PAPA: RINGRAZIA CARDINALE BARTOLUCCI PER MUSICHE INEDITE
Salvatore Izzo
(AGI) - Castelgandolfo, 31 ago.
Papa Ratzinger ha voluto ringraziare questa sera in modo cordialissimo il cardinale Domenico Bartolucci, maestro perpetuo emerito della Cappella Sistina, che gli ha dedicato la sua ultima composizione, il poema "Benedictus" per soprano, coro a tre voci pari e orchestra.
Il Pontefice ha potuto ascoltare il brano inedito nel corso del Concerto di musiche dell'anziano porporato suo amico che si e' tenuto nel cortile della residenza estiva di Castelgandolfo.
Le altre composizioni di Bartolucci in programma erano "l'Ave Maria", tratta dall'opera lirica "Il Brunellesco", per soprano, coro a tre voci pari, il poema sacro "Baptisma", per soprano, baritono, coro femminile e piccola orchestra e il mottetto "Christus circumdedit me", per soprano coro e orchestra.
Ad eseguirli sono stati i solisti Enrica Fabbri, soprano, Lykke Anholm, soprano, Michele Govi, baritono, il 'Rossini Chamber Choir' di Pesaro e l’Orchestra Filarmonica Marchigiana 'Form', diretti dal maestro direttore e concertatore Simone Baiocchi. Come aveva fatto questa mattina citando Bach, Benedetto XVI ha ricordato che la musica e' "capace di esprimere e comunicare la fede" e ha poi rivolto il suo "grazie speciale" al 94enne cardinale Bartolucci del quale ha sottolineato i tre aspetti che "lo caratterizzano in modo evidente, oltre al suo fiero spirito fiorentino: e cioe' la fede, il sacerdozio, la musica". "Anche attraverso la musica - gli ha detto - lei ha esercitato il suo ministero".
© Copyright (AGI)
mercoledì 31 agosto 2011
Il Papa: l’opera d’arte è una strada che può condurre a Dio (AsiaNews)
VATICANO
Papa: l’opera d’arte è una strada che può condurre a Dio
All’udienza generale, Benedetto XVI evidenzia come davanti a una scultura, un quadro, una poesia o un brano musicale si possa percepire che di fronte a noi non c’è solo materia, “ma qualcosa di più grande, qualcosa che parla, capace di toccare il cuore, di comunicare un messaggio, di elevare l'animo”. “Quante volte allora le espressioni artistiche possono essere occasioni per ricordarci di Dio, per aiutare la nostra preghiera o per la conversione del cuore”.
Castel Gandolfo (AsiaNews)
Le opere d’arte sono uno dei “canali” che possono condurre a Dio, l'arte infatti “è come una porta aperta verso l'infinito, verso una bellezza e una verità che vanno al di là del quotidiano. E un'opera d'arte può aprire gli occhi della mente e del cuore, sospingendoci verso l'alto”.
Benedetto XVI è tornato oggi a toccare uno dei temi che gli sono cari, quello della bellezza come via che conduce a Dio. Alle cinquemila persone presenti a Castel Gandolfo per l’udienza generale, il Papa ha infatti detto che “forse vi è capitato qualche volta davanti ad una scultura, ad un quadro, ad alcuni versi di una poesia, o ad un brano musicale, di provare nell'intimo un'intima emozione, un senso di gioia, di percepire, cioè, chiaramente che di fronte a voi non c'era soltanto materia, un pezzo di marmo o di bronzo, una tela dipinta, un insieme di lettere o un cumulo di suoni, ma qualcosa di più grande, qualcosa che parla, capace di toccare il cuore, di comunicare un messaggio, di elevare l'animo”.
“L'opera d'arte è il frutto della capacità creativa dell'essere umano, che si interroga davanti alla realtà visibile, cerca di scoprirne il senso profondo e di comunicarlo attraverso il linguaggio delle forme, dei colori, dei suoni”. L’opera d’arte, insomma, “è una porta aperta verso l’infinito”, che “apre gli occhi della mente, del cuore”.
“Un esempio lo possiamo avere quando visitiamo una cattedrale gotica: siamo rapiti dalle linee verticali che si stagliano verso il cielo ed attirano in alto il nostro sguardo e il nostro spirito, mentre, in pari tempo, ci sentiamo piccoli, eppure desiderosi di pienezza… O quando entriamo in una chiesa romanica: siamo invitati in modo spontaneo al raccoglimento e alla preghiera. Percepiamo che in questi splendidi edifici è come racchiusa la fede di generazioni. Oppure, quando ascoltiamo un brano di musica sacra che fa vibrare le corde del nostro cuore, il nostro animo viene come dilatato ed è aiutato a rivolgersi a Dio. Mi torna ancora alla mente un concerto di musiche di Johan Sebastian Bach, a Monaco di Baviera, diretto da Leonard Bernstein. Al termine dell’ultimo brano, una delle Cantate, sentii, non per ragionamento, ma nel profondo del cuore, che ciò che avevo ascoltato mi aveva trasmesso qualcosa della fede del sommo compositore e mi spingeva a lodare e ringraziare il Signore……”.
“Ma quante volte – ha aggiunto - quadri o affreschi, frutto della fede dell’artista, nelle loro forme, nei loro colori, nella loro luce, ci spingono a rivolgere il pensiero a Dio e fanno crescere in noi il desiderio di attingere alla sorgente di ogni bellezza. Rimane profondamente vero quanto ha scritto un grande artista, Marc Chagall, che i pittori per secoli hanno intinto il loro pennello in quell’alfabeto colorato che è la Bibbia. Quante volte allora le espressioni artistiche possono essere occasioni per ricordarci di Dio, per aiutare la nostra preghiera o per la conversione del cuore! Paul Claudel, famoso poeta, drammaturgo e diplomatico francese, nella Basilica di Notre Dame a Parigi, nel 1886, proprio ascoltando il canto del Magnificat durante la Messa di Natale, avvertì la presenza di Dio. Non era entrato in chiesa per motivi di fede, ma per cercare argomenti contro i cristiani, e invece la grazia di Dio operò nel suo cuore”.
Per tutti, anche oggi, vale l’invito del Papa “a riscoprire l’importanza di questa via anche per la preghiera, per la nostra relazione viva con Dio. Le città e i paesi in tutto il mondo racchiudono tesori d’arte che esprimono la fede e ci richiamano al rapporto con Dio. La visita ai luoghi d’arte, allora non sia solo occasione di arricchimento culturale, ma possa soprattutto diventare un momento di grazia, di stimolo per rafforzare il nostro legame e il nostro dialogo con il Signore, per fermarsi a contemplare, nel passaggio dalla semplice realtà esteriore alla realtà più profonda, il raggio di bellezza che ci colpisce, che quasi ci ferisce nell’intimo e ci invita a salire verso Dio”.
© Copyright AsiaNews
Papa: l’opera d’arte è una strada che può condurre a Dio
All’udienza generale, Benedetto XVI evidenzia come davanti a una scultura, un quadro, una poesia o un brano musicale si possa percepire che di fronte a noi non c’è solo materia, “ma qualcosa di più grande, qualcosa che parla, capace di toccare il cuore, di comunicare un messaggio, di elevare l'animo”. “Quante volte allora le espressioni artistiche possono essere occasioni per ricordarci di Dio, per aiutare la nostra preghiera o per la conversione del cuore”.
Castel Gandolfo (AsiaNews)
Le opere d’arte sono uno dei “canali” che possono condurre a Dio, l'arte infatti “è come una porta aperta verso l'infinito, verso una bellezza e una verità che vanno al di là del quotidiano. E un'opera d'arte può aprire gli occhi della mente e del cuore, sospingendoci verso l'alto”.
Benedetto XVI è tornato oggi a toccare uno dei temi che gli sono cari, quello della bellezza come via che conduce a Dio. Alle cinquemila persone presenti a Castel Gandolfo per l’udienza generale, il Papa ha infatti detto che “forse vi è capitato qualche volta davanti ad una scultura, ad un quadro, ad alcuni versi di una poesia, o ad un brano musicale, di provare nell'intimo un'intima emozione, un senso di gioia, di percepire, cioè, chiaramente che di fronte a voi non c'era soltanto materia, un pezzo di marmo o di bronzo, una tela dipinta, un insieme di lettere o un cumulo di suoni, ma qualcosa di più grande, qualcosa che parla, capace di toccare il cuore, di comunicare un messaggio, di elevare l'animo”.
“L'opera d'arte è il frutto della capacità creativa dell'essere umano, che si interroga davanti alla realtà visibile, cerca di scoprirne il senso profondo e di comunicarlo attraverso il linguaggio delle forme, dei colori, dei suoni”. L’opera d’arte, insomma, “è una porta aperta verso l’infinito”, che “apre gli occhi della mente, del cuore”.
“Un esempio lo possiamo avere quando visitiamo una cattedrale gotica: siamo rapiti dalle linee verticali che si stagliano verso il cielo ed attirano in alto il nostro sguardo e il nostro spirito, mentre, in pari tempo, ci sentiamo piccoli, eppure desiderosi di pienezza… O quando entriamo in una chiesa romanica: siamo invitati in modo spontaneo al raccoglimento e alla preghiera. Percepiamo che in questi splendidi edifici è come racchiusa la fede di generazioni. Oppure, quando ascoltiamo un brano di musica sacra che fa vibrare le corde del nostro cuore, il nostro animo viene come dilatato ed è aiutato a rivolgersi a Dio. Mi torna ancora alla mente un concerto di musiche di Johan Sebastian Bach, a Monaco di Baviera, diretto da Leonard Bernstein. Al termine dell’ultimo brano, una delle Cantate, sentii, non per ragionamento, ma nel profondo del cuore, che ciò che avevo ascoltato mi aveva trasmesso qualcosa della fede del sommo compositore e mi spingeva a lodare e ringraziare il Signore……”.
“Ma quante volte – ha aggiunto - quadri o affreschi, frutto della fede dell’artista, nelle loro forme, nei loro colori, nella loro luce, ci spingono a rivolgere il pensiero a Dio e fanno crescere in noi il desiderio di attingere alla sorgente di ogni bellezza. Rimane profondamente vero quanto ha scritto un grande artista, Marc Chagall, che i pittori per secoli hanno intinto il loro pennello in quell’alfabeto colorato che è la Bibbia. Quante volte allora le espressioni artistiche possono essere occasioni per ricordarci di Dio, per aiutare la nostra preghiera o per la conversione del cuore! Paul Claudel, famoso poeta, drammaturgo e diplomatico francese, nella Basilica di Notre Dame a Parigi, nel 1886, proprio ascoltando il canto del Magnificat durante la Messa di Natale, avvertì la presenza di Dio. Non era entrato in chiesa per motivi di fede, ma per cercare argomenti contro i cristiani, e invece la grazia di Dio operò nel suo cuore”.
Per tutti, anche oggi, vale l’invito del Papa “a riscoprire l’importanza di questa via anche per la preghiera, per la nostra relazione viva con Dio. Le città e i paesi in tutto il mondo racchiudono tesori d’arte che esprimono la fede e ci richiamano al rapporto con Dio. La visita ai luoghi d’arte, allora non sia solo occasione di arricchimento culturale, ma possa soprattutto diventare un momento di grazia, di stimolo per rafforzare il nostro legame e il nostro dialogo con il Signore, per fermarsi a contemplare, nel passaggio dalla semplice realtà esteriore alla realtà più profonda, il raggio di bellezza che ci colpisce, che quasi ci ferisce nell’intimo e ci invita a salire verso Dio”.
© Copyright AsiaNews
Il Papa: L’arte “è come una porta aperta verso l’infinito, verso una bellezza e una verità che vanno al di là del quotidiano
Su segnalazione di Laura leggiamo:
BENEDETTO XVI: UDIENZA, L’ARTE È “UNA PORTA APERTA VERSO L’INFINITO”
L’arte “è come una porta aperta verso l’infinito, verso una bellezza e una verità che vanno al di là del quotidiano. E un’opera d’arte può aprire gli occhi della mente e del cuore, sospingendoci verso l’alto”. Lo ha detto il Papa, che nell’udienza di oggi da Castelgandolfo è tornato sul tema della “via pulchritudinis” (via della bellezza), di cui ha parlato più volte, e che “l’uomo di oggi dovrebbe recuperare nel suo significato più profondo”, in modo ottemperare alla “necessità per ogni cristiano di trovare tempo per Dio, per la preghiera, in mezzo alle tante occupazioni delle nostre giornate”. “Un’opera d’arte – ha spiegato Benedetto XVI - è il frutto della capacità creativa dell’essere umano, che si interroga davanti alla realtà visibile, cerca di scoprirne il senso profondo e di comunicarlo attraverso il linguaggio delle forme, dei colori, dei suoni”. Nella catechesi, il Papa ha fatto riferimento alla concreta esperienza estetica: “Forse – ha detto evocandola - vi è capitato qualche volta davanti ad una scultura, ad un quadro, ad alcuni versi di una poesia, o ad un brano musicale, di provare nell’intimo un’intima emozione, un senso di gioia, di percepire, cioè, chiaramente che di fronte a voi non c’era soltanto materia, ma qualcosa di più grande, qualcosa che ‘parla’, capace di toccare il cuore, di comunicare un messaggio, di elevare l’animo”.
“Ma ci sono espressioni artistiche che sono vere strade verso Dio, Bellezza suprema, anzi sono un aiuto a crescere nel rapporto con Lui, nella preghiera”, ha proseguito Benedetto XVI soffermandosi sulle “opere che nascono dalla fede e che esprimono la fede”. Tra gli esempi, il Papa ha citato la cattedrale gotica o la chiesa romanica, “splendidi edifici” entrando nei quali “percepiamo che è come racchiusa la fede di generazioni”. Secondo il Papa, anche “quando ascoltiamo un brano di musica sacra che fa vibrare le corde del nostro cuore, il nostro animo viene come dilatato ed è aiutato a rivolgersi a Dio”. Qui il Santo Padre ha fatto un riferimento autobiografico: “Mi torna ancora alla mente – le sue parole – un concerto di musiche di Johan Sebastian Bach, a Monaco di Baviera, diretto da Leonard Bernstein. Al termine dell’ultimo brano, una delle Cantate, sentii, non per ragionamento, ma nel profondo del cuore, che ciò che avevo ascoltato mi aveva trasmesso qualcosa della verità, della fede del sommo compositore e mi spingeva a lodare e ringraziare il Signore”. “Sentendo questo, si sa che è vero – ha aggiunto il Papa a braccio – è vera la fede che si sente così forte, la fede che esprime così irresistibilmente la forza della verità di Dio”
“Ma quante volte quadri o affreschi, frutto della fede dell’artista, ci spingono a rivolgere il pensiero a Dio e fanno crescere in noi il desiderio di attingere alla sorgente di ogni bellezza”, ha esclamato il Papa, secondo cui “rimane profondamente vero quanto ha scritto un grande artista, Marc Chagall, che i pittori per secoli hanno intinto il loro pennello in quell’alfabeto colorato che è la Bibbia”. In questa prospettiva, le espressioni “artistiche possono essere occasioni per ricordarci di Dio, per aiutare la nostra preghiera o per la conversione del cuore”. Come è successo a Paul Claudel, che “proprio ascoltando il canto del Magnificat durante la Messa di Natale, avvertì la presenza di Dio. Non era entrato in chiesa per motivi di fede, ma per cercare argomenti contro i cristiani, e invece la grazia di Dio operò nel suo cuore”. “Le città e i paesi in tutto il mondo racchiudono tesori d’arte che esprimono la fede e ci richiamano al rapporto con Dio”, ha ricordato il Papa: “La visita ai luoghi d’arte – ha ammonito - non sia solo occasione di arricchimento culturale, ma possa anche diventare un momento di grazia, di stimolo per rafforzare il nostro legame e il nostro dialogo con il Signore”. “Che il Signore ci aiuti a contemplare le cose belle, sia nella natura sia nelle opere d’arte – l’augurio finale di Benedetto XVI pronunciato a braccio, e rivolto ai circa 3 mila fedeli.
© Copyright Sir
BENEDETTO XVI: UDIENZA, L’ARTE È “UNA PORTA APERTA VERSO L’INFINITO”
L’arte “è come una porta aperta verso l’infinito, verso una bellezza e una verità che vanno al di là del quotidiano. E un’opera d’arte può aprire gli occhi della mente e del cuore, sospingendoci verso l’alto”. Lo ha detto il Papa, che nell’udienza di oggi da Castelgandolfo è tornato sul tema della “via pulchritudinis” (via della bellezza), di cui ha parlato più volte, e che “l’uomo di oggi dovrebbe recuperare nel suo significato più profondo”, in modo ottemperare alla “necessità per ogni cristiano di trovare tempo per Dio, per la preghiera, in mezzo alle tante occupazioni delle nostre giornate”. “Un’opera d’arte – ha spiegato Benedetto XVI - è il frutto della capacità creativa dell’essere umano, che si interroga davanti alla realtà visibile, cerca di scoprirne il senso profondo e di comunicarlo attraverso il linguaggio delle forme, dei colori, dei suoni”. Nella catechesi, il Papa ha fatto riferimento alla concreta esperienza estetica: “Forse – ha detto evocandola - vi è capitato qualche volta davanti ad una scultura, ad un quadro, ad alcuni versi di una poesia, o ad un brano musicale, di provare nell’intimo un’intima emozione, un senso di gioia, di percepire, cioè, chiaramente che di fronte a voi non c’era soltanto materia, ma qualcosa di più grande, qualcosa che ‘parla’, capace di toccare il cuore, di comunicare un messaggio, di elevare l’animo”.
“Ma ci sono espressioni artistiche che sono vere strade verso Dio, Bellezza suprema, anzi sono un aiuto a crescere nel rapporto con Lui, nella preghiera”, ha proseguito Benedetto XVI soffermandosi sulle “opere che nascono dalla fede e che esprimono la fede”. Tra gli esempi, il Papa ha citato la cattedrale gotica o la chiesa romanica, “splendidi edifici” entrando nei quali “percepiamo che è come racchiusa la fede di generazioni”. Secondo il Papa, anche “quando ascoltiamo un brano di musica sacra che fa vibrare le corde del nostro cuore, il nostro animo viene come dilatato ed è aiutato a rivolgersi a Dio”. Qui il Santo Padre ha fatto un riferimento autobiografico: “Mi torna ancora alla mente – le sue parole – un concerto di musiche di Johan Sebastian Bach, a Monaco di Baviera, diretto da Leonard Bernstein. Al termine dell’ultimo brano, una delle Cantate, sentii, non per ragionamento, ma nel profondo del cuore, che ciò che avevo ascoltato mi aveva trasmesso qualcosa della verità, della fede del sommo compositore e mi spingeva a lodare e ringraziare il Signore”. “Sentendo questo, si sa che è vero – ha aggiunto il Papa a braccio – è vera la fede che si sente così forte, la fede che esprime così irresistibilmente la forza della verità di Dio”
“Ma quante volte quadri o affreschi, frutto della fede dell’artista, ci spingono a rivolgere il pensiero a Dio e fanno crescere in noi il desiderio di attingere alla sorgente di ogni bellezza”, ha esclamato il Papa, secondo cui “rimane profondamente vero quanto ha scritto un grande artista, Marc Chagall, che i pittori per secoli hanno intinto il loro pennello in quell’alfabeto colorato che è la Bibbia”. In questa prospettiva, le espressioni “artistiche possono essere occasioni per ricordarci di Dio, per aiutare la nostra preghiera o per la conversione del cuore”. Come è successo a Paul Claudel, che “proprio ascoltando il canto del Magnificat durante la Messa di Natale, avvertì la presenza di Dio. Non era entrato in chiesa per motivi di fede, ma per cercare argomenti contro i cristiani, e invece la grazia di Dio operò nel suo cuore”. “Le città e i paesi in tutto il mondo racchiudono tesori d’arte che esprimono la fede e ci richiamano al rapporto con Dio”, ha ricordato il Papa: “La visita ai luoghi d’arte – ha ammonito - non sia solo occasione di arricchimento culturale, ma possa anche diventare un momento di grazia, di stimolo per rafforzare il nostro legame e il nostro dialogo con il Signore”. “Che il Signore ci aiuti a contemplare le cose belle, sia nella natura sia nelle opere d’arte – l’augurio finale di Benedetto XVI pronunciato a braccio, e rivolto ai circa 3 mila fedeli.
