giovedì 17 novembre 2011

Il Benin si prepara ad accogliere Benedetto XVI. Intervista a Mons. Nikola Eterović (Sir)

IL PAPA IN AFRICA

Il Vangelo della riconciliazione

Mons. Nikola Eterović, segretario generale del Sinodo dei vescovi

Il Benin si prepara ad accogliere Benedetto XVI: il Papa sarà nel Paese africano per una visita di tre giorni (18-20 novembre). Il 22° viaggio apostolico di Benedetto XVI, il secondo in terra africana, s’inserisce nei festeggiamenti per i 150 anni dell’evangelizzazione del Paese. Tra gli eventi principali, la consegna dell’Esortazione apostolica postsinodale della seconda assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi, dal titolo “Africae munus”. Il SIR ha chiesto a mons. Nikola Eterović, segretario generale del Sinodo dei vescovi, di anticipare alcuni contenuti di questo importante documento per il continente africano.

Eccellenza, il titolo dell’Esortazione “Africae munus” (L’impegno dell’Africa) è già un programma...

“Esso rispetta il tema della seconda assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi che ha avuto luogo dal 4 al 25 ottobre 2009. Come è noto, l’argomento dei lavori sinodali era ‘La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace’. Nell’Esortazione apostolica postsinodale, con il contributo particolare proprio del carisma petrino, Benedetto XVI presenta i risultati dei lavori sinodali, riproponendo il Vangelo della riconciliazione alla Chiesa in Africa, tenendo conto dell’attuale situazione ecclesiale e sociale del continente”.

Ci può anticipare i temi trattati in questo documento?

“Non è facile indicare in poche parole il ricco contenuto dell’‘Africae munus’, documento diviso in due parti, illuminate entrambe dalla Parola di Dio. La prima parte si richiama al detto di Gesù glorificato, seduto sul trono: ‘Ecco, io faccio nuove tutte le cose’ (Ap 21,5), e la seconda sottolinea l’importanza dello Spirito Santo nell’opera di evangelizzazione e di promozione umana: ‘A ciascuno è data una manifestazione particolare dello spirito per il bene comune’ (1Cor 12,7). Tali richiami biblici indicano la prospettiva cristologica del documento. Dio ha infatti riconciliato a sé il mondo in Gesù Cristo. Nella grazia dello Spirito siamo invitati a lasciarci riconciliare con Dio e con il prossimo. La Chiesa, famiglia di Dio riconciliata, diventa segno efficace dell’invito alla riconciliazione delle società nei rispettivi Paesi. Il documento, nella prima parte, analizza le strutture portanti della missione ecclesiale in Africa in vista della riconciliazione, della giustizia e della pace. Nella seconda parte, poi, sono specificati i contributi che tutti i membri del Popolo di Dio devono offrire dando il proprio apporto alla riconciliazione in seno alla Chiesa e alla società, nel comune impegno per la giustizia e per la pace. In un’Africa segnata da vari problemi, la Chiesa indica la via verso Cristo che, in forza dello Spirito, assicura la sua unità nella diversità dei doni ricevuti per il bene comune. I pastori devono, poi, tradurre le indicazione dell’Esortazione in linee operative nelle singole Chiese particolari”.

Sono trascorsi 16 anni dall’Esortazione apostolica postsinodale “Ecclesia in Africa” di Giovanni Paolo II. Come è stato recepito quel documento dalle Chiese e dalle società africane?

“Assai bene. È stato un documento di grande aiuto per la molteplice attività di evangelizzazione e di promozione umana in Africa, negli ultimi decenni, particolarmente importante per la preparazione delle Chiese particolari al Grande giubileo del 2000. L’‘Africae munus’ si situa in continuità con l’‘Ecclesia in Africa’ che cita spesso, in quanto rimane un costante punto di riferimento. L’‘Africae munus’ tra l’altro riconosce ai lavori della prima assemblea speciale per l’Africa e, dunque, all’‘Ecclesia in Africa’ che ne ha raccolto i risultati, il grande dinamismo proprio della Chiesa nel continente africano. In particolare, ricorda come un risultato assai positivo la nozione di Chiesa famiglia di Dio che è stata ben accolta anche a livello della Chiesa universale”.

