LIBIA: PAPA, NUOVO PIU' FORTE APPELLO PER FERMARE ARMI
(AGI) - CdV, 27 mar.
(di Salvatore Izzo)
Tornando per la quarta volta in una settimana ad invocare la pace, Benedetto XVI ha chiesto "l’immediato avvio di un dialogo, che sospenda l’uso delle armi" in Libia. Papa Ratzinger si e’ rivolto "agli organismi internazionali e a quanti hanno responsabilita’ politiche e militari", con quello che egli stesso ha definito "un accorato appello".
"Di fronte alle notizie, sempre piu’ drammatiche, che provengono dalla Libia - ha detto il Pontefice - cresce la mia trepidazione per l’incolumita’ e la sicurezza della popolazione civile e la mia apprensione per gli sviluppi della situazione, attualmente segnata dall’uso delle armi".
Per il Pontefice, "nei momenti di maggiore tensione si fa piu’ urgente l’esigenza di ricorrere ad ogni mezzo di cui dispone l’azione diplomatica e di sostenere anche il piu’ debole segnale di apertura e di volonta’ di riconciliazione fra tutte le Parti coinvolte, nella ricerca di soluzioni pacifiche e durature". La preghiera del Papa e’ per "un ritorno alla concordia in Libia e nell’intera Regione nordafricana", e perche’ anche in Medio Oriente, "dove nei giorni scorsi si sono verificati diversi episodi di violenza, sia privilegiata la via del dialogo e della riconciliazione nella ricerca di una convivenza giusta e fraterna".
Al termine della preghiera dell’Angelus, prima di ritirarsi, il Capo della Chiesa Cattolica ha poi voluto ringraziare "le famiglie del Movimento dell’Amore Familiare e quanti questa notte, nella chiesa di San Gregorio VII, hanno vegliato pregando per la drammatica situazione in Libia".
Parole molto accorate sulla crisi libica erano state pronunciate anche domenica scorsa da Benedetto XVI che, all’Angelus, pur non entrando nelle valutazioni che hanno portato all’attacco aereo della coalizione, si era rivolto "a quanti hanno responsabilita’ politiche e militari, perche’ abbiano a cuore, anzitutto, l’incolumita’ e la sicurezza dei cittadini e garantiscano l’accesso ai soccorsi umanitari".
Davanti alla quasi unanimita’ delle posizioni che era emersa in un primo momento sia al livello internazionale che tra le forze politiche italiane, e mentre a poche ore dall’inizio dell’azione militare ancora si poteva sperare in un intervento di breve durata, il Pontefice non aveva ritenuto opportuno aggiungere altre considerazioni all’appello a favore della popolazione civile, che comunque aveva definito "pressante".
L’invito era a chiedersi - alla luce dei primi bilanci di morti e feriti - come in questa situazione in concreto si potessero garantire "incolumita’ e sicurezza dei cittadini" e mantenere in piedi l’operazione militare avviata, ma alcuni media avevano equivocato scambiandolo per un via libera alla guerra o, come scrive oggi un autorevole commentatore, per un "ni’". Ed e’ stato un appello alla pace anche quello che Benedetto XVI ha rivolto durante l’Udienza Generale di mercoledi’ scorso.
Presentando la figura di San Lorenzo da Brindisi, frate cappuccino vissuto nel 16esimo secolo. Il Papa aveva ricordato in quell’occasione anche la regola aurea che l’etica cristiana indica anche agli uomini di oggi.
"Il mondo ha tanto bisogno di pace, ha bisogno di uomini e donne pacifici e pacificatori. Tutti coloro che credono in Dio devono essere sempre sorgenti e operatori di pace", aveva detto nella
catechesi. E poi, nei saluti finali, aveva aggiunto: "a tutti chiedo di porre sempre al centro di ogni attivita’ la persona umana, secondo l’insegnamento della Chiesa e incoraggio tutti nel servizio del bene".
