («Non temerò perché Tu sei con me») e quindi il proprio nome, in italiano – Benedetto X-VI Papa – e, ancora sotto, la data.
© Copyright Avvenire, 29 marzo 2011
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