martedì 31 maggio 2011
Nespoli: la mia maratona nello spazio. Toccante parlare con il Papa mentre ero in orbita: ha pregato per me (Riolfo)
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Mons. Mansueto Bianchi (Pistoia): «Se ci sono abusi il sacerdote deve essere rimosso e le vittime invitate subito a rivolgersi alla magistratura» (Goti)
Via i preti accusati e test sui seminaristi
Juna Goti
30 maggio 2011 — pagina 03 sezione: Toscana
«Se ci sono abusi il sacerdote deve essere rimosso e le vittime invitate subito a rivolgersi alla magistratura». Sono le parole del numero due della Conferenza episcopale toscana, monsignor Mansueto Bianchi, dopo l’assemblea generale della Cei a Roma.
I vescovi delle diocesi toscane giovedì hanno fatto il primo punto sulle «linee guida» contro la pedofilia che Benedetto XVI ha chiesto di definire «entro maggio 2012». In Toscana, almeno per ora, non c’è traccia degli sportelli per segnalare le violenze lanciati a Bolzano.
E le reazioni delle diocesi di fronte alla direttiva che nasconde infiniti drammi umani sono molte diverse: c’è chi si trincera dietro l’attesa di «indicazioni più precise», chi è impegnato con le cresime e non parla. Ma le indicazioni di fondo sono soprattutto due: attenzione alla selezione del clero nei seminari e, in caso di abusi, porte aperte alla magistratura. Evitando però la “caccia alle streghe”.
Monsignor Mansueto Bianchi, che è anche vescovo di Pistoia e presidente della Commissione Cei per l’Ecumenismo e il Dialogo, attraverso l’ufficio comunicazioni sociali della sua diocesi fa presente che, nella sostanza, il documento del Vaticano sulla pedofilia «non contiene radicali novità rispetto all’impostazione già data, sotto Giovanni Paolo II, dall’allora cardinal Ratzinger. Le linee di fondo sono state rafforzate».
Lo ripete sottolineando che la Cei «risulta uno degli episcopati al mondo più provveduti»: ha «piena consapevolezza della serietà e gravità del problema» e tornerà «presto a riflettere sulla questione». In pratica, nelle singole diocesi, anche quelle toscane, «dovrà essere rafforzata la proposta educativa nei seminari per identificare robustezze e fragilità dei singoli seminaristi». Di fronte alle fragilità, capire se l’aspirante prete può recuperarle o no: «Cioè se la persona non è adatta al sacerdozio (e allora deve uscire subito) oppure se possono essere utili percorsi di recupero e di assistenza psicologica».
E se saltano fuori abusi? Monsignor Bianchi non usa giri di parole e invita all’«assoluta chiarezza»: «immediata rimozione del sacerdote e parallelo invito alle vittime a rivolgersi subito alla magistratura ordinaria. Nessun insabbiamento, nessun timore, fiducia nella magistratura».
Anche il vescovo di Livorno, monsignor Simone Giusti, parla dell’importanza del seminario. «Quando ero vicerettore di quello di Pisa - racconta - tutti i candidati, prima dell’ordinazione, dovevano passare dallo psicologo, fare test attitudinali. Allontanando qualche seminarista abbiamo evitato tanti problemi». Già sotto la guida di Ruini e Betori si era alzata la guardia contro la pedofilia, dice Giusti («evitando lo sfracello emerso in alcuni Paesi europei e negli Usa»).
Monsignor Giusti sostiene che il caso di don Riccardo Seppia, il sacerdote genovese condannato e arrestato per abusi sessuali, sia «isolato», ma «gravissimo, perché sufficiente a fare danni infiniti». Però «attenzione a non creare un clima da caccia alle streghe», sottolinea raccontando che qualche settimana fa due persone si sono presentate in una parrocchia della costa spacciandosi per carabinieri in borghese che stavano indagando su un caso di pedofilia. Tutto falso.
Di rischio “caccia alle streghe” aveva parlato anche il vescovo di Massa, monsignor Giovanni Santucci, facendo visita a don Giuseppe Peretti, fino a due settimane fa agli arresti domiciliari per presunti abusi su due prostitute minorenni. «Quando si aiuta gli altri - aveva dichiarato - si è sempre a rischio».
Il vescovo di Prato, Gastone Simoni, preferisce aspettare indicazioni più precise prima di rilasciare dichiarazioni, ma dalla diocesi ricordano che nel 2006, quando padre Denis fu arrestato per pedofilia, «prese il problema di petto, informando subito l’opinione pubblica e sollevando il frate dall’incarico».
Nell’arcidiocesi fiorentina, guidata da mons. Giuseppe Betori, la vicenda di don Lelio Cantini (vent’anni di accuse di pedofilia, tutte finite in prescrizione anche per il «comportamento omissivo della Chiesa», come si legge nelle carte della Procura) è ancora fonte di imbarazzi e silenzi.
Sulle linee guida anti-pedofilia la risposta è telegrafica: «Quando ci saranno ottempereremo».
© Copyright Il Tirreno, 30 maggio 2011 consultabile online anche qui.
Leggo:
Monsignor Mansueto Bianchi, che è anche vescovo di Pistoia e presidente della Commissione Cei per l’Ecumenismo e il Dialogo, attraverso l’ufficio comunicazioni sociali della sua diocesi fa presente che, nella sostanza, il documento del Vaticano sulla pedofilia «non contiene radicali novità rispetto all’impostazione già data, sotto Giovanni Paolo II, dall’allora cardinal Ratzinger. Le linee di fondo sono state rafforzate».
Mi dispiace ma non ci siamo proprio!
La Lettera Circolare precisa e approfondisce certamente alcune norme fissate da Joseph Ratzinger, ma non quelle del 2001 bensi' quelle del 2010.
Lo scorso anno, infatti, il Santo Padre modifico' e rese ancora piu' severa la normativa sui "delitti piu' gravi". Cerchiamo di non sminuire la portata eccezionale degli interventi di Benedetto XVI!
La risposta della curia fiorentina, lapidaria, ha poco senso visto che gia' da ora i vescovi sono obbligati a rispettare le norme imposte dalla Santa Sede.
R.
Juna Goti
30 maggio 2011 — pagina 03 sezione: Toscana
«Se ci sono abusi il sacerdote deve essere rimosso e le vittime invitate subito a rivolgersi alla magistratura». Sono le parole del numero due della Conferenza episcopale toscana, monsignor Mansueto Bianchi, dopo l’assemblea generale della Cei a Roma.
I vescovi delle diocesi toscane giovedì hanno fatto il primo punto sulle «linee guida» contro la pedofilia che Benedetto XVI ha chiesto di definire «entro maggio 2012». In Toscana, almeno per ora, non c’è traccia degli sportelli per segnalare le violenze lanciati a Bolzano.
E le reazioni delle diocesi di fronte alla direttiva che nasconde infiniti drammi umani sono molte diverse: c’è chi si trincera dietro l’attesa di «indicazioni più precise», chi è impegnato con le cresime e non parla. Ma le indicazioni di fondo sono soprattutto due: attenzione alla selezione del clero nei seminari e, in caso di abusi, porte aperte alla magistratura. Evitando però la “caccia alle streghe”.
Monsignor Mansueto Bianchi, che è anche vescovo di Pistoia e presidente della Commissione Cei per l’Ecumenismo e il Dialogo, attraverso l’ufficio comunicazioni sociali della sua diocesi fa presente che, nella sostanza, il documento del Vaticano sulla pedofilia «non contiene radicali novità rispetto all’impostazione già data, sotto Giovanni Paolo II, dall’allora cardinal Ratzinger. Le linee di fondo sono state rafforzate».
Lo ripete sottolineando che la Cei «risulta uno degli episcopati al mondo più provveduti»: ha «piena consapevolezza della serietà e gravità del problema» e tornerà «presto a riflettere sulla questione». In pratica, nelle singole diocesi, anche quelle toscane, «dovrà essere rafforzata la proposta educativa nei seminari per identificare robustezze e fragilità dei singoli seminaristi». Di fronte alle fragilità, capire se l’aspirante prete può recuperarle o no: «Cioè se la persona non è adatta al sacerdozio (e allora deve uscire subito) oppure se possono essere utili percorsi di recupero e di assistenza psicologica».
E se saltano fuori abusi? Monsignor Bianchi non usa giri di parole e invita all’«assoluta chiarezza»: «immediata rimozione del sacerdote e parallelo invito alle vittime a rivolgersi subito alla magistratura ordinaria. Nessun insabbiamento, nessun timore, fiducia nella magistratura».
Anche il vescovo di Livorno, monsignor Simone Giusti, parla dell’importanza del seminario. «Quando ero vicerettore di quello di Pisa - racconta - tutti i candidati, prima dell’ordinazione, dovevano passare dallo psicologo, fare test attitudinali. Allontanando qualche seminarista abbiamo evitato tanti problemi». Già sotto la guida di Ruini e Betori si era alzata la guardia contro la pedofilia, dice Giusti («evitando lo sfracello emerso in alcuni Paesi europei e negli Usa»).
Monsignor Giusti sostiene che il caso di don Riccardo Seppia, il sacerdote genovese condannato e arrestato per abusi sessuali, sia «isolato», ma «gravissimo, perché sufficiente a fare danni infiniti». Però «attenzione a non creare un clima da caccia alle streghe», sottolinea raccontando che qualche settimana fa due persone si sono presentate in una parrocchia della costa spacciandosi per carabinieri in borghese che stavano indagando su un caso di pedofilia. Tutto falso.
Di rischio “caccia alle streghe” aveva parlato anche il vescovo di Massa, monsignor Giovanni Santucci, facendo visita a don Giuseppe Peretti, fino a due settimane fa agli arresti domiciliari per presunti abusi su due prostitute minorenni. «Quando si aiuta gli altri - aveva dichiarato - si è sempre a rischio».
Il vescovo di Prato, Gastone Simoni, preferisce aspettare indicazioni più precise prima di rilasciare dichiarazioni, ma dalla diocesi ricordano che nel 2006, quando padre Denis fu arrestato per pedofilia, «prese il problema di petto, informando subito l’opinione pubblica e sollevando il frate dall’incarico».
Nell’arcidiocesi fiorentina, guidata da mons. Giuseppe Betori, la vicenda di don Lelio Cantini (vent’anni di accuse di pedofilia, tutte finite in prescrizione anche per il «comportamento omissivo della Chiesa», come si legge nelle carte della Procura) è ancora fonte di imbarazzi e silenzi.
Sulle linee guida anti-pedofilia la risposta è telegrafica: «Quando ci saranno ottempereremo».
© Copyright Il Tirreno, 30 maggio 2011 consultabile online anche qui.
Leggo:
Monsignor Mansueto Bianchi, che è anche vescovo di Pistoia e presidente della Commissione Cei per l’Ecumenismo e il Dialogo, attraverso l’ufficio comunicazioni sociali della sua diocesi fa presente che, nella sostanza, il documento del Vaticano sulla pedofilia «non contiene radicali novità rispetto all’impostazione già data, sotto Giovanni Paolo II, dall’allora cardinal Ratzinger. Le linee di fondo sono state rafforzate».
Mi dispiace ma non ci siamo proprio!
La Lettera Circolare precisa e approfondisce certamente alcune norme fissate da Joseph Ratzinger, ma non quelle del 2001 bensi' quelle del 2010.
Lo scorso anno, infatti, il Santo Padre modifico' e rese ancora piu' severa la normativa sui "delitti piu' gravi". Cerchiamo di non sminuire la portata eccezionale degli interventi di Benedetto XVI!
La risposta della curia fiorentina, lapidaria, ha poco senso visto che gia' da ora i vescovi sono obbligati a rispettare le norme imposte dalla Santa Sede.
R.
L'arcivescovo di Barcellona: Sagrada Familia, segno di Dio nel cuore della metropoli (O.R.)
Per la nuova evangelizzazione
Segno di Dio nel cuore della metropoli
di LLUIS MARTÍNEZ SISTACH
Cardinale arcivescovo di Barcellona
Antoni Gaudí, quando iniziò la costruzione della basilica della Sagrada Familia, disse profeticamente che questo tempio sarebbe stato al centro della città di Barcellona. La basilica, pur nascendo in quello che era un quartiere periferico della città, a motivo della costante espansione urbanistica s'innalza ora nel centro geografico di Barcellona, in un punto equidistante dai monti e dal mare, e dai due fiumi che limitano il suo spazio urbano, il Besós e il Llobregat. Il geniale architetto aveva visto giusto.
La Sagrada Familia sorge al centro di una città cosmopolita che partecipa alla secolarizzazione propria delle grandi città dell'Occidente europeo. Alcuni si chiedono cosa significhi erigere un tempio come quello della Sagrada Familia nella società moderna. Quest'opera meravigliosa attrae milioni di persone da tutto il mondo perché la "nuova architettura" di Gaudí riposa su ciò che lo spirito umano cerca con insistenza: la proporzione, l'armonia. In definitiva, la bellezza. Possiamo dire che la basilica è una cartografia del sacro, una grande mappa aperta dove il mondo può leggere i grandi interrogativi della vita, dell'origine e della fine, del cielo e della terra.
Benedetto XVI, nell'omelia di dedicazione di questo tempio, ha affermato: "Nel cuore del mondo, di fronte allo sguardo di Dio e degli uomini, in un umile e gioioso atto di fede, abbiamo innalzato un'immensa mole di materia, frutto della natura e di un incalcolabile sforzo dell'intelligenza umana, costruttrice di quest'opera d'arte. Essa è un segno visibile del Dio invisibile, alla cui gloria svettano queste torri, frecce che indicano l'assoluto della luce e di colui che è la Luce, l'Altezza e la Bellezza medesime".
La costruzione di una chiesa è un'opera dal profondo significato in un'epoca in cui l'uomo pretende di edificare la sua vita voltando le spalle a Dio, come se Dio non esistesse. È la presenza della trascendenza nella vita secolare della città. Il Papa, nella stessa omelia di dedicazione, riferendosi a Gaudí, ha detto che "aprendo in questo modo il suo spirito a Dio, è stato capace di creare in questa città uno spazio di bellezza, di fede e di speranza, che conduce l'uomo all'incontro con colui che è la verità e la bellezza stessa". Così l'architetto esprimeva i suoi sentimenti: "Una chiesa [è] l'unica cosa degna di rappresentare il sentire di un popolo, poiché la religione è la cosa più elevata nell'uomo".
