martedì 22 novembre 2011

Il grazie gioioso di Aïcha al Papa (O.R.)

Il grazie gioioso di Aïcha

I bambini del Benin hanno chiesto al Papa di continuare a essere «il loro portavoce presso i potenti, a tutti i livelli, in modo da far prendere loro maggiormente a cuore tutto ciò che riguarda i diritti dei più piccoli».
All'inizio dell'incontro con i bambini nella parrocchia di santa Rita a Cotonou, sabato pomeriggio, la piccola Aïcha Hounsounou ha espresso al Papa tutta la gioia dei suoi coetanei per l'incontro. «Il nostro ringraziamento -- ha detto -- si unisce a quello dei bambini soldato, dei bambini sfruttati a fini economici, dei bambini affamati, maltrattati, malati, orfani, rifiutati, eliminati». E ha ricordato come i più piccoli si rendano conto da soli che la Chiesa sta sempre dalla loro parte, aiutandoli a crescere nella fede in Cristo e assicurando un sempre più efficace sistema di educazione e di assistenza sanitaria. Un ruolo di primo piano svolge, in questi campi, la Pontificia Opera dell'Infanzia Missionaria. E con la semplicità della sua età Aïcha ha concluso dicendo al Pontefice che nessun dono sarebbe stato all'altezza «della nostra riconoscenza»: così «abbiamo preso l'impegno della preghiera per chiedere a Dio di rafforzarla ogni giorno nel suo ministero di Pastore della Chiesa universale».
In precedenza monsignor René-Marie Ehuzu, vescovo di Porto Novo, responsabile della pastorale sociale della Conferenza episcopale, aveva ricordato come il Papa testimoni efficacemente «che la Chiesa è la famiglia di Dio, famiglia che riunisce le famiglie. Con la sua presenza -- aveva detto nel saluto -- lei risveglia l'eco delle parole del beato Papa Giovanni Paolo II: il futuro della società e della Chiesa passa per la famiglia, scuola di amore». Per il vescovo «è significativo che l'incontro si svolga proprio in una parrocchia che ospita da ventisei anni il Foyer delle suore missionarie della Carità. Di fatto, queste religiose accolgono, curano, educano e sostengono centinaia di bambini e persone in difficoltà».
«In famiglia, al catechismo, in chiesa e alcuni a scuola -- aveva proseguito il presule -- hanno imparato a conoscere e amare Cristo. Ora esprimono la loro riconoscenza a quanti contribuiscono alla loro educazione. Ardono dal desiderio di amare meglio Cristo e di farlo conoscere ai loro amici, in particolare a quelli che soffrono: i malati, i bambini di strada, gli orfani, i disabili, quelli abbandonati o affamati. I bambini auspicano che la Chiesa continui ad aiutarli a maturare, a prepararli per affrontare le grandi sfide del nostro tempo e per costruire un mondo più tollerante, più giusto, più pacifico e più fraterno. Si aspettano dalla Chiesa che prosegua il suo impegno in loro favore, per risparmiare ai loro coetanei il dramma dei bambini soldato e dei bambini stregone». Monsignor Ehuzu ha concluso ricordando che «sono stati aperti in Benin circa settanta centri di educazione e orfanotrofi confessionali e non confessionali. Tutte queste strutture accolgono più di cinquemila bambini, in un clima familiare».

(©L'Osservatore Romano 21-22 novembre 2011)

Nessun commento: