giovedì 31 marzo 2011

Mons. Sviatoslav Schevchuk (Ucraina): con Mosca per i valori, con Roma per non vacillare (Izzo)

PAPA: UNIATI, CON MOSCA PER DIFENDERE I VALORI, CON ROMA PER NON VACILLARE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 31 mar.

Benedetto XVI ha ricevuto in udienza il nuovo arcivescovo maggiore di Kiev e capo della Chiesa Greco-cattolica Ucraina, mons. Sviatoslav Schevchuk.
Il colloquio ha avuto luogo ad una settimana dall'elezione nel Sinodo che ha eletto il nuovo arcivescovo maggiore scegliendo un vescovo giovane, ha solo 40 anni, attualmente incaricato dell'assistenza pastorale agli ucraini residenti in Argentina.
"In questo incontro manifestando il carisma del Successore di Pietro, il Santo Padre mi ha confermato nella fede", ha poi commentato il presule ai microfoni della Radio Vaticana.
"E' stato molto emozionante - ha aggiunto - che abbia appoggiato la mia nuova missione e abbia posto anche grande fiducia nella mia persona.
Appoggiandoci alla Roccia di San Pietro non vacilleremo. La nuova evangelizzazione, l'unita' dei cristiani ed anche il servizio sociale che la nostra Chiesa puo' svolgere in Ucraina e in tutto il mondo".
L'arcivescovo maggiore ha anche ricordato il grande amore degli ucraini per "il servo di Dio, prossimo Beato, Giovanni Paolo II, il quale aveva detto che l'Ucraina e' un laboratorio dell'ecumenismo". "Noi - ha aggiunto - portiamo avanti questo lavoro, questa missione e speriamo di poter essere utili e partecipare al dialogo ecumenico che svolge la Chiesa Cattolica con le Chiese ortodosse ed orientali". L'Osservatore Romano riporta poi altre dichiarazioni del nuovo arcivescovo maggiore che si e' detto convinto della "necessita' di estendere e approfondire l'attivita' pastorale e la cura dei fedeli presenti nelle regioni orientali e meridionali del Paese" e di "dare alla gente che si pone fuori dalla Chiesa la possibilita' di avvicinarsi a essa, di aderirvi". A questo proposito, l'arcivescovo Schevchuk ha ricordato l'esperienza del ministero da lui svolto a Luhansk che ha mostrato come molte persone non conoscano la Chiesa (in Ucraina i non religiosi/atei sono attorno al 57 per cento della popolazione). Il dialogo con le altre Chiese, ha sottolineato, "non deve essere visto come confronto ma solo come desiderio di vicinanza a esse, al fine di giungere a una reciproca comprensione. Citando il suo predecessore, il cardinale Lubomyr Husar, mons. Schevchuk ha detto che l'Ugcc ha trasferito la sua residenza da Lviv a Kiev "non per stare contro qualcuno ma per stare con qualcuno". Proprio per questo l'arcivescovo maggiore ha sottolineato l'importanza di collaborare con tutte e tre le espressioni ortodosse del Paese: la Chiesa ortodossa ucraina-Patriarcato di Mosca, la Chiesa ortodossa ucraina-Patriarcato di Kiev e la Chiesa ortodossa ucraina autocefala. "La nostra linea di condotta, il nostro modo di comunicare con loro - ha detto - progrediranno verso un dialogo costruttivo e verso la cooperazione". Citando il metropolita Hilarion Alfeyev, responsabile del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, il nuovo arcivescovo maggiore ha sottolineato che un'"alleanza strategica" con la Chiesa Ortodossa Russa sarebbe "l'occasione per difendere insieme i valori cristiani tradizionali" senza che sia messa in campo "nessuna fusione, nessuna volonta' di subordinare qualcuno". In proposito, mons. Schevchuk ha detto che "non dobbiamo lottare contro l'islam in Europa, ma per la forza del cristianesimo, per difendere la vita umana, per i valori dati dalla Chiesa di Cristo all'uomo moderno fin dai tempi degli apostoli". E ha rilevato che, nell'indirizzo di saluto inviatogli dopo la sua elezione, Hilarion invita i greco-cattolici alla costruzione comune della societa' ucraina sulla base dei valori cristiani "considerati sacri dalle nostre Chiese nelle loro tradizioni". In effetti, nel messaggio inviato a Schevchuk per la sua intronizzazione (avvenuta domenica scorsa a Kiev), il rappresentante di Mosca ha espresso la speranza che gli ortodossi russi e i cattolici ucraini possano "gradualmente risolvere gli acuti e dolorosi problemi accumulatisi negli anni, per il benessere e la prosperita' del popolo ucraino". Il Patriarcato di Mosca e' "pronto a sviluppare un dibattito costruttivo con la Chiesa cattolica ucraina", volto a superare le difficolta' esistenti.

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Ucraina, Mons. Sviatoslav Schevchuk: "piena, visibile e reale comunione con il Papa" (Sir)

UCRAINA: MONS. SHEVCHUK, “PIENA, VISIBILE E REALE COMUNIONE” CON IL PAPA

“Siamo una Chiesa orientale, sinodale e cattolica”, e “oggi siamo venuti dal Santo Padre per manifestare questa nostra natura ecclesiale” e “confermare la nostra piena, visibile e reale comunione con il Successore di Pietro”. Esordisce così mons. Sviatoslav Schevchuk, neoeletto arcivescovo Maggiore di Kyiv-Halyč (Chiesa greco-cattolica ucraina), incontrando i giornalisti nella sala stampa della Santa Sede dopo essere stato ricevuto questa mattina da Benedetto XVI in udienza privata, insieme con il Sinodo permanente Ugcc. Mons. Schevchuk, 40 anni, dichiara che il Papa “sarà il benvenuto quando verrà in Ucraina” ma che “oggi non si è parlato di una sua visita imminente”, ed esprime gratitudine al Pontefice per la “conferma dell’elezione di un arcivescovo così giovane: è una manifestazione della sua fiducia nella mia persona”, ma precisa che nella sua Chiesa l’età media dei sacerdoti è intorno ai 35 anni. Richiamando la presenza dei rappresentanti delle tre Chiese ortodosse in Ucraina alla cerimonia della sua intronizzazione, lo scorso 27 marzo nella cattedrale della Resurrezione di Kyiv, l’arcivescovo parla di “un segno di speranza” per il futuro delle relazioni e per “il progresso del dialogo ecumenico”.
In tale ambito mons. Schevchuk auspica tra la Chiesa greco-cattolica e le Chiese ucraine ortodosse del patriarcato di Mosca, del patriarcato di Kyiv e autocefala, “dialogo costruttivo, cooperazione e convivenza” per “una alleanza strategica a difesa dei valori cristiani, in Ucraina e in Europa”. Tre in particolare, spiega al SIR, le priorità pastorali dell’Ugcc: “la nuova evangelizzazione, l’inculturazione e la presenza sociale nella società”. “Anche in Ucraina –afferma – dobbiamo contrastare l’ondata di secolarizzazione che viene dall’Europa. Il nostro tesoro di fede, consolidato dal sangue dei martiri, non deve andare perduto, ma deve essere trasmesso alle nuove generazioni”. Quanto all’inculturazione, “dobbiamo tradurre in ucraino i testi liturgici perché tradurli significa incarnare i valori cristiani nell’odierna cultura e avvicinarli alla gente”. Per mons. Schevchuk l’impegno della Chiesa deve esprimersi anche in termini di “presenza e servizio nella società ucraina postcomunista ispirati ai principi del magistero sociale della Chiesa”, ossia di contributo alla “ricostruzione del tessuto morale della società”. Molti tuttavia i segni di speranza per il futuro della Chiesa e del Paese: l’alto numero delle vocazioni sacerdotali e religiose e “la nuova generazione di politici giovani e capaci”, con i quali, annuncia, “senza entrare nello specifico delle loro convinzioni politiche, ho intenzione di entrare in contatto”.

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Benedetto XVI ha "sollevato" oggi dal governo della diocesi di Pointe-Noire in Congo Brazzaville il vescovo Jean Claude Makaya Loemba (Izzo)

PAPA: DA' RAGIONE AI PRETI E SOLLEVA VESCOVO IN CONGO BRAZZAVILLE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV 31 mar.

Benedetto XVI ha "sollevato" oggi dal governo della diocesi di Pointe-Noire in Congo Brazzaville il vescovo Jean Claude Makaya Loemba.
La decisione del Papa, ha spiegato la Sala Stampa della Santa Sede, non e' in relazione a problemi morali ma riguarda la gestione della diocesi, sia in senso finanziario che nel governo pastorale, con la maggior parte del clero che non aveva piu' fiducia nel presule.
Non e' la prima volta che il Papa e' costretto ad intervenire in una situazione del genere, ma nella gran parte dei casi la rimozione del vescovo non figura nel bollettino ufficiale della Santa Sede che si limita a prendere atto di dimissioni presentate "per gravi motivi", come e' accaduto recentemente in Germania per mons. Mixa e in Umbria per mons. Scanavino.
Il vescovo Makaya Loemba, evidentemente, si e' rifiutato di firmare le dimissioni. Che fosse un uomo di carattere, del resto, il presule africano lo aveva dimostrato alcuni anni fa allontanando dalla sua diocesi il cappuccino italiano padre Fedele Bisceglie, poi arrestato per stupro in Italia, e sospeso dal servizio pastorale un sacerdote che conviveva con una donna.

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Wojtyla, le foto di una vita per gli altri in mostra al Terminal Gianicolo (Izzo)

WOJTYLA: LE FOTO DI UNA VITA PER GLI ALTRI AL TERMINAL GIANICOLO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 31 mar.