La presenza della bellezza e della simbologia della basilica della Sagrada Familia è un annuncio dei grandi misteri di Gesù Cristo: l'incarnazione, la passione, la morte, la risurrezione e l'ascensione alla gloria celeste, che occupano le due facciate terminate della Nascita e della Passione e che occuperanno quella della Gloria in costruzione. Il presidente del dicastero della Nuova Evangelizzazione, l'arcivescovo Rino Fisichella, ha detto che nella Sagrada Familia "ritroviamo una grande icona di ciò a cui il nuovo dicastero intende dedicarsi. Le sue torri obbligano a guardare verso il cielo. Essa coesiste con un mare di edifici moderni e ci indica che la città e il tempio non sono due mondi estranei, ma che sono fatti l'uno per l'altro".
In mezzo a una città europea e moderna, e in un tempo in cui il laicismo sembra deciso a confinare l'espressione della fede nell'ambito privato, ostacolando la visibilità della fede e delle comunità religiose, la basilica, visibile da ogni angolo della città, è un invito a non fermarsi alla dimensione orizzontale dell'esistenza umana, ma a levare lo sguardo verso l'alto.
Era proprio questo il "sogno di Gaudí" mentre plasmava questa "cattedrale" tanto originale e unica al mondo. Contemplando già nella sua immaginazione le torri che oggi sono come l'emblema della città di Barcellona, diceva: "Queste iscrizioni saranno come una fascia elicoidale che salirà lungo le torri. Tutti coloro che le leggeranno, persino gli increduli, intoneranno l'inno alla Santissima Trinità, man mano che scopriranno il loro contenuto: il Sanctus, Sanctus, Sanctus che, mentre lo leggeranno, guiderà il loro sguardo verso il cielo".
Non vi è alcun dubbio sull'intenzione evangelizzatrice del nostro geniale architetto, il servo di Dio Antoni Gaudí. Sono certo che il suo desiderio di portare i non credenti alla confessione della gloria di Dio era ispirato dal suo sentimento di rispetto verso di loro e dalla bontà del suo cuore. La basilica, per la sua singolare bellezza e per la sua ricchissima simbologia biblica e liturgica, continua a offrire a molti dei suoi visitatori, nel centro di Barcellona, un cortile dei gentili dove essere evangelizzati e a molti altri un incontro personale con il Signore mediante la catechesi di pietra dei suoi portici, delle sue navate e delle sue torri.
La dedicazione della basilica è stata unita alla visita all'opera benefico-sociale del Nen Déu. Il Papa ha sottolineato la relazione esistente fra queste due realtà, dicendo che "sono come due simboli, nella Barcellona di oggi, della fecondità di quella stessa fede, che segnò anche le profondità di questo popolo e che, attraverso la carità e la bellezza del mistero di Dio, contribuisce a creare una società più degna dell'uomo. In effetti, la bellezza, la santità e l'amore di Dio portano l'uomo a vivere nel mondo con speranza".
(©L'Osservatore Romano 1 giugno 2011)
Segno di Dio nel cuore della metropoli
di LLUIS MARTÍNEZ SISTACH
Cardinale arcivescovo di Barcellona
Antoni Gaudí, quando iniziò la costruzione della basilica della Sagrada Familia, disse profeticamente che questo tempio sarebbe stato al centro della città di Barcellona. La basilica, pur nascendo in quello che era un quartiere periferico della città, a motivo della costante espansione urbanistica s'innalza ora nel centro geografico di Barcellona, in un punto equidistante dai monti e dal mare, e dai due fiumi che limitano il suo spazio urbano, il Besós e il Llobregat. Il geniale architetto aveva visto giusto.
La Sagrada Familia sorge al centro di una città cosmopolita che partecipa alla secolarizzazione propria delle grandi città dell'Occidente europeo. Alcuni si chiedono cosa significhi erigere un tempio come quello della Sagrada Familia nella società moderna. Quest'opera meravigliosa attrae milioni di persone da tutto il mondo perché la "nuova architettura" di Gaudí riposa su ciò che lo spirito umano cerca con insistenza: la proporzione, l'armonia. In definitiva, la bellezza. Possiamo dire che la basilica è una cartografia del sacro, una grande mappa aperta dove il mondo può leggere i grandi interrogativi della vita, dell'origine e della fine, del cielo e della terra.
Benedetto XVI, nell'omelia di dedicazione di questo tempio, ha affermato: "Nel cuore del mondo, di fronte allo sguardo di Dio e degli uomini, in un umile e gioioso atto di fede, abbiamo innalzato un'immensa mole di materia, frutto della natura e di un incalcolabile sforzo dell'intelligenza umana, costruttrice di quest'opera d'arte. Essa è un segno visibile del Dio invisibile, alla cui gloria svettano queste torri, frecce che indicano l'assoluto della luce e di colui che è la Luce, l'Altezza e la Bellezza medesime".
La costruzione di una chiesa è un'opera dal profondo significato in un'epoca in cui l'uomo pretende di edificare la sua vita voltando le spalle a Dio, come se Dio non esistesse. È la presenza della trascendenza nella vita secolare della città. Il Papa, nella stessa omelia di dedicazione, riferendosi a Gaudí, ha detto che "aprendo in questo modo il suo spirito a Dio, è stato capace di creare in questa città uno spazio di bellezza, di fede e di speranza, che conduce l'uomo all'incontro con colui che è la verità e la bellezza stessa". Così l'architetto esprimeva i suoi sentimenti: "Una chiesa [è] l'unica cosa degna di rappresentare il sentire di un popolo, poiché la religione è la cosa più elevata nell'uomo".
La presenza della bellezza e della simbologia della basilica della Sagrada Familia è un annuncio dei grandi misteri di Gesù Cristo: l'incarnazione, la passione, la morte, la risurrezione e l'ascensione alla gloria celeste, che occupano le due facciate terminate della Nascita e della Passione e che occuperanno quella della Gloria in costruzione. Il presidente del dicastero della Nuova Evangelizzazione, l'arcivescovo Rino Fisichella, ha detto che nella Sagrada Familia "ritroviamo una grande icona di ciò a cui il nuovo dicastero intende dedicarsi. Le sue torri obbligano a guardare verso il cielo. Essa coesiste con un mare di edifici moderni e ci indica che la città e il tempio non sono due mondi estranei, ma che sono fatti l'uno per l'altro".
In mezzo a una città europea e moderna, e in un tempo in cui il laicismo sembra deciso a confinare l'espressione della fede nell'ambito privato, ostacolando la visibilità della fede e delle comunità religiose, la basilica, visibile da ogni angolo della città, è un invito a non fermarsi alla dimensione orizzontale dell'esistenza umana, ma a levare lo sguardo verso l'alto.
Era proprio questo il "sogno di Gaudí" mentre plasmava questa "cattedrale" tanto originale e unica al mondo. Contemplando già nella sua immaginazione le torri che oggi sono come l'emblema della città di Barcellona, diceva: "Queste iscrizioni saranno come una fascia elicoidale che salirà lungo le torri. Tutti coloro che le leggeranno, persino gli increduli, intoneranno l'inno alla Santissima Trinità, man mano che scopriranno il loro contenuto: il Sanctus, Sanctus, Sanctus che, mentre lo leggeranno, guiderà il loro sguardo verso il cielo".
Non vi è alcun dubbio sull'intenzione evangelizzatrice del nostro geniale architetto, il servo di Dio Antoni Gaudí. Sono certo che il suo desiderio di portare i non credenti alla confessione della gloria di Dio era ispirato dal suo sentimento di rispetto verso di loro e dalla bontà del suo cuore. La basilica, per la sua singolare bellezza e per la sua ricchissima simbologia biblica e liturgica, continua a offrire a molti dei suoi visitatori, nel centro di Barcellona, un cortile dei gentili dove essere evangelizzati e a molti altri un incontro personale con il Signore mediante la catechesi di pietra dei suoi portici, delle sue navate e delle sue torri.
La dedicazione della basilica è stata unita alla visita all'opera benefico-sociale del Nen Déu. Il Papa ha sottolineato la relazione esistente fra queste due realtà, dicendo che "sono come due simboli, nella Barcellona di oggi, della fecondità di quella stessa fede, che segnò anche le profondità di questo popolo e che, attraverso la carità e la bellezza del mistero di Dio, contribuisce a creare una società più degna dell'uomo. In effetti, la bellezza, la santità e l'amore di Dio portano l'uomo a vivere nel mondo con speranza".
(©L'Osservatore Romano 1 giugno 2011)
Il Parroco tedesco Hendrick Jolie: In Germania la disapplicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum sta causando un'emorragia di seminaristi dai seminari diocesani
Venti cardinali a metà giugno si giocano la cinquina di Milano. In pole position c’è Angelo Scola (Rodari)
Venti cardinali a metà giugno si giocano la cinquina di Milano. In pole position c’è Angelo Scola
di Paolo Rodari
Si riuniranno giovedì 16 giugno in sessione plenaria i venti cardinali membri della Congregazione dei vescovi (sono una trentina, ma alcuni dall’estero daranno forfait). All’ordine del giorno la nomina del nuovo arcivescovo di Milano. Il sabato successivo il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione, salirà dal Papa e gli consegnerà i tre nomi ritenuti idonei all’elezione. Quindi Benedetto XVI deciderà e l’annuncio del successore di Dionigi Tettamanzi verrà dato dalla Santa Sede di lì a pochi giorni. C’è chi dice prima della festa di san Pietro e Paolo, il 29 giugno.
Le consultazioni promosse presso i vescovi e i cardinali lombardi dal nunzio in Italia Giuseppe Bertello consegnano alla plenaria cinque nomi sui quali ci sarà aspra battaglia. Perché se è vero che Angelo Scola, patriarca di Venezia, resta il favorito, un coupe de théatre è sempre possibile. Scola è il nome che il Papa da mesi ha in serbo nonostante le critiche di coloro che non vogliono una figura di formazione ciellina. Ma questi attacchi si faranno sentire ancora il 16 giugno.
Due sembrano i nomi in grado di contrastare Scola: Gianfranco Ravasi, a capo della cultura vaticana, e Pietro Parolin, nunzio in Venezuela. Ravasi è stimato dal Papa e sulla carta ha delle chance da giocarsi seppure sia un curiale (fin dall’inizio sembra siano state escluse figure in forza alla curia romana) e non abbia esperienze pastorali. L’inserimento di Parolin nella rosa, invece, sorprende. A Caracas da meno di due anni, un passato in segreteria di stato, farà parlare di sé in futuro. La domanda che tutti si fanno è una: è lui l’outsider che la curia di Milano, che non gradisce un nome legato a Cl, cerca? E poi: gli basterà l’amicizia con Bertello per fare il balzo fino a Milano?
Aldo Giordano e Francesco Lambiasi, gli ultimi due nomi contenuti nella lista dei cinque – rispettivamente osservatore permanente della Santa Sede presso il consiglio d’Europa e vescovo di Rimini – oltre a non avere origini lombarde non sembrano avere la forza per convincere Ratzinger. Già “scartati” per Torino e Vicenza sembra difficile riescano a farcela per Milano. Durante le consultazioni sono stati fatti anche altri nomi. E questi potrebbero tornare durante la plenaria ma, se messi a verbale, serviranno per future nomine a cominciare da quella di Venezia, la cattedra che Scola se eletto lascerebbe libera.
Milano è la città dove la campagna elettorale per il sindaco ha diviso i cattolici. Giuliano Pisapia è stato appoggiato dagli eredi della tradizione cattolica democratica da sempre vicina alla curia ambrosiana: Lino Duilio, Mariapia Garavaglia, Patrizia Toia, Fabio Pizzul, Franco Monac, Paolo Danuvola. Letizia Moratti, invece, ha avuto dalla sua molti ciellini. Ma in Vaticano assicurano che la vittoria di Pisapia non influenzerà la scelta del Papa. Se Scola sarà nominato, in sostanza, non sarà per bilanciare la vittoria di Pisapia. Anche perché, come Tettamanzi insegna, non è detto che una volta eletto il vescovo resti fedele alla sua linea. Tettamanzi divenne vescovo di Ancona e poi segretario generale della Cei non senza la benevolenza del cardinale Camillo Ruini che lo considerava vicino a sé. Poi la sterzata. A Genova Tettamanzi cavalcò l’onda anti globalizzazione durante il G8, e quell’onda lo portò a Milano.
Il Papa ha dimostrato di aver un unico criterio nelle nomine: la conoscenza e la fiducia verso il suo candidato. Così ha fatto nelle nomine più importanti: dal segretario di stato Tarcisio Bertone per anni suo fedele collaboratore alla Dottrina della fede, al prefetto dello stesso ex Sant’Uffizio, il cardinale William Joseph Levada, l’unico nordamericano a partecipare alla commissione presieduta dal cardinale Ratzinger per il nuovo catechismo della chiesa cattolica, fino al prefetto dei vescovi Ouellet, membro della redazione di Communio, la rivista fondata da Hans Urs von Balthasar assieme, ancora, a Ratzinger.
Pubblicato sul Foglio martedì 31 maggio 2011
© Copyright Il Foglio, 31 maggio 2011 consultabile online anche qui, sul blog di Rodari.
di Paolo Rodari
Si riuniranno giovedì 16 giugno in sessione plenaria i venti cardinali membri della Congregazione dei vescovi (sono una trentina, ma alcuni dall’estero daranno forfait). All’ordine del giorno la nomina del nuovo arcivescovo di Milano. Il sabato successivo il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione, salirà dal Papa e gli consegnerà i tre nomi ritenuti idonei all’elezione. Quindi Benedetto XVI deciderà e l’annuncio del successore di Dionigi Tettamanzi verrà dato dalla Santa Sede di lì a pochi giorni. C’è chi dice prima della festa di san Pietro e Paolo, il 29 giugno.