© Copyright Sir
Benedetto XVI risponde sollecitamente alla lettera inviataGli dai bambini dell’Oratorio estivo di Platania
Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:
Il Papa Benedetto XVI risponde sollecitamente alla lettera inviataGli dai bambini dell’Oratorio estivo di Platania
«Cari Bambini, è giunta gradita al Santo Padre la letterina con la quale avete voluto comunicarGli che, in preparazione alla Sua visita pastorale in codesta Regione, avete realizzato uno spettacolo musicale intitolato “Aspettando con gioia il Papa” e del quale avete allegato due foto».
Così monsignor Peter B. Wells, assessore per gli Affari Generali alla Segreteria di Stato vaticana, in nome di Papa Benedetto XVI, risponde sollecitamente ai bambini dell’ Oratorio estivo di Platania che pochi giorni fa avevano inviato al Sommo Pontefice una letterina per informarLo della lodevole iniziativa promossa per rendere omaggio all’imminente Sua visita in Calabria. Quella del Papa è una lettera breve e semplice imperniata su vivi sentimenti di riconoscimento e di ringraziamento per i bambini che hanno voluto manifestare la loro gioia per la venuta del Papa dedicandogli il Recital “Aspettando con gioia il Papa”. «Il Sommo Pontefice - aggiunge monsignor Wells - ringrazia vivamente per il gentile e affettuoso pensiero e, mentre invoca la celeste protezione della Madonna, perché accompagni il vostro cammino di fede e di crescita spirituale e umana, invia a ciascuno la Benedizione Apostolica, pegno di copiose grazie divine, estendendola volentieri ai familiari, al Reverendo Parroco e alle animatrici dell’Oratorio parrocchiale Lorena, Sharon, Elena e Maddalena».
«L’arrivo della lettera del Santo Padre, arricchita da una Sua foto, - ha sottolineato soddisfatto il Parroco di Platania Don Pino Latelli - da una parte ci ha colti di sorpresa per il grande onore tributato alla nostra Comunità e dall’altra parte ci ha riempito il cuore di gioia e gratitudine perché il Santo Padre ha mostrato tanta attenzione ed amore verso il nostro paese. I bambini, con il cuore colmo di stupore e di gioia, sono stati davvero contenti di riceverla e di leggerla tutta d’un fiato. Adesso stiamo facendo tante fotocopie - conclude il parroco don Pino Latelli - perché sia i bambini che le animatrici dell’Oratorio possano appenderla nella loro cameretta per ricordare quello che, per loro, è un evento significativo ed importante».
Don Pino Latelli
Il Papa Benedetto XVI risponde sollecitamente alla lettera inviataGli dai bambini dell’Oratorio estivo di Platania
«Cari Bambini, è giunta gradita al Santo Padre la letterina con la quale avete voluto comunicarGli che, in preparazione alla Sua visita pastorale in codesta Regione, avete realizzato uno spettacolo musicale intitolato “Aspettando con gioia il Papa” e del quale avete allegato due foto».
Così monsignor Peter B. Wells, assessore per gli Affari Generali alla Segreteria di Stato vaticana, in nome di Papa Benedetto XVI, risponde sollecitamente ai bambini dell’ Oratorio estivo di Platania che pochi giorni fa avevano inviato al Sommo Pontefice una letterina per informarLo della lodevole iniziativa promossa per rendere omaggio all’imminente Sua visita in Calabria. Quella del Papa è una lettera breve e semplice imperniata su vivi sentimenti di riconoscimento e di ringraziamento per i bambini che hanno voluto manifestare la loro gioia per la venuta del Papa dedicandogli il Recital “Aspettando con gioia il Papa”. «Il Sommo Pontefice - aggiunge monsignor Wells - ringrazia vivamente per il gentile e affettuoso pensiero e, mentre invoca la celeste protezione della Madonna, perché accompagni il vostro cammino di fede e di crescita spirituale e umana, invia a ciascuno la Benedizione Apostolica, pegno di copiose grazie divine, estendendola volentieri ai familiari, al Reverendo Parroco e alle animatrici dell’Oratorio parrocchiale Lorena, Sharon, Elena e Maddalena».
«L’arrivo della lettera del Santo Padre, arricchita da una Sua foto, - ha sottolineato soddisfatto il Parroco di Platania Don Pino Latelli - da una parte ci ha colti di sorpresa per il grande onore tributato alla nostra Comunità e dall’altra parte ci ha riempito il cuore di gioia e gratitudine perché il Santo Padre ha mostrato tanta attenzione ed amore verso il nostro paese. I bambini, con il cuore colmo di stupore e di gioia, sono stati davvero contenti di riceverla e di leggerla tutta d’un fiato. Adesso stiamo facendo tante fotocopie - conclude il parroco don Pino Latelli - perché sia i bambini che le animatrici dell’Oratorio possano appenderla nella loro cameretta per ricordare quello che, per loro, è un evento significativo ed importante».
Don Pino Latelli
Udienza generale. Il Papa: l’arte è una porta aperta verso l’infinito, via che conduce a Dio, Bellezza suprema (Radio Vaticana)
Su segnalazione di Laura leggiamo:
Udienza generale. Il Papa: l’arte è una porta aperta verso l’infinito, via che conduce a Dio, Bellezza suprema
L’arte è come “un raggio di bellezza” che può indurre l’animo a percepire la “Bellezza suprema”, cioè Dio. Lo ha affermato Benedetto XVI, che ha dedicato a questo tema l’udienza generale di stamattina, presieduta in una gremitissima Piazza della Libertà, antistante al Palazzo apostolico di Castel Gandolfo. Visitare le città d’arte, ha suggerito il Papa, può essere dunque un modo per alimentare non solo la cultura ma anche la fede. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Un verso poetico particolarmente profondo, un ammasso di materia magistralmente lavorato, un pentagramma sul quale le note fluiscono con un andamento che fa vibrare le corde profonde del cuore. Il genio artistico, qualsiasi sia la sua forma in cui si esprime, può consentire di sperimentare, ha detto il Papa, “un’intima emozione, un senso di gioia”…
“…di percepire, cioè, chiaramente che di fronte a voi non c’era soltanto materia, un pezzo di marmo o di bronzo, una tela dipinta, un insieme di lettere o un cumulo di suoni, ma qualcosa di più grande, qualcosa che 'parla', capace di toccare il cuore, di comunicare un messaggio, di elevare l’animo”.
Un’opera d’arte dunque, ha proseguito Benedetto XVI, “è il frutto della capacità creativa dell’essere umano, che si interroga davanti alla realtà visibile, cerca di scoprirne il senso profondo e di comunicarlo attraverso il linguaggio delle forme, dei colori, dei suoni”:
“L’arte è capace di esprimere e rendere visibile il bisogno dell’uomo di andare oltre ciò che si vede, manifesta la sete e la ricerca dell’infinito. Anzi, è come una porta aperta verso l’infinito, verso una bellezza e una verità che vanno al di là del quotidiano. E un’opera d’arte può aprire gli occhi della mente e del cuore, sospingendoci verso l’alto”.
Quell’“alto” cui tende la bellezza artistica può condurre, ha affermato il Papa, a Dio, “Bellezza suprema”. Lo può, ad esempio, l’architettura, come quella gotica o romanica: la prima con le sue “linee verticali” che spingono al cielo; la seconda – ha osservato Benedetto XVI – che invita “in modo spontaneo al raccoglimento e alla preghiera”. Oppure lo può la musica, quando ha la potenza di dilatare il cuore verso Dio:
“Mi torna in mente un concerto di musiche di Johann Sebastian Bach, a Monaco di Baviera, diretto da Leonard Bernstein. Al termine dell’ultimo brano, una delle Cantate, sentii, non per ragionamento, ma nel profondo del cuore, che ciò che avevo ascoltato mi aveva trasmesso verità, verità del sommo compositore, e mi spingeva a ringraziare Dio. Accanto a me c'era il vescovo luterano di Monaco e spontaneamente gli dissi: ‘Sentendo questo si capisce: è vero; è vera la fede così forte, e la bellezza che esprime irresistibilmente la presenza della verità di Dio’”.
Il Papa ha concluso la sua riflessione ricordando pensieri ed esperienze di grandi artisti del passato. La celebre frase del pittore Marc Chagall, per il quale “i pittori per secoli hanno intinto il loro pennello in quell’alfabeto colorato che è la Bibbia”. O il moto interiore del poeta laico, Paul Claudel, il quale ascoltando il canto del Magnificat durante la Messa di Natale del 1886, “avvertì – ha detto il Pontefice – la presenza di Dio”. Esempi che aiutano a tener presente che le tante bellezze artistiche sparse nel mondo possono stimolare anche la preghiera e il rapporto con Dio:
“La visita ai luoghi d’arte, allora, non sia solo occasione di arricchimento culturale - anche questo - ma soprattutto possa diventare un momento di grazia, di stimolo per rafforzare il nostro legame e il nostro dialogo con il Signore, per fermarsi a contemplare - nel passaggio dalla semplice realtà esteriore alla realtà più profonda che esprime - il raggio di bellezza che ci colpisce, che quasi ci ‘ferisce’ nell’intimo e ci invita a salire verso Dio”.
Undici le lingue nelle quali Benedetto XVI ha salutato i gruppi presenti all’udienza, presieduta in questa occasione nella Piazza antistante il Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, affollata ben oltre le circa 4 mila persone di cui è capace il cortile pontificio. Tra i saluti, uno in particolare è stato indirizzato dal Papa ai vescovi amici della Comunità di Sant’Egidio.
© Copyright Radio Vaticana
Udienza generale. Il Papa: l’arte è una porta aperta verso l’infinito, via che conduce a Dio, Bellezza suprema
L’arte è come “un raggio di bellezza” che può indurre l’animo a percepire la “Bellezza suprema”, cioè Dio. Lo ha affermato Benedetto XVI, che ha dedicato a questo tema l’udienza generale di stamattina, presieduta in una gremitissima Piazza della Libertà, antistante al Palazzo apostolico di Castel Gandolfo. Visitare le città d’arte, ha suggerito il Papa, può essere dunque un modo per alimentare non solo la cultura ma anche la fede. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Un verso poetico particolarmente profondo, un ammasso di materia magistralmente lavorato, un pentagramma sul quale le note fluiscono con un andamento che fa vibrare le corde profonde del cuore. Il genio artistico, qualsiasi sia la sua forma in cui si esprime, può consentire di sperimentare, ha detto il Papa, “un’intima emozione, un senso di gioia”…
“…di percepire, cioè, chiaramente che di fronte a voi non c’era soltanto materia, un pezzo di marmo o di bronzo, una tela dipinta, un insieme di lettere o un cumulo di suoni, ma qualcosa di più grande, qualcosa che 'parla', capace di toccare il cuore, di comunicare un messaggio, di elevare l’animo”.
Un’opera d’arte dunque, ha proseguito Benedetto XVI, “è il frutto della capacità creativa dell’essere umano, che si interroga davanti alla realtà visibile, cerca di scoprirne il senso profondo e di comunicarlo attraverso il linguaggio delle forme, dei colori, dei suoni”:
“L’arte è capace di esprimere e rendere visibile il bisogno dell’uomo di andare oltre ciò che si vede, manifesta la sete e la ricerca dell’infinito. Anzi, è come una porta aperta verso l’infinito, verso una bellezza e una verità che vanno al di là del quotidiano. E un’opera d’arte può aprire gli occhi della mente e del cuore, sospingendoci verso l’alto”.
Quell’“alto” cui tende la bellezza artistica può condurre, ha affermato il Papa, a Dio, “Bellezza suprema”. Lo può, ad esempio, l’architettura, come quella gotica o romanica: la prima con le sue “linee verticali” che spingono al cielo; la seconda – ha osservato Benedetto XVI – che invita “in modo spontaneo al raccoglimento e alla preghiera”. Oppure lo può la musica, quando ha la potenza di dilatare il cuore verso Dio:
“Mi torna in mente un concerto di musiche di Johann Sebastian Bach, a Monaco di Baviera, diretto da Leonard Bernstein. Al termine dell’ultimo brano, una delle Cantate, sentii, non per ragionamento, ma nel profondo del cuore, che ciò che avevo ascoltato mi aveva trasmesso verità, verità del sommo compositore, e mi spingeva a ringraziare Dio. Accanto a me c'era il vescovo luterano di Monaco e spontaneamente gli dissi: ‘Sentendo questo si capisce: è vero; è vera la fede così forte, e la bellezza che esprime irresistibilmente la presenza della verità di Dio’”.
Il Papa ha concluso la sua riflessione ricordando pensieri ed esperienze di grandi artisti del passato. La celebre frase del pittore Marc Chagall, per il quale “i pittori per secoli hanno intinto il loro pennello in quell’alfabeto colorato che è la Bibbia”. O il moto interiore del poeta laico, Paul Claudel, il quale ascoltando il canto del Magnificat durante la Messa di Natale del 1886, “avvertì – ha detto il Pontefice – la presenza di Dio”. Esempi che aiutano a tener presente che le tante bellezze artistiche sparse nel mondo possono stimolare anche la preghiera e il rapporto con Dio:
“La visita ai luoghi d’arte, allora, non sia solo occasione di arricchimento culturale - anche questo - ma soprattutto possa diventare un momento di grazia, di stimolo per rafforzare il nostro legame e il nostro dialogo con il Signore, per fermarsi a contemplare - nel passaggio dalla semplice realtà esteriore alla realtà più profonda che esprime - il raggio di bellezza che ci colpisce, che quasi ci ‘ferisce’ nell’intimo e ci invita a salire verso Dio”.
Undici le lingue nelle quali Benedetto XVI ha salutato i gruppi presenti all’udienza, presieduta in questa occasione nella Piazza antistante il Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, affollata ben oltre le circa 4 mila persone di cui è capace il cortile pontificio. Tra i saluti, uno in particolare è stato indirizzato dal Papa ai vescovi amici della Comunità di Sant’Egidio.
© Copyright Radio Vaticana
Il cortile non basta, udienza generale in Piazza a Castel Gandolfo. Il Papa: La musica di Bach ci fa sentire che il messaggio della fede è vero (Izzo)
PAPA: CORTILE NON BASTA,UDIENZA GENERALE IN PIAZZA CASTELGANDOLFO
Salvatore Izzo
(AGI) - Castelgandolfo, 31 ago.
Per la seconda volta dall'inizio di agosto, con i suoi 4mila posti il cortile della residenza estiva di Castelgandolfo si e' rivelato insufficiente a contenere i pellegrini presenti all'Udienza Generale. Cosi' l'incontro settimanale tra il Papa e i fedeli di tutto il mondo e' stato spostato nella piazza centrale della cittadina laziale, che ne puo' contenere circa il doppio ed era gremita all'inverosimile. Benedetto XVI, leggermente abbronzato dopo la Gmg di Madrid, appariva in buona forma e di ottimo umore, ed e' stato lungamente festeggiato proprio da gruppi di ragazzi che indossavano magliette con i simboli e i colori del mega raduno che ha portato due settimane fa nella capitale spagnola ben due milioni di ragazzi dei cinque continenti.
© Copyright (AGI)
PAPA: MUSICA BACH CI FA SENTIRE CHE MESSAGGIO FEDE E' VERO
Salvatore Izzo
(AGI) - Castelgandolfo, 31 ago.
"Mi torna ancora alla mente un concerto di musiche di Johan Sebastian Bach, a Monaco di Baviera, diretto da Leonard Bernstein. Al termine dell'ultimo brano sentii, non per ragionamento, ma nel profondo del cuore, che cio' che avevo ascoltato mi aveva trasmesso qualcosa della fede del compositore e mi spingeva a ringraziare il Signore. E confidai al vescovo luterano che mi era accanto che quella musica ci fa sentire che cio' che ci comunica e' vero". Benedetto XVVI ha voluto raccontare questa sua personale esperienza ai circa ottomila fedeli presenti all'Udienza Generale di oggi a Castelgandolfo. "Forse - ha detto loro - vi e' capitato qualche volta davanti a una scultura, a un quadro, ad alcuni versi di una poesia, o ad un brano musicale di provare nell'intimo un'intima emozione, un senso di gioia, di percepire, cioe', chiaramente che di fronte a voi non c'era soltanto materia, un pezzo di marmo o di bronzo, una tela dipinta, un insieme di lettere o un cumulo di suoni, ma qualcosa di piu' grande, qualcosa che 'parla', capace di toccare il cuore, di comunicare un messaggio, di elevare l'animo". Per il Papa, "un'opera d'arte e' il frutto della capacita' creativa dell'essere umano, che si interroga davanti alla realta' visibile, cerca di scoprirne il senso profondo e di comunicarlo attraverso il linguaggio delle forme, dei colori, dei suoni.
L'arte e' capace di esprimere e rendere visibile il bisogno dell'uomo di andare oltre cio' che vede, manifesta la sete e la ricerca dell'infinito. Anzi, e' come una porta aperta verso l'infinito, verso una bellezza e una verita' che vanno al di la' del quotidiano. E un'opera d'arte puo' aprire gli occhi della mente e del cuore, sospingendoci verso l'alto". "Ma ci sono espressioni artistiche - ha aggiunto - che sono vere strade verso Dio, Bellezza suprema, anzi sono un aiuto a crescere nel rapporto con Lui, nella preghiera. Si tratta delle opere che nascono dalla fede e che esprimono la fede". "Un esempio - ha spiegato Joseph Ratzinger - lo possiamo avere quando visitiamo una cattedrale gotica: siamo rapiti dalle linee verticali che si stagliano verso il cielo ed attirano in alto il nostro sguardo e il nostro spirito, mentre, in pari tempo, ci sentiamo piccoli, eppure desiderosi di pienezza. O quando entriamo in una chiesa romanica: siamo invitati in modo spontaneo al raccoglimento e alla preghiera. Percepiamo che in questi splendidi edifici e' come racchiusa la fede di generazioni. Oppure, quando ascoltiamo un brano di musica sacra che fa vibrare le corde del nostro cuore, il nostro animo viene come dilatato ed e' aiutato a rivolgersi a Dio".