Le centinaia di migliaia di pellegrini in arrivo a Roma per la beatificazione di Giovanni Paolo II avranno la possibilita' di ripercorrere la sua straordinaria vicenda umana attraverso una mostra curata dal servizio fotografico dell'Osservatore Romano e allestita al Terminal Gianicolo, la mega struttura interrata nella collina che sovrasta il Vaticano e raggiungibile con una scala mobile da via della Conciliazione.
La mostra fotografica inaugurata oggi espone alcuni degli scatti piu' belli e inediti dedicati a Karol Wojtyla dal "suo" fotografo, il reporter dell'Osservatore Romano, Arturo Mari, che ha seguito il Papa per 27 anni in tutto il mondo. Gia' il titolo della mostra dice tutto, spiega don Giuseppe Colombara, responsabile del Servizio Fotografico del giornale vaticano: "L'uomo che amava gli uomini".
Il Papa polacco, infatti, ha spiegato il salesiano, "amava gli uomini nella loro diversita' di genti, tradizioni, costumi ed usi, attraversando oceani e superando a volte barriere invisibili create dallo stesso uomo, alla ricerca di un amore universale tra i popoli, ricordando che siamo tutti uguali ma diversi". Le immagini sono state accuratamente selezionate dall'archivio dell'Osservatore che ricostruiscono il significativo cammino compiuto da Giovanni Paolo II nel corso del suo lungo Pontificato. E arricchite da due scatti inediti risalenti all'infanzia di Wojtyla, trascorsa nella natia Wadowice. Sono due foto donate dalla Chiesa Polacca ad Arturo Mari: nella prima, il futuro Papa Giovanni Paolo II appare ancora bambino, in braccio ai genitori; nella seconda, Karol Woityla, un po' piu' grandicello, e' ritratto nel giorno della sua Prima Comunione.
La mostra, che sara' aperta fino al 31 luglio, non segue un percorso temporale ma e' invece incentrata sulle emozioni, attenta a maturare in ogni visitatore la riflessione della grandezza dell'uomo Pontefice. Attraverso la semplicita' del suo sorriso, di un suo gesto, di un suo atteggiamento o di un suo momento di preghiera, le immagini dimostrano la forza dell'amore che Giovanni Paolo II e' riuscito a trasmettere al mondo intero. "Siamo davvero entusiasti di questa iniziativa e di poter organizzare la mostra al Terminal Gianicolo, struttura simbolo del Giubileo del 2000, che lo stesso Giovanni Paolo II inauguro' 11 anni fa",ha sottolineato don Colombara nella conferenza stampa di oggi.

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Mons. Sviatoslav Schevchuk (Ucraina): "L'età media dei nostri sacerdoti è di 35 anni"

Papa/ Capo dei cattolici ucraini bizantini: Da noi preti 35enni

Schevchuk oggi dal Papa. "Con Mosca collaborazione su valori"

Parla una decina di lingue (oltre all'ucraino, polacco, russo, inglese, greco, latino slavonico, spagnolo e italiano), ha quarant'anni e da una settimana guida i cinque milioni di cattolici ucraini di rito bizantino.
Monsignor Sviatoslav Schevchuk stamane è stato ricevuto dal Papa, che lo scorso 25 marzo ha approvato la sua elezione da parte del sinodo della sua Chiesa. Approvazione non scontata, poiché, a differenza di altre chiese cattoliche di rito orientale, gli ucraini non esprimono un patriarca (in tal caso l'avallo del Pontefice è automatica) ma solo un arcivescovo maggiore. E per il nuovo arcivescovo maggiore di Kiev degli ucraini, subentrato all'anziano card. Lubomyr Husar, andato di recente in pensione, l'approvazione è tanto più importante in ragione della sua giovane età, che fa prevedere un governo di lunga durata. "Approvando la mia elezione il Santo Padre mi ha tributato una grande fiducia e gliene sono grato", ha detto Shevchuk nel corso di una conferenza stampa organizzata dal portavoce vaticano Federico Lombardi nella sala stampa della Santa Sede dopo l'udienza.
"Abbiamo seguito le norme canoniche della nostra Chiesa, non c'è stata nessuna forzatura", ha assicurato l'arcivescovo. Quasi a confermare che la sua giovane età non è un'eccezione, Schevchuk ha spiegato: "L'età media dei nostri sacerdoti è di 35 anni". I sacerdoti cattolici di rito orientale si possono sposare (accade anche in Italia, ad esempio nell'eparchia Piana degli Albanesi), ma per il nuovo leader della chiesa non è questo il motivo dell'alto numero di conversioni. La ragione, invece, è "l'esplosione della Chiesa" dopo il crollo dell'Unione sovietica e la fecondità dei "semi del cristianesimo" nei paesi che fino all'89 stavano oltre la Cortina di ferro. Quanto all'ordinazione di sacerdoti sposati, prevista in Ucraina, non è ammessa in ogni paese dove si è estesa la diaspora dei cattolici ucraini. "Ma in Canada e negli Stati Uniti ciò avviene", ha spiegato l'arcivescovo maggiore di Kiev. Monsignor Schevchuk non ha nascosto qualche perplessità nei confronti delle autorità politiche ucraine. "Come cittadino ucraino rispetto il mio presidente, spero che anche lui rispetti me", ha detto. Quanto al progetto di chiedere al Papa di innalzare la sede cattolico-ucraina da arcivescovado a patriarcato, preannunciato dallo stesso Schevchuk prima del viaggio a Roma, "la nostra Chiesa sta crescendo e si sta strutturando. Ma naturalmente aspettiamo che sia il Papa a decidere e ci fidiamo della sua saggezza". Se la presenza dei cattolici in Ucraina è guardata con sospetto dal Patriarcato di Mosca e di tutte le Russie, che la considera addirittura una possibile causa di difficoltà all'incontro tra il patriarca Kirill e il Papa, il nuovo leader dei cattolici di rito orientale in Ucraina non è pessimista sui rapporti con Mosca. Schevchuk ha raccontato di aver partecipato pochi giorni prima del sinodo che ha portato alla sua elezione a un congresso internazionale organizzato a Wuerzburg, in Germania, dall'associazione Aiuto alla Chiesa che soffre. Durante una tavola rotonda alla quale è intervenuto anche il presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, cardinale Kurt Koch, il metropolita Hilarion Alfeyev, responsabile del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, ha sottolineato il bisogno di un'"alleanza strategica" tra la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa cattolica per difendere insieme i valori cristiani tradizionali nella società secolarizzata. Un'invito accolgo dall'esponente ucraino. In Ucraina, oltre alla chiesa cattolica di rito ortodosso, vi è anche una chiesa cattolica di rito latino, guidata da uno degli ex segretari di Giovanni Paolo II, mons. Mieczyslaw Mokrzycki, e, infine, una chiesa cattolica armena e una armena. Diverse, poi, le chiese ortodosse, non sempre in buoni rapporti tra loro e con Mosca.

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Intervista a mons. Tejado Muñoz, sotto-segretario del Pontificio Consiglio Cor Unum. Per una Quaresima di condivisione con i fratelli (Gori)

Intervista a monsignor Tejado Muñoz, sotto-segretario del Pontificio Consiglio Cor Unum

Per una Quaresima di condivisione con i fratelli

di NICOLA GORI

Carità. È la parola d'ordine di questo tempo di Quaresima. Ma non c'è il rischio che si riduca a un'operazione commerciale o a un semplice gesto fatto per tacitare la coscienza? Inoltre, la tradizione cristiana nel periodo quaresimale alla carità affianca la pratica del digiuno e la preghiera. Hanno ancora un senso oggi? A queste domande risponde monsignor Segundo Tejado Muñoz, sotto-segretario del Pontificio Consiglio Cor Unum, in questa intervista al nostro giornale.

Nel messaggio per la Quaresima 2011, Benedetto XVI ha riproposto le pratiche tradizionali del digiuno, dell'elemosina e della preghiera come espressioni dell'impegno di conversione. Con quale spirito il cristiano deve compierle?

Queste pratiche non sono altro che uno strumento, un aiuto perché si possa realizzare in ognuno di noi la cosa più importante, che è la conversione del cuore, senza la quale ogni percorso diventa semplicemente un moralismo. La conversione è un dono di Dio, ma va ricercata. L'elemosina, il digiuno e la preghiera ci aiutano in questa ricerca. Dicendo "pratiche tradizionali" possiamo pensare a qualcosa di superato, e questo succede perché perdiamo di vista il fine del tempo di Quaresima, che è la Pasqua, la risurrezione di Gesù. Dice san Paolo nella Lettera ai Corinzi che, se Cristo non è davvero risorto, noi "siamo da compiangere più di tutti gli uomini". Ed è vero: queste pratiche, senza la meta della Pasqua e della risurrezione, sembrano azioni prive di senso, vuote, superate. Nella nostra società consumistica, la Quaresima ha via via assunto un significato diverso. In pochi ormai la considerano come il tempo che apre e accompagna il cammino verso la Pasqua di risurrezione. Il riferimento sembra essere piuttosto alla fine del carnevale: si sottolinea non tanto l'allegria della vittoria di Cristo sulla morte, quanto piuttosto la tristezza per l'inizio di un tempo che "costringe" a pratiche che non riscuotono simpatia.

Il Papa ha richiamato la necessità dell'elemosina, quale capacità di condivisione. Come deve essere praticata per non rischiare di farla diventare una scusa per zittire la coscienza?

Molto semplicemente, "in segreto", come dice il Vangelo di Matteo: "La tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà". Anche un altro consiglio ci viene dal Vangelo: "Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra". È tutto molto semplice, in realtà. L'elemosina ha due aspetti: da una parte aiuta chi la compie a fare un gesto per affermare che la cosa più importante nella vita è Dio; e ha anche un'altra dimensione, appunto, di condivisione con il fratello. La "segretezza" di cui parla il Vangelo favorisce il nostro rapporto con Dio, e allo stesso tempo non umilia il nostro fratello bisognoso che la riceve. Normalmente le elemosine fatte per zittire la coscienza si riconoscono perché sono sempre accompagnate da grande clamore e cariche di pubblicità.

Il digiuno non rischia di apparire un elemento ormai superato, forse retaggio di altre epoche?

Assolutamente no. Togliere qualcosa di essenziale dalla nostra quotidianità (cibo, televisione, internet) è un segno che ricorda e conferma al nostro spirito qualcosa di molto profondo: l'uomo non vive di solo pane, la vita non può essere soltanto la ricerca affannosa del mangiare, del bere e del vestire, come ci ricorda Matteo nel discorso della Montagna. Per essere completa, piena, la vita dell'uomo ha bisogno del Pane che viene dal cielo: "Mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato, e compiere la sua opera". Cristo si reca nel deserto per compiere un digiuno di quaranta giorni prima di iniziare la missione per la quale è venuto. Così ogni cristiano, chiamato a compiere la propria missione, ha bisogno di affrontare questo piccolo combattimento che è il digiuno per potersi misurare nella vita con i veri combattimenti: la malattia, le difficoltà, la morte. Alla fine dei quaranta giorni nel deserto, lo ricordiamo, gli angeli "servivano" il Signore. E così anche il credente, alla fine del digiuno quaresimale, può giungere e fare personalmente esperienza della vittoria sulla morte, durante la veglia di Pasqua. Come afferma il Papa nel messaggio, "il percorso quaresimale trova il suo compimento nel triduo pasquale, particolarmente nella grande veglia nella notte santa".

Come si riesce concretamente a "prendere le distanze dal rumore del quotidiano" - secondo l'invito del Pontefice - e a ritagliare momenti per mettersi in contatto con la Parola di Dio?