Le consultazioni promosse presso i vescovi e i cardinali lombardi dal nunzio in Italia Giuseppe Bertello consegnano alla plenaria cinque nomi sui quali ci sarà aspra battaglia. Perché se è vero che Angelo Scola, patriarca di Venezia, resta il favorito, un coupe de théatre è sempre possibile. Scola è il nome che il Papa da mesi ha in serbo nonostante le critiche di coloro che non vogliono una figura di formazione ciellina. Ma questi attacchi si faranno sentire ancora il 16 giugno.
Due sembrano i nomi in grado di contrastare Scola: Gianfranco Ravasi, a capo della cultura vaticana, e Pietro Parolin, nunzio in Venezuela. Ravasi è stimato dal Papa e sulla carta ha delle chance da giocarsi seppure sia un curiale (fin dall’inizio sembra siano state escluse figure in forza alla curia romana) e non abbia esperienze pastorali. L’inserimento di Parolin nella rosa, invece, sorprende. A Caracas da meno di due anni, un passato in segreteria di stato, farà parlare di sé in futuro. La domanda che tutti si fanno è una: è lui l’outsider che la curia di Milano, che non gradisce un nome legato a Cl, cerca? E poi: gli basterà l’amicizia con Bertello per fare il balzo fino a Milano?
Aldo Giordano e Francesco Lambiasi, gli ultimi due nomi contenuti nella lista dei cinque – rispettivamente osservatore permanente della Santa Sede presso il consiglio d’Europa e vescovo di Rimini – oltre a non avere origini lombarde non sembrano avere la forza per convincere Ratzinger. Già “scartati” per Torino e Vicenza sembra difficile riescano a farcela per Milano. Durante le consultazioni sono stati fatti anche altri nomi. E questi potrebbero tornare durante la plenaria ma, se messi a verbale, serviranno per future nomine a cominciare da quella di Venezia, la cattedra che Scola se eletto lascerebbe libera.
Milano è la città dove la campagna elettorale per il sindaco ha diviso i cattolici. Giuliano Pisapia è stato appoggiato dagli eredi della tradizione cattolica democratica da sempre vicina alla curia ambrosiana: Lino Duilio, Mariapia Garavaglia, Patrizia Toia, Fabio Pizzul, Franco Monac, Paolo Danuvola. Letizia Moratti, invece, ha avuto dalla sua molti ciellini. Ma in Vaticano assicurano che la vittoria di Pisapia non influenzerà la scelta del Papa. Se Scola sarà nominato, in sostanza, non sarà per bilanciare la vittoria di Pisapia. Anche perché, come Tettamanzi insegna, non è detto che una volta eletto il vescovo resti fedele alla sua linea. Tettamanzi divenne vescovo di Ancona e poi segretario generale della Cei non senza la benevolenza del cardinale Camillo Ruini che lo considerava vicino a sé. Poi la sterzata. A Genova Tettamanzi cavalcò l’onda anti globalizzazione durante il G8, e quell’onda lo portò a Milano.
Il Papa ha dimostrato di aver un unico criterio nelle nomine: la conoscenza e la fiducia verso il suo candidato. Così ha fatto nelle nomine più importanti: dal segretario di stato Tarcisio Bertone per anni suo fedele collaboratore alla Dottrina della fede, al prefetto dello stesso ex Sant’Uffizio, il cardinale William Joseph Levada, l’unico nordamericano a partecipare alla commissione presieduta dal cardinale Ratzinger per il nuovo catechismo della chiesa cattolica, fino al prefetto dei vescovi Ouellet, membro della redazione di Communio, la rivista fondata da Hans Urs von Balthasar assieme, ancora, a Ratzinger.
Pubblicato sul Foglio martedì 31 maggio 2011
© Copyright Il Foglio, 31 maggio 2011 consultabile online anche qui, sul blog di Rodari.
Usa: le diocesi si preparano a celebrare il 60.mo di ordinazione sacerdotale di Benedetto XVI (R.V.)
Usa: le diocesi si preparano a celebrare il 60.mo di ordinazione sacerdotale di Benedetto XVI
Il 29 giugno prossimo, Solennità dei Santi Pietro e Paolo, Benedetto XVI festeggia 60 anni di sacerdozio.
La Congregazione per il Clero ha invitato tutti i fedeli e i sacerdoti nel mondo a celebrare l’evento con sessanta ore di preghiera eucaristica per la santificazione del clero e per il dono di nuove vocazioni sacerdotali.
Le celebrazioni si potrebbero concludere il 1° luglio, Festa del Sacro Cuore di Gesù e Giornata Mondiale di preghiera per i sacerdoti. La Chiesa degli Stati Uniti si sta già preparando all’appuntamento. In una lettera ai confratelli diffusa il 17 maggio, il presidente della Conferenza episcopale (Usccb) mons. Timothy Dolan sottolinea l'importanza di questa celebrazione: "Un aumento del numero e della santità dei sacerdoti al servizio delle nostre diocesi è un segno di salute e di vitalità nella Chiesa”, scrive l’arcivescovo di New York, rilevando che la preghiera per le vocazioni è “un’intenzione meritevole” che esprime in modo adeguato “la gratitudine per l'esempio e il servizio svolto da Papa Benedetto XVI". Un giudizio condiviso da mons. Robert J. Carlson , arcivescovo di St. Louis presidente della Commissione per il clero, la vita consacrata e le vocazioni della Conferenza episcopale: "Questa è un'opportunità eccezionale per rendere grazie per il nostro Papa, pregare per tutti i nostri sacerdoti e per chiedere al Signore più vocazioni sacerdotali", sottolinea il presule.
"Il Santo Padre è stato un modello eccezionale di ministero sacerdotale e di servizio alla Chiesa. Nel suo messaggio per la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, ha ricordato ai fedeli che tutti noi abbiamo la responsabilità di pregare per le vocazioni. Questa è una grande occasione per fare proprio questo”, afferma ancora l’arcivescovo. In vista dell’evento la Commissione episcopale ha lanciato sul sito www.foryourvocation.org una speciale cartolina (prayer card) con il testo della preghiera di ringraziamento per la vocazione sacerdotale del Santo Padre Benedetto XVI. (L.Z.)
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Il 29 giugno prossimo, Solennità dei Santi Pietro e Paolo, Benedetto XVI festeggia 60 anni di sacerdozio.
La Congregazione per il Clero ha invitato tutti i fedeli e i sacerdoti nel mondo a celebrare l’evento con sessanta ore di preghiera eucaristica per la santificazione del clero e per il dono di nuove vocazioni sacerdotali.
Le celebrazioni si potrebbero concludere il 1° luglio, Festa del Sacro Cuore di Gesù e Giornata Mondiale di preghiera per i sacerdoti. La Chiesa degli Stati Uniti si sta già preparando all’appuntamento. In una lettera ai confratelli diffusa il 17 maggio, il presidente della Conferenza episcopale (Usccb) mons. Timothy Dolan sottolinea l'importanza di questa celebrazione: "Un aumento del numero e della santità dei sacerdoti al servizio delle nostre diocesi è un segno di salute e di vitalità nella Chiesa”, scrive l’arcivescovo di New York, rilevando che la preghiera per le vocazioni è “un’intenzione meritevole” che esprime in modo adeguato “la gratitudine per l'esempio e il servizio svolto da Papa Benedetto XVI". Un giudizio condiviso da mons. Robert J. Carlson , arcivescovo di St. Louis presidente della Commissione per il clero, la vita consacrata e le vocazioni della Conferenza episcopale: "Questa è un'opportunità eccezionale per rendere grazie per il nostro Papa, pregare per tutti i nostri sacerdoti e per chiedere al Signore più vocazioni sacerdotali", sottolinea il presule.
"Il Santo Padre è stato un modello eccezionale di ministero sacerdotale e di servizio alla Chiesa. Nel suo messaggio per la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, ha ricordato ai fedeli che tutti noi abbiamo la responsabilità di pregare per le vocazioni. Questa è una grande occasione per fare proprio questo”, afferma ancora l’arcivescovo. In vista dell’evento la Commissione episcopale ha lanciato sul sito www.foryourvocation.org una speciale cartolina (prayer card) con il testo della preghiera di ringraziamento per la vocazione sacerdotale del Santo Padre Benedetto XVI. (L.Z.)
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VIAGGIO DEL SANTO PADRE IN CROAZIA: LE DIRETTE TELEVISIVE
VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE IN CROAZIA (4 - 5 GIUGNO 2011): LO SPECIALE DEL BLOG
Dal sito di Telepace:
Sabato 04 giugno 2011
10:55 In diretta da Zagabria. Cerimonia di benvenuto nell'Aeroporto Internazionale di Zagabria
18:15 In diretta da Zagabria. Incontro con esponenti della società civile, del mondo politico, accademico, culturale, con il corpo diplomatico e con i leaders religiosi, nel Teatro Nazionale Croato di Zagabria
19:25 In diretta da Zagabria. Veglia di preghiera con i giovani, nella Piazza del Bano Josip Jelacic di Zagabria
Domenica 05 giugno 2011
09:25 In diretta da Zagabria. Santa Messa e recita del Regina Caeli in occasione della Giornata Nazionale delle famiglie cattoliche croate, nell'Ippodromo di Zagabria
16:55 In diretta da Zagabria. Celebrazione dei Vespri con Vescovi, Sacerdoti, Religiosi e Seminaristi, e preghiera presso la tomba del Beato Alojzije Viktor Stepinac, nella Cattedrale dell'Assunzione della B.V.M di Zagabria
19:10 In diretta da Zagabria. Cerimonia di congedo, nell'Aeroporto Internazionale Pleso di Zagabria
Dal sito di Telepace:
Sabato 04 giugno 2011
10:55 In diretta da Zagabria. Cerimonia di benvenuto nell'Aeroporto Internazionale di Zagabria
18:15 In diretta da Zagabria. Incontro con esponenti della società civile, del mondo politico, accademico, culturale, con il corpo diplomatico e con i leaders religiosi, nel Teatro Nazionale Croato di Zagabria
19:25 In diretta da Zagabria. Veglia di preghiera con i giovani, nella Piazza del Bano Josip Jelacic di Zagabria
Domenica 05 giugno 2011
09:25 In diretta da Zagabria. Santa Messa e recita del Regina Caeli in occasione della Giornata Nazionale delle famiglie cattoliche croate, nell'Ippodromo di Zagabria
16:55 In diretta da Zagabria. Celebrazione dei Vespri con Vescovi, Sacerdoti, Religiosi e Seminaristi, e preghiera presso la tomba del Beato Alojzije Viktor Stepinac, nella Cattedrale dell'Assunzione della B.V.M di Zagabria
19:10 In diretta da Zagabria. Cerimonia di congedo, nell'Aeroporto Internazionale Pleso di Zagabria
Conclusione del mese mariano: il Papa si recherà stasera nella Grotta di Nostra Signora di Lourdes nei Giardini Vaticani
Conclusione del mese mariano: il Papa si recherà stasera nella Grotta di Nostra Signora di Lourdes nei Giardini Vaticani
Il mese di maggio, dedicato a Maria, si concluderà questa sera, alla presenza del Papa, con la processione e la recita del Santo Rosario nei Giardini Vaticani. Benedetto XVI raggiungerà la Grotta di Nostra Signora di Lourdes al termine della liturgia della Parola, presieduta dal cardinale Angelo Comastri vicario del Papa per la Città del Vaticano, e impartirà la benedizione apostolica. Il sigillo di questo mese mariano è rappresentato dall’odierna Festa della Visitazione della Beata Vergine Maria che, portando in grembo Gesù appena concepito, si reca dall’anziana cugina Elisabetta, giunta al sesto mese di gravidanza. Nel suo magistero, Benedetto XVI si è soffermato più volte su questo episodio, narrato nel Vangelo di Luca. Amedeo Lomonaco ricorda in questo servizio alcune riflessioni del Papa sulla Visitazione della Vergine a Santa Elisabetta:
L’incontro di una donna sterile e di una giovane Vergine, divenute madri per straordinario intervento divino, è pervaso dalla gioia dello Spirito Santo e trova la sua espressione nel ‘Magnificat’, il cantico della Vergine che “esalta le meraviglie di Dio nella storia della salvezza”:
“Il Magnificat non è il cantico di coloro ai quali arride la fortuna, che hanno sempre 'il vento in poppa'; è piuttosto il ringraziamento di chi conosce i drammi della vita, ma confida nell’opera redentrice di Dio. È un canto che esprime la fede provata di generazioni di uomini e donne che hanno posto in Dio la loro speranza e si sono impegnati in prima persona, come Maria, per essere di aiuto ai fratelli nel bisogno”. (11 febbraio 2010, omelia nella Memoria della Beata Vergine di Lourdes)
Elisabetta è il simbolo di tante persone anziane e malate. Maria, partita per andare ad aiutare l’anziana cugina, è icona della Chiesa missionaria, chiamata a portare e a testimoniare nel mondo la luce del Verbo incarnato:
“Nel sostegno offerto da Maria a questa parente che vive, in età avanzata, una situazione delicata come la gravidanza, vediamo prefigurata tutta l’azione della Chiesa a sostegno della vita bisognosa di cura”. (11 febbraio 2010)
Maria, che porta in grembo Gesù appena concepito, è anche il Tabernacolo vivente del Dio fatto carne. La Vergine “vede” con gli occhi della fede l’opera di Dio nella storia:
"Per questo è Beata, perché ha creduto: per la fede, infatti, ha accolto la Parola del Signore e ha concepito il Verbo incarnato. La sua fede Le ha fatto vedere che i troni dei potenti di questo mondo sono tutti provvisori, mentre il trono di Dio è l’unica roccia che non muta e non cade”. (31 maggio 2008, celebrazione a conclusione del mese mariano)
Dove giunge Maria è presente Gesù: “Chi apre il suo cuore alla Madre incontra ed accoglie il Figlio ed è invaso dalla sua gioia”.