"Quante volte - ha osservato il Pontefice teologo - quadri o affreschi, frutto della fede dell’artista, nelle loro forme, nei loro colori, nella loro luce, ci spingono a rivolgere il pensiero a Dio e fanno crescere in noi il desiderio di attingere alla sorgente di ogni bellezza". Secondo Papa Ratzinger, dunque "rimane profondamente vero quanto ha scritto un grande artista, Marc Chagall, che i pittori per secoli hanno intinto il loro pennello in quell’alfabeto colorato che è la Bibbia". E citando "Paul Claudel, famoso poeta, drammaturgo e diplomatico francese", ha sottolineato che "le espressioni artistiche possono essere occasioni per ricordarci di Dio, per aiutare la nostra preghiera o per la conversione del cuore". Claudel, ha ricordato, "nella Basilica di Notre Dame a Parigi, nel 1886, proprio ascoltando il canto del Magnificat durante la messa di Natale, avvertì la presenza di Dio. Non era entrato in chiesa per motivi di fede, ma per cercare argomenti contro i cristiani, e invece la grazia di Dio operò nel suo cuore".
"Cari amici - ha esortato Benedetto XVI rivolto ai presenti - vi invito a riscoprire l’importanza di questa via anche per la preghiera, per la nostra relazione viva con Dio. Le città e i paesi in tutto il mondo racchiudono tesori d’arte che esprimono la fede e ci richiamano al rapporto con Dio. La visita ai luoghi d’arte, allora non sia solo occasione di arricchimento culturale, ma possa soprattutto diventare un momento di grazia, di stimolo per rafforzare il nostro legame e il nostro dialogo con il Signore, per fermarsi a contemplare, nel passaggio dalla semplice realtà esteriore alla realtà più profonda, il raggio di bellezza che ci colpisce, che quasi ci 'ferisce' nell’intimo e ci invita a salire verso Dio". In proposito il Papa ha poi commentato una frase del salmo 27: "Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco, abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la bellezza del Signore e ammirare il suo santuario". "Speriamo - ha poi concluso parlando a braccio - che il Signore ci aiuti a contemplare la sua bellezza sia nella natura che nelle opere d’arte, ed essere così toccati dalla luce del suo Volto in modo che anche noi possiamo essere luce per il nostro prossimo".
© Copyright (AGI)
Salvatore Izzo
(AGI) - Castelgandolfo, 31 ago.
Per la seconda volta dall'inizio di agosto, con i suoi 4mila posti il cortile della residenza estiva di Castelgandolfo si e' rivelato insufficiente a contenere i pellegrini presenti all'Udienza Generale. Cosi' l'incontro settimanale tra il Papa e i fedeli di tutto il mondo e' stato spostato nella piazza centrale della cittadina laziale, che ne puo' contenere circa il doppio ed era gremita all'inverosimile. Benedetto XVI, leggermente abbronzato dopo la Gmg di Madrid, appariva in buona forma e di ottimo umore, ed e' stato lungamente festeggiato proprio da gruppi di ragazzi che indossavano magliette con i simboli e i colori del mega raduno che ha portato due settimane fa nella capitale spagnola ben due milioni di ragazzi dei cinque continenti.
© Copyright (AGI)
PAPA: MUSICA BACH CI FA SENTIRE CHE MESSAGGIO FEDE E' VERO
Salvatore Izzo
(AGI) - Castelgandolfo, 31 ago.
"Mi torna ancora alla mente un concerto di musiche di Johan Sebastian Bach, a Monaco di Baviera, diretto da Leonard Bernstein. Al termine dell'ultimo brano sentii, non per ragionamento, ma nel profondo del cuore, che cio' che avevo ascoltato mi aveva trasmesso qualcosa della fede del compositore e mi spingeva a ringraziare il Signore. E confidai al vescovo luterano che mi era accanto che quella musica ci fa sentire che cio' che ci comunica e' vero". Benedetto XVVI ha voluto raccontare questa sua personale esperienza ai circa ottomila fedeli presenti all'Udienza Generale di oggi a Castelgandolfo. "Forse - ha detto loro - vi e' capitato qualche volta davanti a una scultura, a un quadro, ad alcuni versi di una poesia, o ad un brano musicale di provare nell'intimo un'intima emozione, un senso di gioia, di percepire, cioe', chiaramente che di fronte a voi non c'era soltanto materia, un pezzo di marmo o di bronzo, una tela dipinta, un insieme di lettere o un cumulo di suoni, ma qualcosa di piu' grande, qualcosa che 'parla', capace di toccare il cuore, di comunicare un messaggio, di elevare l'animo". Per il Papa, "un'opera d'arte e' il frutto della capacita' creativa dell'essere umano, che si interroga davanti alla realta' visibile, cerca di scoprirne il senso profondo e di comunicarlo attraverso il linguaggio delle forme, dei colori, dei suoni.
L'arte e' capace di esprimere e rendere visibile il bisogno dell'uomo di andare oltre cio' che vede, manifesta la sete e la ricerca dell'infinito. Anzi, e' come una porta aperta verso l'infinito, verso una bellezza e una verita' che vanno al di la' del quotidiano. E un'opera d'arte puo' aprire gli occhi della mente e del cuore, sospingendoci verso l'alto". "Ma ci sono espressioni artistiche - ha aggiunto - che sono vere strade verso Dio, Bellezza suprema, anzi sono un aiuto a crescere nel rapporto con Lui, nella preghiera. Si tratta delle opere che nascono dalla fede e che esprimono la fede". "Un esempio - ha spiegato Joseph Ratzinger - lo possiamo avere quando visitiamo una cattedrale gotica: siamo rapiti dalle linee verticali che si stagliano verso il cielo ed attirano in alto il nostro sguardo e il nostro spirito, mentre, in pari tempo, ci sentiamo piccoli, eppure desiderosi di pienezza. O quando entriamo in una chiesa romanica: siamo invitati in modo spontaneo al raccoglimento e alla preghiera. Percepiamo che in questi splendidi edifici e' come racchiusa la fede di generazioni. Oppure, quando ascoltiamo un brano di musica sacra che fa vibrare le corde del nostro cuore, il nostro animo viene come dilatato ed e' aiutato a rivolgersi a Dio".
"Quante volte - ha osservato il Pontefice teologo - quadri o affreschi, frutto della fede dell’artista, nelle loro forme, nei loro colori, nella loro luce, ci spingono a rivolgere il pensiero a Dio e fanno crescere in noi il desiderio di attingere alla sorgente di ogni bellezza". Secondo Papa Ratzinger, dunque "rimane profondamente vero quanto ha scritto un grande artista, Marc Chagall, che i pittori per secoli hanno intinto il loro pennello in quell’alfabeto colorato che è la Bibbia". E citando "Paul Claudel, famoso poeta, drammaturgo e diplomatico francese", ha sottolineato che "le espressioni artistiche possono essere occasioni per ricordarci di Dio, per aiutare la nostra preghiera o per la conversione del cuore". Claudel, ha ricordato, "nella Basilica di Notre Dame a Parigi, nel 1886, proprio ascoltando il canto del Magnificat durante la messa di Natale, avvertì la presenza di Dio. Non era entrato in chiesa per motivi di fede, ma per cercare argomenti contro i cristiani, e invece la grazia di Dio operò nel suo cuore".
"Cari amici - ha esortato Benedetto XVI rivolto ai presenti - vi invito a riscoprire l’importanza di questa via anche per la preghiera, per la nostra relazione viva con Dio. Le città e i paesi in tutto il mondo racchiudono tesori d’arte che esprimono la fede e ci richiamano al rapporto con Dio. La visita ai luoghi d’arte, allora non sia solo occasione di arricchimento culturale, ma possa soprattutto diventare un momento di grazia, di stimolo per rafforzare il nostro legame e il nostro dialogo con il Signore, per fermarsi a contemplare, nel passaggio dalla semplice realtà esteriore alla realtà più profonda, il raggio di bellezza che ci colpisce, che quasi ci 'ferisce' nell’intimo e ci invita a salire verso Dio". In proposito il Papa ha poi commentato una frase del salmo 27: "Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco, abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la bellezza del Signore e ammirare il suo santuario". "Speriamo - ha poi concluso parlando a braccio - che il Signore ci aiuti a contemplare la sua bellezza sia nella natura che nelle opere d’arte, ed essere così toccati dalla luce del suo Volto in modo che anche noi possiamo essere luce per il nostro prossimo".
© Copyright (AGI)
Comunicazione agli amici del blog :-)
Cari amici, in questi giorni non potro' essere molto presente nel blog per tutta una serie di impegni che ho accumulato.
Venerdi' o sabato tornero' a pieno regime :-))
Nel frattempo il blog sara' aggiornato in modo saltuario e soprattutto nel pomeriggio, ma sara' comunque aggiornato :-))
Un abbraccio
Raffaella
Venerdi' o sabato tornero' a pieno regime :-))
Nel frattempo il blog sara' aggiornato in modo saltuario e soprattutto nel pomeriggio, ma sara' comunque aggiornato :-))
Un abbraccio
Raffaella
martedì 30 agosto 2011
Tutti gli animali del Papa. Nelle Ville Pontificie di Castel Gandolfo (Ponzi)
Foto Osservatore Romano |
Nelle Ville Pontificie di Castel Gandolfo
Tutti gli animali del Papa
di MARIO PONZI
Un bracco fa capolino tra le reti del recinto dove altezzose galline razzolano rasserenate da quella presenza. Poco più in alto, all'ombra di un rigoglioso uliveto, pascolano libere alcune maculate vacche frisone, con le mammelle gonfie di latte. Poco discosta s'intravvede la serie di piccole arnie del frequentatissimo apiario, dove matura un miele raffinato. Su, nel cielo, due falchetti addestrati hanno il loro bel da fare per proteggere i frutteti dall'assalto combinato di decine di fameliche cornacchie. Tra le frasche del boschetto di pini, larici e lecci, di tanto in tanto s'affaccia il muso appuntito di una volpe in agguato, in attesa di un attimo di distrazione del bracco di guardia. In questo periodo estivo, poi, c'è l'ormai familiare coppia di upupe che regolarmente sceglie gli alti lecci per trascorrervi l'estate. E si avverte uno straordinario profumo di fieno, confuso con quello delle rose, che pervade tutto il rosso villaggio che, nelle Ville pontificie di Castel Gandolfo, ospita gli animali del Papa.
La fattoria è un pezzo storico della dimora estiva dei Pontefici. Si trova nella parte estrema della residenza, proprio dietro il cancello che si apre sulla piazza di Albano. Spaziare con l'occhio su questi venti ettari di terra, è come ritrovarsi immersi in una delle tele secentesche del pittore napoletano Andrea De Lione, maestro nel raffigurare anche scene bucoliche caratterizzate da colori brillanti e da un vivace dinamismo. Di colori sono ricchi i fiori delle serre nella zona riservata alla floricoltura, il roseto nei ruderi della villa imperiale, il parco che si confonde con l'orto e si estende sino al pergolato, coperto in questi giorni di pampini verdolini. I tralci s'inerpicano fino alle grandi terrazze ricavate da un'arida pietraia, e trasformate in un digradare ordinato di colture orticole. E nel bel mezzo le mucche. "Una volta - ricorda Saverio Petrillo, il direttore delle Ville - abbiamo ospitato anche due cinghiali. Li aveva regalati don Zeno di Nomadelfia a Paolo VI. Di movimento ne crearono un bel po'. Più pacifiche erano le gazzelle di Pio XI. Erano state donate al Papa dal delegato apostolico in Egitto e il Pontefice si affezionò a quelle bestiole: le andava a trovare ogni volta che si fermava a Castello. Le sue erano visite quotidiane e non andava mai a mani vuote. Si racconta che spesso prendesse tra le sue braccia la più piccolina delle due. Purtroppo fece una brutta fine: un giorno, infatti, spaventata da un gruppo di giovani esploratori ungheresi in visita al Papa, saltò il recinto, si ritrovò sulla via Appia e venne travolta da un'auto. Con grande dispiacere di Pio XI".
Ogni pietra rossa del casale, ogni ramo o pianta avrebbero qualcosa di singolare da raccontare, per il susseguirsi di frequentatori illustri passati in questa parte delle Ville. Di certo la fattoria del Papa, anche se simile a tante altre, suscita comunque curiosità. Non esiste tuttavia un'aneddotica particolare e le cronache ne parlano solo a margine di eventi ben più significativi. Tutto quello che si sa è frutto dei racconti tramandati di generazione in generazione e un po' di storia si può leggere in questa stessa pagina. Ma la fattoria del Papa merita di per sé un'attenzione particolare. Perché, come era nelle intenzioni di Pio XI, può senz'altro essere considerata un modello nel suo genere. Intanto, per la sua caratteristica della quale vanno fieri i fattori. Nonostante sia sempre stata tenuta al passo con i tempi e dotata delle tecnologie più moderne e sofisticate, la fattoria ha infatti conservato intatto l'aspetto del rustico antico, mostrando come sia possibile che l'ordine, la pulizia e le esigenze razionali dell'agricoltura moderna, estremamente tecnologizzata, possano sempre conciliarsi con il sapore della tradizione e con il gusto del pittoresco. Così, nell'ala principale dell'antico casale si scopre una modernissima pastorizzatrice per il latte. "L'uso di materiali d'avanguardia - spiega il responsabile della fattoria Giuseppe Bellapadrona - ci consente di pastorizzare il latte a 75 gradi, in modo da non distruggere le proprietà organolettiche. Da qui esce un latte di alta qualità, con un contenuto di siero-proteine superiore a quello che normalmente si trova nel pastorizzato in commercio. Riusciamo a conservare praticamente intatte tutte le proprietà principali".
Le mucche in produzione, quelle cioè che danno il siero, sono 25 e sono sistemate in una moderna vaccheria, allestita nel 2008. Quasi per evitare che stonasse con il resto del complesso è stata allestita in una zona più defilata. "Ci siamo decisi a farlo - spiega Bellapadrona - per offrire alle mucche un ambiente salubre e confortevole in modo da non farle stressare e dunque per non compromettere la qualità del prodotto". E sarebbe un peccato perché sono bestie di ottimo lignaggio, tutte rigorosamente segnate e marcate nell'anagrafe del Libro della frisona italiana.
Con la nuova sistemazione godono di notevoli spazi di libertà anche se si trovano in un ampio capannone aperto sui quattro lati. Ognuna ha il proprio spazio per il riposo: "Sono loro stesse che si sistemano il giaciglio con la paglia". Così è per il posto alla mangiatoia, una feritoia "che si apre ad orari stabiliti". E il menù è ricco: "Si tratta - precisa il responsabile della fattoria - di un'alimentazione tipica della zona del parmigiano reggiano, tutto a secco, fieno e concentrato. Del tutto assenti le sostanze insilate del fieno o del mais perché nella zona del parmigiano lo sconsigliano per evitare fermentazioni anomale del formaggio". Un piatto unico, insomma, preparato con un miscelatore di ultima generazione, in modo che le "mucche assumano sia la parte proteica che la fibra in un insieme di massima digeribilità e adatto al fabbisogno di ognuna di loro. Questo perché ogni animale, a seconda del latte che produce, ha bisogno di un'integrazione alimentare". Nulla dunque è lasciato al caso. Tanto meno l'igiene: spazzole automatiche provvedono più volte al giorno alla pulitura del canale tra la zona giorno e quella notte, in modo da tenere l'ambiente sempre pulito. Lo stesso vale per il canale di scorrimento utilizzato per raggiungere il reparto mungitura che è completamente meccanizzata.
Proprio grazie ai miglioramenti e soprattutto all'attenzione posta nell'assicurare agli animali il benessere di un'esistenza tranquilla e pulita, "le nostre vacche - spiega Bellapadrona - riescono a produrre grandi quantità di latte, almeno cinquanta litri al giorno ciascuna.
Tuttavia dovendo rispettare la quota di produzione che ci è stata assegnata a suo tempo, circa seicento litri al giorno, dobbiamo cercare di limitare la produzione. Per attenerci alla regola riduciamo i capi in produzione. Del resto il nostro scopo, anche se riusciamo sempre ad autofinanziare ogni attività, non è commerciale. Latte, olio, uova e poche volte la carne sono in vendita esclusivamente nello spaccio annonario del Vaticano".
C'è stato un periodo tuttavia durante il quale il "latte del Vaticano" era particolarmente ambito. "Fu nei giorni - ricorda il responsabile - immediatamente successivi al disastro nucleare di Cernobyl, quando la nube di cesio sprigionata dal reattore distrutto giunse anche sull'Italia e inquinò gran parte delle campagne e dei raccolti. Noi già molto tempo prima, avevamo l'abitudine di conservare le nostre scorte di fieno non solo al coperto ma anche avvolte in teloni impermeabili.
E quando vennero tecnici per verificare il livello di radiazioni assorbite, il risultato fu stupefacente: non c'era traccia alcuna. In quel periodo ricordo che sconsigliavano l'assunzione di latte, soprattutto da parte dei neonati. Mettemmo così a disposizione il nostro. Furono le stesse autorità sanitarie a consigliare chi ne aveva più urgenza di rivolgersi a noi".
Non meno efficiente il pollaio. Un ampio recinto nel quale circa trecento galline ovaiole sono libere di razzolare a piacimento. "Danno - dice Bellapadrona - oltre duecento uova al giorno, che restano in vendita all'annona vaticana per pochissimo tempo: sono molto ambite e terminano in un baleno". Una sessantina sono i polli da carne, anch'essi rigorosamente ruspanti e "il ricambio è assicurato da diverse nidiate di pulcini che acquistiamo direttamente da pollai di fiducia e facciamo crescere secondo rigorosi criteri di igiene".
A completare questo quadro sono un vivaio, dal quale si ricavano i fiori e le piante necessarie per adornare i Palazzi pontifici, un frutteto soprattutto di albicocchi e peschi sufficiente alle esigenze interne e un uliveto secolare che dà frutti per una discreta quantità di olio, fra i duemila e i tremilacinquecento litri. Un nettare reso pregiato dalla spremitura a freddo, oltreché dalla particolarità dell'oliva, piccola ma molto saporita come quelle di alberi secolari. Solo poche bottiglie fanno una fugace comparsa tra gli scaffali dell'annona in Vaticano. E naturalmente tutti i prodotti arrivano sulla tavola del Papa.
(©L'Osservatore Romano 31 agosto 2011)
Orsi e gazzelle nello zoo di Leone XIII (Isabella Farinelli)
La ricca collezione scientifica di monsignor Giulio Cicioni il naturalista di Papa Pecci
Orsi e gazzelle nello zoo di Leone XIII
Isabella Farinelli
«Solo non si vedono i due liocorni»; forse si aspettavano di veder comparire anche quelli — come nell’arca di Noè musicata da Roberto Grotti — le scolaresche che fino a pochi anni fa visitavano, al primo piano della residenza vescovile perugina, il Museo di Storia naturale di monsignor Giulio Cicioni, insegnante nel locale seminario dalla seconda metà dell’Ottocento, quando Papa Leone XIII era ancora il vescovo Gioacchino Pecci. L’originale artefice e primo curatore della raccolta, nato a Cerqueto — tra Marsciano e Perugia — nel 1844, si dilettò sin da ragazzo, anche prima di entrare in seminario, a raccogliere e conservare in modo sistematico fiori, piante e piccole collezioni di animali, specialmente insetti. Non sappiamo quanto, all’inizio, don Giulio fosse consapevole di condividere un entusiasmo naturalistico diffuso in tutta Europa, con risvolti letterari e artistici, filosofici e scientifici, non necessariamente in contrasto o in alternativa; basti pensare al suo quasi contemporaneo, l’agostiniano Gregor Johann Mendel — morto a Brünn in Moravia nel 1884 — infaticabile ricercatore in parte incompreso dai contemporanei, al quale la regista Liana Marabini ha recentemente dedicato un pensoso e delicato film (The Gardener of God), sinora non apparso nelle sale italiane.
