lunedì 28 marzo 2011

Libia, è una guerra con tanti se e ma (Tempio)

E' una guerra con tanti se e ma

di Domenico Tempio

Questa guerra di Libia può avere due letture ideologicamente contrapposte, entrambe degne di considerazione. Se vi ricordate, quando scoppiò la guerra in Iraq sorsero spontanee manifestazioni pacifiste, quelle del no alla guerra «senza se e senza ma».
Il mondo e, naturalmente, l'Italia si divise. L'altra lettura è data da quanti ritengono che vada fermato anche con la forza il dittatore che fa stragi nel suo stesso popolo. Queste due correnti di pensiero avevano e hanno un denominatore comune: l'utopia. Se scegli l'una o l'altra strada la vita dell'uomo e i suoi valori sono sempre in pericolo.
A noi piacerebbe essere dalla parte dell'utopia, come Gino Strada, uno dei pochi rimasti fedeli al no alla guerra. Contro chiunque sia. La guerra è morte e anche se corri in aiuto di chi ha bisogno.
Ce lo ricorda il Papa: prima Wojtyla con quella veemenza propria del personaggio, poi Ratzinger con il suo raffinato ragionamento. Purtroppo l'utopia non è di questo mondo.
Detto questo, c'è da chiedersi: la guerra di Libia è giusta o sbagliata? In pochi in queste settimane hanno saputo dare una risposta certa. Rifugiarsi dietro una poco esplicita risoluzione dell'Onu dalle diverse interpretazioni ci sembra solo opportunistico.
Uno dei pochi che ha avuto la certezza di armarsi e partire è stato subito Sarkozy. Ma lì subentrano motivi che nulla hanno a che fare con le due tesi sopra esposte. Lo scopo non è di certo quello di salvare una umanità già piegata dalla frusta del dittatore, ma di mostrare i muscoli a uso e consumo elettoralistico, e, soprattutto, riprendere in una parte dell'Africa del Nord quella leadership perduta negli anni.
La Gran Bretagna, in cerca di immagine internazionale, non poteva che accodarsi al Napoleone francese. Lo stesso Obama non è che fosse contento della scelta interventista del suo segretario di Stato, Hillary Clinton. Gli americani hanno già troppi fronti aperti ed è alle porte la rivolta in Siria.
L'Italia all'inizio ha tergiversato. Il silenzioso Berlusconi è riuscito alla fine, complice la Merkel, a frenare la furia guerresca di Sarkozy. Si è riparato sotto l'ombrello del capo dello Stato evitando una decisione che in un modo o nell'altro l'avrebbe messo in difficoltà. Del resto un'astensione netta dalla guerra l'avrebbe avvicinato all'«amico» Gheddafi. E in un momento in cui l'Europa interveniva sarebbe rimasto isolato.
L'Italia non ha la stessa forza della Germania e poi in Italia l'opposizione, agguerrita com'è, sarebbe scesa in piazza qualsiasi decisione il Cavaliere avesse preso. Dimenticando - lo ha dimenticato soprattutto D'Alema sempre pronto a pontificare - l'attacco al Kossovo quando il centrodestra soccorse il governo di centrosinistra.
Il Cavaliere avrà anche pensato di entrare in scena in un secondo momento per una mediazione politica che prima o poi, se Gheddafi non venisse eliminato, occorrerà fare. Non a caso Sarkozy e l'inglese Cameron, una volta perso il comando delle operazioni militari, adesso lanciano l'idea della trattativa.
Potevano pensarci prima di attaccare, quando la situazione di Gheddafi era molto precaria, evitando un ulteriore spargimento di sangue. Davanti a tale opportunismo, dove il soccorso umanitario sembra una ipocrisia, ci sentiamo di dire che questa è una guerra piena di «se e di ma», altro che «senza se e senza ma». Nulla togliendo allo slogan pacifista che è altra cosa.
C'è troppa nebbia nel Mediterraneo per intravedere cosa accadrà. Specie da quella «zattera Sicilia» che in mezzo al mare è diventata un approdo di chi è in cerca di un futuro che la propria terra non gli ha dato.

© Copyright La Sicilia, 28 marzo 2011 consultabile online anche qui.

5 commenti:

  1. Cara Raffaella, forse ricorderai la comparsata irriverente di Gheddafi a Roma, quando, deliberatamente, venne nella città eterna, tempio del cristianesimo, ad invitare belle ragazze e cristiani di ogni tipo ad abbandonare il cristianesimo per passare all'Islam, fornendo a tutti quanti copie del Corano. Non escludo che, per quell'insulto deliberato al Papa ed al Cristianesimo, il buon Dio abbia messo mano anche alla sua giustizia in terra. Se così fosse, per Gheffafi "è finita". Spero che questo sia l'esito, per chi, come lui, platealmente, ha voluto insultare il cattolicesimo ed il Papa.
    Cherokee.

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  2. Il libro "Gesù di Nazareth" nella top 10 in Usa. In Spagna 100.000 copie in 10 giorni.

    http://www.religionenlibertad.com/articulo.asp?idarticulo=14578

    Alberto

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  3. la giustizia di Dio non è la nemesi che ci immaginiamo noi, altrimenti, e lo dico con un pizzico di ironia, cosa ci dovremmo aspettare, per chi, in Italia, ha permesso a Gheddafi di fare le sue esibizioni da circo?

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  4. D’accordo, caro Cherokee!…
    Gheddafi non è uno stinco di santo…, ma tutti - dico proprio tutti - lo sapevano da sempre!!!...
    Chissà mai perché - tutt’un tratto - il mondo si è svegliato all’improvviso e si è accorto che il Colonnello non è democratico!…
    Lo sono forse i ribelli che, in quanto tali, a rigor di logica dovrebbero essere condannati?!?…
    Quando leggo poi questa notizia:

    “… I ribelli libici si dicono inoltre pronti a esportare petrolio «in meno di una settimana» e in grado di produrre «dai 100.000 ai 130.000 barili al giorno» ha annunciato un portavoce, dopo la conquista degli impianti e dei terminal a sud di Bengasi.”
    http://www.corriere.it/esteri/11_marzo_27/libia-combattimenti_074fa218-5850-11e0-8955-c490be50f429.shtml

    Allora mi cadono le braccia e mi convinco sempre più che le “rivendicazioni democratiche” non c’entrano un bel nulla e che tutta la questione gira solo ed esclusivamente attorno allo sporco petrolio!!!…
    In ogni caso, non vorrei mai che si cadesse dalla padella alla brace!!!…

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  5. L'intervento di "medievale" è chiaramente un intervento fazioso "di parte", non una rigorosa analisi dei fatti.
    Utilizzare, come fa "medievale" un insulso sillogismo per il quale Gheddafi ha potuto "fare i numeri" anti-Papa ed anti-cristianesimo a Roma solo perché il Capo del Governo italiano lo abbia invitato, e quindi, per sillogismo, la colpa delle scemenze di Gheddafi sarebbe del Capo del Governo italiano, è fare un'inutile opera di mistificazione politica a fini interni di avversione a Berlusconi.
    Lasciamo a Berlusconi le colpe che ha; non diamogli anche le colpe delle esternazioni demenziali di Gheddafi. Del resto, in tutti gli ordinamenti giuridici evoluti, la responsabilità giuridica è personale (non degli amici o dei conoscenti); se uno Capo di stato africano dà in escandescenze, non si può attribuire la colpa a chi lo abbia invitato. Mi pare ovvio.
    Cherokee.

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