Anche qui il Vangelo torna a esserci di aiuto con il concetto di "segreto". Sempre nel brano del discorso della Montagna, Gesù, parlando di questo argomento, afferma: "Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà". È necessario chiudere materialmente la porta della nostra camera - che è anche la porta del nostro cuore - anche se è difficile non venire sollecitati dalle nostre occupazioni quotidiane (interne ed esterne). C'è uno spazio dentro di noi che facciamo molta fatica a chiudere, perché abbiamo paura della solitudine. Dio è sempre pronto a entrare in questo nostro spazio interiore. Come ci ricordano le Scritture - attraverso diverse figure come il cieco di Gerico, la vedova importuna, il pubblicano che si mette in fondo al tempio a pregare - la preghiera è un grido, una richiesta insistente, un mettersi umilmente all'ascolto di un "altro".

Benedetto XVI invita i cristiani a liberare il cuore dal peso delle cose materiali per essere più disponibili a Dio e al prossimo. Quali sono i "pesi" più gravosi. che soffocano l'animo dell'uomo di oggi?

La beata Teresa di Calcutta diceva spesso: "Tutto ciò che non mi serve, mi pesa, mi pesa sul cuore". Si riferiva senz'altro a queste "cose materiali". E anche se le forme sono mutate, mi sembra che l'uomo di oggi abbia gli stessi gravosi pesi dell'uomo di ieri: la spasmodica ricerca di dare e ricevere amore, di trovare il senso della vita, che tante volte deve essere invece riempita ricorrendo a degli ideali ingannevoli. Nella ricerca di questo "senso profondo della vita", di amare ed essere amato, l'uomo è invitato e quasi "trascinato" da ciò che lo circonda a "vivere per se stesso". Il tempo di Quaresima e la Pasqua ci ricordano invece che noi siamo chiamati a vivere una vita piena, ed è Cristo stesso che ha guadagnato per noi la possibilità di vivere così: non più per noi stessi, ma per Colui che è morto e risorto per noi, e quindi, per il nostro prossimo, come ci ricorda san Paolo nella Lettera ai Corinzi. L'uomo può in effetti cambiare strada, cambiare vita.

L'idolatria dei beni allontana l'uomo dai suoi simili, scrive Benedetto XVI. Di fronte a una società troppo spesso individualista c'è ancora spazio per la solidarietà oppure occorre trovare nuove forme di condivisione?

È chiaro che c'è sempre modo di trovare nuove forme, perché ci sarà sempre lo spazio per fare del bene. Ma di quale bene parliamo? Il Papa nel messaggio dice una cosa molto semplice: è la vita cristiana, per ciascuno, la sorgente di questo bene. È la vita del nostro battesimo, fatto fruttificare, che apre la strada a questo bene. È la partecipazione alla vita della Chiesa tramite l'ascolto della Parola di Dio, la partecipazione ai sacramenti, che permette alle singole persone come alle comunità cristiane di vivere e sperimentare fattivamente questa carità. Senza Dio la nostra carità diventa un'attività volontaristica, una filantropia. La carità è un dono di Dio, una virtù teologale che l'uomo non può dare a se stesso. Partecipando della vita di Cristo nella Chiesa, io posso chiedere e ricevere questo dono. Questo mi sembra il cuore del messaggio del Papa. Non si tratta tanto di trovare nuove formule per concretizzare questa solidarietà, ma piuttosto di riattivare il nostro battesimo; perché, "smuovendo" questa sorgente, scaturiscono i diversi doni, i carismi, la novità di "forme" di condivisione. La storia della Chiesa, infatti, ci insegna che a un forte impegno ecclesiale in campo caritativo, ha sempre corrisposto una fioritura di santi. Penso al XIX secolo che ha visto una presenza molto forte della Chiesa in quest'ambito, attraverso figure come san Giovanni Bosco o santa Francesca Saverio Cabrini.

La preghiera è una pratica essenziale per la Quaresima. Non c'è però il rischio di ripiegarsi sul nostro "io" e dimenticare Dio e i fratelli?

Anche questa volta ci può venire in aiuto la beata Teresa di Calcutta. Quando toccava i corpi deturpati dei poveri, per lei era come toccare il corpo stesso di Cristo. Lei ha sempre messo in relazione le opere di misericordia nei confronti di questi fratelli e sorelle con l'adorazione eucaristica, che è la presenza reale di Gesù. La preghiera contemplativa e l'azione caritatevole sono così fuse in un tutt'uno. Certo, esiste sempre il rischio di ripiegarci su noi stessi. Ma non possiamo parlare di preghiera cristiana se in questa preghiera non si trova inclusa tutta l'umanità, e soprattutto gli uomini che soffrono. La vera preghiera cristiana apre il cuore e lo fa entrare in comunione con ogni uomo e con Dio. È impressionante visitare i conventi di clausura, in cui nella preghiera quotidiana, incessante, troviamo una comunione molto profonda con tutti gli uomini.

La Quaresima è tradizionalmente un tempo propizio per riscoprire la carità. In base alla sua esperienza concreta nel Pontificio Consiglio e in altri organismi internazionali - come la Caritas e la fondazione Populorum Progressio - nota un incremento di questa pratica durante il periodo quaresimale?

Le diverse Caritas fanno un lavoro stupendo, aiutando le comunità cristiane a rendere effettiva questa carità. A gennaio ho accompagnato ad Haiti il cardinale Robert Sarah, presidente di Cor Unum. Ho visto con i miei occhi l'immenso lavoro fatto dalle Caritas e anche dalle altre organizzazioni cattoliche. C'è tanto da fare. Ci sono tanti nostri fratelli e sorelle che soffrono e che hanno bisogno del nostro aiuto. La Caritas è uno strumento validissimo nella Chiesa, ed è attraverso le Caritas che stiamo cercando di diffondere questo messaggio.

Che iniziative concrete ha in programma il dicastero per dare nuovo impulso alla carità in questo tempo?

Cor Unum ha due missioni: da una parte un lavoro che possiamo definire ad intra, cioè la diffusione della catechesi della carità e l'aiuto e il coordinamento delle organizzazioni umanitarie cattoliche per sviluppare sempre di più la loro identità ecclesiale. A questo proposito, è intenzione del nostro presidente continuare a offrire ai responsabili di queste organizzazioni l'esperienza degli esercizi spirituali come quelli già proposti in America nel 2008, in Asia nel 2009 e in Europa nel 2010. Vogliamo presentare questa esperienza anche in Africa e Oceania, vedremo in che modi e tempi. Dall'altra parte, il nostro dicastero si fa presente concretamente, a nome del Papa, nei luoghi colpiti da disastri naturali o emergenze umanitarie. Ultimamente, nel nostro viaggio ad Haiti, abbiamo portato un aiuto concreto di 900.000 euro per la costruzione di una scuola elementare e di 400.000 euro per la ricostruzione di una cappella. Con questi gesti abbiamo voluto sottolineare ciò di cui parlavo prima, cioè la "formazione integrale" dell'uomo, che considera l'aspetto orizzontale e l'aspetto verticale come due componenti necessarie per il suo sviluppo. Tra l'altro, di recente siamo stati presenti, sempre a nome del Papa, anche nelle zone colpite dal terremoto in Nuova Zelanda.

(©L'Osservatore Romano 1 aprile 2011)

L’arcivescovo Schevchuk dopo l’incontro con il Papa: Ucraina, laboratorio di ecumenismo (R.V.)

L’arcivescovo Schevchuk dopo l’incontro con il Papa: Ucraina, laboratorio di ecumenismo

Benedetto XVI ha ricevuto stamani in udienza il nuovo arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyč, Sua Beatitudine Sviatoslav Schevchuk. L’incontro è avvenuto ad una settimana dall’elezione nel Sinodo dei Vescovi della Chiesa greco cattolica ucraina. Mons. Schevchuk, che ha solo 40 anni, in tarda mattinata ha incontrato i giornalisti presso la Sala Stampa della Santa Sede. L’arcivescovo di Kiev ha innanzitutto sottolineato l’urgenza di un’alleanza strategica tra cattolici e ortodossi per dare forza all’annuncio del Vangelo e difendere i valori cristiani in un contesto di avanzata secolarizzazione. Al microfono di Alessandro Gisotti, l’arcivescovo Sviatoslav Schevchuk confida i sentimenti con i quali ha vissuto l’udienza con il Papa:

R. – Io penso che in questo incontro il Santo Padre abbia manifestato il carisma del Successore di Pietro. Mi ha confermato nella fede. E’ stato molto emozionante che abbia appoggiato la mia nuova missione e abbia posto anche grande fiducia nella mia persona. Appoggiandoci alla Roccia di San Pietro non vacilleremo!

D. – Quali sono gli impegni, le sfide più importanti per la sua Chiesa?

R. – La nuova evangelizzazione, l’unità dei cristiani ed anche il servizio sociale che la nostra Chiesa può svolgere in Ucraina e in tutto il mondo.

D. – Il Papa, all’udienza generale, salutandola, ha messo l’accento sull’importanza dell’unità. Una sua parola sul dialogo ecumenico così importante in Ucraina...

R. – Il servo di Dio, prossimo Beato, Giovanni Paolo II, ha detto che l’Ucraina è un laboratorio dell’ecumenismo. Noi portiamo avanti questo lavoro, questa missione e speriamo di poter essere utili e partecipare al dialogo ecumenico che svolge la Chiesa cattolica con le Chiese ortodosse ed orientali. (ap)

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Eccezionale documento: il video dell'ordinazione sacerdotale di padre Joseph Ratzinger

Clicca qui per vedere il documento eccezionale segnalatoci da Fra A.R. e Alberto.

Il Papa: la Chiesa offra ai giovani ragioni di speranza attraverso l'annuncio credibile del Vangelo

Il Papa: la Chiesa offra ai giovani ragioni di speranza attraverso l'annuncio credibile del Vangelo

“Perché la Chiesa sappia offrire alle nuove generazioni, attraverso l'annuncio credibile del Vangelo, ragioni sempre nuove di vita e di speranza”: è l’intenzione generale di preghiera del Papa per il mese di aprile. Un’esortazione ai fedeli sulla quale si sofferma don Maurizio Mirilli, direttore del Servizio per la pastorale giovanile del Vicariato, intervistato da Alessandro Gisotti:

R. - Il Papa, giustamente, chiede un esempio di radicalità evangelica al mondo degli adulti, ai credenti adulti, perché le nuove generazioni dei giovani hanno bisogno di testimoni credibili: tutti hanno bisogno di testimoni credibili ma, in modo particolare i giovani, che sono i più esigenti da questo punto di vista. Non a caso, quando i giovani incontrano un vero testimone, un vero credente disposto anche a dare la vita per il Vangelo, allora lo seguono sempre.