Se nel film Pio IX rassicura Mendel (Christopher Lambert) sull’armonia tra fede e scienza, senz’altro non sfuggì la peculiare vocazione di Giulio Cicioni al futuro Leone XIII, che persino nella poesia, come nella pastorale, manifestò costante interesse per l’evoluzione del pensiero scientifico e della tecnologia, specie nel campo della comunicazione — dall’ars photographica al fonografo — tanto da imprimere una svolta sin da vescovo alla formazione dei futuri preti. Ordinato nel 1867 da Pecci, del quale diverrà segretario prima di essere inviato in una parrocchia di campagna, don Cicioni inizia quasi in contemporanea, partendo dalla «scuola di aritmetica», l’insegnamento delle materie scientifiche in seminario, dove trasporterà la sua nutrita collezione di esemplari per servirsene a scopo didattico. Nel 1886 si poteva già parlare di un erbario, nel quale — secondo «Il Paese», il giornale voluto dieci anni prima da Pecci — erano rappresentate quasi tutte le famiglie della flora italiana. Né si arrestò qui la passione dell’enfant terrible. «A furia di perseguitare — parola del suo allievo Pietro Pizzoni — suore e missionari dell’America, dell’Asia e dell’Africa, a furia di cambi coi principali botanici, si procurò esemplari di vegetali da tutto il mondo; ed accanto al magnifico erbario locale ne formò un altro mondiale».
Nel frattempo si formano raccolte di fossili, minerali e reperti faunistici, questi ultimi con un insperato arricchimento nel 1888, dopo il solenne Giubileo sacerdotale di Leone XIII. In quella occasione, il mondo intero aveva fatto convergere intorno al Papa una collezione di doni, reperti e manufatti altamente rappresentativi che era andata a costituire una vera Esposizione universale, ospitata in Vaticano non senza qualche difficoltà di spazio. Particolarmente cara al Santo Padre la galleria, organizzata dal meteorologo e astronomo barnabita Francesco Denza — poi chiamato a dirigere la Specola Vaticana — degli strumenti scientifici progettati da membri del clero italiano, tra cui i sismografi di Filippo Cecchi e di Ignazio Galli, il tromometro di Timoteo Bertelli (cui aveva collaborato il geofisico Michele Stefano de Rossi) e l’anemoietografo dello stesso Denza.
A parte i non pochi esemplari viventi, portati subito nei Giardini Vaticani — come la gazzella proveniente da un’oasi sahariana al cui collo era stata posta una placca d’argento con un distico del cardinale Charles Martial Allemand Lavigerie, arcivescovo di Algeri e di Cartagine, Qui saevos fugio mea per deserta leones / Hic me pacifero fidentem trado Leoni — alla conclusione dell’evento corse voce che il Papa intendesse cedere il copioso materiale d’interesse scientifico e naturalistico a istituti romani. Cicioni accorse e implorò il Papa di provvedere anche a quello che stava diventando un museo perugino di storia naturale. Il Pontefice acconsentì volentieri e don Giulio, si narra, preparò con le proprie mani le casse e ne curò la spedizione a Perugia. Da qui, nel settembre 1888, si recò a Firenze, invitato come relatore, al primo convegno della Società botanica italiana, che proprio in quell’anno si stava riorganizzando, e di cui Cicioni fu poi sempre membro attivissimo e ascoltato, a giudicare dai «Bollettini». Nell’agosto 1893, il suo «gabinetto scientifico del Seminario» fu decisivo a far eleggere Perugia come sede del Congresso botanico di quell’anno, seguito a quello internazionale tenutosi a Genova l’anno precedente. La competenza acquisita gli valse, nel 1896, il diploma di socio effettivo dell’Accademia dei Lincei.
Dal materiale raccolto tra i monti umbri «armato della sua vanghetta e della sua marra» a quello scambiato con la comunità scientifica — da Théodore Caruel a Giovanni Arcangeli, da Pietro Romualdo Pirotta a Emilio Chiovenda — sino ai reperti inviati da Papa Leone anche dopo l’Esposizione Vaticana (tuttora siglati E.V.), quale valore vi annettesse don Giulio fu chiaro quando, ottantenne, ne offrì simbolicamente alcuni esemplari, al posto degli abituali versi d’occasione, all’ingresso in Perugia del figlio spirituale di san Pio X, il vescovo Giovanni Battista Rosa: il quale tuttavia vi colse «la poesia più bella e più fresca». La simbiosi tra conoscenza e amore — evocata anche da Giovanni Paolo II nel primo centenario della morte di Mendel — non sarebbe sfuggita, decenni dopo, agli occhi dei visitatori d’ogni età, sia quando sfilavano dalla labradorite alla lazurite con oro, sia quando si arrestavano davanti all’imponente ursus maritimus donato a Leone XIII da Oscar ii, il re di Svezia e di Norvegia appassionato a sua volta di scienze e arti. «Il Paese» segnala il sostegno del sovrano alle missioni di esplorazione artica e narra la sua visita al Santo Padre, nell’aprile 1888, preceduta da una lunga sosta tra le gallerie dell’Esposizione. Ma don Cicioni, che per tutta la vita preferì raccogliere esemplari per sottoporli all’autorità degli accademici prima che alla propria, gradiva ogni contributo: anche da un qualsiasi «don Leone» e da altri parroci di campagna, che molto incrementarono il salone ornitologico.
Colto da malore mentre faceva lezione di mineralogia, don Giulio morì nel 1923, lasciando alla diocesi e al seminario il museo nel quale dichiarava di aver racchiuso «tutto il suo cuore» — insieme a una raccolta di circa 15.000 esemplari rappresentativi di oltre 7.000 specie botaniche e a migliaia di campioni tra minerali, rocce, fossili, animali e materiali etnografici provenienti dall’intero pianeta. Una prima classificazione toccò al suo successore in seminario, don Aurelio Bonaca, all’apertura ufficiale al pubblico nel 1926, avvenuta con l’intervento delle civiche istituzioni e per volere del vescovo Giovanni Battista Rosa e del vicario generale Beniamino Ubaldi (poi vescovo di Gubbio). Nel 1992 il materiale fu riclassificato secondo criteri correnti e valutato come un campionario di biodiversità tra i maggiori in Italia. Oggi l’intero patrimonio naturalistico, di proprietà del Seminario perugino, è affidato al Centro di Ateneo per i Musei Scientifici (Cams) e in parte riallestito nella Galleria di storia naturale di Casalina; qui la vasta e articolata collezione di Giulio Cicioni è stata abbinata a quella di Orazio Antinori, naturalista e appassionato viaggiatore (1811-1882).
(©L'Osservatore Romano 31 agosto 2011)
Orsi e gazzelle nello zoo di Leone XIII
Isabella Farinelli
«Solo non si vedono i due liocorni»; forse si aspettavano di veder comparire anche quelli — come nell’arca di Noè musicata da Roberto Grotti — le scolaresche che fino a pochi anni fa visitavano, al primo piano della residenza vescovile perugina, il Museo di Storia naturale di monsignor Giulio Cicioni, insegnante nel locale seminario dalla seconda metà dell’Ottocento, quando Papa Leone XIII era ancora il vescovo Gioacchino Pecci. L’originale artefice e primo curatore della raccolta, nato a Cerqueto — tra Marsciano e Perugia — nel 1844, si dilettò sin da ragazzo, anche prima di entrare in seminario, a raccogliere e conservare in modo sistematico fiori, piante e piccole collezioni di animali, specialmente insetti. Non sappiamo quanto, all’inizio, don Giulio fosse consapevole di condividere un entusiasmo naturalistico diffuso in tutta Europa, con risvolti letterari e artistici, filosofici e scientifici, non necessariamente in contrasto o in alternativa; basti pensare al suo quasi contemporaneo, l’agostiniano Gregor Johann Mendel — morto a Brünn in Moravia nel 1884 — infaticabile ricercatore in parte incompreso dai contemporanei, al quale la regista Liana Marabini ha recentemente dedicato un pensoso e delicato film (The Gardener of God), sinora non apparso nelle sale italiane.
Se nel film Pio IX rassicura Mendel (Christopher Lambert) sull’armonia tra fede e scienza, senz’altro non sfuggì la peculiare vocazione di Giulio Cicioni al futuro Leone XIII, che persino nella poesia, come nella pastorale, manifestò costante interesse per l’evoluzione del pensiero scientifico e della tecnologia, specie nel campo della comunicazione — dall’ars photographica al fonografo — tanto da imprimere una svolta sin da vescovo alla formazione dei futuri preti. Ordinato nel 1867 da Pecci, del quale diverrà segretario prima di essere inviato in una parrocchia di campagna, don Cicioni inizia quasi in contemporanea, partendo dalla «scuola di aritmetica», l’insegnamento delle materie scientifiche in seminario, dove trasporterà la sua nutrita collezione di esemplari per servirsene a scopo didattico. Nel 1886 si poteva già parlare di un erbario, nel quale — secondo «Il Paese», il giornale voluto dieci anni prima da Pecci — erano rappresentate quasi tutte le famiglie della flora italiana. Né si arrestò qui la passione dell’enfant terrible. «A furia di perseguitare — parola del suo allievo Pietro Pizzoni — suore e missionari dell’America, dell’Asia e dell’Africa, a furia di cambi coi principali botanici, si procurò esemplari di vegetali da tutto il mondo; ed accanto al magnifico erbario locale ne formò un altro mondiale».
Nel frattempo si formano raccolte di fossili, minerali e reperti faunistici, questi ultimi con un insperato arricchimento nel 1888, dopo il solenne Giubileo sacerdotale di Leone XIII. In quella occasione, il mondo intero aveva fatto convergere intorno al Papa una collezione di doni, reperti e manufatti altamente rappresentativi che era andata a costituire una vera Esposizione universale, ospitata in Vaticano non senza qualche difficoltà di spazio. Particolarmente cara al Santo Padre la galleria, organizzata dal meteorologo e astronomo barnabita Francesco Denza — poi chiamato a dirigere la Specola Vaticana — degli strumenti scientifici progettati da membri del clero italiano, tra cui i sismografi di Filippo Cecchi e di Ignazio Galli, il tromometro di Timoteo Bertelli (cui aveva collaborato il geofisico Michele Stefano de Rossi) e l’anemoietografo dello stesso Denza.
A parte i non pochi esemplari viventi, portati subito nei Giardini Vaticani — come la gazzella proveniente da un’oasi sahariana al cui collo era stata posta una placca d’argento con un distico del cardinale Charles Martial Allemand Lavigerie, arcivescovo di Algeri e di Cartagine, Qui saevos fugio mea per deserta leones / Hic me pacifero fidentem trado Leoni — alla conclusione dell’evento corse voce che il Papa intendesse cedere il copioso materiale d’interesse scientifico e naturalistico a istituti romani. Cicioni accorse e implorò il Papa di provvedere anche a quello che stava diventando un museo perugino di storia naturale. Il Pontefice acconsentì volentieri e don Giulio, si narra, preparò con le proprie mani le casse e ne curò la spedizione a Perugia. Da qui, nel settembre 1888, si recò a Firenze, invitato come relatore, al primo convegno della Società botanica italiana, che proprio in quell’anno si stava riorganizzando, e di cui Cicioni fu poi sempre membro attivissimo e ascoltato, a giudicare dai «Bollettini». Nell’agosto 1893, il suo «gabinetto scientifico del Seminario» fu decisivo a far eleggere Perugia come sede del Congresso botanico di quell’anno, seguito a quello internazionale tenutosi a Genova l’anno precedente. La competenza acquisita gli valse, nel 1896, il diploma di socio effettivo dell’Accademia dei Lincei.
Dal materiale raccolto tra i monti umbri «armato della sua vanghetta e della sua marra» a quello scambiato con la comunità scientifica — da Théodore Caruel a Giovanni Arcangeli, da Pietro Romualdo Pirotta a Emilio Chiovenda — sino ai reperti inviati da Papa Leone anche dopo l’Esposizione Vaticana (tuttora siglati E.V.), quale valore vi annettesse don Giulio fu chiaro quando, ottantenne, ne offrì simbolicamente alcuni esemplari, al posto degli abituali versi d’occasione, all’ingresso in Perugia del figlio spirituale di san Pio X, il vescovo Giovanni Battista Rosa: il quale tuttavia vi colse «la poesia più bella e più fresca». La simbiosi tra conoscenza e amore — evocata anche da Giovanni Paolo II nel primo centenario della morte di Mendel — non sarebbe sfuggita, decenni dopo, agli occhi dei visitatori d’ogni età, sia quando sfilavano dalla labradorite alla lazurite con oro, sia quando si arrestavano davanti all’imponente ursus maritimus donato a Leone XIII da Oscar ii, il re di Svezia e di Norvegia appassionato a sua volta di scienze e arti. «Il Paese» segnala il sostegno del sovrano alle missioni di esplorazione artica e narra la sua visita al Santo Padre, nell’aprile 1888, preceduta da una lunga sosta tra le gallerie dell’Esposizione. Ma don Cicioni, che per tutta la vita preferì raccogliere esemplari per sottoporli all’autorità degli accademici prima che alla propria, gradiva ogni contributo: anche da un qualsiasi «don Leone» e da altri parroci di campagna, che molto incrementarono il salone ornitologico.
Colto da malore mentre faceva lezione di mineralogia, don Giulio morì nel 1923, lasciando alla diocesi e al seminario il museo nel quale dichiarava di aver racchiuso «tutto il suo cuore» — insieme a una raccolta di circa 15.000 esemplari rappresentativi di oltre 7.000 specie botaniche e a migliaia di campioni tra minerali, rocce, fossili, animali e materiali etnografici provenienti dall’intero pianeta. Una prima classificazione toccò al suo successore in seminario, don Aurelio Bonaca, all’apertura ufficiale al pubblico nel 1926, avvenuta con l’intervento delle civiche istituzioni e per volere del vescovo Giovanni Battista Rosa e del vicario generale Beniamino Ubaldi (poi vescovo di Gubbio). Nel 1992 il materiale fu riclassificato secondo criteri correnti e valutato come un campionario di biodiversità tra i maggiori in Italia. Oggi l’intero patrimonio naturalistico, di proprietà del Seminario perugino, è affidato al Centro di Ateneo per i Musei Scientifici (Cams) e in parte riallestito nella Galleria di storia naturale di Casalina; qui la vasta e articolata collezione di Giulio Cicioni è stata abbinata a quella di Orazio Antinori, naturalista e appassionato viaggiatore (1811-1882).
(©L'Osservatore Romano 31 agosto 2011)
La Musica Sacra a Castelgandolfo per il Papa. Diretta domani sera su Telepace alle 18
Clicca qui per leggere l'articolo di Korazym. Grazie a Padre Claudio per la segnalazione della diretta.
La GMG conquista gli studenti del professor Ratzinger (Ambrogetti)
Clicca qui per leggere il commento segnalatoci da Laura.
Congresso eucaristico, Spacca: "Marche pronte ad accogliere il Papa"
Clicca qui per leggere l'articolo.
Decreto storico in Turchia sulla restituzione dei beni confiscati alle minoranze religiose, esclusi i cattolici latini. Gioia di mons. Franceschini (R.V.)
Su segnalazione di Laura leggiamo:
Decreto storico in Turchia sulla restituzione dei beni confiscati alle minoranze religiose, esclusi i cattolici latini. Gioia di mons. Franceschini
Un decreto, firmato ieri dal premier turco Tayip Erdogan, sancisce la restituzione delle proprietà sequestrate alle minoranze religiose, dopo il censimento del 1936: beneficiari del provvedimento sono i cristiani greco-ortodossi, i cattolici caldei, gli armeni e gli ebrei, ma non i cattolici latini. Il servizio di Roberta Gisotti.
Un vero ‘colpo di teatro’ di Erdogan, commentano gli osservatori. Il decreto, pubblicato prima della consueta cena del Ramadan organizzata dal rappresentante delle fondazioni religiose non musulmane in onore del premier, arriva dopo anni di rivendicazioni, anche in sede europea e a pochi giorni dagli ultimi appelli del Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I perché la Turchia rendesse i beni usurpati. Saranno dunque restituite le proprietà recensite nel 1936 e poi confiscate alle fondazioni religiose dalle varie amministrazioni dello Stato; sarà anche ripristinata la gestione dei cimiteri ceduta ai vari comuni e municipi; saranno infine resi gli immobili - come monasteri e parrocchie - mai riconosciuti come enti giuridici, e se alienati o ceduti a terzi sarà stabilito un congruo compenso a risarcire i legittimi proprietari. Secondo un primo calcolo: un migliaio di immobili tornerà ai cristiani greco-ortodossi, un centinaio agli armeni, diversi altri ai caldei cattolici e agli ebrei. Nulla tornerà invece ai cattolici latini, perché questi non compaiono tra le minoranze religiose indicate nel Trattato di Losanna del 1923, che sanciva il riconoscimento della Repubblica turca proclamata da Kemal Ataturk. Se i cattolici in Turchia a tutt’oggi non hanno riconoscimento giuridico, il decreto fa ben sperare. “Accolgo con gioia la notizia”, ha commentato stamane mons. Ruggero Franceschini, presidente della Conferenza episcopale turca, annunciando che il documento sarà esaminato nella prossima riunione di settembre. Grande soddisfazione hanno espresso i rappresentanti delle minoranze beneficiarie per un passo “storico” sulla via dei diritti umani. “E’ finito il tempo – ha detto il premier Erdogan – in cui un nostro cittadino poteva essere oppresso a causa della sua religione, origine etnica o diverso modo di vivere”. Parole importanti da mantenere nei fatti.
© Copyright Radio Vaticana
Decreto storico in Turchia sulla restituzione dei beni confiscati alle minoranze religiose, esclusi i cattolici latini. Gioia di mons. Franceschini
Un decreto, firmato ieri dal premier turco Tayip Erdogan, sancisce la restituzione delle proprietà sequestrate alle minoranze religiose, dopo il censimento del 1936: beneficiari del provvedimento sono i cristiani greco-ortodossi, i cattolici caldei, gli armeni e gli ebrei, ma non i cattolici latini. Il servizio di Roberta Gisotti.
