Comunicazione e testimonianza nell'era digitale
La rete luogo di accoglienza
Pubblichiamo la prefazione del vescovo segretario generale della Conferenza episcopale italiana (Cei), al libro di monsignor Domenico Pompili, direttore dell'Ufficio nazionale per le Comunicazioni sociali e portavoce della Cei, dal titolo Il nuovo nell'antico. Comunicazione e testimonianza nell'era digitale (Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 2011, pagine 166, euro 13).
di MARIANO CROCIATA
Nel suo messaggio per la 45ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, il Santo Padre ha paragonato la "rivoluzione digitale" alla rivoluzione industriale, per la sua capacità di innescare mutamenti profondi nella vita delle persone. Con essa entra in gioco, infatti, non solo un incremento quantitativo delle possibilità e dei modi di comunicare, ma un cambiamento qualitativo dell'idea stessa di comunicazione.
Lo si potrebbe definire un "meta-cambiamento": una trasformazione del modo in cui le cose cambiano, un mutamento di cornice. La profondità e la velocità di simili modificazioni possono suscitare timore e senso di inadeguatezza e alimentare un atteggiamento di rinuncia; o, all'esatto contrario, un'esaltazione entusiasta che si adatta acriticamente alle leggi immanenti dello sviluppo tecnologico; oppure, ancora, può svegliare quello stupore e quel senso di meraviglia che ogni frutto mirabile dell'ingegno umano è in grado di generare, senza che per questo se ne faccia un idolo, bensì interrogandosi su cosa lo renda possibile e su come diventi strumento al servizio dell'umanità. Si richiede, perciò, la conoscenza del funzionamento e dei possibili effetti, la consapevolezza dei rischi e delle opportunità connaturati a ogni opera umana, per poter circoscrivere i primi e valorizzare le seconde. Si tratta di un lavoro impegnativo e di uno sforzo senza termine, perché sempre interpellato da nuove sfide, da un'innovazione che incalza a ritmi sempre più sostenuti; un lavoro che può avere buon esito soltanto se, insieme a una motivazione adeguata a sostenerlo, ciò che sta a cuore è l'umanità dell'uomo (e non il profitto o lo sviluppo tecnico come fine in sé).
È sconcertante vedere oggi quale divario esiste - e si fa sempre più grande - tra un progresso tecnico avanzatissimo, cui corrisponde una competenza d'uso ormai largamente diffusa specie tra i giovani, e una sorta di "analfabetismo" rispetto a tutto ciò che non è materiale: non solo la dimensione spirituale, ma anche le emozioni, i sentimenti, le relazioni, che sono vissuti in modo immersivo e spesso superficiale, senza la capacità di interrogarsi sul senso, sul valore che consentirebbe una pienezza di esperienza.
Gli Orientamenti pastorali Cei per il decennio 2010-2020, dal titolo Educare alla vita buona del Vangelo, ricordano che l'ambiente mediale costituisce il nostro nuovo "contesto esistenziale" (n. 51). Gli educatori, siano essi insegnanti, genitori, sacerdoti e operatori pastorali, si trovano sfidati in un compito difficile, reso ancora più impegnativo da un ambiente complesso.
Questo libro, frutto della competenza, ma anche dell'esperienza sul campo e del confronto con una serie di contesti educativi e pastorali, si offre come un prezioso strumento che intercetta una serie di bisogni urgenti: cogliere le trasformazioni della comunicazione tra i media tradizionali e i nuovi media; entrare, non importa se da "immigrati digitali", nella logica del nuovo ambiente, che ormai caratterizza la nostra quotidianità, non solo per non restarne tagliati fuori, ma per portarvi un contributo umanizzante; tenere presente, nello sforzo di comprensione, il fine ultimo di ogni azione, che è l'essere umano nella sua totalità e integrità; offrire spunti per una pastorale nel mondo digitale, sottolineandone la contiguità, piuttosto che la contrapposizione, con altri ambienti esistenziali concreti e cercando di valorizzare le enormi potenzialità di avvicinamento dei lontani. Per rendere la rete un luogo di accoglienza, un "portico digitale", in cui far risuonare la buona notizia e testimoniare la speranza che ci abita.
(©L'Osservatore Romano 2 giugno 2011)
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