D. - Questo aspetto della credibilità forse è proprio la sottolineatura delle parole del Papa. Abbiamo bisogno più di testimoni che di maestri, per citare un predecessore di Benedetto XVI…

R. - Certo. Paolo VI ci ha lasciato questa frase importante che, poi, tutti i Papi dopo di lui hanno cercato di annunciare continuamente e di vivere anche con la propria vita, basti pensare a Giovanni Paolo II. Tanti giovani lo hanno amato, hanno partecipato agli eventi dopo la sua morte, in tanti verranno alla sua beatificazione e questo proprio perché lui ha incarnato concretamente il Vangelo.

D. - La beatificazione di Giovanni Paolo II e qualche mese dopo la GMG di Madrid…

R. - Sono due grandi eventi per tutta la Chiesa e in modo particolare per i giovani che magari sono più disponibili a muoversi, a viaggiare, a stare anche in condizioni di precariato. Alla GMG i giovani sono abituati a dormire per terra, a passare le nottate in preghiera, a fare le veglie e così via.

D. - Papa Benedetto nelle intenzioni di preghiera parla di ragioni sempre nuove di vita e di speranza: è proprio quello che i giovani cercano da sempre…

R. - E’ quello che cercano da sempre ed è quello a cui ci invita anche san Pietro nella sua Lettera: rendete ragione della speranza che è in voi. E’ evidente che alla fede ci si arriva non solo attraverso un ragionamento intellettuale ma ci si arriva attraverso un’esperienza concreta. Un giovane, per vivere questa esperienza concreta, ha bisogno di toccarla con mano, di vederla attraverso il vissuto di altri che dicono di credere. Tutto questo dev’essere visibile. Ecco perché “rendete ragione”: mostrate concretamente attraverso la vostra vita che tutto quello che dite è vero e, allora, io crederò. Questa è anche, un po’, la provocazione che un giovane ci fa oggi: tu che dici di credere, mostrami che quello che stai dicendo è vero e che non è una favola. (bf)

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Il Papa ha "sollevato dalla cura pastorale" della diocesi di Pointe Noire (Congo-Brazaville) il vescovo Jean-Claude Makaya Loemba

Papa/ Rimuove vescovo africano per problemi di gestione diocesi

Città del Vaticano, 31 mar. (TMNews)

Il Papa ha "sollevato dalla cura pastorale" della diocesi di Pointe Noire (Congo-Brazaville) il vescovo Jean-Claude Makaya Loemba.
Quello del sollevamento è un gesto insolito che indica il fatto che il vescovo non ha accettato di rassegnare le dimissioni. La sala stampa vaticana ha precisato che all'origine della rimozione "non vi sono problemi di ordine morale, ma di gestione della diocesi".
Tra i problemi ci sarebbero sia questioni economiche che tensioni con il clero locale. Negli anni scorsi, peraltro, mons. Makaya Loemba aveva polemizzato con padre Fedele Bisceglia, missionario accusato di molestie sessuali a diverse donne che, in seguito, è stato arrestato per violenza.

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Interessante...ora sappiamo che, volendo, il Papa puo' rimuovere ipso facto un vescovo senza bisogno di presentazione di dimissioni.
R.
il blog sarà aggiornato più tardi...

Benedetto XVI ha incontrato il nuovo arcivescovo maggiore di Kiev, mons. Sviatoslav Shevchuk (Izzo)

PAPA: PRIMO INCONTRO CON NUOVO CAPO CHIESA UCRAINA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 30 set.

Al termine dell'Udienza Generale, Benedetto XVI ha incontrato il nuovo arcivescovo maggiore di Kiev, mons. Sviatoslav Shevchuk, eletto nei giorni scorsi a capo della chiesa greco-cattolica ucraina. A presentare il nuovo arcivescovo al Papa e' stato l predecessore, card. Lubomyr Husar. Nel corso dell'Udienza Generale il Papa si e' detto "certo che, illuminato dalla azione dello Spirito Santo, il nuovo arcivescovo maggiore presiedera' la sua Chiesa, guidandola nella fede in Cristo Gesu' secondo la propria tradizione e spiritualita', in comunione con la Sede di Pietro, che e' vincolo visibile di quella unita' per la quale tanti figli non hanno esitato ad offrire persino la prpria vita".

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Dalla «Centesimus annus» alla «Caritas in veritate». Una nuova evangelizzazione del sociale (Mario Toso)

Dalla «Centesimus annus» alla «Caritas in veritate»

Una nuova evangelizzazione del sociale

di Mario Toso*

Il prossimo 1º maggio cade il ventesimo anniversario della Centesimus annus, l'enciclica che può essere ricordata come la charta magna del nuovo ordine sociale dopo la caduta del muro di Berlino, ma che qui segnaliamo come luogo in cui, con riferimento alla dottrina sociale, si tematizza la coscienza di una nuova evangelizzazione del sociale. Un aspetto importante anche per il prossimo Sinodo. Si tratta di una dimensione della missione della Chiesa già messa in luce dalla costituzione conciliare Gaudium et spes.
La Centesimus annus, per articolare il rapporto tra evangelizzazione e dottrina sociale, muove dalla precedente enciclica Sollicitudo rei socialis.
Da questo documento, infatti, si può evincere che la dottrina sociale è da considerare strumento di evangelizzazione, parte integrante o elemento essenziale dell'opera di evangelizzazione della Chiesa (cfr. n. 41).
Secondo la Sollicitudo rei socialis, la Chiesa adempie il suo ministero di evangelizzazione in ambito sociale mediante la dottrina sociale, attuando in tal modo la sua funzione profetica, che si articola nel duplice momento dell'annuncio e della denuncia. Tramite la sua dottrina sociale, la Chiesa evangelizza il sociale, inteso nel modo più ampio.
Dalla Sollicitudo rei socialis emerge, dunque, che la dottrina sociale è frutto ed espressione dell'essere apostolico della Chiesa, della sua missione redentrice. Infatti, compito primario della Chiesa è quello di portare la salvezza a ogni uomo, a tutto l'uomo, considerato quindi anche nella sua dimensione sociale. Per questo, la missione della Chiesa si estende al sociale. Per questo, esistono il compito e la vocazione della Chiesa all'evangelizzazione del sociale.
Nella Centesimus annus è confermato ed espresso esplicitamente quanto la Sollicitudo rei socialis afferma indirettamente, innestandolo però nel contesto pastorale di una nuova evangelizzazione. E, così, Giovanni Paolo II scrive nei primi paragrafi della Centesimus annus: «La “nuova evangelizzazione”, di cui il mondo moderno ha urgente necessità e su cui ho più volte insistito, deve annoverare tra le sue componenti essenziali l'annuncio della dottrina sociale della Chiesa» (n. 5). Nel paragrafo 54, invece, scrive che la dottrina sociale «ha per sé il valore di uno strumento di evangelizzazione».
Per la prima affermazione, la dottrina sociale della Chiesa è un elemento essenziale della nuova evangelizzazione. La dottrina sociale non è facoltativa in ordine all'attuazione della nuova evangelizzazione cui la Chiesa è chiamata. Pertanto, pretendere di realizzare una nuova evangelizzazione senza l'annuncio e la testimonianza della dottrina sociale equivarrebbe a realizzare una nuova evangelizzazione monca. La ragione di ciò sta nel fatto che la nuova evangelizzazione non può che essere annuncio di Gesù Cristo salvatore e redentore di tutto l'uomo e, quindi, annuncio di Gesù Cristo salvatore e redentore della vita sociale, delle varie società umane: la nuova evangelizzazione comprende necessariamente l'evangelizzazione del sociale. Ecco perché la dottrina sociale della Chiesa è da ritenersi, a suo modo, momento essenziale della nuova evangelizzazione. Ecco perché la nuova evangelizzazione ha tra i suoi momenti essenziali l'annuncio e la testimonianza della dottrina sociale.
Per la seconda affermazione, la dottrina sociale -- come già rilevato presentando la Sollicitudo rei socialis -- è evangelizzazione, sia pure particolare: evangelizzazione relativa al sociale, all'azione costruttrice di una società migliore. Proclamando la dottrina sociale della Chiesa strumento di evangelizzazione, se ne evoca inevitabilmente l'indispensabilità per la catechesi, per l'educazione cristiana in genere, per la pastorale sacramentale, per la pastorale sociale: la dottrina sociale è uno strumento o un elemento essenziale per l'educazione alla fede matura. Senza l'apporto della dottrina sociale, non si può educare globalmente e far crescere alla fede matura né i singoli credenti, né le comunità ecclesiali e religiose.
Con Giovanni Paolo II viene così aperto non solo uno sguardo più profondo sulla dimensione ecclesiale della dottrina sociale della Chiesa -- infatti, se si afferma che essa è elemento essenziale della nuova evangelizzazione, si afferma anche che ogni comunità ecclesiale e ogni credente deve farsene carico -- ma anche sulla sua dimensione pastorale e pedagogica, sulle sue necessarie relazioni, secondo reciprocità, con l'attività catechetica, liturgica, di servizio all'uomo.
In definitiva, rapportando esplicitamente la dottrina sociale alla missione evangelizzatrice della Chiesa, Giovanni Paolo II la radica maggiormente nel mistero di Gesù Cristo. La considera frutto ed espressione della proclamazione e della testimonianza dell'opera di salvezza di Gesù Cristo per ogni uomo, per tutto l'uomo, per la società. Tramite la dottrina sociale, Gesù Cristo viene indicato come Via, proclamato come Verità, comunicato come Vita nei confronti delle realtà sociali (cfr. Centesimus annus, 3), compresi, ovviamente, la politica, lo Stato sociale e democratico. Con l'annuncio e la testimonianza della dottrina sociale, la Chiesa non solo evangelizza il sociale e lo rende più umano, ma mira a coinvolgere tutti gli uomini, incamminandoli alla comunione con l'Uomo Nuovo, Gesù Cristo, il ricapitolatore di tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra. In altre parole, con la dottrina sociale la Chiesa si ripropone di affermare, sempre più, il regno di Dio nel mondo.
Il Compendio rappresenta un'altra tappa importante della riflessione ecclesiale sull'evangelizzazione del sociale. Chi lo prende in mano e lo legge con attenzione si rende presto conto che esso è sviluppo coerente dell'impostazione teologica, cristologica ed ecclesiologica dei documenti conciliari e, in particolare, della Costituzione pastorale Gaudium et spes, sulla base di una visione di comunione e di missione. Mentre riprende le principali tematiche sociali della Gaudium et spes aggiornandole, integrandole, inserendo tra di esse (matrimonio e famiglia, progresso culturale, la vita economico-sociale, la vita della comunità politica, la pace e la comunità dei popoli), ad esempio, l'argomento o area della salvaguardia dell'ambiente (cfr. capitolo decimo del Compendio), riflessioni sugli organismi geneticamente modificati e sull'uso delle biotecnologie (cfr. nn. 472-480), sull'uso dell'acqua, sulle unioni omosessuali (cfr. n. 228), sul cosiddetto «diritto al figlio» (cfr. n. 235), sulla «guerra preventiva» (cfr. n. 501). Secondo la riflessione conciliare e postconciliare sulla natura e sulla missione della Chiesa, la comunità cristiana vive, annuncia, celebra e testimonia nel tempo, e in diversi contesti, la totalità della caritas Christi, nelle sue molteplici e correlate dimensioni. Vive questo grande amore di Cristo mediante un ministero di diaconia globale all'uomo, alla famiglia umana e al cosmo, esplicandolo e programmandolo come una nuova evangelizzazione del sociale. L'evangelizzazione del sociale -- espressione di una comunità ecclesiale che fa memoria della rivelazione piena dell'Amore trinitario offerta dalla Pasqua del Signore Gesù -- intende annunciare e attuare la vocazione di ogni uomo e di ogni società all'amore trinitario, inscritta in essi da Dio creatore. L'Amore trinitario è origine e meta di ogni persona e della storia tutta (cfr. Compendio, n. 34).
Tale connotazione trinitaria dell'evangelizzazione del sociale la rende naturalmente fautrice di un nuovo umanesimo o, meglio, di innumerevoli progettualità e di umanesimi integrali, solidali, aperti alla Trascendenza (cfr. Compendio, n. 7). Questi diffondono e incarnano negli ethos dei popoli, nelle istituzioni, nella rete delle relazioni, una visione d'uomo e di donna la cui perfezione e identità si compiono mediante il dono di sé, nel mutuo potenziamento d'essere, vissuti in Cristo con la forza del suo amore.