Un vero ‘colpo di teatro’ di Erdogan, commentano gli osservatori. Il decreto, pubblicato prima della consueta cena del Ramadan organizzata dal rappresentante delle fondazioni religiose non musulmane in onore del premier, arriva dopo anni di rivendicazioni, anche in sede europea e a pochi giorni dagli ultimi appelli del Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I perché la Turchia rendesse i beni usurpati. Saranno dunque restituite le proprietà recensite nel 1936 e poi confiscate alle fondazioni religiose dalle varie amministrazioni dello Stato; sarà anche ripristinata la gestione dei cimiteri ceduta ai vari comuni e municipi; saranno infine resi gli immobili - come monasteri e parrocchie - mai riconosciuti come enti giuridici, e se alienati o ceduti a terzi sarà stabilito un congruo compenso a risarcire i legittimi proprietari. Secondo un primo calcolo: un migliaio di immobili tornerà ai cristiani greco-ortodossi, un centinaio agli armeni, diversi altri ai caldei cattolici e agli ebrei. Nulla tornerà invece ai cattolici latini, perché questi non compaiono tra le minoranze religiose indicate nel Trattato di Losanna del 1923, che sanciva il riconoscimento della Repubblica turca proclamata da Kemal Ataturk. Se i cattolici in Turchia a tutt’oggi non hanno riconoscimento giuridico, il decreto fa ben sperare. “Accolgo con gioia la notizia”, ha commentato stamane mons. Ruggero Franceschini, presidente della Conferenza episcopale turca, annunciando che il documento sarà esaminato nella prossima riunione di settembre. Grande soddisfazione hanno espresso i rappresentanti delle minoranze beneficiarie per un passo “storico” sulla via dei diritti umani. “E’ finito il tempo – ha detto il premier Erdogan – in cui un nostro cittadino poteva essere oppresso a causa della sua religione, origine etnica o diverso modo di vivere”. Parole importanti da mantenere nei fatti.
© Copyright Radio Vaticana
La Cina trova supporto in Irlanda nella sua lotta con il Vaticano (Vatican Insider)
Clicca qui per leggere il commento segnalatoci da Alessia.
lunedì 29 agosto 2011
Lamezia Terme, in attesa del Papa con la "lucentezza" di Madrid (Sir)
DIOCESI: LAMEZIA TERME, IN ATTESA DEL PAPA CON LA “LUCENTEZZA DI MADRID”
“È stato davvero bello ciò che abbiamo vissuto e niente e nessuno potrà mai cancellare dal nostro cuore e dalla nostra mente le sensazioni, le emozioni, i volti e i sorrisi, le lacrime e la commozione, ma tutto questo è stato accresciuto da uno sguardo gettato poco più avanti nel tempo, uno sguardo al prossimo 9 ottobre!”.
A parlare è don Fabio Stanizzo, direttore dell’Ufficio per la pastorale giovanile della diocesi di Lamezia Terme che ha accompagnato a Madrid un gruppo di 100 giovani.
La Gmg ha fatto “da preludio – aggiunge - alla grande festa della fede che la nostra Diocesi si appresta a vivere con la visita pastorale del Papa”, che avverrà domenica 9 ottobre: ”abbiamo compreso che ciò che vivremo a breve nella nostra terra, così come ciò che abbiamo vissuto a Madrid, non è un semplice evento, non è una sola giornata di eccezionalità ma aprirà le porte a qualcosa di più grande e di più bello: aumenterà la lucentezza della nostra fede, sveglierà gli animi e riaccenderà il coraggio per annunciare senza timore Cristo, per lavorare con più zelo a servizio della Chiesa e per costruire una società più giusta e cristiana”. Alla celebrazione eucaristica con papa Benedetto XVI sono attese circa 150 mila fedeli.
© Copyright Sir
“È stato davvero bello ciò che abbiamo vissuto e niente e nessuno potrà mai cancellare dal nostro cuore e dalla nostra mente le sensazioni, le emozioni, i volti e i sorrisi, le lacrime e la commozione, ma tutto questo è stato accresciuto da uno sguardo gettato poco più avanti nel tempo, uno sguardo al prossimo 9 ottobre!”.
A parlare è don Fabio Stanizzo, direttore dell’Ufficio per la pastorale giovanile della diocesi di Lamezia Terme che ha accompagnato a Madrid un gruppo di 100 giovani.
La Gmg ha fatto “da preludio – aggiunge - alla grande festa della fede che la nostra Diocesi si appresta a vivere con la visita pastorale del Papa”, che avverrà domenica 9 ottobre: ”abbiamo compreso che ciò che vivremo a breve nella nostra terra, così come ciò che abbiamo vissuto a Madrid, non è un semplice evento, non è una sola giornata di eccezionalità ma aprirà le porte a qualcosa di più grande e di più bello: aumenterà la lucentezza della nostra fede, sveglierà gli animi e riaccenderà il coraggio per annunciare senza timore Cristo, per lavorare con più zelo a servizio della Chiesa e per costruire una società più giusta e cristiana”. Alla celebrazione eucaristica con papa Benedetto XVI sono attese circa 150 mila fedeli.
© Copyright Sir
Il Papa chiede di pregare affinché gli educatori sappiano trasmettere l’amore alla verità. La riflessione del cardinale Grocholewski (R.V.)
Su segnalazione di Laura leggiamo:
Il Papa chiede di pregare affinché gli educatori sappiano trasmettere l’amore alla verità. La riflessione del cardinale Grocholewski
“Per tutti gli insegnanti, affinché sappiano trasmettere l'amore alla verità ed educare agli autentici valori morali e spirituali”: è questa l’intenzione generale di preghiera del Papa per il mese di settembre. Un’invocazione sulla quale si sofferma il cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica, intervistato da Alessandro Gisotti:
R. - Questi due elementi dell’intenzione di preghiera per il mese di settembre esprimono proprio il nucleo dell’attuale emergenza educativa. Di fronte al relativismo circa i valori e le verità fondamentali della vita si postula di trasmettere l’amore della verità: se non si sa cosa sia il bene e che cosa sia il male; se tutto è relativo allora si pone la domanda “a cosa educare?”. Essenziale è anche la seconda parte di questa richiesta di preghiera: educare agli autentici valori spirituali. In realtà l’educazione non può essere ridotta alla trasmissione delle conoscenze e le capacità possono essere usate sia per il bene, sia per il male. Si deve educare la persona affinché sappia - ma soprattutto voglia - sfruttare queste conoscenze e capacità per il bene.
D. - L’emergenza educativa è uno dei grandi temi del Pontificato di Benedetto XVI: come la Congregazione da lei presieduta sta rispondendo a questa grande sfida dei nostri tempi?
R. - Noi cerchiamo di elaborare un progetto educativo - e questo è molto importante - impostato sulla centralità della persona umana, sulla sua integrità. Anche riguardo alla formazione intellettuale, per noi questa non è solo una preparazione alla professione: la formazione intellettuale in primo luogo deve formare la persona, rendendola capace di essere critica, di essere in grado di giudicare e di valutare da sola; di non essere schiava di certe propagande o ideologie. Per noi è anche molto importante la formazione dei formatori, degli insegnanti, che non devono avere una formazione unicamente intellettuale e specifica alla materia che insegnano, ma devono avere anche una certa formazione spirituale, che li renda persone affidabili così da rappresentare una certa “autorità” per i propri studenti. Io penso che per tutto questo il nostro insegnamento sia molto apprezzabile. Quando, qui in Congregazione, vengono alcuni ambasciatori presso la Santa Sede non cristiani spesso si vantano di aver frequentato la scuola cattolica, l’università cattolica… Io domando sempre come mai pur non essendo cristiani abbiano frequentato la scuola cattolica. Mi vengono date sempre due risposte: la prima, perché sono migliori; la seconda risposta - per me molto importante - perché la scuola cattolica non trasmette soltanto le conoscenze, ma forma la persona.
D. - Parlando ai giovani docenti universitari all’Escorial in occasione della Gmg, il Papa ha detto che “il cammino verso la verità piena è un cammino dell’intelligenza e dell’amore, della ragione e della fede”…
R. - Questo ci riporta a quello che l’attuale Pontefice ha sempre postulato: allargare gli orizzonti della razionalità e quindi non restringere l’intelletto umano soltanto a ricercare quello che è sperimentabile, quello che è utile concretamente, economicamente; ma aprirsi a tutta la verità, aprirsi anche alle questioni fondamentali della vita umana, del senso della vita, del destino della vita… Penso sia molto importante integrare in questo contesto ragione e fede: la ragione sincera non può chiudersi ai problemi che pongono le religioni. Non può chiudersi, perché sono domande fondamentali della vita!
D. - In Italia e in molti altri Paesi settembre è il mese in cui riaprono le scuole: quale augurio si sente di rivolgere agli studenti?
R. - Io vorrei augurare che, con l’aiuto della scuola, i ragazzi possano formarsi ed essere persone solide, responsabili che - da una parte - sappiano dare un senso alla propria vita e - dall’altra parte - riescano a collaborare con gli altri per il bene dell’umanità. Io penso che tutto il senso dell’educazione sia realizzare se stesso, trovare un senso alla propria vita e collaborare per il bene dell’umanità. (mg)
© Copyright Radio Vaticana
Il Papa chiede di pregare affinché gli educatori sappiano trasmettere l’amore alla verità. La riflessione del cardinale Grocholewski
“Per tutti gli insegnanti, affinché sappiano trasmettere l'amore alla verità ed educare agli autentici valori morali e spirituali”: è questa l’intenzione generale di preghiera del Papa per il mese di settembre. Un’invocazione sulla quale si sofferma il cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica, intervistato da Alessandro Gisotti:
R. - Questi due elementi dell’intenzione di preghiera per il mese di settembre esprimono proprio il nucleo dell’attuale emergenza educativa. Di fronte al relativismo circa i valori e le verità fondamentali della vita si postula di trasmettere l’amore della verità: se non si sa cosa sia il bene e che cosa sia il male; se tutto è relativo allora si pone la domanda “a cosa educare?”. Essenziale è anche la seconda parte di questa richiesta di preghiera: educare agli autentici valori spirituali. In realtà l’educazione non può essere ridotta alla trasmissione delle conoscenze e le capacità possono essere usate sia per il bene, sia per il male. Si deve educare la persona affinché sappia - ma soprattutto voglia - sfruttare queste conoscenze e capacità per il bene.
D. - L’emergenza educativa è uno dei grandi temi del Pontificato di Benedetto XVI: come la Congregazione da lei presieduta sta rispondendo a questa grande sfida dei nostri tempi?
R. - Noi cerchiamo di elaborare un progetto educativo - e questo è molto importante - impostato sulla centralità della persona umana, sulla sua integrità. Anche riguardo alla formazione intellettuale, per noi questa non è solo una preparazione alla professione: la formazione intellettuale in primo luogo deve formare la persona, rendendola capace di essere critica, di essere in grado di giudicare e di valutare da sola; di non essere schiava di certe propagande o ideologie. Per noi è anche molto importante la formazione dei formatori, degli insegnanti, che non devono avere una formazione unicamente intellettuale e specifica alla materia che insegnano, ma devono avere anche una certa formazione spirituale, che li renda persone affidabili così da rappresentare una certa “autorità” per i propri studenti. Io penso che per tutto questo il nostro insegnamento sia molto apprezzabile. Quando, qui in Congregazione, vengono alcuni ambasciatori presso la Santa Sede non cristiani spesso si vantano di aver frequentato la scuola cattolica, l’università cattolica… Io domando sempre come mai pur non essendo cristiani abbiano frequentato la scuola cattolica. Mi vengono date sempre due risposte: la prima, perché sono migliori; la seconda risposta - per me molto importante - perché la scuola cattolica non trasmette soltanto le conoscenze, ma forma la persona.
D. - Parlando ai giovani docenti universitari all’Escorial in occasione della Gmg, il Papa ha detto che “il cammino verso la verità piena è un cammino dell’intelligenza e dell’amore, della ragione e della fede”…
R. - Questo ci riporta a quello che l’attuale Pontefice ha sempre postulato: allargare gli orizzonti della razionalità e quindi non restringere l’intelletto umano soltanto a ricercare quello che è sperimentabile, quello che è utile concretamente, economicamente; ma aprirsi a tutta la verità, aprirsi anche alle questioni fondamentali della vita umana, del senso della vita, del destino della vita… Penso sia molto importante integrare in questo contesto ragione e fede: la ragione sincera non può chiudersi ai problemi che pongono le religioni. Non può chiudersi, perché sono domande fondamentali della vita!
D. - In Italia e in molti altri Paesi settembre è il mese in cui riaprono le scuole: quale augurio si sente di rivolgere agli studenti?
R. - Io vorrei augurare che, con l’aiuto della scuola, i ragazzi possano formarsi ed essere persone solide, responsabili che - da una parte - sappiano dare un senso alla propria vita e - dall’altra parte - riescano a collaborare con gli altri per il bene dell’umanità. Io penso che tutto il senso dell’educazione sia realizzare se stesso, trovare un senso alla propria vita e collaborare per il bene dell’umanità. (mg)
© Copyright Radio Vaticana
Dio a Madrid. Tutti, credenti e non credenti, dobbiamo rallegrarci di quanto è accaduto nella capitale spagnola (Mario Vargas Llosa, premio Nobel per la letteratura)
La Giornata mondiale della gioventù secondo lo scrittore peruviano premio Nobel per la letteratura
Dio a Madrid
Tutti, credenti e non credenti, dobbiamo rallegrarci di quanto è accaduto nella capitale spagnola
Mario Vargas Llosa
Pubblichiamo una nostra traduzione del commento alla Giornata mondiale della gioventù di Madrid scritto dal premio Nobel per la letteratura 2010 e apparso su «El País» di domenica 28 agosto.
Bello spettacolo quello di Madrid invasa da centinaia di migliaia di giovani venuti dai cinque continenti per assistere alla Giornata mondiale della gioventù, presieduta da Benedetto XVI, che per diversi giorni ha trasformato la capitale spagnola in una affollata Torre di Babele. Tutte le razze, lingue, culture, tradizioni si sono mescolate in una gigantesca festa di ragazze e ragazzi adolescenti, studenti, giovani professionisti venuti da ogni angolo della terra per cantare, ballare, pregare e proclamare la loro adesione alla Chiesa cattolica e la loro «dipendenza» dal Papa (Somos adictos a Benedicto, «Siamo dipendenti da Benedetto», è stato uno degli slogan più ricorrenti).
A parte quel migliaio di persone che, all’aeroporto di Cuatro Vientos, sono svenute per il caldo spietato e hanno avuto bisogno di assistenza medica, non ci sono stati incidenti e neppure grossi problemi. Tutto è trascorso in pace, in allegria, in un clima di simpatia generale. I madrileni hanno affrontato con spirito sportivo i contrattempi provocati dalle gigantesche folle che hanno paralizzato Cibeles, la Gran Via, Alcalá, la Puerta del Sol, la Plaza de España e la Plaza de Oriente, e le piccole manifestazioni contro il Papa da parte di laici, anarchici, atei e cattolici ribelli hanno provocato incidenti di poco conto, alcuni addirittura grotteschi, come quando un gruppo di esagitati ha lanciato preservativi ad alcune ragazze giovanissime che, animate da quello che Rubén Darío chiamava «un bianco terrore di Belzebù», recitavano il rosario a occhi chiusi.
Ci sono due letture possibili di questo evento che «El País» ha definito «il più grande raduno di cattolici nella storia della Spagna».
La prima vede in esso un festival, più di superficie che di spessore religioso, dove i giovani di mezzo mondo hanno colto l’occasione per viaggiare, fare del turismo, divertirsi, conoscere gente nuova, vivere qualche avventura: l’esperienza intensa ma passeggera di una vacanza estiva. La seconda lo interpreta come una netta smentita delle previsioni di un arretramento del cattolicesimo nel mondo di oggi, come la prova che la Chiesa di Cristo conserva la sua forza e la sua vitalità, che la barca di san Pietro attraversa, senza correre pericoli, le tempeste che volevano farla affondare.
Una di queste tempeste ha come scenario la Spagna, dove Roma e il Governo di Rodríguez Zapatero si sono scontrati spesso negli ultimi anni e mantengono relazioni tese. Non è casuale infatti che Benedetto XVI si sia recato in questo Paese già diverse volte, tre di esse durante il suo pontificato. Perché a quanto pare la «cattolica Spagna» non lo è più tanto come in passato. Le statistiche sono abbastanza esplicite. A luglio dello scorso anno circa l’ottanta per cento degli spagnoli si dichiarava cattolico; un anno dopo, solo il settanta. Fra i giovani il cinquantuno per cento dice di esserlo, ma solo il dodici assicura di praticare la propria religione in modo costante mentre il resto lo fa sporadicamente o per motivi sociali (in occasione di matrimoni, battesimi e così via). Le critiche dei giovani credenti — praticanti e non — alla Chiesa s’incentrano soprattutto sull’opposizione di quest’ultima all’uso degli anticoncezionali e della pillola del giorno dopo, all’ordinazione delle donne, all’aborto, all’omosessualità.
La mia impressione è che queste cifre non siano state manipolate, che riflettano una realtà che — con percentuali più alte o meno alte — trascende l’ambito spagnolo ed è indicativa di quanto sta accadendo al cattolicesimo nel resto del mondo. Ebbene, dal mio punto di vista questa graduale diminuzione del numero dei fedeli della Chiesa cattolica, invece di essere un sintomo della sua inevitabile rovina ed estinzione, è piuttosto fermento della vitalità e dell’energia che quel che resta di essa — ossia decine di milioni di persone — ha dimostrato, soprattutto durante i pontificati di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI.
Ė difficile immaginare personalità più diverse di quelle degli ultimi due Papi. Il primo era un leader carismatico, un agitatore di folle, uno straordinario oratore, un Pontefice nel quale l’emozione, la passione, i sentimenti prevalevano sulla pura ragione.
Quello attuale è un uomo di idee, un intellettuale, i cui ambiti naturali sono la biblioteca, l’aula universitaria, la sala di conferenze. La sua timidezza di fronte alle moltitudini affiora inevitabilmente nel modo in cui si rivolge alle masse, come a giustificarsi, quasi si vergognasse. Ma questa fragilità è ingannevole poiché si tratta probabilmente del Papa più colto e intelligente che la Chiesa ha avuto da molto tempo a questa parte, uno dei rari Pontefici le cui encicliche o i cui libri possono essere letti anche da un agnostico come me senza sbadigliare (la sua breve autobiografia incanta e i suoi due volumi su Gesù sono molto più che suggestivi). Il suo itinerario è abbastanza curioso. In gioventù è stato un sostenitore della modernizzazione della Chiesa e ha dato un contributo allo spirito riformatore del concilio Vaticano II convocato da Giovanni XXIII.
Poi però si è mosso verso le posizione conservatrici di Giovanni Paolo II, alle quali è rimasto fedele fino a oggi. Forse il motivo è stata l’intuizione, o la convinzione, che, se avesse continuato a fare le concessioni che gli chiedevano i fedeli, i pastori e i teologi progressisti, la Chiesa avrebbe finito con il disintegrarsi dal di dentro, per divenire una comunità caotica, disorientata, a causa delle lotte intestine e delle dispute settarie. Il sogno dei cattolici progressisti di fare della Chiesa un’istituzione democratica è proprio questo, e niente più: un sogno. Nessuna Chiesa potrebbe esserlo senza rinunciare a se stessa e scomparire. In ogni caso, a prescindere dal contesto teologico, tenendo conto unicamente della sua dimensione sociale e politica, la verità è che, sebbene stia perdendo fedeli e le sue fila si stiano riducendo, oggigiorno il cattolicesimo è più unito, attivo e combattivo rispetto agli anni in cui sembrava sul punto di lacerarsi e dividersi per le lotte ideologiche interne.
Questo è un bene o un male per la cultura della libertà? Se lo Stato è laico e mantiene la sua indipendenza rispetto a tutte le Chiese, che — è chiaro — deve rispettare e alle quali deve permettere di agire liberamente, è un bene, perché una società democratica non può combattere efficacemente i propri nemici — a iniziare dalla corruzione — se le sue istituzioni non sono saldamente sostenute da valori etici, se al suo interno non fiorisce una ricca vita spirituale come antidoto permanente contro le forze distruttrici, dissocianti e anarchiche che sono solite guidare la condotta individuale quando l’essere umano si sente libero da ogni responsabilità.
Per molto tempo si è creduto che con il progresso delle conoscenze e della cultura democratica, la religione, questa forma elevata di superstizione, sarebbe scomparsa e che la scienza e la cultura l’avrebbero ampiamente sostituita. Ora sappiamo che questa era un’altra superstizione che la realtà ha pian piano fatto a pezzi.
E sappiamo anche che la cultura, soprattutto ora, è incapace di svolgere quella funzione che i liberi pensatori del diciannovesimo secolo, con tanta generosità e altrettanta ingenuità, le attribuivano. Perché, nel nostro tempo, la cultura ha smesso di essere una risposta seria e profonda ai grandi interrogativi dell’essere umano sulla vita, la morte, il destino, la storia, come ha cercato di esserlo in passato, ed è divenuta, da un lato, un divertimento leggero e senza conseguenze, e, dall’altro, una cabala di esperti incomprensibili e arroganti, rinchiusi in fortini di gerghi inintelligibili, distanti anni luce dai comuni mortali.
La cultura non ha potuto sostituire la religione e non potrà farlo, se non per piccole minoranze, marginali rispetto al grande pubblico. La maggior parte degli esseri umani trova le risposte — o quanto meno la sensazione che esista un ordine superiore del quale fanno parte e che dà senso e quiete alla loro esistenza — solo attraverso una trascendenza che né la filosofia, né la letteratura, né la scienza sono riuscite a giustificare razionalmente.
E, per quanto tanti brillantissimi intellettuali cerchino di convincerci che l’ateismo sia l’unica conseguenza logica e razionale della conoscenza e dell’esperienza accumulate dalla storia della civiltà, l’idea dell’estinzione definitiva continuerà a risultare intollerabile per l’essere umano comune, che continuerà a trovare nella fede quella speranza di una sopravvivenza oltre la morte alla quale non ha mai potuto rinunciare. Purché non prenda il potere politico e quest’ultimo sappia preservare la sua indipendenza e neutralità rispetto a essa, la religione non solo è lecita, ma anche indispensabile in una società democratica.
Credenti e non credenti, tutti dobbiamo rallegrarci di quanto è accaduto a Madrid in quei giorni in cui Dio sembrava esistere e il cattolicesimo sembrava essere la religione unica e vera, e tutti come ragazzi buoni abbiamo camminato, presi per mano dal Santo Padre, verso il regno dei cieli.
(©L'Osservatore Romano 29-30 agosto 2011)
Dio a Madrid
Tutti, credenti e non credenti, dobbiamo rallegrarci di quanto è accaduto nella capitale spagnola
Mario Vargas Llosa
Pubblichiamo una nostra traduzione del commento alla Giornata mondiale della gioventù di Madrid scritto dal premio Nobel per la letteratura 2010 e apparso su «El País» di domenica 28 agosto.
Bello spettacolo quello di Madrid invasa da centinaia di migliaia di giovani venuti dai cinque continenti per assistere alla Giornata mondiale della gioventù, presieduta da Benedetto XVI, che per diversi giorni ha trasformato la capitale spagnola in una affollata Torre di Babele. Tutte le razze, lingue, culture, tradizioni si sono mescolate in una gigantesca festa di ragazze e ragazzi adolescenti, studenti, giovani professionisti venuti da ogni angolo della terra per cantare, ballare, pregare e proclamare la loro adesione alla Chiesa cattolica e la loro «dipendenza» dal Papa (Somos adictos a Benedicto, «Siamo dipendenti da Benedetto», è stato uno degli slogan più ricorrenti).
A parte quel migliaio di persone che, all’aeroporto di Cuatro Vientos, sono svenute per il caldo spietato e hanno avuto bisogno di assistenza medica, non ci sono stati incidenti e neppure grossi problemi. Tutto è trascorso in pace, in allegria, in un clima di simpatia generale. I madrileni hanno affrontato con spirito sportivo i contrattempi provocati dalle gigantesche folle che hanno paralizzato Cibeles, la Gran Via, Alcalá, la Puerta del Sol, la Plaza de España e la Plaza de Oriente, e le piccole manifestazioni contro il Papa da parte di laici, anarchici, atei e cattolici ribelli hanno provocato incidenti di poco conto, alcuni addirittura grotteschi, come quando un gruppo di esagitati ha lanciato preservativi ad alcune ragazze giovanissime che, animate da quello che Rubén Darío chiamava «un bianco terrore di Belzebù», recitavano il rosario a occhi chiusi.
Ci sono due letture possibili di questo evento che «El País» ha definito «il più grande raduno di cattolici nella storia della Spagna».
La prima vede in esso un festival, più di superficie che di spessore religioso, dove i giovani di mezzo mondo hanno colto l’occasione per viaggiare, fare del turismo, divertirsi, conoscere gente nuova, vivere qualche avventura: l’esperienza intensa ma passeggera di una vacanza estiva. La seconda lo interpreta come una netta smentita delle previsioni di un arretramento del cattolicesimo nel mondo di oggi, come la prova che la Chiesa di Cristo conserva la sua forza e la sua vitalità, che la barca di san Pietro attraversa, senza correre pericoli, le tempeste che volevano farla affondare.
Una di queste tempeste ha come scenario la Spagna, dove Roma e il Governo di Rodríguez Zapatero si sono scontrati spesso negli ultimi anni e mantengono relazioni tese. Non è casuale infatti che Benedetto XVI si sia recato in questo Paese già diverse volte, tre di esse durante il suo pontificato. Perché a quanto pare la «cattolica Spagna» non lo è più tanto come in passato. Le statistiche sono abbastanza esplicite. A luglio dello scorso anno circa l’ottanta per cento degli spagnoli si dichiarava cattolico; un anno dopo, solo il settanta. Fra i giovani il cinquantuno per cento dice di esserlo, ma solo il dodici assicura di praticare la propria religione in modo costante mentre il resto lo fa sporadicamente o per motivi sociali (in occasione di matrimoni, battesimi e così via). Le critiche dei giovani credenti — praticanti e non — alla Chiesa s’incentrano soprattutto sull’opposizione di quest’ultima all’uso degli anticoncezionali e della pillola del giorno dopo, all’ordinazione delle donne, all’aborto, all’omosessualità.
La mia impressione è che queste cifre non siano state manipolate, che riflettano una realtà che — con percentuali più alte o meno alte — trascende l’ambito spagnolo ed è indicativa di quanto sta accadendo al cattolicesimo nel resto del mondo. Ebbene, dal mio punto di vista questa graduale diminuzione del numero dei fedeli della Chiesa cattolica, invece di essere un sintomo della sua inevitabile rovina ed estinzione, è piuttosto fermento della vitalità e dell’energia che quel che resta di essa — ossia decine di milioni di persone — ha dimostrato, soprattutto durante i pontificati di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI.
Ė difficile immaginare personalità più diverse di quelle degli ultimi due Papi. Il primo era un leader carismatico, un agitatore di folle, uno straordinario oratore, un Pontefice nel quale l’emozione, la passione, i sentimenti prevalevano sulla pura ragione.
Quello attuale è un uomo di idee, un intellettuale, i cui ambiti naturali sono la biblioteca, l’aula universitaria, la sala di conferenze. La sua timidezza di fronte alle moltitudini affiora inevitabilmente nel modo in cui si rivolge alle masse, come a giustificarsi, quasi si vergognasse. Ma questa fragilità è ingannevole poiché si tratta probabilmente del Papa più colto e intelligente che la Chiesa ha avuto da molto tempo a questa parte, uno dei rari Pontefici le cui encicliche o i cui libri possono essere letti anche da un agnostico come me senza sbadigliare (la sua breve autobiografia incanta e i suoi due volumi su Gesù sono molto più che suggestivi). Il suo itinerario è abbastanza curioso. In gioventù è stato un sostenitore della modernizzazione della Chiesa e ha dato un contributo allo spirito riformatore del concilio Vaticano II convocato da Giovanni XXIII.
Poi però si è mosso verso le posizione conservatrici di Giovanni Paolo II, alle quali è rimasto fedele fino a oggi. Forse il motivo è stata l’intuizione, o la convinzione, che, se avesse continuato a fare le concessioni che gli chiedevano i fedeli, i pastori e i teologi progressisti, la Chiesa avrebbe finito con il disintegrarsi dal di dentro, per divenire una comunità caotica, disorientata, a causa delle lotte intestine e delle dispute settarie. Il sogno dei cattolici progressisti di fare della Chiesa un’istituzione democratica è proprio questo, e niente più: un sogno. Nessuna Chiesa potrebbe esserlo senza rinunciare a se stessa e scomparire. In ogni caso, a prescindere dal contesto teologico, tenendo conto unicamente della sua dimensione sociale e politica, la verità è che, sebbene stia perdendo fedeli e le sue fila si stiano riducendo, oggigiorno il cattolicesimo è più unito, attivo e combattivo rispetto agli anni in cui sembrava sul punto di lacerarsi e dividersi per le lotte ideologiche interne.
Questo è un bene o un male per la cultura della libertà? Se lo Stato è laico e mantiene la sua indipendenza rispetto a tutte le Chiese, che — è chiaro — deve rispettare e alle quali deve permettere di agire liberamente, è un bene, perché una società democratica non può combattere efficacemente i propri nemici — a iniziare dalla corruzione — se le sue istituzioni non sono saldamente sostenute da valori etici, se al suo interno non fiorisce una ricca vita spirituale come antidoto permanente contro le forze distruttrici, dissocianti e anarchiche che sono solite guidare la condotta individuale quando l’essere umano si sente libero da ogni responsabilità.
Per molto tempo si è creduto che con il progresso delle conoscenze e della cultura democratica, la religione, questa forma elevata di superstizione, sarebbe scomparsa e che la scienza e la cultura l’avrebbero ampiamente sostituita. Ora sappiamo che questa era un’altra superstizione che la realtà ha pian piano fatto a pezzi.
E sappiamo anche che la cultura, soprattutto ora, è incapace di svolgere quella funzione che i liberi pensatori del diciannovesimo secolo, con tanta generosità e altrettanta ingenuità, le attribuivano. Perché, nel nostro tempo, la cultura ha smesso di essere una risposta seria e profonda ai grandi interrogativi dell’essere umano sulla vita, la morte, il destino, la storia, come ha cercato di esserlo in passato, ed è divenuta, da un lato, un divertimento leggero e senza conseguenze, e, dall’altro, una cabala di esperti incomprensibili e arroganti, rinchiusi in fortini di gerghi inintelligibili, distanti anni luce dai comuni mortali.
La cultura non ha potuto sostituire la religione e non potrà farlo, se non per piccole minoranze, marginali rispetto al grande pubblico. La maggior parte degli esseri umani trova le risposte — o quanto meno la sensazione che esista un ordine superiore del quale fanno parte e che dà senso e quiete alla loro esistenza — solo attraverso una trascendenza che né la filosofia, né la letteratura, né la scienza sono riuscite a giustificare razionalmente.
E, per quanto tanti brillantissimi intellettuali cerchino di convincerci che l’ateismo sia l’unica conseguenza logica e razionale della conoscenza e dell’esperienza accumulate dalla storia della civiltà, l’idea dell’estinzione definitiva continuerà a risultare intollerabile per l’essere umano comune, che continuerà a trovare nella fede quella speranza di una sopravvivenza oltre la morte alla quale non ha mai potuto rinunciare. Purché non prenda il potere politico e quest’ultimo sappia preservare la sua indipendenza e neutralità rispetto a essa, la religione non solo è lecita, ma anche indispensabile in una società democratica.
Credenti e non credenti, tutti dobbiamo rallegrarci di quanto è accaduto a Madrid in quei giorni in cui Dio sembrava esistere e il cattolicesimo sembrava essere la religione unica e vera, e tutti come ragazzi buoni abbiamo camminato, presi per mano dal Santo Padre, verso il regno dei cieli.
(©L'Osservatore Romano 29-30 agosto 2011)
Dai, che porta bene! E' partita anche in Italia la campagna stampa contro la visita del Papa in Germania. Parola d'ordine: focalizzarsi sulle contestazioni e non sui fedeli!
Clicca qui per leggere un articolo segnalatoci da Alessia.
Stesso copione gia' visto in Turchia, negli Usa, in Australia, in Francia, a Praga, a Malta, nel Regno Unito e piu' recentemente in Spagna.
Di solito porta bene :-))
Mi raccomando, giornaloni: concentrarsi sulle proteste, sui cortei, sui cartelli e non sui fedeli.
Ah, poveri noi...
Stesso copione gia' visto in Turchia, negli Usa, in Australia, in Francia, a Praga, a Malta, nel Regno Unito e piu' recentemente in Spagna.
Di solito porta bene :-))
Mi raccomando, giornaloni: concentrarsi sulle proteste, sui cortei, sui cartelli e non sui fedeli.
Ah, poveri noi...
Il Papa: in questo tempo dell'assenza di Dio, quando la terra delle anime e' arida e la gente non sa da dove venga l'acqua viva...
PAPA: IN QUESTO TEMPO ASSENZA DI DIO E ANIME ARIDE
(ASCA) - Citta' del Vaticano, 29 ago
''In questo tempo dell'assenza di Dio, quando la terra delle anime e' arida e la gente non sa da dove venga l'acqua viva, chiediamo al Signore che Egli si mostri''.
Lo ha detto papa Benedetto XVI presiedendo ieri a Castel Gandolfo, la messa con i suoi ex allievi - il cosiddetto Ratzinger Schulerkreis - riuniti in questi giorni per il tradizionale seminario estivo con il loro ex professore.
Quest'anno l'incontro si e' svolto sul tema della nuova evangelizzazione.
Il pontefice, introducendo brevemente la celebrazione eucaristica, ha commentato le parole del Salmo 62: ''ha sete di te l'anima mia, desidera te la mia carne in terra arida, assetata, senz'acqua''. ''Vogliamo chiedergli - ha proseguito - che a coloro che cercano altrove l'acqua viva, mostri che tale acqua e' Lui stesso, e che Lui non permette che la vita degli uomini, la loro sete per cio' che e' grande, per la pienezza, anneghi e soffochi nel transitorio''. Il papa ha pregato ''soprattutto per i giovani'', chiedendo al Signore ''che la sete di Lui diventi viva in loro e che essi riconoscano dove si trova la risposta''. ''E noi, che Lo abbiamo potuto conoscere fin dalla nostra giovinezza, possiamo chiedere perdono, perche' portiamo cosi' poco la luce del suo volto agli uomini'', ha concluso papa Ratzinger.
© Copyright Asca
(ASCA) - Citta' del Vaticano, 29 ago
''In questo tempo dell'assenza di Dio, quando la terra delle anime e' arida e la gente non sa da dove venga l'acqua viva, chiediamo al Signore che Egli si mostri''.
Lo ha detto papa Benedetto XVI presiedendo ieri a Castel Gandolfo, la messa con i suoi ex allievi - il cosiddetto Ratzinger Schulerkreis - riuniti in questi giorni per il tradizionale seminario estivo con il loro ex professore.
Quest'anno l'incontro si e' svolto sul tema della nuova evangelizzazione.
Il pontefice, introducendo brevemente la celebrazione eucaristica, ha commentato le parole del Salmo 62: ''ha sete di te l'anima mia, desidera te la mia carne in terra arida, assetata, senz'acqua''. ''Vogliamo chiedergli - ha proseguito - che a coloro che cercano altrove l'acqua viva, mostri che tale acqua e' Lui stesso, e che Lui non permette che la vita degli uomini, la loro sete per cio' che e' grande, per la pienezza, anneghi e soffochi nel transitorio''. Il papa ha pregato ''soprattutto per i giovani'', chiedendo al Signore ''che la sete di Lui diventi viva in loro e che essi riconoscano dove si trova la risposta''. ''E noi, che Lo abbiamo potuto conoscere fin dalla nostra giovinezza, possiamo chiedere perdono, perche' portiamo cosi' poco la luce del suo volto agli uomini'', ha concluso papa Ratzinger.
© Copyright Asca
Gustavo Gutierrez, Leonardo Boff, Jon Sobrino e altri "padri" della Teologia della liberazione potrebbero essere tra i relatori di un Congresso teologico continentale che si terrà nell'ottobre 2012 (Izzo)
TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE: CONVEGNO SDOGANERA' BOFF E SOBRINO
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 28 ago.
Gustavo Gutierrez, Leonardo Boff, Jon Sobrino e altri "padri" della Teologia della liberazione incorsi negli anni nelle sanzioni della Congregazione della Dottrina della Fede potrebbero essere tra i relatori di un Congresso teologico continentale che si terra' nell'ottobre 2012 per iniziativa della Unisos University, il grande ateneo dei gesuiti nella Valle del Rio dos Sinos, frequentato da 40mila studenti e che rappresenta dunque un prestigioso centro diffusore di cultura per l'intero Sud America. Il condizionale e' d'obbligo trattandosi di una struttura ecclesiastica (quindi sottoposta all'autorita' dei vescovi locali e della Santa Sede) e di teologi ai quali la Congregazione della Dottrina della Fede ha tolto il titolo per insegnarvi. L'iniziativa - comunque - vuole celebrare insieme il 50esimo anniversario dalla convocazione del Concilio Vaticano II e il 40esimo dalla pubblicazione del libro di Gustavo Gutierrez, "Una teologia della liberazione". Ma l'idea, evidenzia sul sito "vaticaninsider" il portavoce dell'Universita', Moises Sbardelotto, "non e' solo quella di celebrare la memoria, ma anche di proporre nuove prospettive per una teologia progressista del continente americano". "Sara' un momento molto speciale per la nostra Chiesa.
E speriamo che anche in Europa ci sia interesse per divulgare questa buona notizia dello Spirito", confida il portavoce, che nell'ospitalita' del sito specializzato nell'informazione religiosa del quotidiano La Stampa vede realizzarsi questo auspicio con solo il pedaggio di un improprio accostamento alla Gmg che Papa Ratzinger ha promosso per il luglio del 2013 a Rio de Janeiro. Come se gli ormai anziani teologi del dissenso potessero rovinare la festa alla moltitudine di ragazzi (si parla gia' di 4 milioni di possibili presenze) che si riuniranno nella metropoli brasiliana per pregare con il Papa, proprio come a Madrid (dove il tentativo non e' riuscito ad altrettanto anziani "indignatos").
© Copyright (AGI)
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 28 ago.