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Il mese di maggio, dedicato a Maria, si concluderà questa sera, alla presenza del Papa, con la processione e la recita del Santo Rosario nei Giardini Vaticani. Benedetto XVI raggiungerà la Grotta di Nostra Signora di Lourdes al termine della liturgia della Parola, presieduta dal cardinale Angelo Comastri vicario del Papa per la Città del Vaticano, e impartirà la benedizione apostolica. Il sigillo di questo mese mariano è rappresentato dall’odierna Festa della Visitazione della Beata Vergine Maria che, portando in grembo Gesù appena concepito, si reca dall’anziana cugina Elisabetta, giunta al sesto mese di gravidanza. Nel suo magistero, Benedetto XVI si è soffermato più volte su questo episodio, narrato nel Vangelo di Luca. Amedeo Lomonaco ricorda in questo servizio alcune riflessioni del Papa sulla Visitazione della Vergine a Santa Elisabetta:
L’incontro di una donna sterile e di una giovane Vergine, divenute madri per straordinario intervento divino, è pervaso dalla gioia dello Spirito Santo e trova la sua espressione nel ‘Magnificat’, il cantico della Vergine che “esalta le meraviglie di Dio nella storia della salvezza”:
“Il Magnificat non è il cantico di coloro ai quali arride la fortuna, che hanno sempre 'il vento in poppa'; è piuttosto il ringraziamento di chi conosce i drammi della vita, ma confida nell’opera redentrice di Dio. È un canto che esprime la fede provata di generazioni di uomini e donne che hanno posto in Dio la loro speranza e si sono impegnati in prima persona, come Maria, per essere di aiuto ai fratelli nel bisogno”. (11 febbraio 2010, omelia nella Memoria della Beata Vergine di Lourdes)
Elisabetta è il simbolo di tante persone anziane e malate. Maria, partita per andare ad aiutare l’anziana cugina, è icona della Chiesa missionaria, chiamata a portare e a testimoniare nel mondo la luce del Verbo incarnato:
“Nel sostegno offerto da Maria a questa parente che vive, in età avanzata, una situazione delicata come la gravidanza, vediamo prefigurata tutta l’azione della Chiesa a sostegno della vita bisognosa di cura”. (11 febbraio 2010)
Maria, che porta in grembo Gesù appena concepito, è anche il Tabernacolo vivente del Dio fatto carne. La Vergine “vede” con gli occhi della fede l’opera di Dio nella storia:
"Per questo è Beata, perché ha creduto: per la fede, infatti, ha accolto la Parola del Signore e ha concepito il Verbo incarnato. La sua fede Le ha fatto vedere che i troni dei potenti di questo mondo sono tutti provvisori, mentre il trono di Dio è l’unica roccia che non muta e non cade”. (31 maggio 2008, celebrazione a conclusione del mese mariano)
Dove giunge Maria è presente Gesù: “Chi apre il suo cuore alla Madre incontra ed accoglie il Figlio ed è invaso dalla sua gioia”.
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Zajedno u Kristu - (Insieme in Cristo) - Inno ufficiale dell'incontro dei giovani con Papa Benedetto XVI in Croazia
Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:
Zajedno u Kristu - (Insieme in Cristo) - Inno ufficiale dell'incontro dei giovani con Papa Benedetto XVI
La canzone è nata all'interno del Gruppo giovanile di preghiera Božja pobjeda (Vittoria di Dio) attivo nel quartiere di Jarun, a Zagabria. Il messaggio di base della canzone è l'invito all'unità nel Signore, la professione della fede in Dio Padre, Cristo - Figlio e Spirito Santo che ci uniscono e ci rendono una sola persona. Così come il salmista scrive: “Tu siedi in trono fra le lodi d'Israele” (Sal, 22, 4), con questo canto i giovani vengono invitati a partecipare insieme con il cuore alla lode del Signore.
Alla registrazione di Zajedno u Kristu presso lo studio della parrocchia salesiana dello Spirito Santo di Jarun, hanno partecipato con impegno e sacrificio i giovani della gruppo di preghiera giovanile Božja pobjeda nonché i membri del coro giovanile dell'Arcidiocesi di Zagabria, i quali animeranno la parte musicale dell'incontro dei giovani con il Papa. La trama del videclip diretto da Robert Knjaz racconta di due giovani, un ragazzo e una ragazza, e della loro esperienza quotidiana di vita fatta di diverse esperienze di fede, di incontri con gli amici e di momenti di gioia. Mentre il ragazzo decide di non rimanere a letto la domenica mattina, ma di andare alla Santa Messa nella chiesa di Sveta Mati Slobode, la ragazza vive la sua esperienza di cammino verso Gesù nel sacrificio facendo la Via Crucis con altri amici su un sentiero di montagna. L'uno e l'altra, nel loro cammino, incontrano degli amici, ai quali fanno dono di parole di incoraggiamento. Alla fine i due ragazzi si incontrano, e cantano: “Venite insieme innanzi il Signore, Egli ha la potenza, Egli fa scendere su di voi lo Spirito che chiama" insieme ai ragazzi del coro, professano la propria fede e invitano i giovani a rispondere alla chiamata e a venire all'incontro dei giovani con il Papa.
Canto:
Zajedno u Kristu (Insieme in Cristo)
Testo e musica: Romana Rođaković
Arrangiamento: Grgur Sesar
Alla registrazione della canzone hanno partecipato: voce solista: Petar Buljan, voci di accompagnamento – Coro giovani dell'Arcidiocesi di Zagabria e i membri del gruppo "Božja pobjeda", chitarre – Ivan Škunca, chitarra basso – Hrvoje Babić, percussioni – Dado Marinković, tastiere – Grgur Sesar, violini e arrangiamento per i violini – Dajana Marelja. Un ringraziamento speciale a Goran Kovačić per il supporto, i consigli e l'elaborazione finale del suono.
INSIEME IN CRISTO
Adunati nel nome del Signore
che risplende su ogni nome
e ci riempie di forza.
Celebriamo il Signore che è presente
riconosciamo che Cristo è vero Dio
santo e onnipotente, il Padre lo manda!
Lo Spirito ci invita:
Ritornello
Venite innanzi al Signore, insieme in Cristo!
Egli ha la potenza, Egli rende ai figli la libertà
Venite innanzi al Signore, insieme in Cristo!
Egli ha la potenza, Egli vi invia lo Spirito che chiama:
Alleluia, Alleluia, Alleluia, lo Spirito chiama
Alleluia, Alleluia, Alleluia, lo Spirito chiama
Celebriamo il Signore presente
riconosciamo che Cristo è vero Dio
santo e onnipotente, il Padre lo manda!
Lo Spirito ci invita:
Alleluia, Alleluia, Alleluia, lo Spirito chiama
Alleluia, Alleluia, Alleluia, lo Spirito chiama
Venite innanzi al Signore, insieme in Cristo...
Zajedno u Kristu - (Insieme in Cristo) - Inno ufficiale dell'incontro dei giovani con Papa Benedetto XVI
La canzone è nata all'interno del Gruppo giovanile di preghiera Božja pobjeda (Vittoria di Dio) attivo nel quartiere di Jarun, a Zagabria. Il messaggio di base della canzone è l'invito all'unità nel Signore, la professione della fede in Dio Padre, Cristo - Figlio e Spirito Santo che ci uniscono e ci rendono una sola persona. Così come il salmista scrive: “Tu siedi in trono fra le lodi d'Israele” (Sal, 22, 4), con questo canto i giovani vengono invitati a partecipare insieme con il cuore alla lode del Signore.
Alla registrazione di Zajedno u Kristu presso lo studio della parrocchia salesiana dello Spirito Santo di Jarun, hanno partecipato con impegno e sacrificio i giovani della gruppo di preghiera giovanile Božja pobjeda nonché i membri del coro giovanile dell'Arcidiocesi di Zagabria, i quali animeranno la parte musicale dell'incontro dei giovani con il Papa. La trama del videclip diretto da Robert Knjaz racconta di due giovani, un ragazzo e una ragazza, e della loro esperienza quotidiana di vita fatta di diverse esperienze di fede, di incontri con gli amici e di momenti di gioia. Mentre il ragazzo decide di non rimanere a letto la domenica mattina, ma di andare alla Santa Messa nella chiesa di Sveta Mati Slobode, la ragazza vive la sua esperienza di cammino verso Gesù nel sacrificio facendo la Via Crucis con altri amici su un sentiero di montagna. L'uno e l'altra, nel loro cammino, incontrano degli amici, ai quali fanno dono di parole di incoraggiamento. Alla fine i due ragazzi si incontrano, e cantano: “Venite insieme innanzi il Signore, Egli ha la potenza, Egli fa scendere su di voi lo Spirito che chiama" insieme ai ragazzi del coro, professano la propria fede e invitano i giovani a rispondere alla chiamata e a venire all'incontro dei giovani con il Papa.
Canto:
Zajedno u Kristu (Insieme in Cristo)
Testo e musica: Romana Rođaković
Arrangiamento: Grgur Sesar
Alla registrazione della canzone hanno partecipato: voce solista: Petar Buljan, voci di accompagnamento – Coro giovani dell'Arcidiocesi di Zagabria e i membri del gruppo "Božja pobjeda", chitarre – Ivan Škunca, chitarra basso – Hrvoje Babić, percussioni – Dado Marinković, tastiere – Grgur Sesar, violini e arrangiamento per i violini – Dajana Marelja. Un ringraziamento speciale a Goran Kovačić per il supporto, i consigli e l'elaborazione finale del suono.
INSIEME IN CRISTO
Adunati nel nome del Signore
che risplende su ogni nome
e ci riempie di forza.
Celebriamo il Signore che è presente
riconosciamo che Cristo è vero Dio
santo e onnipotente, il Padre lo manda!
Lo Spirito ci invita:
Ritornello
Venite innanzi al Signore, insieme in Cristo!
Egli ha la potenza, Egli rende ai figli la libertà
Venite innanzi al Signore, insieme in Cristo!
Egli ha la potenza, Egli vi invia lo Spirito che chiama:
Alleluia, Alleluia, Alleluia, lo Spirito chiama
Alleluia, Alleluia, Alleluia, lo Spirito chiama
Celebriamo il Signore presente
riconosciamo che Cristo è vero Dio
santo e onnipotente, il Padre lo manda!
Lo Spirito ci invita:
Alleluia, Alleluia, Alleluia, lo Spirito chiama
Alleluia, Alleluia, Alleluia, lo Spirito chiama
Venite innanzi al Signore, insieme in Cristo...
Il programma del viaggio del Papa in Croazia illustrato da Padre Lombardi (Sir)
Vedi anche:
Il viaggio di Benedetto XVI in Croazia. Padre Lombardi: una visita nel segno delle famiglie e del Beato Stepinac (R.V.)
Viaggio Apostolico di Sua Santità Benedetto XVI in Croazia. Informazioni ed accrediti
I giovani croati si preparano all'incontro con il Papa (YouTube)
«La missione è la stessa, le circostanze cambiano» (Massimo Introvigne)
Il Papa: aiutare i poveri senza distinzioni e discriminazioni (Izzo)
Benedetto XVI: lo sviluppo della musica sacra deve essere fedele alla tradizione e dare dignità alla liturgia (Radio Vaticana)
Intervista con sua beatitudine Béchara Raï, nuovo patriarca di Antiochia dei Maroniti (Malacaria per "30 Giorni")
Il Papa: dobbiamo sempre chiederci nuovamente: chi è l’autentico soggetto della Liturgia? La risposta è semplice: la Chiesa. Non è il singolo o il gruppo che celebra la Liturgia, ma essa è primariamente azione di Dio attraverso la Chiesa, che ha la sua storia, la sua ricca tradizione e la sua creatività. La Liturgia, e di conseguenza la musica sacra, "vive di un corretto e costante rapporto tra sana traditio e legitima progressio", tenendo sempre ben presente che questi due concetti - che i Padri conciliari chiaramente sottolineavano - si integrano a vicenda perché "la tradizione è una realtà viva, include perciò in se stessa il principio dello sviluppo, del progresso" (Messaggio)
L’unità dei Cristiani abita nella preghiera. Intervista con il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani (Cubeddu)
Il Papa: chi è l’autentico soggetto della Liturgia? La risposta è semplice: la Chiesa. Non è il singolo o il gruppo che celebra la Liturgia, ma essa è primariamente azione di Dio attraverso la Chiesa
Il 29 Giugno 2011, il Papa celebrerà il suo 60° anniversario di ordinazione sacerdotale. Il Vaticano ricorda questo giorno con l'emissione di quattro francobolli speciali (Schwibach)
Un Cristianesimo vivo e totalizzante (Michelangelo Nasca)
“Religione & Società”, nell’ottica della ‘nuova evangelizzazione’. Dal prossimo Anno accademico un nuovo biennio specialistico e un Master presso l’ISSR all’Apollinare
“Il Santo Padre ha espresso la sua vicinanza alla Chiesa e al popolo libico” dice Mons. Martinelli (Fides)
Cei: cordoglio bipartisan per la morte di Mons. Ruppi. Cattolici, Mons. Crociata: è triste se diventano faziosi. Divisi nei partiti ma uniti in difesa dei valori (Izzo)
Il Papa ai vescovi indiani: assistete i bisognosi senza distinzione (Sir)
Il Papa ai vescovi indiani: "Che i fedeli di Cristo in India continuino ad assistere tutti i bisognosi nelle comunità intorno a loro, indipendentemente dalla razza, dall'appartenenza etnica, dalla religione o dallo status sociale, convinti del fatto che tutti sono stati creati a immagine di Dio e tutti meritano uguale rispetto" (Discorso)
San Marino, trasporto pubblico gratuito per la visita del Papa
Il Papa: la secolarizzazione favorisce la disgregazione sociale. Non si può essere cristiani solo in privato (Izzo)
Il Papa, il Vangelo e il dramma della frammentarietà. Il saluto di Mons. Fisichella (O.R.)
Mons. Crociata al convegno «Cattolici a confronto» presso la Camera dei Deputati. Il nostro padrone è uno solo (O.R.)
