PAPA: MIO SERVIZIO E' PER L'UNITA' DELLA CHIESA
(AGI) - CdV, 29 giu.
(di Salvatore Izzo)
"Cristo si e' incamminato per le montagne e i deserti, in cui il suo agnello si era smarrito, ha preso l'agnello, l'umanita', cioe' anche me, sulle sue spalle, per riportarmi a casa. Dobbiamo anche noi portare gli altri, prendendoli, per cosi' dire, sulle nostre spalle" come "Pastori del suo gregge, che rimane sempre suo e non diventa nostro".
Benedetto XVI ha sintetizzato cosi' nell'omelia della festa dei Santi Pietro e Paolo il servizio al quale sono chiamati tutti i vescovi e in modo particolare gli arcivescovi metropoliti, il cui diretto legame con la sede apostolica e' simbolizzato "molto concretamente" dal pallio che come e' tradizione egli stesso ha imposto ai 40 nuovi arcivescovi nominati quest'anno (assente per ragioni logistiche il nuovo arcivescovo di Milano Angelo Scola gli italiani a riceverlo sono stati Cesare Nosiglia di Torimo e Vincenzo Bertolone di Catanzaro-Squillace). Questa stola di lana bianca con le croci nere che testimonia, ha ricordato Ratzinger, "la comunione dei Pastori della Chiesa con Pietro e con i suoi successori", il che "significa - ha spiegato - che noi dobbiamo essere Pastori per l'unita' e nell'unita' e che solo nell'unita' di cui Pietro e' simbolo guidiamo veramente verso Cristo".
"La testimonianza di amore e di fedelta' dei Santi Pietro e Paolo illumina i Pastori della Chiesa, per condurre gli uomini alla verita', formandoli alla fede in Cristo", ha poi rilevato nel successivo breve discorso che ha preceduto l'Angelus. "San Pietro - ha aggiunto - rappresenta l'unita' del collegio apostolico".
In proposito, il Papa ha citato sant'Ireneo, vescovo di Lione, per il quale "alla Chiesa di Roma deve convergere ogni altra Chiesa, cioe' i fedeli che sono dovunque, perche' in essa e' stata sempre custodita la tradizione che viene dagli Apostoli".
"E' questa la fede professata da Pietro a costituire il fondamento della Chiesa", ha insistito ancora ricordando le parole del Vangelo di Marco: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". "Il primato di Pietro e' predilezione divina, come lo e' anche la vocazione sacerdotale", ha quindi continuato il Papa ricordando che Gesu' rispose a Pietro: "ne' la carne ne' il sangue te lo hanno rivelato ma il Padre mio che e' nei cieli".
"Cosi' accade a chi decide di rispondere alla chiamata di Dio con la totalita' della propria vita", ha commentato Ratzinger confidando di aver riletto volentieri questa pagina evangelica nel sessantesimo anniversario di ordinazione sacerdotale. Una ricorrenza che era stata evocata all'inizio del rito dal decano del Collegio Cardinalizio, Angelo Sodano, con una rassicurazione molto opportuna: "Padre Santo, in questo momento le sono vicini i pastori e i fedeli di tutto il mondo, come tanti uomini di buona volonta' che guardano alla Chiesa di Roma come 'un vessillo sopra le nazioni', segno della continua presenza divina nelle alterne vicende della storia". Un significativo richiamo al carattere "sovranazionale" garantito alla Chiesa Cattolica dalla guida del Papa che il porporato ha fatto citando le parole del profeta Isaia.
E Joseph Ratzinger - visibilmente emozionato per la presenza di decine di cardinali e vescovi che si sono stretti a lui in questo importante anniversario - non ha esitato a confidare alcuni ricordi di quel 29 giugno di 60 anni fa: la voce malferma del cardinale di Monaco, la paura che gli incuteva il ricevere la potesta' di rimettere i peccati, ma soprattutto la gioia che nonostante fatica e sofferenze ha caratterizzato il suo sacerdozio. "Perche' possa maturare uva buona, occorre il sole ma anche la pioggia, il giorno e la notte", ha detto il Papa nell'omelia rimarcando che "perche' maturi un vino pregiato c'e' bisogno della pigiatura, ci vuole la pazienza della fermentazione, la cura attenta che serve ai processi di maturazione".
E salvaguardando l'unica dottrina, nella Chiesa c'e' posto per toni e modi diversi di vivere il sacerdozio, come del resto testimoniano proprio i carismi diversi dei fratelli Joseph e Georg Ratzinger: il primo ha scelto l'apostolato attraverso la parola e i libri, il secondo attraverso la musica sacra.
"E' caratteristica del vino pregiato - infatti - non soltanto la dolcezza, ma anche la ricchezza delle sfumature, l'aroma variegato che si e' sviluppato nei processi della maturazione e della fermentazione". "Non e' forse questa - si e' chiesto - un'immagine della vita umana, e in modo del tutto particolare della nostra vita da sacerdoti? Abbiamo bisogno del sole e della pioggia, della serenita' e della difficolta', delle fasi di purificazione e di prova come anche dei tempi di cammino gioioso con il Vangelo". "Volgendo indietro lo sguardo - ha continuato Joseph Ratzinger che dopo Leone XIII e' l'unico Papa giunto al traguardo dei 60 anni di messa - possiamo ringraziare Dio per entrambe le cose: per le difficolta' e per le gioie, per le ore buie e per quelle felici". "In entrambe - ha osservato - riconosciamo la continua presenza del suo amore, che sempre di nuovo ci porta e ci sopporta. Ora, tuttavia, dobbiamo domandarci: di che genere e' il frutto che il Signore attende da noi? Nel fondo, l'essenza dell'amore, del vero frutto, corrisponde con la parola sul mettersi in cammino, sull'andare: amore significa abbandonarsi, donarsi; reca in se' il segno della croce". In tale contesto il Papa teologo ha citato una frase molto significativa di Gregorio Magno: "Se tendete verso Dio, badate di non raggiungerlo da soli". "Una parola - ha concluso - che a noi, come sacerdoti, deve essere intimamente presente ogni giorno".
Al termine della messa, Benedetto XVI e' sceso nelle Grotte vaticane per pregare sulla tomba di San Pietro insieme al metropolita di Francia Emmanuel Adamakis, capo della delegazione ortodossa presente al rito. Con lui, durante la messa, aveva anche scambiato un segno di pace. E infine, affacciandosi con mezz'ora di ritardo sull'orario consueto delle 12 - perche' si e' scusato, "la messa e' stata bella e lunga", ha voluto rivolgere all'Angelus, un saluto ai membri della delegazione inviata dal patriarca ecumenico Bartolomeo I, della quale fanno parte con il metropolita di Francia anche Athenagoras, vescovo di Sinope e ausiliare del Metropolita del Belgio e l'archimandrita Maxime Pothos, vicario generale della Metropolia della Svizzera, con i quali si e' detto lieto di "condividere l'auspicio dell'unita' dei cristiani voluta dal Signore".
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