Il Sinodo ha avuto come temi portanti la riconciliazione, la giustizia, la pace. Quale può essere il contributo della Chiesa per promuovere questi valori nella società africana?

“Essenziale. La Chiesa è la famiglia di Dio e, dunque, di persone riconciliate con Dio e tra di loro. Tale deve essere l’ideale a cui tendere, pur riconoscendo la debolezza degli uomini e l’ostacolo del peccato. La Chiesa, però, ha a disposizione i mezzi per assicurare il cammino alla santità dei suoi membri, pur peccatori. È importante pertanto riscoprire il sacramento della Riconciliazione e dell’Eucaristia che forma l’unità di tutti i credenti, nonostante la diversità delle lingue, delle culture, delle etnie, degli Stati. La Chiesa educa le coscienze dei suoi membri, soprattutto tramite la liturgia, l’amministrazione dei sacramenti, la catechesi, l’attività pastorale. Inoltre, è assai impegnata nel campo educativo e della sanità tramite una vasta rete di scuole, ospedali, ecc. La Chiesa, pertanto, annuncia il Vangelo della riconciliazione negli ambienti in cui, per la Divina Provvidenza, vive e svolge la propria attività, e con l’esempio dei suoi membri la testimonia. In tale modo, contribuisce notevolmente alla riconciliazione degli uomini e delle donne di buona volontà dell’intera società”.

Dialogo ecumenico, famiglia, giovani, istruzione, sviluppo socio-economico sono stati altri temi al centro dell’assise sinodale. Saranno centrali anche nell’Esortazione?

“Si tratta di temi importanti dell’opera di evangelizzazione della Chiesa, pertanto saranno ben presenti anche nell’Esortazione apostolica postsinodale. Essa insisterà, in particolare, sulla priorità della evangelizzazione ad gentes, impegnando tutta la Chiesa ad annunciare la Buona Notizia di Gesù Cristo risorto e vivo in mezzo ai suoi, a tutti coloro che tuttora non lo conoscono. Oltre l’evangelizzazione ordinaria, che deve essere rinnovata e dinamizzata, darà indicazioni per una nuova evangelizzazione nel continente africano che dovrà tenere presenti anche gli elementi della riconciliazione, della giustizia e della pace, assai attuali nel momento presente in Africa”.

Cosa si dice a proposito dell’Aids?

“La Chiesa cattolica è in prima linea nella lotta contro le pandemie della malaria, della tubercolosi e dell’Aids che è una questione non solamente farmacologico-medica, bensì etica. L’‘Africae munus’ ripropone lo sviluppo integrale della persona e un’educazione sessuale fondata su un’antropologia radicata sul diritto naturale e illuminata dalla Parola di Dio e dall’insegnamento della Chiesa. Pertanto, indicherà la visione cristiana della vita, della famiglia e, dunque, della necessità di cambiamento di comportamento, insistendo che per combattere tale flagello bisogna prevenire il male assicurando la fedeltà coniugale, l’astinenza sessuale e il rifiuto della promiscuità”.

Nel documento ci sono anche delle linee d’impegno concreto per un’Africa riconciliata?

