mercoledì 29 giugno 2011

La nomina del card. Scola ad arcivescovo di Milano nel commento di Salvatore Izzo

PAPA: NOMINA SCOLA PERCHE' A MILANO VUOLE CAMBIAMENTO

(AGI) - CdV, 28 giu.

(di Salvatore Izzo)

Il nuovo arcivescovo di Milano e’ difficilmente catalogabile a destra o a sinistra, sia nella politica italiana che all’interno della Chiesa.
Un po’ come Papa Ratzinger, che sui temi ecologici entusiasma anche i verdi ma sui valori etici non e’ disposto a transigere.
Diversamente - invece - dall’altro grande protagonista del Conclave del 2005, il cardinale Carlo Maria Martini, che nonostante l’eta’ e gli acciacchi ha sempre continuato a distinguersi dalla
dottrina ufficiale della Chiesa, in nome ovviamente dello stesso Vangelo che pero’ su temi come la difesa della vita e del matrimonio - e lo dimostrano le chiese protestanti, a cominciare dai valdesi in Italia - viene letto da alcuni in modo diametralmente opposto rispetto alla tradizione cattolica.
E’ una storia che data dalla Riforma di Martin Lutero, che negava l’autorita’ del Magistero, e che, dopo il Concilio Vaticano II, in tanti Paesi ha trovato epigoni nella stessa gerarchia cattolica.
Paolo VI pianse lacrime amare per questo, avvertendo del pericolo "diabolico" di un secolarismo che penetrava nella Chiesa da qualche fessura. Giovanni Paolo II tento’ di arginare una simile deriva con il Sinodo Straordinario sul Concilio, con l’enciclica "Redemptoris Missio", la dichiarazione "Dominus Iesus" e tanti altri atti magisteriali, ma anche nominando a Milano nel 2001 un teologo moderato e intelligente come il cardinale Dionigi Tettamanzi, che negli anni ’90 aveva collaborato strettamente con il Papa a encicliche come la "Evangelium Vitae", che rappresenta ancora oggi un pilastro della teologia morale cattolica. Il suo episcopato milanese, pero’, nonostante gli indubbi meriti pastorali del porporato di Renate Brianza, non e’ riuscito a segnare una reale discontinuita’ con il predecessore Martini. In effetti, ne’ "la Cattedra dei non credenti" ne’ gli ufficiali martiniani della Curia hanno lasciato spazio a una diversa impostazione nel decennio di Tettamanzi. E cosi’ a 70 anni quasi compiuti tocca ora a Scola provare a cambiare le cose senza creare traumi e sofferenze, accentuando pero’ la cattolicita’ del rito ambrosiano ed anche recependo, cosa che a Milano non e’ ancora avvenuta, l’invito di Benedetto XVI a fecondare la liturgia post-conciliare con i valori di sempre di quella tradizionale.
E’ un bel sacrificio per questo cardinale che e’ grande perche’ alto e imponente, perche’ considerato un pensatore di straordinario livello, ma anche perche’ ha un grande cuore, come ha testimoniato oggi con il suo grazie fraterno al cardinale Marco Ce’, patriarca emerito di Venezia ma anche ex assistente generale dell’Azione Cattolica negli anni del post-concilio. Un vescovo dunque di tutt’altra impostazione ma con il quale Scola in questi 10 anni di episcopato in laguna ha collaborato con rispetto e affetto.
"Figlio di un camionista di idee socialiste e di una casalinga", come ricorda l’Osservatore Romano, il cardinale di Malgrate ha militato nell’Azione Cattolica e nella Fuci prima di partecipare con don Luigi Giussani alla nascita e ai primi passi del movimento di Comunione e Liberazione. E al Politecnico aveva iniziato gli studi di ingegneria, conseguendo poi la laurea in filosofia presso l’Universita’ Cattolica dove e’ divenuto assistente di Gustavo Bontadini, passando subito dopo all’Universita’ di Friburgo.
In Svizzera ha studiato e insegnato teologia diventando redattore della rivista "Communio" promossa tra gli altri dall’allora teologo Ratzinger, per una lettura del Concilio nel senso della continuita’ e non della rottura con la tradiozione cattolica.
Questo prima di approdare come docente alla Pontificia Universita’ Lateranense, per diventarne infine il rettore.
Da patriarca di Venezia ha ben collaborato con il sindaco-filosofo Massimo Cacciari e ha teorizzato l’idea del "Meticciato" per un’integrazione degli immigrati che non sia solo un anonimo e impoverente multiculturalismo.
Insomma, arriva alla sede di Ambrogio e Carlo Borromeo con un bel bagaglio di esperienze, il che - agli occhi del Papa - conta piu’ delle controindicazioni legate all’eta’ gia’ avanzata del nuovo arcivescovo e alle resistenze di una parte del clero milanese e dei vescovi lombardi.

(AGI)

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