Tramite un umanesimo trinitario, le comunità o le varie organizzazioni sociali sono costituite come ambienti in cui le persone sperimentano e sviluppano la loro dimensione trascendente sia in senso orizzontale che verticale. Più precisamente, si avvalgono di un'antropologia secondo cui la libertà della persona non è radicale, incondizionata, indifferente al vero, al bene e a Dio, bensì è una libertà che si sceglie come libertà per il vero, per il bene e per Dio; per la comunione e per la cura dell'altro, sulla base di un'universale tensione all'Amore, principio di quella legge morale naturale che norma l'azione umana. La persona, oltre che un essere per se stesso, è un essere-per .

All'inizio del terzo millennio, in forza della globalizzazione e delle nuove scoperte tecnologiche che la supportano si è costruito un mondo nuovo, con enormi possibilità di sviluppo, di comunicazione e di interconnessione, ma anche di disumanizzazione, di emarginazione dei più poveri.
Il rischio che sta emergendo è che, come rileva la Caritas in veritate, «all'interdipendenza di fatto tra gli uomini e i popoli non corrisponda l'interazione etica delle coscienze e delle intelligenze, dalla quale possa emergere come risultato uno sviluppo veramente umano» (n. 9). Detto altrimenti, il mondo, sottoposto a una progressiva e a una pervasiva globalizzazione, si trova di fronte a un bivio: o un'esistenza di maggior comunione, di unità, di condivisione e di inclusione, o essere un'umanità divisa, estranea a se stessa, soggiogata da una nuova ideologia, tecnocratica e materialistica, che rinchiude persone e popoli entro un destino di alienazione quasi totale, perché impedisce di «incontrare l'essere e la verità» (n. 70).
Le ideologie non sono, dunque, tutte tramontate. Ne sorgono di nuove, forse meno visibili ma non per questo meno pericolose per la dignità della persona e per il destino della stessa umanità. In particolare, la costruzione del mondo globalizzato sembra avviata sui binari di una cultura universale che, a causa del primato accordato alla tecnica, a ciò che è materiale e strumentale, riduce persone e popoli a «cose», a «merci», a «prodotto» di un fare prometeico, espressione di una libertà assoluta, slegata dai limiti che la stessa realtà impone.
Come ha mostrato l'ultima crisi finanziaria, con i suoi eccessi e le sue devastazioni a catena, l'umanità può essere davvero soggiogata da ideologie che ne interpretano lo sviluppo in termini meramente tecnocratici, aventi come unici criteri di verità l'efficienza e l'utilità. Alla base di simili distorsioni sta un errore essenzialmente antropologico ed etico e, prima ancora, gnoseologico. Non a caso, la Caritas in veritate rammenta che la questione sociale, questione globale, è diventata radicalmente questione antropologica (cfr. n. 75).
Uno dei segni più evidenti della devastazione antropologica che investe il processo della globalizzazione è dato, secondo Benedetto XVI, dalla esiziale separazione tra etica della vita ed etica sociale. È questo un ambito in cui si possono meglio cogliere la profondità dell'alienazione contemporanea e il danno radicale che ne deriva per la stessa convivenza civile. Una società, sia essa piccola o grande, non può sussistere come unione morale, non può cioè essere giusta e pacifica, quando tollera le più diverse forme di disistima e violazione della vita umana, soprattutto se debole ed emarginata (cfr. Caritas in veritate, 51).
Un mondo globalizzato, animato da un umanesimo spiritualmente depotenziato, appiattito su una concezione tecnicistica e materialistica della vita, cade nella presunzione dell'auto-salvezza e finisce per promuovere uno sviluppo disumanizzato. È in questo contesto che Benedetto XVI propone, in definitiva, una nuova e grande evangelizzazione del sociale.
A fronte di una globalizzazione che avvolge il mondo con le sue potenzialità positive, ma anche con i suoi dinamismi negativi, mediante la Caritas in veritate, affida alla Chiesa e alle comunità il compito di annunciare Gesù Cristo come Colui che, mentre salva l'umanità associandola alla sua pienezza di vita e divinizzandola, contemporaneamente la purifica e la libera, rafforzandola in quella capacità di ricercare il vero, il bene e Dio, che è praticamente negata dalla cultura post-moderna e che, invece, costituisce la base per umanizzare la globalizzazione in termini di unità e di progressiva comunionalità.
L'evangelizzazione del sociale, a cui fa appello Benedetto XVI, rimanda a eventi salvifici che sono realizzati dalla potente mano di Dio creatore e redentore, e che costituiscono, per tutte le persone e le generazioni, un dono che le precede, fondativo del loro essere antropologico ed etico, forza propulsiva di riscatto: Cristo è «globalizzato» sin dalla creazione del mondo; è Colui che sospinge l'umanità, in cui è incarnato, all'unità fraterna, all'inclusione.
Parimenti, l'evangelizzazione richiede, da parte delle comunità, un particolare impegno missionario. Al «principio» della vita di Cristo offerta a tutti, seminata nei solchi della storia, deve corrispondere l'organizzazione e l'attivazione di un'evangelizzazione del sociale avente come suo elemento essenziale la dottrina sociale della Chiesa. Mediante quest'ultima, la Chiesa annuncia la verità dell'amore di Cristo nella società: tutti gli uomini, destinatari dell'amore di Dio, sono «costituiti soggetti di carità, chiamati a farsi essi stessi strumenti della grazia, per effonder la Carità di Dio e per tessere reti di carità» (Caritas in veritate, 4).
Rispetto alla crisi della ragione e alla conseguente perdita del telos, secondo la Caritas in veritate, è decisivo e cruciale l'annuncio di Gesù Cristo. È indispensabile un'evangelizzazione del sociale corrispondente. Non a caso Benedetto XVI, ricalcando le orme di Paolo VI, afferma che esso è «il primo e principale fattore dello sviluppo» (n. 8).

*Vescovo Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace

(©L'Osservatore Romano 31 marzo 2011)

"Gesù di Nazaret", la recensione di Franca D'Agostini commentata da Raffaele Iannuzzi

"Gesù di Nazaret", la recensione di Franca D'Agostini commentata da Raffaele Iannuzzi

di RAFFAELE IANNUZZI

Franca D'Agostini ha scritto un bell'articolo sul "Manifesto" dedicato alla teologia di Benedetto XVI.
La disamina si declina attorno al nucleo del secondo tomo del Papa dedicato a Gesù ma si tratta di un pretesto per criticare il "disegno politico-culturale" di questo Pontificato.
Ma andiamo con ordine. In primo luogo: la cultura marxista si è occupata fin dall'inizio di Benedetto XVI. La rivista "Critica marxista" ha prodotto numerosi interventi di notevole livello sulla strategia politico-culturale del Papa.
Aldo Zanardo ha rilevato correttamente che il pensiero di Ratzinger sia più platonico-aristotelico che tomista.
Giuseppe Chiarante ha spiegato che il protagonismo culturale del geniale professore di Regensburg abbia a che fare con lo svuotamento sistematico delle ideologie. Il vuoto non è sopportabile. Né nella storia, né nella politica. Idem nell'ambito culturale ed etico. Ratzinger si inserisce nella preoccupante deriva nichilistica che ha avvolto l'Occidente, a cominciare dai suoi guru intellettuali di sinistra.
Queste considerazioni permettono di sottolineare un punto che la D'Agostini sembra ignorare: Benedetto XVI non intende dimenticare questa o quella versione del Vangelo e/o della Chiesa, non vive per affermare un Gesù ad uso e consumo della masse o dei salotti "libertari" degli ultimi fans della teologia della liberazione, ormai un fossile della storia.
Il Papa produce un pensiero interno alla fede e quest'azione è intelligibile se e solo se si riprendano le fonti classiche della teologia.
Altrimenti, si fa un'operazione ideologica che, nel gergo marxista, cela una "falsa coscienza". Sant'Anselmo spiega bene: "La fede ha bisogno dell'intelletto". La fede richiede la razionalità umana. Sant'Agostino, da par suo: "La grazia presuppone la natura e la perfeziona". Il "potere della verità" intorno al quale si avvita la filosofa del linguaggio non ha niente a che fare con il potere di Hobbes, né con la "potentia" spinoziana. È in gioco, sì, la questione dell'interrogativo di Pilato: cos'è la verità? E così risponde, secco, sant'Agostino al quesito del rappresentante del potere, questo sì mondano, di Roma :"L'uomo qui presente". Da qui nasce la fenomenologia cristiana di Michel Henry. Il Dio fattosi carne non segue né la verità del Tempio, né un progetto vagamente evangelico di "liberazione" umana. La questione dirimente - mai nominata dalla D'Agostini - è l'Incarnazione. E' il Dio di Gesù Cristo. Si può credere o meno in questa realtà, ma non la si può ignorare. Ratzinger ne ha scritto nel saggio del 1968, "Introduzione al cristianesimo". L'Incarnazione fa sì che i cristiani siano i veri "materialisti", come hanno osservato cristiani di estrazione diversa come Giorgio La Pira e san Josemaria Escrivà. La verità cristiana è divino-umana. Non sta né con Rorty, né con Putnam. Questo "né-né" richiama ad un "et-et": lo scandalo cristiano è che un uomo si sia detto Dio. Ciò scatena la reazione violenta del clero del Tempio. Gesù: l'ebreo che smaschera l'ideologia religiosa del Tempio. Non esiste "l'anticlericalismo" di Gesù, "libertario" a capo dell'esercito di riserva degli ultimi e degli oppressi. Anzi. La laicità di Gesù consiste proprio in un approccio così descritto da Tommaso d'Aquino: "La verità, da qualunque parte provenga, deriva da Dio". E San Paolo: "Vagliate tutto e trattenete il valore". Il metodo è imposto dall'oggetto: leggere Gesù solo con le lenti della filosofia rischia di dissolvere il primo insieme alla seconda.

