L’addio alla «memor Domini» Manuela
Francesco Zanotti
DA SAN PIERO IN BAGNO
(FORLÌ-CESENA)
«Volentieri avrei presieduto le esequie della cara Manuela, ma come potete immaginare non mi è stato possibile».
Tocca al segretario di Benedetto XVI, monsignor Georg Gänswein, leggere il messaggio che il Papa ha inviato per le esequie di Manuela Camagni, la memor Domini che prestava servizio nella Casa pontificia, morta mercoledì mattina in seguito a un incidente stradale avvenuto la sera precedente a Roma. La chiesa parrocchiale è gremita di fedeli. «Ho potuto beneficiare della presenza di Manuela in una dimensione familiare – scrive ancora il Papa –.
Dobbiamo essere grati a Dio per la sua fede e per il suo servizio discreto, ma prezioso, nella casa del Papa. Ogni giorno partecipava con gioia ai momenti di famiglia: alla Messa del mattino, ai Vespri, ai pasti in comune e alle varie e significative ricorrenze di casa. Il distacco da lei, così improvviso e anche il modo in cui ci è stata tolta, ci hanno dato un grande dolore, che solo la fede può consolare».
Dopo le parole del Papa, spetta a Antonio Lanfranchi, arcivescovo di Modena- Nonantola e amministratore a postolico di Cesena-Sarsina tracciare un ricordo di Manuela che è nata e cresciuta fra l’Alta Valle del Savio e Cesena, in Romagna, ed era stata chiamata alla Casa pontificia cinque anni fa. Monsignor Lanfranchi presiede l’Eucaristia e con lui concelebrano tre vescovi, Lino Garavaglia, vescovo emerito di Cesena-Sarsina, Mieczyslaw Mokrzycki, arcivescovo coadiutore della diocesi di Lviv dei Latini (Leopoli, in Ucraina), l’arcivescovo Luciano Suriani, delegato per le Rappresentanze pontificie. Con loro, assieme alle altre tre memores Domini Loredana, Cristina, Carmela, a una trentina di sacerdoti a cominciare dal parroco don Rudy Tonelli, è presente don Julian Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione. «Conoscendo la tenerezza e la sensibilità di Manuela – dice monsignor Lanfranchi – credo che non sia stato facile per lei, come accadde ad Abramo, lasciare tutto: paese, casa, amici, ma c’era una convinzione profonda, capace di far superare tutte le resistenze e le difficoltà. Il Vangelo è stato per lei la Buona notizia della sua vita, capace di dare un senso pieno alla sua esistenza, in obbedienza alla chiamata di Dio nella certezza che la verità della nostra vita è appartenere a Lui».
Nell’omelia Carrón, prendendo spunto dalla Lettera ai Romani, ricorda che «nessuno vive per se stesso e muore per se stesso. È san Paolo che ci aiuta a dare un significato al gesto di oggi». E ricordando uno dei tratti salienti di Manuela Camagni aggiunge che «era radiosa, risplendente e con questa immagine resta nei nostri occhi. Quella era l’immagine della sua vocazione. Se viviamo per il Signore, Lui ci porta a una gioia e a una letizia che deborda dalla nostra immaginazione, proprio come abbiamo visto in Manuela».
© Copyright Avvenire, 30 novembre 2010
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