ASSISI 2011-BARTOLOMEO I: “OPPORCI A DEFORMAZIONE DEL MESSAGGIO RELIGIOSO”
(Assisi, dai nostri inviati)
“È dall'indifferenza che nasce l'odio, è dall'indifferenza che nasce il conflitto, è dall'indifferenza che nasce la violenza. Contro questi mali, solo il dialogo è una soluzione percorribile e a lungo termine”. Lo ha detto il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I nel suo intervento di saluto alle delegazioni religiose presenti nella Basilica di Santa Maria degli Angeli. “In quanto capi religiosi – ha aggiunto -, il nostro ruolo è soprattutto quello di promuovere“ il dialogo e di “mostrare attraverso il nostro esempio quotidiano che noi non viviamo unicamente gli uni contro gli altri, o gli uni accanto agli altri, ma piuttosto gli uni insieme agli altri, in uno spirito di pace, di solidarietà e di fraternità”. “Ancora oggi, venticinque anni dopo il primo incontro convocato dal Beato Giovanni Paolo II – ha proseguito il Patriarca - proprio qui ad Assisi, dieci anni dopo i drammatici eventi dell'11 settembre e nel momento in cui le ‘primavere arabe’ non hanno messo fine alle tensioni intercomunitarie, il posto delle religioni tra i fermenti in atto nel mondo resta ambiguo”. “Dobbiamo opporci alla deformazione del messaggio delle religioni e dei loro simboli da parte degli autori di violenza. Sviluppare il religioso mediante il religioso stesso, questa è l'esigenza necessaria per promuovere la dimensione umanitaria di una figura del divino che si vuole misericordioso, giusto e caritatevole”.
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ASSISI 2011-ROWAN WILLIAMS: “MONDO ANCORA OSSESSIONATO DA PAURA E SOSPETTI”
(Assisi, dai nostri inviati)
“Le sfide del nostro tempo sono tali che nessun gruppo religioso può pretendere di avere tutte le risorse pratiche di cui ha bisogno per affrontarle”. Un appello ad agire insieme è quello lanciato dall’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, leader spirituale della Comunione Anglicana prendendo la parola sul palco della Basilica di Santa Maria degli Angeli. “Non siamo qui – ha detto l’arcivescovo - per affermare un minimo comune denominatore di ciò che crediamo, ma per levare la voce dal profondo delle nostre tradizioni, in tutta la loro singolarità, in modo che la famiglia umana possa essere più pienamente consapevole di quanta sapienza vi sia da attingere nella lotta contro la follia di un mondo ancora ossessionato da paura e sospetti, ancora innamorato dell'idea di una sicurezza basata su di una ostilità difensiva, e ancora in grado di tollerare o ignorare le enormi perdite di vite tra i più poveri a causa di guerre e malattie. Tutti questi fallimenti dello spirito hanno la loro radice in larga misura nell'incapacità di riconoscere gli estranei come persone che condividono con noi l'unica e medesima natura, l'unica e medesima dignità della persona. Una pace duratura inizia là dove noi vediamo il nostro prossimo come un altro noi stessi - e dunque iniziamo a comprendere perché e come dobbiamo amare il prossimo come noi stessi”.
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