Parlamentari da Crociata (Tornielli)
Il Papa: "Anche in chi resta legato alle radici cristiane, ma vive il difficile rapporto con la modernità, è importante far comprendere che l’essere cristiano non è una specie di abito da vestire in privato o in particolari occasioni, ma è qualcosa di vivo e totalizzante, capace di assumere tutto ciò che di buono vi è nella modernità" (Discorso)
Pedofilia, falsa indagine su un prete (Tirreno)
Caso Cantini, vent'anni di abusi. Il vescovo di Pistoia: "Uno sportello per le denunce in ogni diocesi". Ma il portavoce delle vittime, Aspettati: andate dal magistrato (Lancisi)
Referendum a Malta: passa il divorzio. Mons. Cremona: ora la famiglia sia protagonista dell'evangelizzazione
La politica italiana e il disagio dei vescovi (Brunelli)
Il Papa: Nuova evangelizzazione. Annuncio e credibilità contro l’esclusione di Dio (AsiaNews)
Il Papa in Croazia, le attese della Chiesa e la gratitudine del governo (Sir)
Il Papa: La crisi che si sperimenta porta con sé i tratti dell'esclusione di Dio dalla vita delle persone, di una generalizzata indifferenza nei confronti della stessa fede cristiana, fino al tentativo di marginalizzarla dalla vita pubblica
Papa: Lo stile dei cristiani deve essere credibile (Giornale)
Pedofilia, la risposta dei vescovi del Belgio alla Commissione speciale. Comunicato
Il Papa: Il termine ‘nuova evangelizzazione’ richiama l’esigenza di una rinnovata modalità di annuncio
Annunciare Cristo in modo nuovo all'uomo secolarizzato di oggi: così il Papa al dicastero della nuova evangelizzazione (R.V.)
Pedofilia: la Chiesa non è rimasta a guardare! (Michelangelo Nasca)
«Le domande di un "padre" nello spazio». L'astrofisico Marco Bersanelli ci racconta perché il dialogo di Benedetto XVI con gli astronauti è «raro e straordinario» (Stoppa)
Il Papa al Sodalizio Mariano di Regensburg: "Noi eravamo stati ammessi alla Congregazione, ma poco dopo iniziò la guerra contro la Russia; il seminario fu sciolto, e la Congregazione – prima che si fosse riunita, che riuscisse a radunarsi – era già stata dispersa ai quattro venti. Così ciò non è entrato come "data esteriore" della vita, ma è rimasto come "data interiore" della vita, perché da sempre è stato chiaro che la cattolicità non può esistere senza un atteggiamento mariano, che essere cattolici vuol dire essere mariani, che ciò significa l’amore per la Madre, che nella Madre e per la Madre troviamo il Signore" (Discorso "a braccio")
Il Papa: l’annuncio del Vangelo fa fiorire la vita. In occasione del Regina Caeli in piazza San Pietro (Zenit)
Il Papa ha parlato a braccio della propria esperienza personale, in un’epoca buia, segnata dalla guerra (Galeazzi)
Bellissima musica. Ma il coro è stonato (Magister)
Un francobollo per Benedetto XVI (Angela Ambrogetti)
NOVENA ALLA SACRA FAMIGLIA IN PREPARAZIONE ALLA CONSACRAZIONE DELLE FAMIGLIE CATTOLICHE CROATE ALLA SACRA FAMIGLIA
CHIESA E PEDOFILIA: LA PUNTATA DI MATRIX (VIDEO INTEGRALE)
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BENEDETTO XVI: IL PROGRAMMA DEL VIAGGIO IN CROAZIA
La “grande messa” della domenica insieme all’incontro, del sabato, con la società civile, politica, accademica, economica e culturale del Paese e alla veglia con i giovani, sono tra “gli eventi più significativi” che costellano il programma del viaggio apostolico di Benedetto XVI in Croazia, in occasione della Giornata nazionale delle famiglie cattoliche del Paese (4-5 giugno).
Ad illustrarlo oggi ai giornalisti è stato il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi: “all’arrivo nell’Aeroporto internazionale di Zagreb Pleso, Benedetto XVI terrà il primo dei cinque discorsi del viaggio. Successivamente si recherà in visita di cortesia al presidente della Repubblica al quale farà dono di un fac simile di un codice musicale della biblioteca vaticana. Il presidente croato, infatti, – ha ricordato padre Lombardi – è un esperto musicologo”.
Successivamente riceverà in udienza, in nunziatura, il premier del Governo. Nel pomeriggio, presso il teatro nazionale croato di Zagabria, il Pontefice incontrerà esponenti della società civile, del mondo politico, accademico, imprenditoriale e culturale del Paese, con il corpo diplomatico e con i leader religiosi. Ultimo appuntamento del 4 giugno sarà per i giovani. Ne sono attesi 50 mila, ha riferito il portavoce, in piazza Bano Josip Jelacic.
Domenica 5 giugno mattina, nell’ippodromo di Zagabria, la messa per la Giornata nazionale delle famiglie cattoliche, alla quale sono previste alcune centinaia di migliaia di fedeli. Nel pomeriggio prima della cerimonia di congedo, la recita dei Vespri con il clero e i consacrati e la preghiera sulla tomba del beato Alojzije Viktor Stepinac nella cattedrale dell’Assunzione della Beata Vergine Maria e di Santo Stefano di Zagreb.
Tra i temi che verranno toccati dal Papa nei suoi discorsi, secondo padre Lombardi, ci saranno in particolare la famiglia e l’Europa.
© Copyright Sir
Il viaggio di Benedetto XVI in Croazia. Padre Lombardi: una visita nel segno delle famiglie e del Beato Stepinac (R.V.)
Viaggio Apostolico di Sua Santità Benedetto XVI in Croazia. Informazioni ed accrediti
I giovani croati si preparano all'incontro con il Papa (YouTube)
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Il Papa: aiutare i poveri senza distinzioni e discriminazioni (Izzo)
Benedetto XVI: lo sviluppo della musica sacra deve essere fedele alla tradizione e dare dignità alla liturgia (Radio Vaticana)
Intervista con sua beatitudine Béchara Raï, nuovo patriarca di Antiochia dei Maroniti (Malacaria per "30 Giorni")
Il Papa: dobbiamo sempre chiederci nuovamente: chi è l’autentico soggetto della Liturgia? La risposta è semplice: la Chiesa. Non è il singolo o il gruppo che celebra la Liturgia, ma essa è primariamente azione di Dio attraverso la Chiesa, che ha la sua storia, la sua ricca tradizione e la sua creatività. La Liturgia, e di conseguenza la musica sacra, "vive di un corretto e costante rapporto tra sana traditio e legitima progressio", tenendo sempre ben presente che questi due concetti - che i Padri conciliari chiaramente sottolineavano - si integrano a vicenda perché "la tradizione è una realtà viva, include perciò in se stessa il principio dello sviluppo, del progresso" (Messaggio)
L’unità dei Cristiani abita nella preghiera. Intervista con il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani (Cubeddu)
Il Papa: chi è l’autentico soggetto della Liturgia? La risposta è semplice: la Chiesa. Non è il singolo o il gruppo che celebra la Liturgia, ma essa è primariamente azione di Dio attraverso la Chiesa
Il 29 Giugno 2011, il Papa celebrerà il suo 60° anniversario di ordinazione sacerdotale. Il Vaticano ricorda questo giorno con l'emissione di quattro francobolli speciali (Schwibach)
Un Cristianesimo vivo e totalizzante (Michelangelo Nasca)
“Religione & Società”, nell’ottica della ‘nuova evangelizzazione’. Dal prossimo Anno accademico un nuovo biennio specialistico e un Master presso l’ISSR all’Apollinare
“Il Santo Padre ha espresso la sua vicinanza alla Chiesa e al popolo libico” dice Mons. Martinelli (Fides)
Cei: cordoglio bipartisan per la morte di Mons. Ruppi. Cattolici, Mons. Crociata: è triste se diventano faziosi. Divisi nei partiti ma uniti in difesa dei valori (Izzo)
Il Papa ai vescovi indiani: assistete i bisognosi senza distinzione (Sir)
Il Papa ai vescovi indiani: "Che i fedeli di Cristo in India continuino ad assistere tutti i bisognosi nelle comunità intorno a loro, indipendentemente dalla razza, dall'appartenenza etnica, dalla religione o dallo status sociale, convinti del fatto che tutti sono stati creati a immagine di Dio e tutti meritano uguale rispetto" (Discorso)
San Marino, trasporto pubblico gratuito per la visita del Papa
Il Papa: la secolarizzazione favorisce la disgregazione sociale. Non si può essere cristiani solo in privato (Izzo)
Il Papa, il Vangelo e il dramma della frammentarietà. Il saluto di Mons. Fisichella (O.R.)
Mons. Crociata al convegno «Cattolici a confronto» presso la Camera dei Deputati. Il nostro padrone è uno solo (O.R.)
Parlamentari da Crociata (Tornielli)
Il Papa: "Anche in chi resta legato alle radici cristiane, ma vive il difficile rapporto con la modernità, è importante far comprendere che l’essere cristiano non è una specie di abito da vestire in privato o in particolari occasioni, ma è qualcosa di vivo e totalizzante, capace di assumere tutto ciò che di buono vi è nella modernità" (Discorso)
Pedofilia, falsa indagine su un prete (Tirreno)
Caso Cantini, vent'anni di abusi. Il vescovo di Pistoia: "Uno sportello per le denunce in ogni diocesi". Ma il portavoce delle vittime, Aspettati: andate dal magistrato (Lancisi)
Referendum a Malta: passa il divorzio. Mons. Cremona: ora la famiglia sia protagonista dell'evangelizzazione
La politica italiana e il disagio dei vescovi (Brunelli)
Il Papa: Nuova evangelizzazione. Annuncio e credibilità contro l’esclusione di Dio (AsiaNews)
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Pedofilia, la risposta dei vescovi del Belgio alla Commissione speciale. Comunicato
Il Papa: Il termine ‘nuova evangelizzazione’ richiama l’esigenza di una rinnovata modalità di annuncio
Annunciare Cristo in modo nuovo all'uomo secolarizzato di oggi: così il Papa al dicastero della nuova evangelizzazione (R.V.)
Pedofilia: la Chiesa non è rimasta a guardare! (Michelangelo Nasca)
«Le domande di un "padre" nello spazio». L'astrofisico Marco Bersanelli ci racconta perché il dialogo di Benedetto XVI con gli astronauti è «raro e straordinario» (Stoppa)
Il Papa al Sodalizio Mariano di Regensburg: "Noi eravamo stati ammessi alla Congregazione, ma poco dopo iniziò la guerra contro la Russia; il seminario fu sciolto, e la Congregazione – prima che si fosse riunita, che riuscisse a radunarsi – era già stata dispersa ai quattro venti. Così ciò non è entrato come "data esteriore" della vita, ma è rimasto come "data interiore" della vita, perché da sempre è stato chiaro che la cattolicità non può esistere senza un atteggiamento mariano, che essere cattolici vuol dire essere mariani, che ciò significa l’amore per la Madre, che nella Madre e per la Madre troviamo il Signore" (Discorso "a braccio")
Il Papa: l’annuncio del Vangelo fa fiorire la vita. In occasione del Regina Caeli in piazza San Pietro (Zenit)
Il Papa ha parlato a braccio della propria esperienza personale, in un’epoca buia, segnata dalla guerra (Galeazzi)
Bellissima musica. Ma il coro è stonato (Magister)
Un francobollo per Benedetto XVI (Angela Ambrogetti)
NOVENA ALLA SACRA FAMIGLIA IN PREPARAZIONE ALLA CONSACRAZIONE DELLE FAMIGLIE CATTOLICHE CROATE ALLA SACRA FAMIGLIA
CHIESA E PEDOFILIA: LA PUNTATA DI MATRIX (VIDEO INTEGRALE)
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BENEDETTO XVI: IL PROGRAMMA DEL VIAGGIO IN CROAZIA
La “grande messa” della domenica insieme all’incontro, del sabato, con la società civile, politica, accademica, economica e culturale del Paese e alla veglia con i giovani, sono tra “gli eventi più significativi” che costellano il programma del viaggio apostolico di Benedetto XVI in Croazia, in occasione della Giornata nazionale delle famiglie cattoliche del Paese (4-5 giugno).
Ad illustrarlo oggi ai giornalisti è stato il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi: “all’arrivo nell’Aeroporto internazionale di Zagreb Pleso, Benedetto XVI terrà il primo dei cinque discorsi del viaggio. Successivamente si recherà in visita di cortesia al presidente della Repubblica al quale farà dono di un fac simile di un codice musicale della biblioteca vaticana. Il presidente croato, infatti, – ha ricordato padre Lombardi – è un esperto musicologo”.
Successivamente riceverà in udienza, in nunziatura, il premier del Governo. Nel pomeriggio, presso il teatro nazionale croato di Zagabria, il Pontefice incontrerà esponenti della società civile, del mondo politico, accademico, imprenditoriale e culturale del Paese, con il corpo diplomatico e con i leader religiosi. Ultimo appuntamento del 4 giugno sarà per i giovani. Ne sono attesi 50 mila, ha riferito il portavoce, in piazza Bano Josip Jelacic.
Domenica 5 giugno mattina, nell’ippodromo di Zagabria, la messa per la Giornata nazionale delle famiglie cattoliche, alla quale sono previste alcune centinaia di migliaia di fedeli. Nel pomeriggio prima della cerimonia di congedo, la recita dei Vespri con il clero e i consacrati e la preghiera sulla tomba del beato Alojzije Viktor Stepinac nella cattedrale dell’Assunzione della Beata Vergine Maria e di Santo Stefano di Zagreb.
Tra i temi che verranno toccati dal Papa nei suoi discorsi, secondo padre Lombardi, ci saranno in particolare la famiglia e l’Europa.
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Il viaggio di Benedetto XVI in Croazia. Padre Lombardi: una visita nel segno delle famiglie e del Beato Stepinac (R.V.)
Il viaggio di Benedetto XVI in Croazia. Padre Lombardi: una visita nel segno delle famiglie e del Beato Stepinac
In Croazia, fervono i preparativi per la visita del Papa in programma il 4 e 5 giugno prossimi. Il 19.mo viaggio apostolico internazionale di Benedetto XVI avverrà in occasione della Giornata nazionale delle famiglie cattoliche croate e avrà per motto “Insieme in Cristo”. Sul significato e i momenti salienti della visita, il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha tenuto stamani un briefing, seguito per noi da Alessandro Gisotti:
Una visita di due giorni, intensa e ricca di momenti spirituali ma anche di dialogo con le diverse realtà sociali e culturali della Croazia. Padre Federico Lombardi ha innanzitutto ricordato che, se Benedetto XVI visita la terra croata per la prima volta, Joseph Ratzinger era già stato in questo Paese due volte da cardinale. Quindi, si è soffermato sul contesto sociopolitico in cui avviene il viaggio: ricorre quest’anno il 20.mo anniversario dell’indipendenza della Croazia, che ora attende con fiducia l’integrazione nell’Unione Europea:
“Ci saranno certamente dei riferimenti alla cultura, alla tradizione, all’identità del popolo croato e le sue attese nella prospettiva dell’inserimento nell’Unione europea”.
Il direttore della Sala Stampa ha dunque illustrato i momenti salienti del viaggio. Sabato 4 giugno, dopo la tradizionale cerimonia di benvenuto all’aeroporto di Zagabria, il Pontefice si recherà al Palazzo presidenziale dove avrà un colloquio con il presidente della Repubblica, Ivo Josipovic, legato al Pontefice da un grande amore per la musica classica. Nel pomeriggio, due gli eventi di grande rilievo: al Teatro nazionale croato, l'incontro con gli esponenti della società civile, della cultura e i leader religiosi; la sera, nella Piazza centrale di Zagabria, la Veglia di preghiera con i giovani. All’evento, sono attese circa 50 mila persone. La domenica mattina, il momento culminante del viaggio con la grande Messa che il Papa celebrerà nell’ippodromo di Zagabria in occasione della Giornata nazionale delle famiglie cattoliche croate. Attese 300 mila persone. Nel pomeriggio, poi, il Papa si recherà nella Cattedrale cittadina per recitare i Vespri e raccogliersi in preghiera dinnanzi alla tomba del Beato Stepinac, difensore della libertà religiosa contro la dittatura comunista:
“Grande pastore della Chiesa croata, vescovo e martire, è morto in conseguenza delle malattie contratte durante la prigionia, quindi è considerato martire. Certamente, è un po’ la figura dominante nel clima di questo incontro”.
Dopo una visita al cardinale arcivescovo di Zagabria, Bozanic, il Papa si recherà in aeroporto per far ritorno a Roma. Tutti i discorsi del Papa, ha spiegato padre Lombardi, saranno pronunciati in italiano, intercalati dalla lettura di una traduzione in lingua croata. Non mancheranno tuttavia alcuni passaggi letti direttamente in croato dal Santo Padre. Al seguito del Papa, ha osservato padre Lombardi, ci saranno anche il cardinale Antonelli, presidente del dicastero per la Famiglia e mons. Eterovic, segretario generale del Sinodo dei vescovi, di nazionalità croata.
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In Croazia, fervono i preparativi per la visita del Papa in programma il 4 e 5 giugno prossimi. Il 19.mo viaggio apostolico internazionale di Benedetto XVI avverrà in occasione della Giornata nazionale delle famiglie cattoliche croate e avrà per motto “Insieme in Cristo”. Sul significato e i momenti salienti della visita, il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha tenuto stamani un briefing, seguito per noi da Alessandro Gisotti:
Una visita di due giorni, intensa e ricca di momenti spirituali ma anche di dialogo con le diverse realtà sociali e culturali della Croazia. Padre Federico Lombardi ha innanzitutto ricordato che, se Benedetto XVI visita la terra croata per la prima volta, Joseph Ratzinger era già stato in questo Paese due volte da cardinale. Quindi, si è soffermato sul contesto sociopolitico in cui avviene il viaggio: ricorre quest’anno il 20.mo anniversario dell’indipendenza della Croazia, che ora attende con fiducia l’integrazione nell’Unione Europea:
“Ci saranno certamente dei riferimenti alla cultura, alla tradizione, all’identità del popolo croato e le sue attese nella prospettiva dell’inserimento nell’Unione europea”.
Il direttore della Sala Stampa ha dunque illustrato i momenti salienti del viaggio. Sabato 4 giugno, dopo la tradizionale cerimonia di benvenuto all’aeroporto di Zagabria, il Pontefice si recherà al Palazzo presidenziale dove avrà un colloquio con il presidente della Repubblica, Ivo Josipovic, legato al Pontefice da un grande amore per la musica classica. Nel pomeriggio, due gli eventi di grande rilievo: al Teatro nazionale croato, l'incontro con gli esponenti della società civile, della cultura e i leader religiosi; la sera, nella Piazza centrale di Zagabria, la Veglia di preghiera con i giovani. All’evento, sono attese circa 50 mila persone. La domenica mattina, il momento culminante del viaggio con la grande Messa che il Papa celebrerà nell’ippodromo di Zagabria in occasione della Giornata nazionale delle famiglie cattoliche croate. Attese 300 mila persone. Nel pomeriggio, poi, il Papa si recherà nella Cattedrale cittadina per recitare i Vespri e raccogliersi in preghiera dinnanzi alla tomba del Beato Stepinac, difensore della libertà religiosa contro la dittatura comunista:
“Grande pastore della Chiesa croata, vescovo e martire, è morto in conseguenza delle malattie contratte durante la prigionia, quindi è considerato martire. Certamente, è un po’ la figura dominante nel clima di questo incontro”.
Dopo una visita al cardinale arcivescovo di Zagabria, Bozanic, il Papa si recherà in aeroporto per far ritorno a Roma. Tutti i discorsi del Papa, ha spiegato padre Lombardi, saranno pronunciati in italiano, intercalati dalla lettura di una traduzione in lingua croata. Non mancheranno tuttavia alcuni passaggi letti direttamente in croato dal Santo Padre. Al seguito del Papa, ha osservato padre Lombardi, ci saranno anche il cardinale Antonelli, presidente del dicastero per la Famiglia e mons. Eterovic, segretario generale del Sinodo dei vescovi, di nazionalità croata.
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I giovani croati si preparano all'incontro con il Papa (YouTube)
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Il Papa: aiutare i poveri senza distinzioni e discriminazioni (Izzo)
PAPA: AIUTARE I POVERI SENZA DISTINZIONI E DISCRIMINAZIONI
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 30 mag.
La Chiesa Cattolica e' chiamata ad "assistere le persone bisognose nelle comunita' in cui vivono, senza distinzioni di razza, etnia, religione o stato sociale", perche' "tutti sono stati creati ad immagine di Dio e a tutti e' dovuto pari rispetto".
Il Papa lo ha ricordato nel discorso rivolto a un gruppo di vescovi indiani ricevuto in Vaticano per la visita ad limina, che ha elogiato per "gli impressionanti segni della carita' della Chiesa in molti campi dell'attivita' sociale, un servizio portato avanti in particolare da preti e religiosi".
"Attraverso la testimonianza di carita' cristiana - ha aggiunto Benedetto XVI - le scuole cattoliche preparano giovani di tutte le fedi a costruire una societa' piu' giusta e pacifica. Le agenzie della Chiesa hanno anche contribuito alla promozione del microcredito, aiutando i poveri ad aiutare se stessi. Inoltre, promuovono la missione caritativa e di cura della Chiesa attraverso cliniche, orfanotrofi, ospedali e innumerevoli altri progetti, allo scopo di promuovere la dignita' e il benessere, assistendo i poveri e i deboli, le persone sole e gli anziani, gli abbandonati e i sofferenti".
Nel suo discorso, Benedetto XVI ha anche esortato le famiglie cattoliche indiane ad "essere esempio di amore reciproco, rispetto e sostegno", a porre attenzione "alla preghiera, alla meditazione delle Scritture", partecipando "pienamente alla vita sacramentale della Chiesa". "Molti di voi - ha proseguito il Papa, rivolgendosi ai vescovi indiani - mi hanno parlato delle gravi sfide che minacciano l'unita', l'armonia e la santita' della famiglia, e del lavoro necessario per costruire una cultura di rispetto nei confronti del matrimonio e della vita familiare".
"Una sana catechesi rivolta specialmente alle coppie che si preparano al matrimonio, nutrira' - ha concluso il Pontefice -la fede delle famiglie cristiane e le assistera', offrendo una testimonianza vita e vitale della saggezza antica della Chiesa a proposito del matrimonio, della famiglia e dell'uso responsabile della sessualita' in quanto dono di Dio".
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Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 30 mag.
La Chiesa Cattolica e' chiamata ad "assistere le persone bisognose nelle comunita' in cui vivono, senza distinzioni di razza, etnia, religione o stato sociale", perche' "tutti sono stati creati ad immagine di Dio e a tutti e' dovuto pari rispetto".
Il Papa lo ha ricordato nel discorso rivolto a un gruppo di vescovi indiani ricevuto in Vaticano per la visita ad limina, che ha elogiato per "gli impressionanti segni della carita' della Chiesa in molti campi dell'attivita' sociale, un servizio portato avanti in particolare da preti e religiosi".
"Attraverso la testimonianza di carita' cristiana - ha aggiunto Benedetto XVI - le scuole cattoliche preparano giovani di tutte le fedi a costruire una societa' piu' giusta e pacifica. Le agenzie della Chiesa hanno anche contribuito alla promozione del microcredito, aiutando i poveri ad aiutare se stessi. Inoltre, promuovono la missione caritativa e di cura della Chiesa attraverso cliniche, orfanotrofi, ospedali e innumerevoli altri progetti, allo scopo di promuovere la dignita' e il benessere, assistendo i poveri e i deboli, le persone sole e gli anziani, gli abbandonati e i sofferenti".
Nel suo discorso, Benedetto XVI ha anche esortato le famiglie cattoliche indiane ad "essere esempio di amore reciproco, rispetto e sostegno", a porre attenzione "alla preghiera, alla meditazione delle Scritture", partecipando "pienamente alla vita sacramentale della Chiesa". "Molti di voi - ha proseguito il Papa, rivolgendosi ai vescovi indiani - mi hanno parlato delle gravi sfide che minacciano l'unita', l'armonia e la santita' della famiglia, e del lavoro necessario per costruire una cultura di rispetto nei confronti del matrimonio e della vita familiare".
"Una sana catechesi rivolta specialmente alle coppie che si preparano al matrimonio, nutrira' - ha concluso il Pontefice -la fede delle famiglie cristiane e le assistera', offrendo una testimonianza vita e vitale della saggezza antica della Chiesa a proposito del matrimonio, della famiglia e dell'uso responsabile della sessualita' in quanto dono di Dio".
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Benedetto XVI: lo sviluppo della musica sacra deve essere fedele alla tradizione e dare dignità alla liturgia (Radio Vaticana)
Benedetto XVI: lo sviluppo della musica sacra deve essere fedele alla tradizione e dare dignità alla liturgia
È la Chiesa “l’autentico soggetto” della liturgia e, in questo senso, la musica sacra deve riuscire a coinvolgere l’assemblea, restituendo il senso “della preghiera, della dignità e della bellezza” di una celebrazione. Lo afferma Benedetto XVI in un passaggio della lettera inviata al cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica, in occasione dei 100 anni di fondazione del Pontificio Istituto di Musica Sacra. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Al giorno d’oggi potrebbe essere la musica pop a influenzare negativamente quella liturgica. Un secolo fa era erano le arie d’opera e Pio X decise che la musica sacra non poteva essere terreno di conquista per partiture musicali inadatte a esprimere lo stretto legame tra le note e il senso del divino di una liturgia. Per questo – ricorda Benedetto XVI nella sua lettera – Pio X fondò nel 1911 la Scuola Superiore di Musica Sacra, elevata 20 anni dopo al rango di Pontificio Istituto da Pio XI. Il senso della “profonda riforma” innescata da Papa Sarto, spiega ancora Benedetto XVI, va rintracciato nel bisogno di avere nella Chiesa un “centro di studio e di insegnamento” in grado di trasmettere a compositori, maestri di cappella e liturgisti “le linee indicate dal Sommo Pontefice”, in modo “fedele e qualificato”.
Benedetto XVI dà risalto nella lettera a un aspetto da lui ritenuto “particolarmente caro”, ovvero che oggi, “pur nella naturale evoluzione”, è possibile riscontrare “la sostanziale continuità del Magistero sulla musica sacra nella Liturgia”. In tempi recenti, Paolo VI e Giovanni Paolo II – scrive il Papa – hanno voluto ribadire “il fine della musica sacra” e i “criteri fondamentali della tradizione”: il “senso della preghiera, della dignità e della bellezza; la piena aderenza ai testi e ai gesti liturgici; il coinvolgimento dell’assemblea e, quindi, il legittimo adattamento alla cultura locale, conservando, al tempo stesso, l’universalità del linguaggio; il primato – ha proseguito – del canto gregoriano, quale supremo modello di musica sacra, e la sapiente valorizzazione delle altre forme espressive, che fanno parte del patrimonio storico-liturgico della Chiesa, specialmente, ma non solo, la polifonia; l’importanza della schola cantorum, in particolare nelle chiese cattedrali”.
Tuttavia, ha detto a un certo punto il Pontefice, “dobbiamo sempre chiederci nuovamente: chi è l’autentico soggetto della Liturgia? La risposta è semplice: la Chiesa”. Non è – ha detto con chiarezza – il singolo o il gruppo che celebra la Liturgia, ma essa è primariamente azione di Dio attraverso la Chiesa, che ha la sua storia, la sua ricca tradizione e la sua creatività”. La Liturgia, sottolinea Benedetto XVI, “vive di un corretto e costante rapporto” tra la sana tradizione e un legittimo sviluppo, e dunque anche la musica sacra. Tenendo sempre ben presente, conclude, “che questi due concetti - che i Padri conciliari chiaramente sottolineavano - si integrano a vicenda perché la tradizione è una realtà viva, include perciò in se stessa il principio dello sviluppo, del progresso”.