Gustavo Gutierrez, Leonardo Boff, Jon Sobrino e altri "padri" della Teologia della liberazione incorsi negli anni nelle sanzioni della Congregazione della Dottrina della Fede potrebbero essere tra i relatori di un Congresso teologico continentale che si terra' nell'ottobre 2012 per iniziativa della Unisos University, il grande ateneo dei gesuiti nella Valle del Rio dos Sinos, frequentato da 40mila studenti e che rappresenta dunque un prestigioso centro diffusore di cultura per l'intero Sud America. Il condizionale e' d'obbligo trattandosi di una struttura ecclesiastica (quindi sottoposta all'autorita' dei vescovi locali e della Santa Sede) e di teologi ai quali la Congregazione della Dottrina della Fede ha tolto il titolo per insegnarvi. L'iniziativa - comunque - vuole celebrare insieme il 50esimo anniversario dalla convocazione del Concilio Vaticano II e il 40esimo dalla pubblicazione del libro di Gustavo Gutierrez, "Una teologia della liberazione". Ma l'idea, evidenzia sul sito "vaticaninsider" il portavoce dell'Universita', Moises Sbardelotto, "non e' solo quella di celebrare la memoria, ma anche di proporre nuove prospettive per una teologia progressista del continente americano". "Sara' un momento molto speciale per la nostra Chiesa.
E speriamo che anche in Europa ci sia interesse per divulgare questa buona notizia dello Spirito", confida il portavoce, che nell'ospitalita' del sito specializzato nell'informazione religiosa del quotidiano La Stampa vede realizzarsi questo auspicio con solo il pedaggio di un improprio accostamento alla Gmg che Papa Ratzinger ha promosso per il luglio del 2013 a Rio de Janeiro. Come se gli ormai anziani teologi del dissenso potessero rovinare la festa alla moltitudine di ragazzi (si parla gia' di 4 milioni di possibili presenze) che si riuniranno nella metropoli brasiliana per pregare con il Papa, proprio come a Madrid (dove il tentativo non e' riuscito ad altrettanto anziani "indignatos").
© Copyright (AGI)
Non è una sconfitta. La croce nelle parole del Papa all'Angelus di oggi (Sir)
Non è una sconfitta
La croce nelle parole del Papa all'Angelus di oggi
“Il cristiano segue il Signore quando accetta con amore la propria croce, che agli occhi del mondo appare una sconfitta e una ‘perdita della vita’, sapendo di non portarla da solo, ma con Gesù, condividendo il suo stesso cammino di donazione”. Lo ha detto oggi Benedetto XVI, prima di guidare l’Angelus da Castel Gandolfo.
Evidente divergenza. “Nel Vangelo di oggi – ha ricordato il Papa -, Gesù spiega ai suoi discepoli che dovrà ‘andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno’. Tutto sembra capovolgersi nel cuore dei discepoli! Com’è possibile che ‘il Cristo, il Figlio del Dio vivente’, possa patire fino alla morte? L’apostolo Pietro si ribella, non accetta questa strada, prende la parola e dice al Maestro: ‘Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai’”. Per il Pontefice, “appare evidente la divergenza tra il disegno d’amore del Padre, che giunge fino al dono del Figlio Unigenito sulla croce per salvare l’umanità, e le attese, i desideri, i progetti dei discepoli”. E “questo contrasto si ripete anche oggi: quando la realizzazione della propria vita è orientata solamente al successo sociale, al benessere fisico ed economico, non si ragiona più secondo Dio, ma secondo gli uomini”. Infatti, “pensare secondo il mondo è mettere da parte Dio, non accettare il suo progetto di amore, quasi impedirgli di compiere il suo sapiente volere”. Per questo Gesù dice a Pietro una parola particolarmente dura: “Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo”. Il Signore insegna che “il cammino dei discepoli è un seguire Lui, andare dietro di Lui, il Crocifisso. In tutti e tre i Vangeli spiega tuttavia questo seguirlo nel segno della croce come il cammino del ‘perdere se stesso’, che è necessario per l’uomo e senza il quale non gli è possibile trovare se stesso”.
Accettare con amore la croce. “Come ai discepoli, così anche a noi Gesù rivolge l’invito: ‘Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua’ – ha osservato il Santo Padre -. Il cristiano segue il Signore quando accetta con amore la propria croce, che agli occhi del mondo appare una sconfitta e una ‘perdita della vita’, sapendo di non portarla da solo, ma con Gesù, condividendo il suo stesso cammino di donazione”. Benedetto XVI, quindi, ha richiamato le parole di Paolo VI: “Misteriosamente, il Cristo stesso, per sradicare dal cuore dell'uomo il peccato di presunzione e manifestare al Padre un'obbedienza integra e filiale, accetta di morire su di una croce”. “Accettando volontariamente la morte – ha chiarito il Papa -, Gesù porta la croce di tutti gli uomini e diventa fonte di salvezza per tutta l’umanità”, tanto che San Cirillo di Gerusalemme commenta: “La croce vittoriosa ha illuminato chi era accecato dall’ignoranza, ha liberato chi era prigioniero del peccato, ha portato la redenzione all’intera umanità”. “Affidiamo la nostra preghiera alla Vergine Maria e a Sant’Agostino, di cui oggi ricorre la memoria – ha proseguito il Pontefice -, perché ciascuno di noi sappia seguire il Signore sulla strada della croce e si lasci trasformare dalla grazia divina, rinnovando, come dice San Paolo oggi, il modo di pensare ‘per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto’”.
Auguri e saluti. Dopo l’Angelus il Santo Padre ha rivolto “un augurio cordiale a mons. Marcello Semeraro, vescovo di questa diocesi di Albano, in occasione del suo 40° anniversario di ordinazione sacerdotale”; e lo ha esteso, per la medesima ricorrenza, a mons. Bruno Musarò, che ho da poco nominato nunzio apostolico a Cuba, e a mons. Filippo Santoro, vescovo di Petropolis, in Brasile, come pure a 17 sacerdoti oggi presenti”. Nei saluti in varie lingue, Benedetto XVI ha ribadito la necessità di abbracciare con amore la croce e di imparare a discernere la volontà di Dio. Nei saluti in italiano, un pensiero agli aderenti al movimento laicale somasco, con il superiore generale dell’Ordine, che celebra il quinto centenario della liberazione dal carcere del fondatore, san Girolamo Emiliani; come pure alle Suore Mantellate Serve di Maria di Pistoia, insieme con alcuni collaboratori della loro missione nello Swaziland. Un saluto anche ai membri dell’Associazione “Amici di Papa Luciani”, che hanno seguito l’Angelus da Piazza San Pietro. “Auguro a tutti buona domenica. Grazie per il vostro entusiasmo”, ha concluso il Papa.
© Copyright Sir
La croce nelle parole del Papa all'Angelus di oggi
“Il cristiano segue il Signore quando accetta con amore la propria croce, che agli occhi del mondo appare una sconfitta e una ‘perdita della vita’, sapendo di non portarla da solo, ma con Gesù, condividendo il suo stesso cammino di donazione”. Lo ha detto oggi Benedetto XVI, prima di guidare l’Angelus da Castel Gandolfo.
Evidente divergenza. “Nel Vangelo di oggi – ha ricordato il Papa -, Gesù spiega ai suoi discepoli che dovrà ‘andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno’. Tutto sembra capovolgersi nel cuore dei discepoli! Com’è possibile che ‘il Cristo, il Figlio del Dio vivente’, possa patire fino alla morte? L’apostolo Pietro si ribella, non accetta questa strada, prende la parola e dice al Maestro: ‘Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai’”. Per il Pontefice, “appare evidente la divergenza tra il disegno d’amore del Padre, che giunge fino al dono del Figlio Unigenito sulla croce per salvare l’umanità, e le attese, i desideri, i progetti dei discepoli”. E “questo contrasto si ripete anche oggi: quando la realizzazione della propria vita è orientata solamente al successo sociale, al benessere fisico ed economico, non si ragiona più secondo Dio, ma secondo gli uomini”. Infatti, “pensare secondo il mondo è mettere da parte Dio, non accettare il suo progetto di amore, quasi impedirgli di compiere il suo sapiente volere”. Per questo Gesù dice a Pietro una parola particolarmente dura: “Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo”. Il Signore insegna che “il cammino dei discepoli è un seguire Lui, andare dietro di Lui, il Crocifisso. In tutti e tre i Vangeli spiega tuttavia questo seguirlo nel segno della croce come il cammino del ‘perdere se stesso’, che è necessario per l’uomo e senza il quale non gli è possibile trovare se stesso”.
Accettare con amore la croce. “Come ai discepoli, così anche a noi Gesù rivolge l’invito: ‘Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua’ – ha osservato il Santo Padre -. Il cristiano segue il Signore quando accetta con amore la propria croce, che agli occhi del mondo appare una sconfitta e una ‘perdita della vita’, sapendo di non portarla da solo, ma con Gesù, condividendo il suo stesso cammino di donazione”. Benedetto XVI, quindi, ha richiamato le parole di Paolo VI: “Misteriosamente, il Cristo stesso, per sradicare dal cuore dell'uomo il peccato di presunzione e manifestare al Padre un'obbedienza integra e filiale, accetta di morire su di una croce”. “Accettando volontariamente la morte – ha chiarito il Papa -, Gesù porta la croce di tutti gli uomini e diventa fonte di salvezza per tutta l’umanità”, tanto che San Cirillo di Gerusalemme commenta: “La croce vittoriosa ha illuminato chi era accecato dall’ignoranza, ha liberato chi era prigioniero del peccato, ha portato la redenzione all’intera umanità”. “Affidiamo la nostra preghiera alla Vergine Maria e a Sant’Agostino, di cui oggi ricorre la memoria – ha proseguito il Pontefice -, perché ciascuno di noi sappia seguire il Signore sulla strada della croce e si lasci trasformare dalla grazia divina, rinnovando, come dice San Paolo oggi, il modo di pensare ‘per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto’”.
Auguri e saluti. Dopo l’Angelus il Santo Padre ha rivolto “un augurio cordiale a mons. Marcello Semeraro, vescovo di questa diocesi di Albano, in occasione del suo 40° anniversario di ordinazione sacerdotale”; e lo ha esteso, per la medesima ricorrenza, a mons. Bruno Musarò, che ho da poco nominato nunzio apostolico a Cuba, e a mons. Filippo Santoro, vescovo di Petropolis, in Brasile, come pure a 17 sacerdoti oggi presenti”. Nei saluti in varie lingue, Benedetto XVI ha ribadito la necessità di abbracciare con amore la croce e di imparare a discernere la volontà di Dio. Nei saluti in italiano, un pensiero agli aderenti al movimento laicale somasco, con il superiore generale dell’Ordine, che celebra il quinto centenario della liberazione dal carcere del fondatore, san Girolamo Emiliani; come pure alle Suore Mantellate Serve di Maria di Pistoia, insieme con alcuni collaboratori della loro missione nello Swaziland. Un saluto anche ai membri dell’Associazione “Amici di Papa Luciani”, che hanno seguito l’Angelus da Piazza San Pietro. “Auguro a tutti buona domenica. Grazie per il vostro entusiasmo”, ha concluso il Papa.
© Copyright Sir
domenica 28 agosto 2011
Il Papa: dobbiamo chiedere perdono per la poca luce che diamo (Izzo)
PAPA: DOBBIAMO CHIEDERE PERDONO PER LA POCA LUCE CHE DIAMO
Salvatore Izzo
(AGI) - Castelgandolfo, 28 ago.
"Noi che lo conosciamo fin da giovani dobbiamo chiedere perdono poiche' portiamo agli uomini cosi' poco la luce del suo Volto, perchè cosi' poco emerge da noi la certezza che il Signore e', che il Signore e' qui e che il Signore e' la grandezza che noi tutti attendiamo".
Lo ha detto il Papa questa mattina prima della messa che ha concelebrato con i teologi suoi ex allievi, membri del cosiddetto "Ratzinger Schulerkreis", riuniti in questi giorni per il tradizionale seminario estivo con il loro storico professore, divenuto prima cardinale e poi Papa.
Quest'anno, riferisce la Radio Vaticana, l'incontro si è svolto sul tema della nuova evangelizzazione. Benedetto XVI, introducendo brevemente la celebrazione eucaristica, ha commentato le parole del Salmo 62 proposte dalla liturgia odierna: "ha sete di te l’anima mia, desidera te la mia carne in terra arida, assetata, senz’acqua".
E' il tempo dell’attesa di Dio. “In questo tempo dell'assenza di Dio - ha detto il Pontefice - quando la terra delle anime e' arida e secca e la gente ancora non sa da dove scaturisce l'acqua viva, chiediamo al Signore di mostrarsi.
Vogliamo pregare affinche' a coloro che cercano l'acqua viva altrove, Dio mostri che Lui e' l'acqua viva e affinche' non permetta che la vita degli uomini e la loro sete di grandezza anneghi e soffochi nell’effimero".
Il Papa ha quindi elevato la sua preghiera "soprattutto per i giovani" perche' "sia viva in loro la sete di Dio".
© Copyright (AGI)
Salvatore Izzo
(AGI) - Castelgandolfo, 28 ago.
"Noi che lo conosciamo fin da giovani dobbiamo chiedere perdono poiche' portiamo agli uomini cosi' poco la luce del suo Volto, perchè cosi' poco emerge da noi la certezza che il Signore e', che il Signore e' qui e che il Signore e' la grandezza che noi tutti attendiamo".
Lo ha detto il Papa questa mattina prima della messa che ha concelebrato con i teologi suoi ex allievi, membri del cosiddetto "Ratzinger Schulerkreis", riuniti in questi giorni per il tradizionale seminario estivo con il loro storico professore, divenuto prima cardinale e poi Papa.
Quest'anno, riferisce la Radio Vaticana, l'incontro si è svolto sul tema della nuova evangelizzazione. Benedetto XVI, introducendo brevemente la celebrazione eucaristica, ha commentato le parole del Salmo 62 proposte dalla liturgia odierna: "ha sete di te l’anima mia, desidera te la mia carne in terra arida, assetata, senz’acqua".
E' il tempo dell’attesa di Dio. “In questo tempo dell'assenza di Dio - ha detto il Pontefice - quando la terra delle anime e' arida e secca e la gente ancora non sa da dove scaturisce l'acqua viva, chiediamo al Signore di mostrarsi.
Vogliamo pregare affinche' a coloro che cercano l'acqua viva altrove, Dio mostri che Lui e' l'acqua viva e affinche' non permetta che la vita degli uomini e la loro sete di grandezza anneghi e soffochi nell’effimero".
Il Papa ha quindi elevato la sua preghiera "soprattutto per i giovani" perche' "sia viva in loro la sete di Dio".
© Copyright (AGI)
«Il giorno del giudizio», il romanzo di Lucio Brunelli e Alver Metalli: un investigatore tenace e un rebus di diritto canonico. La recensione di Andrea Tornielli
Clicca qui per leggere la recensione pubblicata da "Tutto Libri".
Il Papa: L'uomo che persegue solo il "successo" e il "benessere fisico ed economico" finisce per "mettere da parte Dio" (TMNews)
Su segnalazione di Laura leggiamo:
Papa: Inseguendo solo successo e benessere si mette da parte Dio
Stamattina recita dell'angelus a Castel Gandolfo
L'uomo che persegue solo il "successo" e il "benessere fisico ed economico" finisce per "mettere da parte Dio". Lo ha detto il Papa durante l'Angelus recitato questa mattina a Castel Gandolfo. "Nel Vangelo di oggi, Gesù spiega ai suoi discepoli che dovrà 'andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno' (Mt 16,21).
Tutto sembra capovolgersi nel cuore dei discepoli! Com'è possibile che 'il Cristo, il 'Figlio del Dio vivente' (v. 16), possa patire fino alla morte? L'apostolo Pietro si ribella, non accetta questa strada, prende la parola e dice al Maestro: 'Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai' (v. 22). Appare evidente la divergenza tra il disegno d'amore del Padre, che giunge fino al dono del Figlio Unigenito sulla croce per salvare l'umanità, e le attese, i desideri, i progetti dei discepoli".
"E questo contrasto - ha proseguito Bendetto XVI - si ripete anche oggi: quando la realizzazione della propria vita è orientata solamente al successo sociale, al benessere fisico ed economico, non si ragiona più secondo Dio, ma secondo gli uomini (v. 23). Pensare secondo il mondo è mettere da parte Dio, non accettare il suo progetto di amore, quasi impedirgli di compiere il suo sapiente volere.
Per questo Gesù dice a Pietro una parola particolarmente dura: 'Va' dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo' (ibid.). Il Signore insegna che 'il cammino dei discepoli è un seguire Lui, il Crocifisso. In tutti e tre i Vangeli spiega tuttavia questo seguirlo nel segno della croce come il cammino del 'perdere se stesso', che è necessario per l'uomo e senza il quale non gli è possibile trovare se stesso".
© Copyright TMNews
Papa: Inseguendo solo successo e benessere si mette da parte Dio
Stamattina recita dell'angelus a Castel Gandolfo
L'uomo che persegue solo il "successo" e il "benessere fisico ed economico" finisce per "mettere da parte Dio". Lo ha detto il Papa durante l'Angelus recitato questa mattina a Castel Gandolfo. "Nel Vangelo di oggi, Gesù spiega ai suoi discepoli che dovrà 'andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno' (Mt 16,21).
Tutto sembra capovolgersi nel cuore dei discepoli! Com'è possibile che 'il Cristo, il 'Figlio del Dio vivente' (v. 16), possa patire fino alla morte? L'apostolo Pietro si ribella, non accetta questa strada, prende la parola e dice al Maestro: 'Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai' (v. 22). Appare evidente la divergenza tra il disegno d'amore del Padre, che giunge fino al dono del Figlio Unigenito sulla croce per salvare l'umanità, e le attese, i desideri, i progetti dei discepoli".
"E questo contrasto - ha proseguito Bendetto XVI - si ripete anche oggi: quando la realizzazione della propria vita è orientata solamente al successo sociale, al benessere fisico ed economico, non si ragiona più secondo Dio, ma secondo gli uomini (v. 23). Pensare secondo il mondo è mettere da parte Dio, non accettare il suo progetto di amore, quasi impedirgli di compiere il suo sapiente volere.
Per questo Gesù dice a Pietro una parola particolarmente dura: 'Va' dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo' (ibid.). Il Signore insegna che 'il cammino dei discepoli è un seguire Lui, il Crocifisso. In tutti e tre i Vangeli spiega tuttavia questo seguirlo nel segno della croce come il cammino del 'perdere se stesso', che è necessario per l'uomo e senza il quale non gli è possibile trovare se stesso".
© Copyright TMNews
Quando il dramma degli Italiani di Zara si incrociò con la tragedia degli Ebrei di Roma. Domani sarà presentato "Un luogo dove restare" di Josefa Rhocco
Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo il seguente comunicato:
QUANDO IL DRAMMA DEGLI ITALIANI DI ZARA SI INCROCIO' CON LA TRAGEDIA DEGLI EBREI DI ROMA
Salvatore Izzo
ALGHERO - Lunedì 29 agosto alle ore 19 presso la Sala Consiliare del Comune di Alghero, l'editrice Nemapress, presenta l’ultimo titolo della collana Narrativa, il romanzo della scrittrice romana Josefa Rhocco "Un luogo dove restare".
Il libro racconta la storia di Emma un'anziana madre che scrive una lunga lettera al figlio per raccontargli la sua storia, figlia di un italiano e di una croata, in fuga da Zara durante la seconda guerra mondiale.
A Roma le sorti di questa famiglia si intrecciano con la deportazione degli ebrei e il tentativo del Papa di salvarne il maggior numero possibile.
La ragazza e suo padre, infatti, spinti prima dal bisogno economico e poi da un'adesione ideale all'iniziativa del Vaticano diventano gli insospettabili accompagnatori dei cittadini israeliti che trovano ricovero presso seminari e conventi.
Pur con personaggi e vicende prodotte dalla fantasia della scrittrice, questo libro rievoca fatti storici realmente accaduti.
Pertanto sono stati coinvolti i profughi giuliani che hanno popolato Fertilia (la localita' vicino Alghero che ha rappresentato per loro una nuova piccola patria) e sarà presente, per una testimonianza, il prof. Fabio Mura, presidente del Comitato E.GI.S. Ente Giuliano di Sardegna, insieme a profughi partiti dalla città di Zara.
Alla presenza dell’autrice, il libro sarà illustrato da Neria De Giovanni, presidente dell’A.I.C.L. - Associazione Internazionale dei Critici Letterari e direttrice delle collane Nemapress, e dal vaticanista dell’Agenzia AGI, Salvatore Izzo. L’evento, aperto dal saluto del presidente del Consiglio Comunale, Antonello Muroni, vedrà in chiusura Maria Grazia Pes leggere la sua poesia “A Zara” e il trombettista Salvatore Camerada eseguire “Il silenzio”, in omaggio ai 150 anni dell’Unità d’Italia.
QUANDO IL DRAMMA DEGLI ITALIANI DI ZARA SI INCROCIO' CON LA TRAGEDIA DEGLI EBREI DI ROMA
Salvatore Izzo
ALGHERO - Lunedì 29 agosto alle ore 19 presso la Sala Consiliare del Comune di Alghero, l'editrice Nemapress, presenta l’ultimo titolo della collana Narrativa, il romanzo della scrittrice romana Josefa Rhocco "Un luogo dove restare".
Il libro racconta la storia di Emma un'anziana madre che scrive una lunga lettera al figlio per raccontargli la sua storia, figlia di un italiano e di una croata, in fuga da Zara durante la seconda guerra mondiale.
A Roma le sorti di questa famiglia si intrecciano con la deportazione degli ebrei e il tentativo del Papa di salvarne il maggior numero possibile.
La ragazza e suo padre, infatti, spinti prima dal bisogno economico e poi da un'adesione ideale all'iniziativa del Vaticano diventano gli insospettabili accompagnatori dei cittadini israeliti che trovano ricovero presso seminari e conventi.
Pur con personaggi e vicende prodotte dalla fantasia della scrittrice, questo libro rievoca fatti storici realmente accaduti.
Pertanto sono stati coinvolti i profughi giuliani che hanno popolato Fertilia (la localita' vicino Alghero che ha rappresentato per loro una nuova piccola patria) e sarà presente, per una testimonianza, il prof. Fabio Mura, presidente del Comitato E.GI.S. Ente Giuliano di Sardegna, insieme a profughi partiti dalla città di Zara.
Alla presenza dell’autrice, il libro sarà illustrato da Neria De Giovanni, presidente dell’A.I.C.L. - Associazione Internazionale dei Critici Letterari e direttrice delle collane Nemapress, e dal vaticanista dell’Agenzia AGI, Salvatore Izzo. L’evento, aperto dal saluto del presidente del Consiglio Comunale, Antonello Muroni, vedrà in chiusura Maria Grazia Pes leggere la sua poesia “A Zara” e il trombettista Salvatore Camerada eseguire “Il silenzio”, in omaggio ai 150 anni dell’Unità d’Italia.
Messa con gli ex allievi. Il Papa: l'uomo non anneghi la sete di grandezza nell'effimero ma scopra che Dio è la vera acqua viva
Su segnalazione di Laura leggiamo:
Messa con gli ex allievi. Il Papa: l'uomo non anneghi la sete di grandezza nell'effimero ma scopra che Dio è la vera acqua viva
Stamani il Papa ha presieduto, nel Centro Mariapoli di Castel Gandolfo, la Messa con i suoi ex allievi, il cosiddetto Ratzinger Schülerkreis, riuniti in questi giorni nella cittadina laziale nel tradizionale seminario estivo con il loro ex professore. Quest’anno l’incontro si è svolto sul tema della nuova evangelizzazione.
Benedetto XVI, introducendo brevemente la celebrazione eucaristica, ha commentato le parole del Salmo 62 proposte dalla liturgia odierna: “ha sete di te l’anima mia, desidera te la mia carne in terra arida, assetata, senz’acqua”.
E’ il tempo dell’attesa di Dio. “In questo tempo dell’assenza di Dio - ha detto il Pontefice - quando la terra delle anime è arida e secca e la gente ancora non sa da dove scaturisce l'acqua viva, chiediamo al Signore di mostrarsi. Vogliamo pregare affinché a coloro che cercano l'acqua viva altrove, Dio mostri che Lui è l’acqua viva e affinché non permetta che la vita degli uomini e la loro sete di grandezza anneghi e soffochi nell’effimero”.
Il Papa ha quindi elevato la sua preghiera “soprattutto per i giovani” perché “sia viva in loro la sete di Dio”. Quindi ha aggiunto: “e noi che lo conosciamo fin da giovani dobbiamo chiedere perdono poiché portiamo agli uomini così poco la luce del suo Volto, perché così poco emerge da noi la certezza che il Signore è, che il Signore è qui e che il Signore è la grandezza che noi tutti attendiamo”.
A tenere l’omelia è stato il cardinale arcivescovo di Vienna, Christoph Schönborn. Il porporato ha sottolineato che “la sequela divina, l’andare dietro Gesù (‘vade retro’) comporta una totale rinuncia a se stessi, per poter entrare nell’ottica di Dio”. “Solo non conformandoci a questo mondo – ha proseguito commentando le parole di San Paolo ai Romani - potremo fondare e riconoscere la volontà di Dio per la nostra vita”. Queste – ha concluso - “sono le premesse per un’autentica amicizia con Dio” il “punto di arrivo” del nostro essere convertiti al Signore.
© Copyright Radio Vaticana
Messa con gli ex allievi. Il Papa: l'uomo non anneghi la sete di grandezza nell'effimero ma scopra che Dio è la vera acqua viva
Stamani il Papa ha presieduto, nel Centro Mariapoli di Castel Gandolfo, la Messa con i suoi ex allievi, il cosiddetto Ratzinger Schülerkreis, riuniti in questi giorni nella cittadina laziale nel tradizionale seminario estivo con il loro ex professore. Quest’anno l’incontro si è svolto sul tema della nuova evangelizzazione.
Benedetto XVI, introducendo brevemente la celebrazione eucaristica, ha commentato le parole del Salmo 62 proposte dalla liturgia odierna: “ha sete di te l’anima mia, desidera te la mia carne in terra arida, assetata, senz’acqua”.
E’ il tempo dell’attesa di Dio. “In questo tempo dell’assenza di Dio - ha detto il Pontefice - quando la terra delle anime è arida e secca e la gente ancora non sa da dove scaturisce l'acqua viva, chiediamo al Signore di mostrarsi. Vogliamo pregare affinché a coloro che cercano l'acqua viva altrove, Dio mostri che Lui è l’acqua viva e affinché non permetta che la vita degli uomini e la loro sete di grandezza anneghi e soffochi nell’effimero”.
Il Papa ha quindi elevato la sua preghiera “soprattutto per i giovani” perché “sia viva in loro la sete di Dio”. Quindi ha aggiunto: “e noi che lo conosciamo fin da giovani dobbiamo chiedere perdono poiché portiamo agli uomini così poco la luce del suo Volto, perché così poco emerge da noi la certezza che il Signore è, che il Signore è qui e che il Signore è la grandezza che noi tutti attendiamo”.
A tenere l’omelia è stato il cardinale arcivescovo di Vienna, Christoph Schönborn. Il porporato ha sottolineato che “la sequela divina, l’andare dietro Gesù (‘vade retro’) comporta una totale rinuncia a se stessi, per poter entrare nell’ottica di Dio”. “Solo non conformandoci a questo mondo – ha proseguito commentando le parole di San Paolo ai Romani - potremo fondare e riconoscere la volontà di Dio per la nostra vita”. Queste – ha concluso - “sono le premesse per un’autentica amicizia con Dio” il “punto di arrivo” del nostro essere convertiti al Signore.
© Copyright Radio Vaticana
Il Papa: Pensare secondo il mondo è mettere da parte Dio, non accettare il suo progetto di amore, quasi impedirgli di compiere il suo sapiente volere (Izzo)
Vedi anche:
Il Papa: Pensare secondo il mondo è dimenticare l'amore di Dio (Ambrogetti)
Il Papa: Seguire il Signore sulla strada della Croce, rinnovando il modo di pensare (AsiaNews)
Il Papa all'Angelus: solo Dio può dare all'uomo la gioia che non passa, non bastano successo e benessere, ma la via è quella misteriosa della croce (R.V.)
Il Papa fa gli auguri in diretta al vescovo di Albano (Izzo)
Il Papa: "Il Cristiano segue il Signore quando accetta con amore la propria croce, che agli occhi del mondo appare una sconfitta e una "perdita della vita" sapendo di non portarla da solo, ma con Gesù, condividendo il suo stesso cammino di donazione" (Angelus)
Alla cerimonia di Ground Zero non ci saranno leader religiosi (O.R.)
I frutti del lavoro di Benedetto XVI nella lotta alla pedofilia (Leòn Bertoletti)
Schoenborn: “I giovani si sentono minoranza ma forti testimoni di fede” (Vatican Insider)
Due generazioni a confronto sulla fede. Il Pontefice all'incontro tra i suoi ex allievi riuniti a Castel Gandolfo (O.R.)
Ex allievi del Papa a Castel Gandolfo: si parla della testimonianza dei giovani a Madrid
Chiesa e non profit, origine di un attacco. Qualcosa che impressiona (Tarquinio)
Oggi l'intervento del Papa nel tradizionale incontro estivo dei suoi ex allievi (Radio Vaticana)
Quando i vescovi vanno a lezione dai giovani. Il cardinale Ouellet sottolinea l'ampia partecipazione dell'episcopato alla giornata di Madrid (Biccini)
I grandi discorsi di Benedetto XVI al Meeting (Ambrogetti)
Gmg 2011: le impressioni ed i ringraziamenti (Raffaella)
"L'ultima cena" in viaggio verso Ancona Sarà visitata anche dal Papa (Leporati)
Ancona, verso un congresso non solo “eucaristico” (Galeazzi)
Ecumenismo. cattolici e protestanti insieme per i 500 anni della Riforma (Speciale)
Gmg di Madrid. E anche la natura ringrazia (O.R.)
Già al lavoro per Rio 2013 (Gianluca Biccini)
La nuova evangelizzazione al centro del seminario degli ex allievi del Papa, il "Ratzinger Schülerkreis"
Custode ortodossia cattolica cercasi (Tornielli)
In Argentina la colletta Mas por Menos per aiutare i poveri. Il Papa: per Dio conta anche la donazione più piccola
Visita del Papa ad Ancona, Padre Lombardi: "Con il Papa l’11 settembre diventerà segno di pace" (Giorgio Guidelli)
La lezione spagnola di Joseph Ratzinger (Alberto Bobbio)
Il Circolo Ratzinger. Come ogni anno, tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, Benedetto XVI si ritrova a Castel Gandolfo con i suoi ex allievi (Valente)
Gmg, intervista al Card. Antonio Cañizares (La Razón)
Joseph Ratzinger ed il Grande Seduttore (Vittorio Messori)
Nuova pagina Facebook croata a sostegno del Papa
I libri di e su Benedetto XVI: novità in libreria
VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE A MADRID IN OCCASIONE DELLA XXVI GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ (18-21 AGOSTO 2011): LO SPECIALE DEL BLOG (Discorsi, notizie, interviste, commenti)
___________________________________________________
PAPA: PENSANDO SECONDO IL MONDO SI METTE DA PARTE DIO
Salvatore Izzo
(AGI) - Castelgandolfo, 28 ago.
"Pensare secondo il mondo è mettere da parte Dio, non accettare il suo progetto di amore, quasi impedirgli di compiere il suo sapiente volere".
Benedetto XVI ha voluto sottolineare con queste parole una delle tentazioni ricorrenti degli uomini, nella quale caddero anche i primi discepoli come dimostra "l'evidente divergenza tra il disegno d’amore del Padre, che giunge fino al dono del Figlio Unigenito sulla croce per salvare l’umanita', e le attese, i desideri, i progetti dei discepoli".
"Questo contrasto - ha osservato infatti il Papa nel breve discorso rivolto ai 4500 fedeli presenti nel cortile della residenza di Castelgandolfo per l'Angelus - si ripete anche oggi: quando la realizzazione della propria vita e' orientata solamente al successo sociale, al benessere fisico ed economico, non si ragiona piu' secondo Dio, ma secondo gli uomini". Gesu' insegna - con "la parola particolarmente dura" in cui paragona a Satana l'apostolo Pietro per il suo desiderio di sottrarre il Maestro alla Passione - che "il cammino dei discepoli e' un seguire Lui, il Crocifisso".
E "in tutti e tre i Vangeli spiega tuttavia questo seguirlo nel segno della croce ... come il cammino del perdere se stesso, che e' necessario per l’uomo e senza il quale non gli e' possibile trovare se stesso".
E infatti "il cristiano segue il Signore quando accetta con amore la propria Croce, che agli occhi del mondo appare una sconfitta e una perdita della vita, sapendo di non portarla da solo, ma con Gesu', condividendo il suo stesso cammino di donazione".
"Nella liturgia odierna - ha poi aggiunto rivolto ai pellegrini polacchi - San Paolo ci esorta: 'trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volonta' di Dio, cio' che e' buono, a lui gradito e perfetto". "Questo rinnovamento - ha infine auspicato Papa Ratzinger - si realizzi in noi grazie alla perseverante collaborazione con la grazia di Dio".
© Copyright (AGI)
Il Papa: Pensare secondo il mondo è dimenticare l'amore di Dio (Ambrogetti)
Il Papa: Seguire il Signore sulla strada della Croce, rinnovando il modo di pensare (AsiaNews)
Il Papa all'Angelus: solo Dio può dare all'uomo la gioia che non passa, non bastano successo e benessere, ma la via è quella misteriosa della croce (R.V.)
Il Papa fa gli auguri in diretta al vescovo di Albano (Izzo)
Il Papa: "Il Cristiano segue il Signore quando accetta con amore la propria croce, che agli occhi del mondo appare una sconfitta e una "perdita della vita" sapendo di non portarla da solo, ma con Gesù, condividendo il suo stesso cammino di donazione" (Angelus)
Alla cerimonia di Ground Zero non ci saranno leader religiosi (O.R.)
I frutti del lavoro di Benedetto XVI nella lotta alla pedofilia (Leòn Bertoletti)
Schoenborn: “I giovani si sentono minoranza ma forti testimoni di fede” (Vatican Insider)
Due generazioni a confronto sulla fede. Il Pontefice all'incontro tra i suoi ex allievi riuniti a Castel Gandolfo (O.R.)
Ex allievi del Papa a Castel Gandolfo: si parla della testimonianza dei giovani a Madrid
Chiesa e non profit, origine di un attacco. Qualcosa che impressiona (Tarquinio)
Oggi l'intervento del Papa nel tradizionale incontro estivo dei suoi ex allievi (Radio Vaticana)
Quando i vescovi vanno a lezione dai giovani. Il cardinale Ouellet sottolinea l'ampia partecipazione dell'episcopato alla giornata di Madrid (Biccini)
I grandi discorsi di Benedetto XVI al Meeting (Ambrogetti)
Gmg 2011: le impressioni ed i ringraziamenti (Raffaella)
"L'ultima cena" in viaggio verso Ancona Sarà visitata anche dal Papa (Leporati)
Ancona, verso un congresso non solo “eucaristico” (Galeazzi)
Ecumenismo. cattolici e protestanti insieme per i 500 anni della Riforma (Speciale)
Gmg di Madrid. E anche la natura ringrazia (O.R.)
Già al lavoro per Rio 2013 (Gianluca Biccini)
La nuova evangelizzazione al centro del seminario degli ex allievi del Papa, il "Ratzinger Schülerkreis"
Custode ortodossia cattolica cercasi (Tornielli)
In Argentina la colletta Mas por Menos per aiutare i poveri. Il Papa: per Dio conta anche la donazione più piccola
Visita del Papa ad Ancona, Padre Lombardi: "Con il Papa l’11 settembre diventerà segno di pace" (Giorgio Guidelli)
La lezione spagnola di Joseph Ratzinger (Alberto Bobbio)
Il Circolo Ratzinger. Come ogni anno, tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, Benedetto XVI si ritrova a Castel Gandolfo con i suoi ex allievi (Valente)
Gmg, intervista al Card. Antonio Cañizares (La Razón)
Joseph Ratzinger ed il Grande Seduttore (Vittorio Messori)
Nuova pagina Facebook croata a sostegno del Papa
I libri di e su Benedetto XVI: novità in libreria
VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE A MADRID IN OCCASIONE DELLA XXVI GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ (18-21 AGOSTO 2011): LO SPECIALE DEL BLOG (Discorsi, notizie, interviste, commenti)
___________________________________________________
PAPA: PENSANDO SECONDO IL MONDO SI METTE DA PARTE DIO
Salvatore Izzo
(AGI) - Castelgandolfo, 28 ago.
"Pensare secondo il mondo è mettere da parte Dio, non accettare il suo progetto di amore, quasi impedirgli di compiere il suo sapiente volere".
Benedetto XVI ha voluto sottolineare con queste parole una delle tentazioni ricorrenti degli uomini, nella quale caddero anche i primi discepoli come dimostra "l'evidente divergenza tra il disegno d’amore del Padre, che giunge fino al dono del Figlio Unigenito sulla croce per salvare l’umanita', e le attese, i desideri, i progetti dei discepoli".
"Questo contrasto - ha osservato infatti il Papa nel breve discorso rivolto ai 4500 fedeli presenti nel cortile della residenza di Castelgandolfo per l'Angelus - si ripete anche oggi: quando la realizzazione della propria vita e' orientata solamente al successo sociale, al benessere fisico ed economico, non si ragiona piu' secondo Dio, ma secondo gli uomini". Gesu' insegna - con "la parola particolarmente dura" in cui paragona a Satana l'apostolo Pietro per il suo desiderio di sottrarre il Maestro alla Passione - che "il cammino dei discepoli e' un seguire Lui, il Crocifisso".
E "in tutti e tre i Vangeli spiega tuttavia questo seguirlo nel segno della croce ... come il cammino del perdere se stesso, che e' necessario per l’uomo e senza il quale non gli e' possibile trovare se stesso".
E infatti "il cristiano segue il Signore quando accetta con amore la propria Croce, che agli occhi del mondo appare una sconfitta e una perdita della vita, sapendo di non portarla da solo, ma con Gesu', condividendo il suo stesso cammino di donazione".
"Nella liturgia odierna - ha poi aggiunto rivolto ai pellegrini polacchi - San Paolo ci esorta: 'trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volonta' di Dio, cio' che e' buono, a lui gradito e perfetto". "Questo rinnovamento - ha infine auspicato Papa Ratzinger - si realizzi in noi grazie alla perseverante collaborazione con la grazia di Dio".
© Copyright (AGI)
Iscriviti a:
Post (Atom)