Il Papa e il web, tra innovazione, verità e "falsi profili": commenti di padre Antonio Spadaro e del prof. Pier Cesare Rivoltella
Nel Messaggio per la 45.ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, presentato ieri nella memoria di San Francesco di Sales e intitolato “Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale”, Benedetto XVI ricorda che i cristiani sono chiamati ad entrare nel web con fiducia e creatività, perché la “rete” è parte integrante della vita umana. Nel documento il Papa aggiunge che “sta nascendo un nuovo modo di apprendere e di pensare, con inedite opportunità di stabilire relazioni”. Si stanno dunque affermando nuove forme di comunicazione e interrelazione, come sottolinea padre Antonio Spadaro, di Civiltà Cattolica, intervistato da Fabio Colagrande:
R. – In particolare, il Papa nota che al tempo delle reti partecipative – Facebook, Twitter, YouTube e così via – l’uomo è sempre implicato direttamente in ciò che comunica. Per questo egli invita tutti i credenti ad un’autenticità di vita molto impegnativa. Il Papa scrive infatti che quando le persone si scambiano informazioni in realtà stanno già condividendo molto più che una semplice informazione: condividono se stesse, la loro visione del mondo, le loro speranze, i loro ideali. I cristiani in rete sono quindi chiamati non ad un’emittenza di contenuti religiosi, ma ad una testimonianza che riguarda scelte, preferenze, giudizi, anche quando non si parla in maniera esplicita di Vangelo.
D. – Nel Messaggio, Benedetto XVI scrive che “la rete è parte integrante della vita umana”. Cosa implica quest’affermazione?
R. – Implica che la vera sfida della Chiesa non deve essere quella di usare bene la rete – come spesso si crede – ma quella di vivere bene al tempo della rete. Vivere la rete come uno dei contesti esistenziali, uno degli ambienti di vita. Nel suo messaggio, il Papa afferma una cosa a mio avviso importantissima: “Se usate saggiamente, le nuove tecnologie della comunicazione possono contribuire a soddisfare il desiderio di senso, di verità, di unità, che rimane l’ispirazione più profonda dell’essere umano”. Questo pensiero è estremamente innovativo.
D. – Questi concetti espressi dal Papa sembrano cancellare il pregiudizio negativo che considera Internet un mondo virtuale, parallelo al reale e, spesso, pericoloso...
R. – Sono d’accordo, perché il discorso del Papa cancella i pregiudizi e mette in campo, semmai, le questioni serie. Riprendendo ad esempio il discorso della testimonianza - che in questo messaggio mi sembra centrale - quella cristiana non deve rientrare mai in una logica consumistica o di popolarità, direi quasi da “Pagerank”, alla Google, del consenso. Il Vangelo non può diluirsi all’interno di una logica consumistica. Si fa quindi riferimento, in questo messaggio, all’importanza della reticenza, del rinvio silenzioso in un mercato di informazioni. Il riferimento, molto chiaro, ai discepoli di Emmaus ci fa comprendere come quella logica dell’incontro, della mediazione, piena anche di reticenze, è lo stile della presenza del cristiano in rete.
D. – Le nuove tecnologie, dunque, possono modificare anche il modo di comunicare e addirittura di pensare la fede?
R. – Sì. Internet, la rete, le tecnologie della comunicazione fanno parte della vita assolutamente ordinaria di molte persone. Per questo contribuisce sempre più a costruire l’identità religiosa degli uomini del nostro tempo. La rete, la cultura del cyberspazio pongono sfide alla nostra capacità più generale di formulare ed ascoltare un linguaggio simbolico che parli della trascendenza nella nostra vita. Certamente, la cultura della rete si incontra con il modo di pensare e vivere la fede. (vv)
Il Papa sottolinea, dunque, che le vie telematiche portano ad un’interazione parziale, ma possono anche favorire relazioni positive, contribuire al bene integrale della persona. Su queste potenzialità e sui rischi della rete, si sofferma al microfono di Amedeo Lomonaco il prof. Pier Cesare Rivoltella, docente di Tecnologie dell’apprendimento presso l’Università Cattolica di Milano:
R. – E’ un aspetto che il Papa sottolinea a ragione, perché normalmente i discorsi di routine, quotidiani, che anche i media riportano, sono eccessivamente preoccupati. Ci sono invece straordinarie potenzialità di questi strumenti – Internet e i social network – che non vanno dimenticate. Una di queste possibilità è proprio l’opportunità che ci danno di prolungare le nostre reti sociali oltre i limiti della presenza.
D. – Poi il Papa, parlando proprio di social network, sottolinea che questi mezzi offrono sicuramente nuove opportunità di condivisione, di dialogo, ma occorre anche evitarne alcuni rischi. Tra questi, ad esempio, il rifugiarsi in una sorta di mondo parallelo oppure l’eccessiva esposizione al mondo virtuale...
R. – Gli eccessi quantitativi, il troppo che fa male, è un dato che la ricerca, rispetto ai consumi dei media, ha già evidenziato da tempo. Per quanto riguarda la possibilità di configurare una realtà parallela, nei casi di uso patologico questo è possibile, ma mi sento di essere rassicurante perché, nella stragrande maggioranza dei casi, il social network aumenta la nostra realtà più che sostituirla. Il vero problema del social network è che spesso è luogo di stupidità digitale ed allora lì l’esercizio è quello di arginare la stupidità digitale per far spazio alla saggezza. Si può essere competenti tecnicamente, ma digitalmente stupidi. Occorre invece mirare sempre alla saggezza e questa è la cosa più importante.
D. – Oltre a questo rischio della banalità – come ricorda la psicologa Sherry Turckle nel suo libro “Soli insieme” – c’è un altro pericolo: quello di avere tanti amici nel mondo virtuale ed essere invece soli in quello reale...
R. – E’ un problema oggettivo. Vorrei però ricordare che questo è un problema che c’è sempre stato, anche al tempo del libro. Ci sono sempre stati i nostri amici o i nostri compagni di classe che avevano un libro per amico. Quindi, l’assolutizzazione di qualsiasi tecnologia toglie spazio alle relazioni vere e questo non deve mai accadere.
D. – Un altro aspetto legato ai social network indicato dal Papa è che “bisogna evitare di creare falsi profili” che possono portare ad una costruzione distorta dell’immagine di sé, all’autocompiacimento. L’autenticità, invece, è la chiave di ogni relazione interpersonale, anche su Internet...
R. – Anche questo è molto vero. Evidentemente, varia da social network a social network. Ci sono social network dove ci si presenta con la propria identità – e quindi anche con l’immagine del proprio volto - ma il fenomeno del fake, ovvero del travestimento e della simulazione di un’altra ’identità, è un fenomeno molto conosciuto, ben presente nel social network. E’ perciò da tenere assolutamente in considerazione come rischio da evitare. (vv)
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