lunedì 25 luglio 2011

L'astro della Spagna. La solennità dell’apostolo Giacomo patrono del Paese (Luis F. Ladaria Ferrer)

La solennità dell’apostolo Giacomo patrono del Paese

L'astro della Spagna

Pubblichiamo, qui di seguito, l’omelia di monsignor Luis F. Ladaria, segretario della Congregazione per la Dottrina della fede, pronunciata, oggi, a Roma, nella chiesa nazionale spagnola di Santiago y Montserrat, durante la celebrazione eucaristica per la solennità dell’apostolo Giacomo patrono di Spagna.

Luis F. Ladaria Ferrer,
Arcivescovo, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede

In questa solennità dell’apostolo Giacomo, patrono della Spagna, gli sguardi e i cuori si volgono verso Compostela, da dove l’Apostolo, «astro brillante della Spagna», come dice la liturgia, irradia la sua luce su tutti noi, in qualsiasi luogo ci troviamo, entro i confini spagnoli o al di là di essi. Il patrocinio di Giacomo è senza dubbio un tratto dell’identità della Chiesa in Spagna.
La luce che Giacomo irradia viene, prima di tutto e soprattutto, dalla sua condizione di apostolo di Gesù Cristo. Come tale, e con gli altri apostoli, rese testimonianza di Gesù nonostante le minacce e le proibizioni, in virtù di quel principio tanto elementare quanto profondo che gli apostoli formulano: «bisogna obbedire a Dio prima che agli uomini». L’evangelizzazione appartiene nel più profondo alla natura dell’apostolo. È la sua ragione d’essere e di vivere: «Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avevate ucciso appendendolo alla croce. Dio lo ha innalzato con la sua destra facendolo capo e salvatore… E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a coloro che si sottomettono a lui». Solo nella forza e nella potenza dello Spirito è possibile la testimonianza di Gesù risorto. Una testimonianza che non sa di concessioni né lascia spiragli al compromesso. «Erode fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni». È la testimonianza per eccellenza, la testimonianza nel senso più pieno del termine, il martirio, suggellato con il sangue. Giacomo, com’è noto, fu il primo apostolo a bere il calice del Signore. Il mio calice lo berrete, annunciò Gesù ai due fratelli, che avevano mostrato la propria prontezza e disponibilità, forse non ancora pienamente consapevoli del significato della domanda del Signore. Resta chiaramente il tratto della generosità che non calcola, che si lascia trasportare dall’impulso dello Spirito, che è alla base della testimonianza apostolica. Una testimonianza che è stata indubbiamente il culmine di una vita segnata già in ogni circostanza dalla morte di Gesù: «portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo esposti alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù sia manifesta nella nostra carne mortale». L’apostolo vive della vita di Gesù, come deve fare ogni cristiano. Giacomo imparò, e ce lo insegna con la sua vita e con la sua morte, che la configurazione a Cristo morto e risorto è la nostra salvezza, è l’elemento decisivo e che, accanto a questa verità fondamentale, il desiderio di occupare i primi posti non è altro che una pretesa insensata. Il Figlio dell’Uomo non è venuto per essere servito ma per servire e dare la sua vita in riscatto di molti. La testimonianza degli apostoli fu efficace nei primi tempi della Chiesa, come lo è stata nel corso di tutta la storia la testimonianza dei cristiani, perché, come in Gesù il Figlio dell’Uomo e il Figlio di Dio, la vita e le parole coincidono. Ogni testimonianza cristiana procede da quella di Gesù, il testimone fedele, il primogenito dei morti, come ci dice l’Apocalisse. Da lui deriva la testimonianza apostolica sulla quale la nostra fede è fondata e radicata.
Con il patrocinio e l’intercessione dell’apostolo Giacomo, la fede degli apostoli ha gettato radici profonde nella nostra terra. È un dato di fatto che non occorre dimostrare. Non c’è bisogno di menzionare ora i grandi nomi che sono nella mente di tutti, ma sì, vale forse la pena ricordare tanti uomini e donne che non sono passati alla storia ma la cui vita è stata spesso tanto eroica ed esemplare quanto quella dei personaggi famosi.
La fede cristiana è un dono che, personalmente e comunitariamente, abbiamo ricevuto da Dio; non è un merito né una nostra proprietà. Poiché è un dono, dobbiamo rendere grazie per essa. Poiché non ci appartiene, non la possiamo dilapidare. È un tesoro che conserviamo in vasi di creta e che, a seconda delle nostre forze, dobbiamo trasmettere e comunicare, come anche noi lo abbiamo ricevuto. È un luogo comune: la fede si rafforza quando si trasmette. Le radici profonde permettono ai rami di allungarsi, ma allo stesso tempo i rami fanno sì che le radici affondino. La missione, ci ha insegnato il concilio Vaticano II, appartiene alla natura stessa della Chiesa. Anche il patrocinio di Giacomo è stato fondamentale nell’espansione missionaria della Chiesa, in particolare nelle terre d’America. Per curiosità nei giorni scorsi ho sfogliato l’Annuario Pontificio per vedere quante diocesi portavano il nome di Giacomo; e ho letto, oltre a Santiago de Compostela, Santiago de Chile, Santiago de Cuba, Santiago del Estero (Argentina), Santiago de los Caballeros (Repubblica Domenicana), Santiago de Venezuela (altro nome di Caracas), Santiago de María (El Salvador), Santiago de Veraguas (Panama), oltre a Santiago de Cabo Verde.
Siamo tentati di pensare che i tempi passati siano stati migliori, ma allo stesso tempo sappiamo che ciò non è necessariamente vero. Ogni epoca ha le sue grandezze e le sue miserie e a ogni generazione spetta affrontare le sfide che le si presentano. Guardare indietro ha senso solo per potere avanzare meglio. Ci sostiene la stessa speranza cristiana che sostenne gli apostoli, testimoni della resurrezione. Che questa testimonianza rafforzi la nostra e che Giacomo interceda per noi affinché, accogliendo sempre con amore e gratitudine i disegni del Padre, senza dover occupare i primi posti, il Signore ci faccia sedere alla sua destra nel suo Regno nel giorno della sua manifestazione gloriosa.

(©L'Osservatore Romano 25-26 luglio 2011)

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