A colloquio con monsignor Miguel Delgado Galindo, sottosegretario del Pontificio Consiglio per i Laici
La Gmg nel cammino di un giovane sacerdote
di Gianluca Biccini
Quando nell'agosto del 1989 si trovava immerso nella marea dei giovani che scandivano ritmicamente il loro amore per Giovanni Paolo II durante la Gmg a Santiago de Compostela, l'allora ventiseienne Miguel Delgado Galindo -- avviato verso una brillante carriera forense -- mai avrebbe immaginato che un giorno sarebbe stato dall'altra parte del palcoscenico, tra gli officiali del Pontificio Consiglio per i Laici, nelle vesti di sottosegretario. A tale incarico Benedetto XVI ha chiamato lo scorso 18 giugno questo sacerdote catalano che era già capo ufficio del dicastero, con l'incarico di responsabile della sezione associazioni-movimenti. In questa intervista ci parla del suo nuovo ruolo.
Come ha accolto la nomina di Benedetto XVI a soli due mesi dall'inizio della Gmg di Madrid?
È stato senz'altro un normale avvicendamento in questo incarico, dovuto al fatto che il professor Guzmán M. Carriquiry a maggio è stato nominato segretario della Pontificia Commissione per l'America Latina. È solo una felice coincidenza che la mia nomina coincida con lo svolgimento, ormai prossimo, della Gmg di Madrid. Quando ho saputo dell'incarico che il Santo Padre mi ha voluto affidare ho provato un profondo senso di gratitudine per la fiducia nei miei confronti, che spero davvero di meritare, come pure una sentita riconoscenza verso i miei superiori del Pontificio Consiglio per i Laici. Adesso, uno dei giovani della Giornata mondiale di Santiago di Compostela andrà a Madrid per partecipare alla seconda Gmg in Spagna, ma questa volta in una veste che non avrebbe mai potuto immaginare ventidue anni fa, quando si incontrò sul Monte del Gozo con Giovanni Paolo II e migliaia di ragazzi e ragazze di tutto il mondo.
Lei ha citato il professor Carriquiry, che è stato sottosegretario per vent'anni dal 1991 al 2011. Si potrebbe obiettare che con la sua nomina proprio un dicastero così specifico come il vostro Pontificio Consiglio finisca per non avere più un laico ai vertici...
Vorrei innanzitutto manifestare riconoscenza al mio predecessore, dal quale ho imparato tanto nei dodici anni in cui ho lavorato accanto a lui. Egli ha svolto il suo servizio al dicastero per ben quaranta anni, ricoprendo diversi incarichi. Per quanto riguarda l'obiezione che mi pone, c'è da dire che il nostro Pontificio Consiglio è uno strumento al servizio del Papa all'interno della Curia Romana per la promozione dell'apostolato dei fedeli laici; proprio per questo si chiama per i laici. Dunque, ciò che conta non è «essere laico» o «essere chierico» -- tra l'altro la stragrande maggioranza degli officiali sono laici e alcuni di loro hanno funzioni direttive -- ma saper riconoscere la vocazione che è propria dei fedeli laici, per valorizzare il loro ruolo nella Chiesa. Essi sono chiamati a cercare la santità nel mondo e a santificare le realtà temporali laddove si trovano in ogni momento della loro esistenza: nello studio, nella professione, in famiglia, eccetera; come pure a intraprendere iniziative di evangelizzazione nei diversi ambienti in cui vivono.
Un giovane della Gmg compostelana che ha ora un incarico di responsabilità per l'organizzazione del raduno di Madrid. Qual è stato e quale sarà il suo ruolo?
Sarà quello di coadiuvare i miei superiori -- il cardinale presidente Stanisław Ryłko e il vescovo segretario Josef Clemens -- nelle diverse aree di competenza che sono loro attribuite. Mi aiuterà l'esperienza sin qui acquisita: ad esempio, il fatto che io abbia una conoscenza diretta della Gmg mi permetterà di trattare questo tema con più competenza.
In proposito c'è anche chi ritiene che in questi raduni i giovani vengano usati solo come massa, folla anonima che fa da contorno allo spettacolo...
Chi conosce la Gmg sa bene che è una stupenda occasione per l'evangelizzazione dei giovani, un modo meraviglioso per un incontro personale con Gesù alla presenza del Papa. Per cui, il vero protagonista è Cristo, non lo spettacolo né la moltitudine di giovani. Non si può considerarla una «Woodstock cattolica», un festival multi-culturale di ragazzi cattolici che non lascia alcuna traccia quando si spegne l'ultima luce del palcoscenico. Essa è l'evento ecclesiale con la più alta partecipazione: a Manila, nel 1995, vi hanno preso parte ben cinque milioni di giovani; a Roma, durante il giubileo dell'anno 2000, due milioni. Tuttavia, pur essendo un avvenimento che mette in movimento le folle, ogni singolo giovane che vi partecipa ne rimane profondamente segnato. La Gmg -- se vissuta come possibilità di incontro con Cristo -- può trasformare la vita di chi vi prende parte. Certo, richiede un lungo itinerario di preparazione, che inizia con il messaggio che il Papa scrive ogni anno ai giovani in occasione delle Giornate celebrate nelle singole diocesi la Domenica delle Palme. Sono molte le parrocchie, le associazioni, i movimenti ecclesiali, i gruppi giovanili che organizzano momenti di studio e di approfondimento di questo messaggio del Pontefice. Ma i frutti più preziosi sono di natura personale tra Dio e i ragazzi, ed è logico che sia così.
