BENEDETTO XVI: MARIA “MODELLO” DEL “COMPITO ESSENZIALE DELLA CHIESA”
“La preghiera ci aiuta a riconoscere in Lui il centro della nostra vita, a rimanere alla sua presenza, a conformare la nostra volontà alla sua, a fare qualsiasi cosa ci dica, certi della sua fedeltà”. Con queste parole Benedetto XVI ha sintetizzato il “compito essenziale della Chiesa”, di cui Maria “costituisce il modello”. Nell’allocuzione pronunciata oggi nella Basilica di Santa Maria Maggiore, per la preghiera del Rosario con i vescovi italiani e l’affidamento dell’Italia alla Vergine Maria, nel 150° anniversario dell’Unità, Benedetto XVI ha ricordato che la madre di Gesù “è colei che ci porge lo specchio, in cui siamo invitati a riconoscere la nostra identità”, perché “la sua vita è un appello a ricondurre ciò che siamo all’ascolto e all’accoglienza della Parola, giungendo nella fede a magnificare il Signore, davanti al quale l’unica nostra possibile grandezza è quella che si esprime nell’obbedienza filiale”. Maria, in altre parole, “si è fidata”, al punto che “le disposizioni del suo cuore – l’ascolto, l’accoglienza, l’umiltà, la fedeltà, la lode e l’attesa – corrispondono agli atteggiamenti interiori e ai gesti che plasmano la vita cristiana. Di essi si nutre la Chiesa, consapevole che esprimono ciò che Dio attende da lei”.
“Questa Basilica è la prima in Occidente dedicata alla Vergine Madre di Dio”, ha sottolineato il Santo Padre, evocando due immagini: il “primo giorno dell’anno 2000, quando il Beato Giovanni Paolo II ne aprì la Porta Santa, affidando l’Anno giubilare a Maria”, e la raffigurazione del Concilio di Efeso (inciso sulla Porta Santa di S. Maria Maggiore) del 431, quando “la Chiesa unita difese e confermò per Maria il titolo di Theotókos, Madre di Dio”. “È la persona e la vicenda di Gesù di Nazaret a illuminare l’Antico Testamento e il volto stesso di Maria”, ha sottolineato Benedetto XVI: “Nella sua vicenda personale c’è la sintesi della storia di un intero popolo, che pone la Chiesa in continuità con l’antico Israele”. All’interno di questa prospettiva “ricevono senso le singole storie, a partire da quelle delle grandi donne dell’Antica Alleanza, nella cui vita è rappresentato un popolo umiliato, sconfitto e deportato”, ma che nello stesso tempo “ne impersonano la speranza; sono il ‘resto santo’, segno che il progetto di Dio non rimane un’idea astratta, ma trova corrispondenza in una risposta pura, in una libertà che si dona senza nulla trattenere, in un sì che è accoglienza piena e dono perfetto”, di cui Maria “è l’espressione più alta”, che dona la “possibilità” ad ogni uomo “di rinascere dall’alto, di vivere nella volontà di Dio e quindi di realizzarsi pienamente”.
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