“L’‘Africae munus’ indicherà le grandi linee dell’attività delle Chiese particolari e della Chiesa a livello continentale nei prossimi anni. Esse riguarderanno soprattutto l’impegno per la riconciliazione, la giustizia e la pace alla luce della Parola di Dio, in forza dei Sacramenti e seguendo le indicazioni del Magistero. L’Esortazione evidenzia vari problemi e numerose sfide alla Chiesa in Africa. Tuttavia, mantiene sempre un approccio positivo, pieno di speranza per la Chiesa e per l’Africa. Benedetto XVI rivolge le parole che Gesù Cristo disse al malato cronico presso la piscina di Betzatà: 'Àlzati, prendi la tua barella e cammina!'. È l’invito all’Africa, di cui la Chiesa è come un’anima, di riscoprire Gesù Cristo, di svegliare le sue grandi potenzialità spirituali e materiali, e di incamminarsi nella via della riconciliazione, nella costruzione di un’Africa sempre più giusta e pacifica”.

Scheda sul Benin

È, insieme al Togo e alla Nigeria, il Paese della Costa degli Schiavi. Da qui partivano le navi dei negrieri con il loro carico di carne umana. Un dramma che continua ad essere dolorosamente presente nella memoria dei popoli dell’Africa. Un “peccato dell’uomo contro l’uomo e un peccato dell’uomo contro Dio”, un “periodo oscuro del lungo cammino della famiglia umana”, come ebbe a ribadire Giovanni Paolo II nel suo secondo viaggio in Benin, nel febbraio del 1993. Il Papa vi era stato una prima volta nel 1982, sempre di febbraio. Adesso Benedetto XVI torna a far sentire la voce di un Romano Pontefice in questa terra dalle tradizioni animiste-feticiste, già parte dell’antico Regno del Benin, poi colonia francese, quindi dal 1960, ottenuta l’indipendenza, Repubblica del Dahomey, infine, nel 1975, la scelta dell’attuale denominazione: Benin.
Un Paese in cui, abbandonate progressivamente le vecchie forme di culto, che prevedevano anche sacrifici umani, oggi la realtà religiosa è molto favorevole per i cristiani, in particolare i cattolici, i quali costituiscono il 34% della popolazione, su un totale di circa 9 milioni di abitanti (i musulmani sono il 24%). I primi missionari di fede cattolica arrivarono 150 anni fa. Erano della Società delle missioni africane. Talune fonti parlano di uno sbarco di cappuccini in Benin nell’anno 1646. Ma sembra che, allora, i frati dovettero desistere dal rimanere. Ora anch’essi sono presenti nel Paese.
La prima circoscrizione ecclesiastica, sotto forma di prefettura apostolica, venne istituita nel 1833 a Cotonou, il primo sacerdote locale fu ordinato nel 1928. Attualmente la Chiesa cattolica conta dieci circoscrizioni, di cui due sedi metropolitane: Cotonou e Parakou, e otto diocesi suffraganee; undici vescovi (solo uno non è originario del Benin); 811 sacerdoti, tra diocesani (molti dei quali locali) e religiosi; 1.247 suore, 497 seminaristi maggiori. E poi 338 parrocchie, 217 scuole tra materne, superiori e università, 12 ospedali, 3 lebbrosari, mentre altre forme di assistenza sono assicurate da un totale di 135 centri caritativi e sociali.
I rapporti diplomatici tra Benin e Santa Sede datano da 40 anni (altra coincidenza anniversaria col viaggio di Benedetto XVI) con scambio a livello di ambasciatore, residente a Roma, e nunzio apostolico, che risiede a Cotonou, dove farà sosta il Papa, la città più importante e popolata del Paese (la capitale ufficiale è Porto Novo).
Figura carismatica del Benin, e venerato come “padre della nazione” dai suoi connazionali, è il cardinale Bernardin Gantin, scomparso nel 2008 a 86 anni dopo una prodigiosa carriera a servizio della Chiesa. A lui è intitolato l’aeroporto di Cotonou, la città di cui fu arcivescovo. Benedetto XVI si recherà a Ouidah, a 45 chilometri da Cotonou, per pregare sulla sua tomba. Il Papa “ritroverà” il suo vecchio amico e compagno di concistoro. Gantin e Ratzinger furono infatti creati cardinali nello stesso giorno, il 27 giugno del 1977, da Paolo VI.

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