Terzo appello questa mattina, nel corso della commovente visita alle Fosse Ardeatine, compiuta dal Papa tedesco in occasione del 67esimo anniversario dell’eccidio nazista, quando ha rinnovato la condanna della Chiesa per tutte le guerre, rievocando nelle menti dei piu’ anziani le parole di Benedetto XVI, Pio XI, Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI e - piu’ recentemente - Giovanni Paolo II: "Mai piu’ la guerra, con la guerra tutto e’ perduto". "Cio’ che qui e’ avvenuto il 24 marzo 1944 - sono state le sue parole - e’ offesa gravissima a Dio, perche’ e’ la violenza deliberata dell’uomo sull’uomo.
E’ l’effetto piu’ esecrabile della guerra, di ogni guerra, mentre Dio e’ vita, pace, comunione". "Come i miei predecessori - ha spiegato - sono venuto qui a pregare e a rinnovare la memoria.
Sono venuto ad invocare la divina Misericordia, che sola puo’ colmare i vuoti, le voragini aperte dagli uomini quando, spinti dalla cieca violenza, rinnegano la propria dignita’ di figli di Dio e fratelli tra loro".
Nel breve discorso pronunciato alle Fosse Ardeatine, il Papa ha citato una scritta incisa sulla parete di una cella di tortura, in Via Tasso, a Roma, durante l’occupazione nazista: "Credo in Dio e nell’Italia, credo nella risurrezione, dei martiri e degli eroi, credo nella rinascita, della patria e nella liberta; del popolo". "Queste parole - ha commentato ricordando che quest’anno ricorre il 150esimo anniversario dell’unita’ d’Italia- sono il testamento di una persona ignota, che in quella cella fu imprigionata, e dimostrano che lo spirito umano rimane libero anche nelle condizioni piu’ dure: bisogna credere - ha esortato - nel Dio dell’amore e della vita, e rigettare ogni altra falsa immagine divina, che tradisce il suo santo Nome e tradisce di conseguenza l’uomo, fatto a sua immagine. Percio’, in questo luogo, doloroso memoriale del male piu’ orrendo, la risposta piu’ vera e’ quella di prendersi per mano, come fratelli, e dire: Padre nostro, noi crediamo in Te, e con la forza del tuo amore vogliamo camminare insieme, in pace, a Roma, in Italia, in Europa, nel mondo intero".
Alle Fosse Ardeatine Papa Ratzinger e' stato accolto dal rabbino Riccardo Di Segni, e dal presidente dell’Associazione nazionale delle Famiglie italiane dei martiri caduti per la liberta’, Rosina Stame. Accompagnavano Benedetto XVI il vicario di Roma, Agostino Vallini, e l’anziano cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, figlio del colonnello Giuseppe, comandante della Resistenza militare di Roma, ucciso nella Rappresaglia seguita all’attentato di via Rasella, compiuto da partigiani rossi e costato la vita a 33 SS del "Polizeiregiment Bozen". Con lui furono trucidati 75 ebrei che erano in attesa di essere avviati a un campo di concentramento, e 257 tra prigionieri politici, molti dei quali militari passati alla Resistenza, di matrice cattolica o liberale, e detenuti per reati comuni. Infine anche due ragazzi di 15 anni.
Guidato dal sottosegretario Gianni Letta, Benedetto XVI si e’ fermato piu’ volte per salutare i parenti delle vittime che erano dietro la transenna, scambiando strette di mano e parole praticamente con ciascuno di loro. Davanti alla lapide con i nomi dei 335 caduti, poi, il card. Montezemolo gli ha spiegato brevemente le strazianti modalita’ del ritrovamento dei corpi, al quale partecipo’ diciottenne. Con il rabbino Di Segni ha quindi pregato davanti alla pietra tombale che copre i 335 sarcofaghi nella cava principale che fu fatta saltare dai nazisti con la dinamite per cancellare per sempre il ricordo di quell’atto vergognoso. Il Papa tedesco ha voluto invece ricordarlo continuando il suo dolente pellegrinaggio nei luoghi simbolo dell’orrore nazista: il 28 maggio 2006 ha visitato in Polonia il campo di stermino di Auschwitz-Birkenau e l’11 maggio 2009 a Gerusalemme lo Yad Vashem, memoriale della Shoah.
E come nelle due precedenti occasioni, anche oggi la commozione del Papa tedesco e’ stata evidente, soprattutto quando ha citato le parole di un foglio di carta su cui un caduto cattolico aveva scritto la sua preghiera per gli ebrei: "Dio mio grande Padre, noi ti preghiamo affinche’ tu possa proteggere gli ebrei dalle barbare persecuzioni". "In quel momento cosi’ tragico, cosi’ disumano, nel cuore di quella persona - ha osservato Ratzinger - c’era l’invocazione piu’ alta: ’Dio mio grande Padre’. Padre di tutti! Come sulle labbra di Gesu’, morente sulla croce: ’Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito’. Secondo Benedetto XVI, "in quel nome, ’Padre’, c’e’ la garanzia sicura della speranza; la possibilita’ di un futuro diverso, libero dall’odio e dalla vendetta, un futuro di liberta’ e di fraternita’, per Roma, l’Italia, l’Europa, il mondo". "Si’ - ha scandito il Papa - dovunque sia, in ogni continente, a qualunque popolo appartenga, l’uomo e’ figlio di quel Padre che e’ nei cieli, e’ fratello di tutti in umanita’.
Ma questo essere figlio e fratello non e’ scontato. Lo dimostrano purtroppo anche le Fosse Ardeatine".
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lunedì 28 marzo 2011
1 commento:
Ci siamo trasferiti ad altro indirizzo
:-)
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Che il Papa chieda di fermare le armi per tutelare ogni vita è assolutamente comprensibile dal suo angolo visuale di uomo di pace, quindi contro ogni violenza.
RispondiEliminaCome cattolico laico mi pongo però una doverosa domanda, che altro non è che il frutto di molte precedenti esperienze belliche di anni recenti, interrotte a metà per interventi vari, e poi, fatalmente proseguite nel corso degli anni con effetti devastanti sulla popolazione. Cito solo uno dei tantissimi esempi che si potrebbero portare: nella prima guerra contro l'Irak, Bush padre avrebbe voluto portare le armate americane sino a Baghdad, rovesciando Saddam. Fu fermato dalle interferenze di Russia, Cina e pacifisti vari. Il risultato di quell'interruzione bellica fu una successiva guerra, ancora in corso, con devastazioni inaudite e centinaia di migliaia di morti.
Dal punto di vista politico e soprattutto numerico (inteso come morti civili e militari) spesso è meglio che una guerra, con tutte le sue tragedie umane, porti ad un vincitore certo, magari disponibile ad una successiva pacificazione.
Ad esempio Israele combatté una recente guerra contro i terroristi bombaroli e lanciatori di razzi di Gaza; quella guerra fu interrotta a metà per l'intervento di molti; il risultato attuale è che i razzi continuano a piovere su Israele e che Israele, ogni tanto, reagisce, ammazzando qualche palestinese. La guerra non è mai finita, ma prosegue prpseguirà probabilmente per molti anni.
Von Clausewitz, riferendosi alle situazioni incerte (pre-guerra, confronti internazionali tesi e prossimi ad esplodere) disse che la pace (nota dello scrivente: instabile) era la prosecuzione della guerra con altri mezzi. Il lapidario giudizio è sostanzialmente vero.
Il pretendere sempre la cessazione delle ostilità, non porta necessariamente alla pace, né alla diminuzione del numero dei morti.
La guerra breve è terribile; ma la guerra guerreggiata ed infinita fa un numero di morti molto superiore e si protrae indefinitamente.
Cherokee.