Provocazione del cardinale Ravasi su "L'Espresso"
Non ci sono più gli atei di una volta
"Se avessero la faccia da salvati questi cristiani, forse potrei anche credere" scriveva Nietzsche. Ma oggi, a oltre un secolo di distanza dalla "morte filosofica" di Dio - La gaia scienza è del 1882 - è vero anche il contrario: "Se fossero abbastanza seri questi atei, forse sarebbe possibile un reale dialogo con i credenti". Lo spunto nasce dalla risposta del cardinale Gianfranco Ravasi a una provocazione pubblicata sull'ultimo numero de "L'Espresso" nella rubrica "Diverso parere", che altre volte ha ospitato interventi del porporato.
"Lei che tanto si appassiona per le ragioni di noi atei - scrive una lettrice di Modena - metta le carte in tavola e provi a elencare qualche nome di ateo verace, e non "troppo poco ateo" come lei ha classificato alcuni esponenti dell'ateismo popolare dello sberleffo irreligioso". Il cardinale risponde "scartando figure contemporanee, che pure ci sono" e citando capolavori di "ateologia", dalle opere di Camus a quelle di Cioran, senza dimenticare il sarcasmo in versi di Caproni e l'amara ironia di Flaiano. Oggi - si può aggiungere - non è facile trovare interlocutori che non imbocchino la scorciatoia della superficialità o non cedano alla tentazione dello sberleffo adolescenziale. Paradossalmente, la critica più dura agli habituées della risata banale arriva da un filosofo che vede non in Dio ma nella letteratura l'unica trascendenza possibile, Alain Finkielkraut. L'umorismo è diventato il rifugio del conformista cinico, scrive nel saggio Un cuore intelligente (Milano, Adelphi, 2011, pagine 212, euro 20) analizzando le nuove categorie sociologiche della modernità: apocalittici e integrati sono stati sostituiti da burocrati aridamente razionalisti e sentimentali acritici, accomunati entrambi da una sovrana indifferenza alla singolarità dei destini individuali. (silvia guidi)
(©L'Osservatore Romano 28 maggio 2011)
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