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I vescovi della Costa d'Avorio ringraziano il Papa per l'appello. Il vicario apostolico di Tripoli: i raid uccidono i civili (Izzo)

PAPA: VESCOVI COSTA D'AVORIO LO RINGRAZIANO PER APPELLO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 30 mar.

"Siamo felici per le parole del Santo Padre e lo ringraziamo per questo appello. Speriamo che la sua voce sia ascoltata".
Lo dice all'agenzia vaticana Fides l'arcivescovo di Abidjan, mons. Jean-Pierre Kutwa, che ha voluto esprimere la gratitudine di tutto l'episcopato della Costa d'Avorio.
Mons. Kutwa ribadisce inoltre che la "situazione umanitaria e' fuori controllo, vi sono migliaia e migliaia di sfollati provocati dai combattimenti". In Costa d'Avorio, rileva Fides "secondo Amnesty International, almeno 10.000 persone hanno cercato rifugio in questi giorni nella locale missione cattolica. La missione aveva gia' accolto oltre 5.000 profughi".

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LIBIA: VICARIO TRIPOLI, RAID UCCIDONO I CIVILI

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 30 mar.

"Le bombe umanitarie fanno vittime tra i civili". Lo denuncia monsignor Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli, per il quale "se si vuole veramente una soluzione diplomatica alla crisi libica occorre necessariamente passare attraverso l'Unione Africana". L'assenza dell'Ua "alla Conferenza di Londra mi ha quindi deluso", dice all'agenzia vaticana Fides.
Secondo mons. Martinelli, da parte della coalizione dei volenterosi, purtroppo "si vuole continuare con la guerra". "Ora - osserva il vescovo francescano - i ribelli sono alle porte di Sirte, ma passare Sirte non sara' affatto facile. Armare una parte della popolazione libica contro l?altra non mi sembra una soluzione morale".
"Quanto all'azione della coalizione - avverte - non mi si venga a dire che si bombarda per difendere la popolazione civile. Per quanto siano precisi i bombardamenti contro gli obiettivi militari, certamente coinvolgono anche gli edifici civili circostanti".
"So di almeno due ospedali - continua - che hanno subito danni indiretti causati dai bombardamenti. Sono andate distrutte porte e finestre ed i pazienti sono sotto shock". Per il presule, e' bene "che si sappia" quanta sofferenza viene inflitta alla popolazione con "le azioni militari che stanno causando vittime tra quei civili che si vorrebbe proteggere con queste operazioni militari". "Lo ripeto: se si vuole una soluzione pacifica occorre coinvolgere l'Unione Africana, la Lega Araba e alcuni organi locali.
Ma mi sembra che prevalgano altre logiche", insiste il vicario apostolico di Tripoli. "Per quanto riguarda i richiedenti asilo, eritrei ed etiopici, la maggior parte - conclude - sono stati trasferiti in Tunisia.
Altri hanno raggiunto Malta e Lampedusa. Qui a Tripoli ne sono rimasti circa il 25 per cento. E con loro ci sono comunque altri migranti africani, soprattutto congolesi e ciadiani".

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Papa Benedetto e l'abate Gioacchino da Fiore (Vincenzo Brunelli)

Papa Benedetto e l'abate Gioacchino

Ricordata durante l'incontro la figura del religioso di San Giovanni in Fiore

Vincenzo Brunelli

In occasione dell'anniversario della morte di Gioacchino da Fiore, avvenuta il 30 marzo del 1202, il pontefice Benedetto XVI ha ricevuto durante un'udienza generale in Vaticano, l'arcivescovo di Cosenza mons. Salvatore Nunnari, don Enzo Gabrieli e il presidente della Provincia Mario Oliverio. L'arcivescovo Nunnari ha colto l'occasione per rinnovare al Pontefice l'invito a venire in Calabria. «Sarebbe bello – ha detto mons. Nunnari dopo l'incontro – averlo a Paola, città di San Francesco». E proprio all'abate florense è dedicato il numero speciale monografico della rivista diretta da Francesco Di Napoli "La Provincia di Cosenza" di prossima distribuzione. La prima copia della pubblicazione è stata consegnata a Papa Benedetto XVI che ha espresso particolare interesse per l'abate calabrese e vivo apprezzamento per l'opera. L'arcivescovo Nunnari e il postulatore della causa di beatificazione di Gioacchino da Fiore, don Enzo Gabrieli e il presidente Oliverio hanno discusso con Benedetto XVI a lungo di varie questioni oltre che della figura dell'abate calabrese, della sua vita e delle sue numerose iniziative religiose e umane. Al Santo Padre è stato riferito anche degli studi condotti per ricostruire il rapporto tra Bonaventura e Gioacchino che interessarono il futuro Papa negli anni della sua formazione teologica.
«Gioacchino da Fiore – hanno ribadito a più riprese Padre Nunnari e Mario Oliverio – è figura di primissimo piano che si staglia nell'orizzonte della storia e della fede. I suoi studi, le sue opere meritano una ampia diffusione e conoscenza». Oliverio ha poi aggiunto: «È per questo che la Provincia ha voluto una nuova pubblicazione della sua rivista istituzionale che approfondisce il suo pensiero e la sua grande influenza spirituale e più in generale culturale. Il Papa ha apprezzato la nostra iniziativa. Ringraziamo sua santità per averci incontrato». Al termine dell'udienza Benedetto XVI ha impartito la solenne benedizione, estesa a tutti i cosentini. La rivista monografica su Gioacchino da Fiore della Provincia di Cosenza sarà presentata nei prossimi giorni nella sede dell'amministrazione provinciale e nell'abbazia di San Giovanni in Fiore dal presidente Oliverio e dall'arcivescovo Nunnari.

© Copyright Gazzetta del sud, 31 marzo 2011

Convegno “Finanza, microcredito e Dottrina sociale” organizzato dal gruppo del Piemonte della Fondazione Centesimus Annus – Pro Pontifice (2 aprile 2011): comunicato

Riceviamo e con piacere e gratitudine pubblichiamo:

COMUNICATO STAMPA

Finanza, Microcredito e Dottrina Sociale

MONTEMAGNO (AT) Castello di Montemagno dei Conti Calvi di Bergolo

Sabato 2 Aprile 2011

9.30 – 13.30

“Finanza, microcredito e Dottrina sociale” è il titolo del convegno organizzato dal gruppo del Piemonte della Fondazione Centesimus Annus – Pro Pontifice, che si svolgerà sabato 2 aprile presso il Castello di Montemagno in provincia di Asti.

E’ l’attenzione nei confronti di coloro che si trovano in situazioni di svantaggio che ha portato alla scelta di mettere in evidenza l’importanza della finanza, del microcredito e della Dottrina sociale, come strumenti per sostenere e guidare realtà umane fuori da condizioni di disagio socio-economico.

“Il punto forte di riferimento” spiegano i promotori presentando il convegno “è l’Enciclica Caritas in Veritate di Benedetto XVI”, dove al punto 65, si sottolinea che: “i soggetti più deboli vanno educati a difendersi dall’usura, così come i popoli poveri vanno educati a trarre vantaggio dal microcredito, scoraggiando in tal modo le forme di sfruttamento possibili in questi due campi” e “poiché anche nei Paesi ricchi esistono nuove forme di povertà, la microfinanza può dare concreti aiuti per la creazione di iniziative e settori nuovi a favore dei ceti deboli della società anche in una fase di possibile impoverimento della società stessa”.

Essere finanziariamente inclusi è uno di quei beni considerati essenziali nella vita di oggi, infatti l’essere fuori dal circuito del credito, costituisce un elemento generatore di nuove povertà, con conseguente rischio di emarginazione sociale per i soggetti o i popoli che ne vengono colpiti. Il microcredito, interpretato secondo i principi della Dottrina sociale, assume i significati di accogliere, ascoltare ed accompagnare, può così rappresentare la via maestra per creare condizioni d’indipendenza economica e favorire la nascita di nuove attività imprenditoriali.

Né discuteranno, moderati dal Prof. Alberto Quadrio Curzio:

- ANDREOTTI Maria Elena : già funzionario ONU, consulente segretariato sociale RAI

- CATELLA Mons. Alceste : Vescovo di Casale

- CHIMINAZZO Tullio: Fondatore Movimento Mondiale delle Scuole di Etica ed Economia

- CIRAVEGNA Daniele: Presidente RITMI Rete Italiana di Microfinanza

- LIMONE Andrea: Amministratore Delegato PerMicro

- QUADRIO CURZIO Alberto: Vice Presidente Accademia dei Lincei - Presidente Comitato Scientifico Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice

- ROSSI DI MONTELERA Lorenzo: Consigliere Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice

PROGRAMMA DEL CONVEGNO

9.30 – 10.00 Registrazione partecipanti

10.00 – 10.15 Indirizzi di saluto: S.E. Mons. Alceste Catella

Conte Dott. Lorenzo Rossi di Montelera

Conte Ippolito Calvi di Bergolo

10.15 – 10.45 Introduzione al Convegno: Prof. Alberto Quadrio Curzio

10.45 – 11.15 “Microcredito: un caso di successo di finanza etica”, Prof. Daniele Ciravegna

11.15– 11.45 “Esperienza di microcrediti nella cooperazione e nei paesi in via di sviluppo”, D.ssa Maria Elena Andreotti

11.45 – 12.15 “Il microcredito all’impresa e alla famiglia nel contesto italiano”, Dr. Andrea Limone

12.15 – 12.30 Testimonianza Dr. Tullio Chiminazzo

12.30 - 13.00 Dibattito

13.00 - 13.15 Conclusioni: Prof. Alberto Quadrio Curzio

COME RAGGIUNGERE MONTEMAGNO

Da Torino: autostrada A21 uscita Asti Est poi Strada Provinciale Asti - Casale SP14

Da Milano: autostrada A7 poi A21 uscita Felizzano – Quattordio poi SP99/Strada Comunale per San Carlo

Da Genova: autostrada A26 poi A21 uscita Felizzano – Quattordio poi SP99/Strada Comunale per San Carlo

Ufficio stampa: Costantino Coros, cell. 393/9396689, e-mail coroscosta@virgilio.it

mercoledì 30 marzo 2011

In vigore da domani le norme antiriciclaggio ed antiterrorismo volute dal Papa (Izzo)

MOTU PROPRIO DI BENEDETTO XVI PER LA PREVENZIONE ED IL CONTRASTO DELLE ATTIVITÀ ILLEGALI IN CAMPO FINANZIARIO E MONETARIO: LO SPECIALE DEL BLOG

PAPA: IN VIGORE DA DOMANI NORME ANTIRICICLAGGIO E ANTITERRORISMO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 30 mar.