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È la Chiesa “l’autentico soggetto” della liturgia e, in questo senso, la musica sacra deve riuscire a coinvolgere l’assemblea, restituendo il senso “della preghiera, della dignità e della bellezza” di una celebrazione. Lo afferma Benedetto XVI in un passaggio della lettera inviata al cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica, in occasione dei 100 anni di fondazione del Pontificio Istituto di Musica Sacra. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Al giorno d’oggi potrebbe essere la musica pop a influenzare negativamente quella liturgica. Un secolo fa era erano le arie d’opera e Pio X decise che la musica sacra non poteva essere terreno di conquista per partiture musicali inadatte a esprimere lo stretto legame tra le note e il senso del divino di una liturgia. Per questo – ricorda Benedetto XVI nella sua lettera – Pio X fondò nel 1911 la Scuola Superiore di Musica Sacra, elevata 20 anni dopo al rango di Pontificio Istituto da Pio XI. Il senso della “profonda riforma” innescata da Papa Sarto, spiega ancora Benedetto XVI, va rintracciato nel bisogno di avere nella Chiesa un “centro di studio e di insegnamento” in grado di trasmettere a compositori, maestri di cappella e liturgisti “le linee indicate dal Sommo Pontefice”, in modo “fedele e qualificato”.
Benedetto XVI dà risalto nella lettera a un aspetto da lui ritenuto “particolarmente caro”, ovvero che oggi, “pur nella naturale evoluzione”, è possibile riscontrare “la sostanziale continuità del Magistero sulla musica sacra nella Liturgia”. In tempi recenti, Paolo VI e Giovanni Paolo II – scrive il Papa – hanno voluto ribadire “il fine della musica sacra” e i “criteri fondamentali della tradizione”: il “senso della preghiera, della dignità e della bellezza; la piena aderenza ai testi e ai gesti liturgici; il coinvolgimento dell’assemblea e, quindi, il legittimo adattamento alla cultura locale, conservando, al tempo stesso, l’universalità del linguaggio; il primato – ha proseguito – del canto gregoriano, quale supremo modello di musica sacra, e la sapiente valorizzazione delle altre forme espressive, che fanno parte del patrimonio storico-liturgico della Chiesa, specialmente, ma non solo, la polifonia; l’importanza della schola cantorum, in particolare nelle chiese cattedrali”.
Tuttavia, ha detto a un certo punto il Pontefice, “dobbiamo sempre chiederci nuovamente: chi è l’autentico soggetto della Liturgia? La risposta è semplice: la Chiesa”. Non è – ha detto con chiarezza – il singolo o il gruppo che celebra la Liturgia, ma essa è primariamente azione di Dio attraverso la Chiesa, che ha la sua storia, la sua ricca tradizione e la sua creatività”. La Liturgia, sottolinea Benedetto XVI, “vive di un corretto e costante rapporto” tra la sana tradizione e un legittimo sviluppo, e dunque anche la musica sacra. Tenendo sempre ben presente, conclude, “che questi due concetti - che i Padri conciliari chiaramente sottolineavano - si integrano a vicenda perché la tradizione è una realtà viva, include perciò in se stessa il principio dello sviluppo, del progresso”.
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Intervista con sua beatitudine Béchara Raï, nuovo patriarca di Antiochia dei Maroniti (Malacaria per "30 Giorni")
Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo con il permesso della Redazione:
ANTICIPAZIONE DEL MENSILE 30GIORNI DIRETTO DAL SENATORE GIULIO ANDREOTTI
Intervista con sua beatitudine Béchara Raï, nuovo patriarca di Antiochia dei Maroniti
«I vari leader cristiani hanno parlato delle loro diverse opzioni politiche e, pur ribadendo le proprie posizioni, sono arrivati alla conclusione che le loro visioni politiche sono complementari e non in conflitto. La molteplicità di opzioni politiche, piuttosto che causa di scontri, può essere una ricchezza e garanzia di democrazia»
«In passato, riguardo a Hezbollah, c’è stato il problema della natura di questo partito perché, in particolare, c’era chi non accettava che possedesse delle armi. Oggi, però, tale discussione si è esaurita, perché sterile. Adesso si parla di strategia comune di difesa, cioè di come il Libano debba organizzare il possesso e l’uso delle armi».
«All’origine di tutte le crisi e di tutti i problemi del Medio Oriente c’è il conflitto israelo-palestinese. È il peccato originale, la matrice che nutre tutte le cristi della nostra regione. Purtroppo la comunità internazionale non sta agendo come dovrebbe: bisogna applicare le risoluzioni del Consiglio di sicurezza, a cominciare da quella che prevede il ritorno dei profughi nella propria terra».
di Davide Malacaria
Il 15 marzo i vescovi maroniti, riuniti a Bkerké (nei pressi di Beirut), la sede del Patriarcato, hanno eletto Béchara Raï, vescovo di Jbeil, Byblos dei Maroniti, nuovo patriarca di Antiochia dei Maroniti. Sua beatitudine Béchara Boutros Raï, 71 anni, ordinato sacerdote nel 1967 e diventato vescovo nel 1986, conosce bene Roma e il Vaticano, in quanto qui ha studiato, presso il Pontificio Collegio Maronita, e qui, per anni, anche in qualità di membro del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali, è stato il responsabile del programma arabo della Radio Vaticana. Sua beatitudine Béchara Raï succede a Nasrallah Pierre Sfeir, che lo scorso febbraio, a novant’anni, ha dato le dimissioni. Lo scorso 14 aprile, ricevendo in udienza il nuovo patriarca, Benedetto XVI ha concesso la ecclesiastica communio.
Da alcuni anni in Libano, Paese cruciale per la stabilità del Medio Oriente, la solennità dell’Annunciazione è stata dichiarata festa nazionale, con gioia dei cristiani, ovviamente, e degli islamici, che venerano in Maria la madre del profeta Gesù. Una festa nata all’insegna di quella convivenza tra cristiani e islamici che, pur nelle alterne e a volte dolorose vicende della storia, è stata la caratteristica di questo Paese. Béchara in arabo vuol dire “Annunciazione”. Un buon auspicio.
Che cosa ha pensato al momento dell’elezione?
BÉCHARA RAÏ: Durante il Sinodo, gli altri possibili candidati al patriarcato, a un certo momento hanno fatto un passo indietro perché si arrivasse a un’elezione unanime. È stato in quel momento che mi è venuto in mente il motto del mio mandato: «Comunione e amore», che poi ho scritto sulla scheda elettorale. Così, durante lo scrutinio, mentre veniva ripetuto il mio nome, a un certo momento è stato letto anche questo motto. Era un modo per dire che accettavo quanto deciso nel Sinodo, ma all’insegna, appunto, della comunione e dell’amore.
La Chiesa maronita, di rito orientale e da sempre in comunione con Roma, gioca un ruolo di ponte tra la cristianità occidentale e quella ortodossa?
Per storia i maroniti hanno rapporti fecondi sia con le Chiese di tradizione greca e siriaca sia con la Santa Sede. Anche per questo hanno giocato un ruolo importante quando sono avvenute unioni tra Chiese di rito orientale e Roma – mi riferisco alle Chiese chiamate uniate. Per storia e tradizione il nostro ruolo è quello di essere ponte tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa. Un compito ecumenico molto prezioso per la cristianità.
Sempre a proposito dei rapporti con l’Ortodossia, il cardinale Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, nel suo intervento al Sinodo per le Chiese orientali ha detto di voler interpellare i patriarchi d’Oriente per raccogliere pareri per una possibile riforma del ministero petrino...
Una cosa analoga è stata fatta già al tempo di Giovanni Paolo II. Io ero membro della Commissione che doveva raccogliere le risposte dei patriarchi e riferire al Santo Padre. In quella sede avevamo raccolto i contributi di vari patriarchi e vescovi orientali, ma poi questo lavoro è rimasto incompiuto.
Tra le varie proposte giunte alla Commissione ce n’era qualcuna che aveva attirato più di altre la sua attenzione?
Tra le altre, vi era la proposta che i patriarcati orientali potessero estendere la loro giurisdizione sui fedeli della diaspora, quindi fuori dal territorio tradizionalmente chiamato territorio patriarcale. Questa proposta, purtroppo, non è stata accolta. Ricordo che se ne parlò nel 2000, in occasione di un convegno per il decennale della promulgazione del Codice di diritto canonico delle Chiese orientali, e, in quella sede, il segretario di Stato vaticano, parlando a nome del Papa, spiegò come non fosse possibile estendere la giurisdizione dei patriarcati, per due ordini di motivi. Il primo riguarda il principio di territorialità: per tradizione il territorio patriarcale ha un limite geografico limitato all’ambito orientale, né il principio di territorialità può diventare principio di soggettività. Il secondo motivo, ci fu riferito, è che il patriarcato è un’istituzione ecclesiastica e, come tale, può anche sparire, mentre l’episcopato e il papato sono, all’opposto, istituzioni divine e non caduche. Poiché il papa è vescovo di tutti i cattolici e poiché ci sono vescovi locali che hanno il potere pastorale giurisdizionale anche sui fedeli della diaspora orientale, non c’è bisogno di estendere la giurisdizione del patriarca. Questa in estrema sintesi la risposta che fu data.
Quanto è importante il rapporto tra il Patriarcato di Antiochia dei Maroniti e i fedeli della diaspora sparsi nel mondo?
Per il patriarca di Antiochia dei Maroniti è importante avere cura anche di questi fedeli. È un compito svolto già dalle diverse diocesi maronite sparse nel mondo; altrove, invece, a tale cura provvedono comunità organizzate, cioè parrocchie maronite, che dipendono dall’ordinario locale, che poi è quello latino; infine ci sono comunità senza sacerdoti. Quindi è nostro compito provvedere a livello pastorale: inviare sacerdoti, religiosi e religiose e, dove ci sono comunità organizzate, provvedere alle diocesi. Ma il legame tra gli emigrati e la madrepatria è mantenuto anche a livello ecclesiale e di società civile, attraverso le tante organizzazioni che conservano vitali tali rapporti. Un aspetto rilevante di questo legame è il mantenimento della cittadinanza libanese da parte dei discendenti di famiglie maronite. È importante perché, in un sistema politico come quello libanese, fondato sulla demografia, consente ai cristiani di mantenere immutato il loro numero e, conseguentemente, il loro peso politico. Si tenga conto che il nostro sistema politico vede una partecipazione paritetica alla gestione della cosa pubblica di cristiani e musulmani, in quanto la popolazione è composta per metà da cristiani e per metà da musulmani: se i numeri dovessero mutare molto, cambierebbe anche tale equilibrio. Ma il legame con i nostri emigrati è importante anche perché il Libano rappresenta per i maroniti la loro patria spirituale, le loro tradizioni, la loro storia. Inoltre tale legame permette agli emigrati di sostenere economicamente le famiglie rimaste in patria e anche la “causa” libanese.
Infine la diaspora può fare molto a livello di progetti di sviluppo e di progetti sociali.
Dopo la sua elezione, lei ha voluto incontrare i quattro più importanti leader dei partiti politici cristiani presenti in Libano...
In Libano adesso c’è una grande divisione tra quello che si chiama il “Blocco del 14 marzo”, che vede dei partiti cristiani alleati con i musulmani sunniti (che hanno rapporti con Arabia Saudita, Egitto e Stati Uniti), e il “Blocco dell’8 marzo”, che vede altri cristiani alleati con gli sciiti ed Hezbollah, i quali, a loro volta, hanno rapporti con Iran e Siria. Ciò crea tensione, anche perché tra sciiti e sunniti c’è grande conflittualità. Questa situazione ha creato distanze anche tra cristiani, tanto che i leader politici cristiani non riuscivano a incontrarsi. Così ho organizzato questo incontro al Patriarcato nella speranza di favorire una distensione nei rapporti tra cristiani e, di conseguenza, anche nella nazione. Ed è quello che è successo. I vari leader cristiani hanno parlato delle loro diverse opzioni politiche e, pur ribadendo le proprie posizioni, sono arrivati alla conclusione che le loro visioni politiche sono complementari e non in conflitto. La molteplicità di opzioni politiche, piuttosto che causa di scontri, può invece essere una ricchezza e garanzia di democrazia. Nell’incontro si è registrata una bella intesa, che ha creato distensione a livello pubblico. Ora, dopo che si è rotto il ghiaccio, gli incontri tra politici cristiani proseguiranno, ma più allargati, per ampliare le basi del dialogo. Oltre a questo incontro, al Patriarcato si è tenuto un vertice tra diversi capi religiosi, musulmani e cristiani. Ad esso ha fatto seguito una dichiarazione comune sui principi e i fondamenti della nazione nei quali tutti i libanesi, al di là della loro religione, si riconoscono, e sul fatto che la politica, in quanto tale, deve essere lasciata ai politici. Credo che tutto questo possa dare nuovo impulso all’unità del Paese. Spero, infine, che presto si possano realizzare incontri tra politici musulmani e cristiani, nell’ambito dei quali confrontarsi sui temi più caldi della vita sociale e politica del Paese.
Quindi il problema non è tanto creare un unico partito politico dei cristiani, quanto cercare un’intesa tra i vari partiti.
Il Libano è un Paese democratico e pluralista, quindi ben vengano diversità di opinioni e di vedute. Però ci sono due cose che ci uniscono: i fondamenti della nazione e i comuni obiettivi. Il Libano si fonda su alcuni principi politici che, fin dalla nascita dello Stato, ne costituiscono una costante mai venuta meno: cioè che il Libano è un Paese democratico, parlamentare, basato sulla convivenza tra musulmani e cristiani, sui diritti dell’uomo, sulla libertà, sul patto nazionale che vede cristiani e musulmani partecipare in maniera egualitaria alla gestione della cosa pubblica. Questi sono i fondamenti del nostro Paese, indispensabili proprio per la natura della nostra nazione: perché in Libano, data la presenza storica di cristiani e islamici, esistono due tradizioni diverse, due culture diverse e via dicendo. Per quanto riguarda gli obiettivi comuni, invece, s’intende: come conservare il Libano come entità statale, come conservare la sua identità e come agire per il bene comune e, per quanto riguarda in particolare i cristiani, come conservare la loro presenza nel nostro Paese. Per preservare i principi fondamentali del nostro Stato e per raggiungere tali obiettivi non si tratta di unificare le varie opzioni politiche, anzi. Si dice che «tutte le strade portano a Roma»: ben vengano le diversità di opinioni, di scelte politiche, di alleanze perché non c’è una fazione politica che possa pretendere di essere quella “vera”, tutte hanno un aspetto di verità. Il nostro compito è quello di favorire questo approccio costruttivo e non conflittuale.
