domenica 9 gennaio 2011

Domani il Papa incontro il mondo. Attesa per il discorso al corpo diplo­matico accreditato presso la Santa Sede (Cardinale)

Il Papa in Vaticano incontra il mondo

Ecco la nuova geografia del Corpo diplomatico

Gianni Cardinale

DA ROMA

Domani Benedetto XVI riceve in solenne udienza il corpo diplo­matico accreditato in Vaticano. E tiene un atteso discorso, che que­st’anno - presumibilmente - avrà come filo conduttore il tema della libertà re­ligiosa, non privo di riferimenti con­creti a determinate situazioni in cui questa libertà è ancora una chimera. È questo il momento dell’anno in cui ri­salta più solennemente il ruolo della Chiesa cattolica nello scenario «geo­politico » mondiale. Ruolo che, in base al sempre crescente numero di Paesi che vogliono intrattenere rapporti di­plomatici con la Santa Sede, sembra continuare a suscitare un notevole in­teresse nella comu­nità internazionale. Basti ricordare che, come disvelato nei fa­mosi cablogrammi diffusi da Wikileaks, l’ambasciata Usa in Vaticano in vista della visita del presidente Obama sottolineava come la Santa Sede fosse ormai seconda solo agli States per nu­mero di Paesi con cui intrattiene rapporti diplomatici.
Eppure nel 1900 questi Paesi erano ap­pena una ventina. Ma nel 1978 am­montavano già a 84. Nel 2005 erano 174. E con Benedetto XVI sono diventati 178. Nel 2006 infatti sono stati allacciati i rapporti col neonato Montenegro, nel 2007 con gli Emirati arabi uniti, nel 2008 col Botswana, il 9 dicembre 2009 infi­ne è stata la volta della Federazione rus­sa con cui c’erano già relazioni di na­tura speciale, come quelle che conti­nuano a sussistere con l’Olp. La Santa Sede ha poi legami diplomatici con l’U­nione europea e il Sovrano militare or­dine di Malta, e mantiene osservatori permanenti presso le principali orga­nizzazioni internazionali governative, come, ad esempio, l’Onu (nelle sedi di New York e Ginevra), il Consiglio d’Eu­ropa, la Fao, l’Unesco, il Wto e, inoltre, presso la Lega degli Stati arabi e l’Or­ganizzazione dell’unità africana. Del­l’Osce, poi, è membro fondatore.
Tra i Paesi con cui la Santa Sede ha rap­porti diplomatici c’è anche la Cina-Taiwan dove però dal 1979 non risiede più un nunzio, ma solo un semplice «in­caricato d’affari ad interim». E questo in attesa di poter trasferire finalmente - quando sarà possibile - la nunziatura a Pechino. Nel frattempo comunque un diplomatico vaticano risiede stabil­mente nella cosiddetta «missione di studio» ad Hong Kong, pur figurando formalmente «consigliere culturale» nella nunziatura delle Filippine.
La Cina popolare infatti è il più grande tra i Paesi che non hanno rapporti di­plomatici con la Santa Sede. Ma non è il solo. A parte il Kosovo - il cui inevita­bile riconoscimento avverrà quando il suo status internazionale sarà meno controverso - , la Santa Sede non in­trattiene ancora relazioni con sedici Stati, perlopiù asiatici, in buona parte a maggioranza islamica. In nove di que­sti Paesi non è presente nessun inviato vaticano (Afghanistan, Arabia Saudita, Bhutan, Cina popolare, Corea del Nord, Maldive, Oman, Tuvalu e Vietnam). Mentre sono in carica dei delegati a­postolici (rappresentanti pontifici pres­so le comunità cattoliche locali ma non presso i governi) in altri sette Paesi: tre africani (Comore, Mauritania e Soma­lia) e quattro asiatici (Brunei, Laos, Ma­laysia, Myanmar). Con alcuni di questi Paesi comunque la Santa Sede ha già dei contatti. Con il Vietnam sono iniziate formalmente le trattative per arrivare a pieni rapporti diplomatici e, a questo fine, è prevista la nomina di un rappresentante vati­cano non residenziale ad Hanoi (sarà il titolare della nuova nunziatura con se­de a Singapore di prossima erezione).
Attualmente sono u­na ottantina i Paesi che hanno un amba­sciatore residente a Roma. Gli altri sono rappresentati in gene­re da diplomatici resi­denti in altre capitali europee. È noto infat­ti che la Santa Sede non accetta amba­sciatori accreditati an­che presso il Quirina­le. Un ulteriore segna­le del crescente inte­resse diplomatico per la Santa Sede è testimoniato dal fatto che con papa Ratzinger sono diventa­ti «residenti» gli ambasciatori di Au­stralia e Camerun, di Timor Est e del Benin. Lo diventerà a breve anche quel­lo della Guinea Conakry. Computando i due nuovi nunzi nomi­nati ieri cui quanto prima verrà uffi­cializzata la destinazione sono ad oggi operativi in giro per il mondo 105 nun­zi apostolici, alcuni dei quali «copro­no » più Paesi. Appena più della metà (53) sono italiani, una percentuale in­feriore rispetto al passato (nel 1961 pro­venivano dallo Stivale 48 nunzi su 58, l’83%; nel 1978 erano 55 su 75, il 73%). E questo trend è destinato a crescere visto che, ad esempio, con Benedetto X­VI sono stati elevati all’episcopato 34 nunzi di prima nomina di cui «solo» tre­dici italiani (il 38%). Ancora dal Bel­paese comunque vengono i rappre­sentanti pontifici in Paesi ecclesiasti­camente e/o politicamente importan­ti come Francia, Spagna, Gran Breta­gna, Polonia, Stati Uniti, Argentina, Bra­sile, Colombia, Israele-Gerusalemme e Palestina, e la stessa Italia. Gli altri nun­zi provengono perlopiù dal resto del­l’Europa (27, di cui sei spagnoli; cinque polacchi e francesi; tre svizzeri), ma an­che dall’Asia (13, di cui sei dall’India e quattro dalle Filippine), dal Nord A­merica (sei, tutti statunitensi), dall’A­frica (quattro) e dall’America latina (due).
Da segnalare infine il particolare inte­resse diplomatico, oltre che pastorale, che il pontificato Benedetto XVI dedi­ca all’Africa. In questo continente in­fatti la rete delle nunziature è stata rafforzata con due nuove sedi: in Burki­na Faso nel 2007 e in Liberia nel 2008. Nel 2010 poi sono stati nominati tre «in­caricati d’affari» stabilmente residenti in altri tre Paesi africani: Ciad, Gabon e Malawi. Senza contare la costruzione ex novo di un edificio adibito a nun­ziatura in Tripoli, possibile dopo il via libera di Gheddafi.

© Copyright Avvenire, 9 gennaio 2011

1 commento:

  1. I diplomatici sono non poco ammaccati dopo Assange...ma servono ancora.

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