Nel passato la Santa Sede ha forse peccato di ingenuita' fidando nella correttezza dei suoi interlocutori in campo finanziario.
E cosi' si e' trovata coinvolta in casi come quello Ior-Ambrosiano che purtroppo e' stato solo il primo di una serie che nemmeno il rinnovamento della dirigenza della Banca Vaticana deciso l'anno scorso e' riuscito a interrompere.
Ma per esplicita decisione di Benedetto XVI quel tempo e' finito. Entra infatti in vigore domani la nuova "Legge concernente la prevenzione ed il contrasto del riciclaggio dei proventi di attivita' criminose e del finanziamento del terrorismo", emanata lo scorso 30 dicembre dal Papa firmando un Motu Proprio che estende le norme dell'Unione Europea non solo allo Stato della Citta' del Vaticano ma anche a tutti i Dicasteri della Curia Romana e a tutti gli Organismi ed Enti dipendenti dalla Santa Sede compreso lo Ior, sul quale d'ora innanzi vigileranno "l'Autorita' di Informazione Finanziaria" e "limitatamente alle ipotesi delittuose" previste dalla legge anche i competenti Organi giudiziari dello Stato della Citta' del Vaticano, pronti "ad esercitare la giurisdizione penale".
"Sarebbe ingenuo - ha spiegato in una nota il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi - pensare che l'intelligenza perversa che guida le attivita' illegali non cerchi di approfittare proprio dei punti deboli e fragili, talvolta esistenti nel sistema internazionale di difesa e di controllo della legalita', per insinuarsi al suo interno e violarlo".
"La pace purtroppo, ai nostri tempi, in una societa' sempre piu' globalizzata, e' minacciata da diverse cause, fra le quali quella di un uso improprio del mercato e dell'economia e quella, terribile e distruttrice, della violenza che il terrorismo perpetra, causando morte, sofferenze, odio e instabilita' sociale", ha scritto il Pontefice nella sua Lettera Apostolica, rilevando che "molto opportunamente la Comunita' Internazionale si sta sempre piu' dotando di principi e strumenti giuridici che permettano di prevenire e contrastare il fenomeno del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo".
Con il Motu Proprio firmato oggi da Papa Ratzinger, "la Santa Sede approva questo impegno ed intende far proprie queste regole nell'utilizzo delle risorse materiali che servono allo svolgimento della propria missione e dei compiti dello Stato della Citta' del Vaticano" dando dunque - con le norme promulgate oggi e l'istituzione dell'organismo centrale di controllo da esse previsto - immediata e concreta esecuzione alla Convenzione Monetaria fra lo Stato della Citta' del Vaticano e l'Unione Europea del 17 dicembre 2009.
In attuazione di tale accordo, entrano in vigore da domani anche altri tre provvedimenti: la "Legge sulla frode e contraffazione di banconote e monete in euro"; la "Legge relativa a tagli, specifiche, riproduzione, sostituzione e ritiro delle banconote in euro e sull'applicazione dei provvedimenti diretti a contrastare le riproduzioni irregolari di banconote in euro e alla sostituzione e al ritiro di banconote in euro"; e la "Legge riguardante la faccia, i valori unitari e le specificazioni tecniche, nonche' la titolarita' dei diritti d'autore sulle facce nazionali delle monete in euro destinate alla circolazione".
Le pene previste sono molto severe: i cittadini dello Stato Citta' del Vaticano e i dipendenti della Santa Sede che incorressero nel reato di riciclaggio sarebbero condannati a reclusione fino a 12 anni. E a 15 anni per i reati legati al terrorismo e all'eversione. La legislazione vaticana prevede ora pene specifiche anche per manipolazione del mercato (da uno a sei anni), per la tratta di persone (da otto fino a vent'anni), vendita di prodotti con segni mendaci, contrabbando, tutela ambiente, traffico illecito di rifiuti (da uno a sei anni).
Il carcere, infine, e' previsto anche per malversazione ai danni dello Stato (da sei mesi a quattro anni), truffa (da uno a sei anni) e abuso di informazioni privilegiate (da uno a sei anni).
Lo scopo dell'insieme di queste norme e' prioritariamente la prevenzione "delle condotte che, per loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un'organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un'organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un'organizzazione internazionale, nonche' le altre condotte definite terroristiche o commesse con finalita' di terrorismo da convenzioni o altre norme di diritto internazionale vincolanti per lo Stato".
Tra i nuovi reati ci sono ad esempio il possesso di "dispositivi esplosivi o comunque micidiali, cioe' armi da sparo e tutte le altre, la cui destinazione naturale e' l'offesa alla persona, tutti gli strumenti atti ad offendere, i gas asfissianti o accecanti, le sostanze corrosive". Ed e' punita anche l'"emissione di qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa introdotta nell'atmosfera che possa causare inquinamento atmosferico", intendendo con tale espressione "ogni modificazione dell'aria atmosferica, dovuta all'emissione e alla conseguente introduzione nella stessa di una o piu' sostanze in quantita'e con caratteristiche tali da ledere o da costituire un pericolo per la salute umana o per la qualita' dell'ambiente oppure tali da ledere i beni materiali o compromettere gli usi legittimi dell'ambiente".
Un'altra norma punisce chiunque "induce una persona mediante inganno o la costringe mediante violenza, minaccia, abuso di autorita' o approfittamento di una situazione di inferiorita' fisica o psichica o di una situazione di necessita', o mediante promessa o dazione di somme di denaro o di altri vantaggi alla persona che su di essa ha autorita', a fare ingresso o a soggiornare o a uscire dal territorio dello Stato o a trasferirsi al suo interno".
"La pena - stabilisce la nuova legge vaticana - e' aumentata da un terzo alla meta' se i fatti di cui al primo comma sono commessi in danno diminore degli anni diciotto o sono diretti alla sfruttamento della prostituzione o al fine di sottoporre la persona offesa al prelievo di organi".
Un comma che fa venire alla mente il "caso Orlandi", anche se si tratta in realta' del recepimento di norme che tutti gli altri Stati gia' prevedono.
Analoga considerazione riguarda il previsto perseguimento di eventuali promotori di una "banca di comodo", cioe' di "un ente creditizio, o un ente che svolge attivita' equivalenti, costituito in uno Stato in cui non ha alcuna presenza fisica, che consenta di esercitare una direzione ed una gestione reale e che non sia collegato ad alcun gruppo finanziario regolamentato".
La normativa approvata da Benedetto XVI appare tanto "ampia ed articolata" che si puo' ritenere "consenta sicuramente alla Citta' del Vaticano di avere un apparato normativo di livello pari a quello che e' presente in altri ordinamenti avanzati, molto avanzati e quindi di poter iniziare il percorso per l'inserimento nella cosiddetta 'White List'", ha commentato ai microfoni della Radio Vaticana il giurista Marcello Condemi, professore associato di Diritto dell'Economia nell'Universita' G. Marconi di Roma, gia' esperto in materia di riciclaggio presso la Banca d'Italia e componente della delegazione italiana al 'Gafi'.
"A questo punto - sottolinea Condemi - si e' nelle condizioni di poter iniziare il percorso per essere inseriti nella lista e, quindi, percorrere questa ulteriore tappa verso l'inserimento nell'elenco dei Paesi equivalenti, essendo in possesso di un adeguato apparato normativo ed ordinamentale".

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Corso su esorcismo e preghiere di liberazione presso la Pontificia Universita' Regina Apostolorum: una biologa ex indemoniata fra i docenti (Izzo)

ESORCISTI: BIOLOGA EX INDEMONIATA TRA DOCENTI CORSO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 30 mar.

"Parlavo lingue sconosciute, esprimevo concetti teologici a me ignoti, non avevo la possibilita' di controllare i miei movimenti".
Descrive cosi' il "deserto infuocato" che lei stessa ha dovuto attraversare dal 2004 al 2006 una biologa romana di 48 anni, poi liberata dagli esorcismi praticati da padre Francesco Bamonte, docente al corso su esorcismo e preghiere di liberazione che si tiene presso la Pontificia Universita' Regina Apostolorum.
Il religioso, da molti anni esorcista della diocesi di Roma, ha chiesto alla signora di raccontare la sua esperienza di posseduta dal demonio ai sacerdoti e laici iscritti al corso. "Tutto e' cominciato - ha raccontato la dottoressa - con la ripetuta comparsa di buchi sugli indumenti che erano a contatto con la pelle. La loro disposizione era sempre costante, cosi' come il loro numero. Poi la presenza si e' manifestata in tutta la sua aggressivita' violenza e avversione al sacro".
E se all'inizio la formazione prettamente scientifica della donna l'aveva portata a pensare a danni causati dalle tarme o da un suo problema dermatologico, quando i buchi sono comparsi sul pigiama della figlia piccola, che all'epoca aveva solo tre anni, la biologa ha compreso che serviva il sacerdote.
Anche perche' il "passo" successivo e' stato avvertire scosse elettriche, irrigidimento muscolare, sensazione di sdoppiamento che si prolungavano nel tempo.
Al momento della liberazione, giunto dopo un lungo cammino fatto di preghiere e liturgie previste dal rituale approvato dalla Chiesa Cattolica, a soccorrere la signora, che era ormai in preda ad una sofferenza acutissima, e' stata probabilmente la Vergine.
"Mandala via, troppa luce, lei e' qui, e' la regina del mio dolore", sono state infatti le parole pronunciate in trance dall'indemoniata, secondo quanto riferisce l'esorcista.
"Un urlo - ha detto padre Bamonte - dopo il quale dalla bocca della signora si e' visto uscire qualcosa di indescrivibile".