Qualche esempio?
Si conoscono molte bellissime testimonianze di giovani che si sono riavvicinati al sacramento della Penitenza dopo parecchi anni, cominciando un cammino di conversione e di cambiamento di vita; o di chi ha scoperto che «la Chiesa è viva, ed è giovane» -- come ha affermato Benedetto XVI il giorno dell'inizio del suo ministero petrino -- e ha così rafforzato la propria fede; o, ancora, di altri che proprio durante i giorni della Gmg hanno compreso quale fosse la propria vocazione: laicale, nel celibato o nel matrimonio, o una chiamata del Signore al sacerdozio o alla vita consacrata. Alla luce di questi frutti apostolici e di evangelizzazione, non si può negare che questo grande avvenimento ecclesiale ha dato un nuovo slancio alla pastorale giovanile nella Chiesa. Esso è diventato una grande catechesi e i vescovi di tutto il mondo che vengono in visita al Pontificio Consiglio per i Laici ne parlano.
Il dicastero non si occupa solo di Gmg. Qual è attualmente lo stato di salute del laicato cattolico?
I fedeli laici sono la stragrande maggioranza della Chiesa e per questo motivo meritano un'attenzione del tutto particolare da parte dei pastori. Rimane sempre una grande sfida la riscoperta e la valorizzazione della loro vocazione, radicata nei sacramenti dell'iniziazione cristiana. Essa inoltre deve esser sempre sostenuta da un'adeguata formazione che li renda consapevoli della loro chiamata a evangelizzare, cioè a portare Cristo agli altri.
Lei è stato avvocato e ha lavorato nella pubblica amministrazione. Quanto contano queste esperienze nel suo attuale ministero?
La formazione che ho ricevuto all'università civile e le esperienze occupazionali che ho avuto in passato mi aiutano nel disbrigo dei temi che affronto quotidianamente. Sono sacerdote ormai da quasi quindici anni e ciò che più mi risulta utile di quell'esperienza è proprio l'aver conseguito una mentalità laicale, poiché mi facilita una comprensione più completa dell'identità dei laici nella Chiesa e mi consente di avere un atteggiamento di riguardo nei loro confronti.
Quale contributo può dare al governo della Chiesa universale un sacerdote dalla prelatura dell'Opus Dei?
Chi ne fa parte -- sia laico, sia sacerdote -- considera il proprio lavoro un'occasione per servire gli altri, un suo contributo al bene comune della società. San Josemaría amava molto il verbo «servire»: egli si riteneva servitore di tutte le anime. Diceva che l'unica aspirazione dell'Opus Dei è quella di servire la Chiesa come essa vuole essere servita. Con questi sentimenti, e affidandomi all'intercessione del nostro fondatore, svolgo il mio ministero.
Per diversi anni lei ha avuto la responsabilità della sezione associazioni-movimenti. Oggi il dicastero per i Laici ne riconosce oltre 150. Qual è la loro importanza nella Chiesa oggi?
Il fenomeno dell'associarsi dei fedeli laici, finalizzato alla promozione di iniziative di apostolato, di carità e di formazione cristiana è uno dei frutti maturi del Vaticano II. Sono numerose le realtà aggregative sorte -- e che continuano a germogliare tuttora -- sulla scia degli insegnamenti conciliari. Esse costituiscono luoghi propizi per la formazione religiosa dei fedeli laici e si prefiggono di alimentare in tutti i propri membri la consapevolezza della responsabilità di dare testimonianza di Cristo negli ambienti in cui vivono.
Come vede i giovani di oggi rispetto a quelli della sua generazione?
Negli anni Ottanta del secolo scorso ancora si sentiva molto l'influsso dell'ideologia marxista nella cultura e nella mentalità giovanile europea. Successivamente, sono subentrati atteggiamenti più pragmatici -- radicati nel relativismo morale e nel nichilismo -- che constatiamo tuttora. Tanto che oggi si percepisce nel mondo giovanile un certo senso di incertezza nell'avvenire, pensiamo ad esempio ai problemi legati all'occupazione.
Si parla tanto di generazione senza valori. È proprio così?
Mi sembra un'espressione esagerata. Non potrebbero aver detto la stessa cosa gli adulti di ogni epoca riferendosi alle nuove generazioni? Credo che i giovani meritino la fiducia dei grandi e che al contempo abbiano bisogno di buoni educatori. Ed è proprio ciò che fece il beato Giovanni Paolo II: stabilire con loro uno straordinario rapporto di amicizia. Egli era un amico fedele dei giovani, ma anche un amico esigente. Non fece loro mai sconti nelle cose di Dio. Egli li convocava e li andava a cercare dappertutto per parlare con loro. Oggi questo dialogo continua felicemente con Benedetto XVI.
(©L'Osservatore Romano 30 luglio 2011)
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