venerdì 27 maggio 2011

Forte richiamo del Papa all’unità del Paese in nome di «una fede che non è alienazione», mentre «sono altre le esperienze che inquinano la convivenza sociale» (Galeazzi)

“I politici non seguano l’interesse personale”

Il richiamo del Papa all’unità del Paese

GIACOMO GALEAZZI

CITTÀ DEL VATICANO

Forte richiamo papale all’unità del Paese in nome di «una fede che non è alienazione», mentre «sono altre le esperienze che inquinano la convivenza sociale». Davanti all’antichissima icona di «Maria Salus Populi Romani», alla quale la devozione popolare è ricorsa nei momenti più drammatici della storia (dalle guerre alle calamità naturali), il Papa e i 220 vescovi italiani si sono ritrovati ieri pomeriggio per affidare l’Italia alla Madonna e rinnovare l’impegno per il bene comune, la giustizia e la pace. In prima fila i cardinali Bagnasco, Tettamanzi, Scola, Ruini, Caffarra.
Dopo la recita del rosario, le linee di riflessione: da teologo e pastore. I partiti «superino pregiudiziali contrapposizioni», gli amministratori non sfruttino «la propria posizione per interesse personale o sete di potere», Nord e Sud collaborino.
A Santa Maria Maggiore (la prima basilica che in Occidente sia stata dedicata alla madre di Gesù), Benedetto XVI si appella alle «forze politiche» affinché rinsaldino il vincolo dell’unità nazionale. Politici e imprenditori combattano il lavoro precario, i cattolici contribuiscano al bene comune promuovendo vita e famiglia. Nel 150˚ anniversario dell’unificazione, il Pontefice invoca una politica capace di superare le divisioni e la sete di potere. Chiede al Nord di recuperare lo spirito di solidarietà e di prendere esempio dal Mezzogiorno per l’accoglienza. Serve una nuova generazione di cattolici in politica e l’episcopato deve «stimolare i fedeli laici a vincere ogni spirito di chiusura, distrazione e indifferenza, e a partecipare in prima persona alla vita pubblica».
Il Papa non parla esplicitamente di federalismo, ma reclama «occasioni di incontro, nel segno della reciprocità, tra Nord e Sud». Sprona il Settentrione «a recuperare le motivazioni originarie di quel vasto movimento cooperativistico di ispirazione cristiana che è stato animatore di una cultura della solidarietà e dello sviluppo economico».
Il Sud, invece, «metta in circolo le risorse e le qualità di cui dispone e quei tratti di accoglienza e di ospitalità che lo caratterizzano». Il Pontefice indica all’agenda politica la necessità di «tutelare la vita umana in tutte le sue fasi» e di «sostenere fattivamente la famiglia». Sull’emergenza occupazionale, «la politica e il mondo imprenditoriale compiano ogni sforzo per superare il diffuso precariato lavorativo», che «nei giovani compromette la serenità di un progetto di vita familiare, con grave danno per uno sviluppo autentico e armonico della società». L’Italia, evidenzia, «può essere orgogliosa della presenza e dell’azione della Chiesa».
Benedetto XVI ovviamente non si sofferma sulle polemiche di giornata, ma tocca tutti i punti cari alla Chiesa di fronte a una situazione sociale e politica difficile: tra crisi economica, scadenze elettorali e una diffusa disaffezione per la politica che affiora anche tra gli ecclesiastici. Il Vaticano e la Cei hanno scelto di giocare da protagonisti le cerimonie per l’unità d’Italia. Convegni, interventi e, il 17 marzo, una messa di Bagnasco.
Il Papa (che presto convocherà in Libano un incontro interreligioso per la pace in Medio Oriente) ha mandato al presidente Napolitano una lettera sul ruolo dei cattolici nell’unità d’Italia. E ieri il leader Cei ha ribadito l’urgenza di «un sussulto di responsabilità da parte di tutti, in primo luogo da parte di chi è chiamato ad esercitare una forma di rappresentanza politica» con l’invito ai cattolici, e, «in particolare ai giovani che ne avvertono la vocazione», ad impegnarsi in politica.

© Copyright La Stampa, 27 maggio 2011

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