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Lamezia, ragazzi in campo per Benedetto XVI (Capano)

Lamezia, ragazzi in campo per Benedetto XVI

In preparazione alla visita di ottobre il vescovo Cantafora scrive ai ragazzi: «Dio conta su di te»

Antonio Capano

I giovani della diocesi di Lamezia Terme, già proiettati verso la Gmg, hanno da qualche giorno un ulteriore impegno affidatogli dal vescovo Luigi Cantafora, che ha fatto loro recapitare una lettera in preparazione alla visita del Papa a Lamezia e Serra San Bruno, in programma per il 9 ottobre.
«L’evento – scrive il vescovo in forma diretta – è per tutti noi un’occasione importante ed è motivo di speranza per chi, come te, rappresenta il volto giovane della Chiesa». Cantafora chiede di essere aiutato nella preparazione dell’appuntamento co Benedetto XVI, mettendo in campo «le energie tipiche della tua età», scrive ai giovani. Ed ancora nel testo si legge: «Conosco gli alti ideali dei giovani tuoi coetanei, l’amore per la nostra terra, il profondo senso di giustizia e di solidarietà, l’amore per la famiglia. Conosco anche la difficoltà di trovare un lavoro, di una politica che stenta ad appassionarvi e a farvi partecipare alla costruzione del bene comune.
Ma so – conclude – che posso contare su di te, il Signore conta su di te». Con un’altra lettera il presule si è rivolto a ragazzi e bambini affidando loro una preghiera preparata per l’occasione, da «condividere in famiglia, con gli amici e i compagni di classe».

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Il Papa: il calcio italiano si impegni per rispetto e solidarietà (Izzo)

PAPA: CALCIO ITALIANO SI IMPEGNI PER RISPETTO E SOLIDARIETA'

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 30 mar.

Salutando i rappresentanti della Lega Italiana Calcio Professionistico, Benedetto XVI ha auspicato oggi che "l'attivita' sportiva favorisca sempre i valori dell'amicizia, del rispetto e della solidrieta'". Salutando i rappresentanti della Lega Italiana Calcio Professionistico, Benedetto XVI ha auspicato oggi che "l'attivita' sportiva favorisca sempre i valori dell'amicizia, del rispetto e della solidrieta'". (AGI)

"Gesù di Nazaret": la recensione di Franca D'Agostini

Su segnalazione di Alessia chicchiamo qui per leggere la recensione di Franca D'Agostini di cui non condivido parecchie affermazioni, ma che risulta nel complesso interessante.

La prima donna di Papa Ratzinger. Chi è l'agostiniana scelta da Benedetto XVI per la Via crucis del Venerdì santo (Rodari)

La prima donna di Papa Ratzinger

Chi è l'agostiniana scelta da Benedetto XVI per la Via crucis del Venerdì santo

di Paolo Rodari

Si chiama Maria Rita Piccione, è una suora agostiniana a capo del monastero dei Santi Quattro Coronati vicino al Colosseo.
E’ lei la prima donna alla quale, sotto il cielo del pontificato di Benedetto XVI, è stato affidato un incarico delicato: scrivere i testi delle meditazioni della via crucis che il Papa presiederà il prossimo Venerdì santo al Colosseo.
Quelle stesse meditazioni che nel 2005 proiettarono il cardinale Joseph Ratzinger al papato: "Quanta sporcizia c’è nella chiesa", scrisse Ratzinger. Parole che poi il collegio cardinalizio interpretò come un programma di governo che era assolutamente necessario mettere in campo.
Prima di Maria Rita Piccione, altre donne. Perché le cosidette quote rosa in Vaticano non sono a esclusivo appannaggio del Papa tedesco come da più parti c’è chi ripete. Fu Giovanni Paolo II nel 1993 a incaricare del medesimo incarico Anna Maria Canopi, abbadessa dell’abbazia benedettina Mater Ecclesiae e nel 1995 Minke de Vries, monaca della comunità protestante di Grandchamp (Svizzera). Anna Maria Canopi fu la prima donna in assoluto a scrivere le meditazioni per il Papa. Minke de Vries, invece, fu la prima esponente non cattolica a cimentarsi.
Era il 1998 quando papa Wojtyla chiese a un esponente ortodosso, il teologo Olivier Clement, che dedicò la sua Via crucis a “tutte le donne del mondo”, specialmente quelle vittime di violenze, sopraffazioni e sfruttamento. Clement ricordò il “coraggio” mostrato da quel piccolo gruppo di pie donne che duemila anni fa restò vicino alla Madonna e a Giovanni sul Golgota, ai piedi della croce di Cristo.
Era il 2000, l’anno del Giubileo. Wojtyla affidò i testi per la via crucis a un gruppo di 14 giornalisti internazionali, tra cui c’erano alcune donne, che si occuparono ognuna di una singola meditazione: la vaticanista del Tg5 Marina Ricci, la vaticanista messicana Valentina Alazraki, quella francese Sophie De Ravinel, la tedesca Marie Czernin e la portoghese Aura Miguel Vistas.
Quest’anno un’ulteriore novità: la scelta iconografica del libretto su cui saranno pubblicate le meditazioni sono state disegnate per la prima volta da una suora, Elena Manganelli, anch’essa monaca agostiniana.
Non sempre i testi della via crucis papale sono stati composti da figure non ecclesiastiche. Nel 1999, Giovanni Paolo II incaricò il poeta Mario Luzi. Nelle ultime edizioni, sono saliti alla ribalta della Passione al Colosseo alcuni tra i più importanti cardinali, Angelo Comastri, arciprete della basilica di San Pietro, e Camillo Ruini, per circa 17 anni presidente della Cei.
Ma i testi più esplosivi restano quelli dell’attuale Papa.
Disse: “Che cosa può dirci la terza caduta di Gesù sotto il peso della croce? Forse ci fa pensare alla caduta dell’uomo in generale, all’allontanamento di molti da Cristo, alla deriva verso un secolarismo senza Dio. Ma non dobbiamo pensare anche a quanto Cristo debba soffrire nella sua stessa chiesa? A quante volte si abusa del santo sacramento della sua presenza, in quale vuoto e cattiveria del cuore spesso egli entra! Quante volte celebriamo soltanto noi stessi senza neanche renderci conto di lui! Quante volte la sua Parola viene distorta e abusata! Quanta poca fede c’è in tante teorie, quante parole vuote! Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza! Quanto poco rispettiamo il sacramento della riconciliazione, nel quale egli ci aspetta, per rialzarci dalle nostre cadute! Tutto ciò è presente nella sua passione. Il tradimento dei discepoli, la ricezione indegna del suo Corpo e del suo Sangue è certamente il più grande dolore del Redentore, quello che gli trafigge il cuore. Non ci rimane altro che rivolgergli, dal più profondo dell’animo, il grido: Kyrie, eleison – Signore, salvaci".

© - FOGLIO QUOTIDIANO

© Copyright Il Foglio, 30 marzo 2011 consultabile online anche qui.

Sindone, icona della Quaresima (Riccardo Maccioni)

Di fronte all’"uomo dei dolori"

Sindone, icona della Quaresima

Riccardo Maccioni

Il suggerimento arriva da un amico sacerdote: non avere paura della Sindone, tieni una sua immagine in casa. Ho seguito il consiglio. La riproduzione, poco più di un santino, sta lì nella stanza con i grandi vetri, quasi davanti alla Bibbia, che non apro abbastanza. È un modo per ricordare l’Ostensione dell’anno scorso, che dal 10 aprile al 23 maggio portò a Torino oltre due milioni di fedeli. Qualche volta guardarla fa male perché, come in uno specchio che ti scruta dentro, vedi riflessa l’enorme distanza tra il piccolo uomo che sei e la grandezza cui tutti siamo chiamati.
Succede soprattutto in Quaresima, quando lo Spirito chiede più spazio e il cuore ha bisogno di aria fresca. Su quel volto segnato dalla sofferenza, scorrono le persone trascurate, le parole non dette, gli abbracci non dati. Eppure non è lo sconforto a sorprenderti, e neanche la voglia di fare.
Se ti immergi in quell’icona di dolore, se ti lasci interrogare dalle ferite che ne segnano i tratti, senti soprattutto un grande bisogno di silenzio. L’unica risposta possibile di fronte alla violenza disumana, il modo più diretto che abbiamo di aprirci all’eterno presente di Dio. Per essere riempiti occorre svuotarsi, lasciare che il vento dello Spirito spazzi via il fragile castello di carta delle nostre certezze, saper rinunciare a un po’ di noi stessi. È l’itinerario della Quaresima. È il messaggio della Sindone. Visto attraverso il Vangelo della Passione, l’uomo dei dolori racconta il miracolo di chi accetta la morte più atroce per dare vita agli altri, viene esaltato perché ha scelto l’umiliazione, sana le nostre ferite più profonde con le sue piaghe. Non resta che ringraziare. E chiedere perdono.
La nostra colpa è il bisognoso che fingiamo di non vedere, la preghiera barattata in cambio di inutili chiacchiere, il vocabolario che, anziché pace, diffonde rabbia e violenza. Capirlo non è facile, lo è ancora di meno riconoscere che i responsabili siamo proprio noi, con il nostro povero bagaglio di frasi fatte e di risposte scontate. Ma se ce ne rendiamo conto, se accettiamo di non potere fare tutto da soli, significa che cambiare è possibile. Trasformando da dentro la vita che facciamo, preferendo, allo scintillio dell’ennesima vetrina, il buio di una cappellina e i consigli di un confessore.
Perché, da quei presuntuosi analfabeti dello Spirito che siamo, non lo ammetteremo mai però cerchiamo maestri veri, testimoni autentici, e il modo per riconoscerli. Torino ne ha dati e avuti tanti. L’anno scorso i pellegrini in fila per l’Ostensione erano immersi proprio nel cuore della sua santità sociale, dove uomini e donne di fede, da don Bosco a Giulia di Barolo, dal Cottolengo al Cafasso, dal Murialdo a Faà di Bruno, hanno costruito l’Italia della carità.
La Sindone non poteva che «abitare» dentro quella cittadella ideale senza confini e frontiere, dove tante esistenze perdute si sono ritrovate alla luce del Vangelo. È lì, a ricordarci che dalla morte può venire la vita, che umiltà e grandezza sono sorelle gemelle, che in fondo siamo tutti viandanti lungo il perimetro del nostro cuore. Bisognoso di Assoluto.

© Copyright Avvenire, 30 marzo 2011 consultabile online anche qui.