Come si rapporterà il patriarca con Hezbollah?
In passato esisteva una Commissione in cui il Patriarcato ed Hezbollah dialogavano sui problemi del Paese, ma questo confronto proficuo si è fermato. Quando, dopo la mia elezione, una delegazione di Hezbollah è venuta a rendere omaggio al nuovo patriarca, ho detto loro che si doveva riprendere il dialogo, in particolare attraverso il ripristino di questa Commissione, perché non possiamo lasciarlo cadere nel vuoto. I conflitti tra uomini, tra gruppi nascono da incomprensioni o pregiudizi. Non è che dobbiamo dialogare su tutte le scelte politiche, però ci si può provare a chiarire su molti punti. In passato, riguardo a Hezbollah, c’è stato il problema della natura di questo partito perché, in particolare, c’era chi non accettava che possedesse delle armi. Oggi, però, tale discussione si è esaurita, perché sterile. Adesso si parla di strategia comune di difesa, cioè di come il Libano debba organizzare il possesso e l’uso delle armi. Non è accettabile il fatto che Hezbollah possa usare le armi quando vuole, possa dichiarare guerra o trattare la pace con Israele senza nessun rapporto con il governo del Paese. Si parla allora di una strategia di difesa che riguarda insieme lo Stato, Hezbollah, l’esercito regolare, le milizie di Hezbollah e così via. Non siamo ancora arrivati a un chiarimento sul punto, però il concetto è stato accettato un po’ da tutti. Al contrario, invece, è stata rifiutata al cento per cento la tesi secondo la quale Hezbollah dovrebbe consegnare le armi. È una richiesta che non può essere accettata e, tra l’altro, rende critico il rapporto con Hezbollah. Dobbiamo confrontarci, anche per ottenere garanzie sul fatto che Hezbollah non usi le armi sul piano interno, per rivalersi sui propri avversari politici, né dichiari guerra a Israele a prescindere da ogni riferimento al legittimo potere libanese. Non è accettabile uno Stato dentro lo Stato. Sono temi che sintetizziamo con l’espressione “strategia comune di difesa”.
Più volte ha parlato dell’importanza della convivenza tra cristiani e musulmani in Libano...
La convivenza nel nostro Paese è stata sancita con il Patto nazionale del ’43, quando musulmani e cristiani hanno espresso due negazioni: no all’Oriente e no all’Occidente. Vuol dire che i musulmani libanesi non possono lavorare a un processo di integrazione con la Siria o con qualsiasi altro Paese arabo a regime islamico, né i cristiani con l’Occidente e, nello specifico, con la Francia. Allo stesso tempo i musulmani hanno rinunciato a ogni pretesa riguardo alla possibilità di instaurare una teocrazia islamica mentre i cristiani, a loro volta, hanno rinunciato al laicismo di stampo occidentale. Così in Libano si è costruito uno Stato che è una via di mezzo tra la teocrazia orientale e i regimi secolarizzati occidentali. È un Paese civile, che rispetta la dimensione religiosa di tutti i cittadini; non può essere imposto un sistema teocratico, né una religione di Stato. La convivenza tra cristiani e musulmani è stabilita dalla Costituzione, la quale afferma, all’articolo 9, che il Libano è un grande omaggio a Dio, rispetta tutte le religioni, riconosce i loro statuti, garantisce la libertà religiosa e la pratica religiosa di tutti. Lo Stato libanese non legifera in materie che riguardano la religione, in materia di matrimonio o altro, come invece accade in Occidente dove si fanno leggi in contrasto con la legge naturale: ad esempio, quella sui matrimoni tra persone dello stesso sesso. In queste materie le diverse comunità religiose hanno una loro autonomia legislativa.
Reputa che il Libano sia un esempio virtuoso di convivenza anche a livello internazionale?
Certo. Vediamo che in Occidente la religione è messa da parte e questo l’islam non può accettarlo. D’altro canto vediamo come nel mondo orientale si siano instaurati sistemi politici in cui la religione ha un’importanza fondamentale, ma chiusi. E ciò riguarda sia i Paesi islamici che Israele. In Libano, invece, c’è uno Stato democratico, pluralista, che rispetta la dimensione religiosa di tutti i cittadini e i diritti dell’uomo. È la bellezza del nostro Paese, che ha fatto affermare a Giovanni Paolo II che il Libano più che una nazione è un messaggio e un esempio, un esempio virtuoso per l’Oriente rispetto ai regimi fondati sulla religione, e per l’Occidente rispetto a sistemi politici informati alla secolarizzazione.
Qual è la sua opinione sui movimenti di rivolta che si stanno propagando nei Paesi arabi e che, tra l’altro, toccano un Paese, come la Siria, molto importante per il Libano?
Il problema è complesso. In Siria governa una minoranza alawita, mentre la grande maggioranza dei musulmani siriani è sunnita. I sunniti, che non sono affatto fondamentalisti, governavano il Paese prima che arrivassero gli Assad e ora chiedono riforme... In Egitto invece ci sono i Fratelli musulmani che possono dare un’impronta fondamentalista al nuovo corso politico. Bisogna considerare che l’islam è dilaniato da diversi conflitti: tra sciiti e sunniti in Iraq e altrove, tra alawiti e sunniti in Siria in altri Paesi. Non so dove porterà tutto questo, ma è preoccupante: c’è il pericolo che in qualcuno di questi Stati s’instauri un regime islamico fondamentalista o un regime dittatoriale peggiore dei precedenti; oppure che si giunga alla partizione di questa regione in piccoli Stati confessionali, secondo quello che alcuni osservatori internazionali chiamano “progetto per un nuovo Medio Oriente”. Il futuro è incerto. Noi auspichiamo che questi Paesi trovino la pace nel rispetto dei diritti umani dei popoli, perché sappiamo che quelli che sono stati messi in discussione sono regimi di impronta dittatoriale, nei quali vigono un sistema politico-religioso chiuso e il partito unico. Sono Paesi con grandi risorse, ma le cui ricchezze non sono distribuite e in cui la gente è molto povera. Tutte queste rivolte, queste manifestazioni di massa sono state condotte, generalmente, senza armi, con Facebook: è gente che reclama i propri diritti e libertà. Alcuni Paesi hanno fatto le riforme, altri non le hanno fatte. Dove non si è trovata una risposta positiva alle attese della gente, la situazione va peggiorando e questo ci preoccupa sempre di più, anche perché questa crisi si ripercuote molto negativamente sulle comunità cristiane, com’è avvenuto in Iraq, perché purtroppo a subire le conseguenze di certe situazioni sono i cristiani. Siamo molto preoccupati anche per il Libano, che si trova in questo ambito e risente di tutte queste crisi. Noi ci rivolgiamo alla comunità internazionale perché aiuti questi popoli.
L’ultima domanda riguarda la pace tra Israele e Palestina…
All’origine di tutte le crisi e di tutti i problemi del Medio Oriente c’è il conflitto israelo-palestinese. È il “peccato originale”, la matrice che nutre tutte le crisi della nostra regione. Purtroppo la comunità internazionale non sta agendo come dovrebbe: bisogna applicare le risoluzioni del Consiglio di sicurezza, a cominciare da quella che prevede il ritorno dei profughi nella propria terra. L’Onu è stata creata per favorire la pace nel mondo e invece non fa nulla, perché, purtroppo, è ostaggio delle grandi potenze. I palestinesi devono avere il loro Stato e i profughi devono poter far ritorno alla propria terra. Il Libano ospita mezzo milione di profughi su un totale di quattro milioni di abitanti, un numero esorbitante... Una presenza che costituisce un problema per la sicurezza, dal momento che hanno armi e le usano al di fuori di ogni controllo, ma anche un dramma politico e sociale. I conflitti che hanno tormentato il Libano, dal ’75 fino ad oggi, sono stati causati dalla presenza di questi profughi, che premono per tornare nelle loro terre. Se si risolvesse questo conflitto anche Hezbollah perderebbe la sua ragion d’essere... È che le grandi potenze giocano sulla sorte dei popoli. Basta vedere quel che è successo in Iraq, dove si è intervenuti, si è detto, per instaurare la democrazia e, in un decennio, sono state uccise più persone di quante ne abbia mai uccise Saddam Hussein...
© Copyright 30 Giorni, giugno 2011
ANTICIPAZIONE DEL MENSILE 30GIORNI DIRETTO DAL SENATORE GIULIO ANDREOTTI
Intervista con sua beatitudine Béchara Raï, nuovo patriarca di Antiochia dei Maroniti
«I vari leader cristiani hanno parlato delle loro diverse opzioni politiche e, pur ribadendo le proprie posizioni, sono arrivati alla conclusione che le loro visioni politiche sono complementari e non in conflitto. La molteplicità di opzioni politiche, piuttosto che causa di scontri, può essere una ricchezza e garanzia di democrazia»
«In passato, riguardo a Hezbollah, c’è stato il problema della natura di questo partito perché, in particolare, c’era chi non accettava che possedesse delle armi. Oggi, però, tale discussione si è esaurita, perché sterile. Adesso si parla di strategia comune di difesa, cioè di come il Libano debba organizzare il possesso e l’uso delle armi».
«All’origine di tutte le crisi e di tutti i problemi del Medio Oriente c’è il conflitto israelo-palestinese. È il peccato originale, la matrice che nutre tutte le cristi della nostra regione. Purtroppo la comunità internazionale non sta agendo come dovrebbe: bisogna applicare le risoluzioni del Consiglio di sicurezza, a cominciare da quella che prevede il ritorno dei profughi nella propria terra».
di Davide Malacaria
Il 15 marzo i vescovi maroniti, riuniti a Bkerké (nei pressi di Beirut), la sede del Patriarcato, hanno eletto Béchara Raï, vescovo di Jbeil, Byblos dei Maroniti, nuovo patriarca di Antiochia dei Maroniti. Sua beatitudine Béchara Boutros Raï, 71 anni, ordinato sacerdote nel 1967 e diventato vescovo nel 1986, conosce bene Roma e il Vaticano, in quanto qui ha studiato, presso il Pontificio Collegio Maronita, e qui, per anni, anche in qualità di membro del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali, è stato il responsabile del programma arabo della Radio Vaticana. Sua beatitudine Béchara Raï succede a Nasrallah Pierre Sfeir, che lo scorso febbraio, a novant’anni, ha dato le dimissioni. Lo scorso 14 aprile, ricevendo in udienza il nuovo patriarca, Benedetto XVI ha concesso la ecclesiastica communio.
Da alcuni anni in Libano, Paese cruciale per la stabilità del Medio Oriente, la solennità dell’Annunciazione è stata dichiarata festa nazionale, con gioia dei cristiani, ovviamente, e degli islamici, che venerano in Maria la madre del profeta Gesù. Una festa nata all’insegna di quella convivenza tra cristiani e islamici che, pur nelle alterne e a volte dolorose vicende della storia, è stata la caratteristica di questo Paese. Béchara in arabo vuol dire “Annunciazione”. Un buon auspicio.
Che cosa ha pensato al momento dell’elezione?
BÉCHARA RAÏ: Durante il Sinodo, gli altri possibili candidati al patriarcato, a un certo momento hanno fatto un passo indietro perché si arrivasse a un’elezione unanime. È stato in quel momento che mi è venuto in mente il motto del mio mandato: «Comunione e amore», che poi ho scritto sulla scheda elettorale. Così, durante lo scrutinio, mentre veniva ripetuto il mio nome, a un certo momento è stato letto anche questo motto. Era un modo per dire che accettavo quanto deciso nel Sinodo, ma all’insegna, appunto, della comunione e dell’amore.
La Chiesa maronita, di rito orientale e da sempre in comunione con Roma, gioca un ruolo di ponte tra la cristianità occidentale e quella ortodossa?
Per storia i maroniti hanno rapporti fecondi sia con le Chiese di tradizione greca e siriaca sia con la Santa Sede. Anche per questo hanno giocato un ruolo importante quando sono avvenute unioni tra Chiese di rito orientale e Roma – mi riferisco alle Chiese chiamate uniate. Per storia e tradizione il nostro ruolo è quello di essere ponte tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa. Un compito ecumenico molto prezioso per la cristianità.
Sempre a proposito dei rapporti con l’Ortodossia, il cardinale Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, nel suo intervento al Sinodo per le Chiese orientali ha detto di voler interpellare i patriarchi d’Oriente per raccogliere pareri per una possibile riforma del ministero petrino...
Una cosa analoga è stata fatta già al tempo di Giovanni Paolo II. Io ero membro della Commissione che doveva raccogliere le risposte dei patriarchi e riferire al Santo Padre. In quella sede avevamo raccolto i contributi di vari patriarchi e vescovi orientali, ma poi questo lavoro è rimasto incompiuto.
Tra le varie proposte giunte alla Commissione ce n’era qualcuna che aveva attirato più di altre la sua attenzione?
Tra le altre, vi era la proposta che i patriarcati orientali potessero estendere la loro giurisdizione sui fedeli della diaspora, quindi fuori dal territorio tradizionalmente chiamato territorio patriarcale. Questa proposta, purtroppo, non è stata accolta. Ricordo che se ne parlò nel 2000, in occasione di un convegno per il decennale della promulgazione del Codice di diritto canonico delle Chiese orientali, e, in quella sede, il segretario di Stato vaticano, parlando a nome del Papa, spiegò come non fosse possibile estendere la giurisdizione dei patriarcati, per due ordini di motivi. Il primo riguarda il principio di territorialità: per tradizione il territorio patriarcale ha un limite geografico limitato all’ambito orientale, né il principio di territorialità può diventare principio di soggettività. Il secondo motivo, ci fu riferito, è che il patriarcato è un’istituzione ecclesiastica e, come tale, può anche sparire, mentre l’episcopato e il papato sono, all’opposto, istituzioni divine e non caduche. Poiché il papa è vescovo di tutti i cattolici e poiché ci sono vescovi locali che hanno il potere pastorale giurisdizionale anche sui fedeli della diaspora orientale, non c’è bisogno di estendere la giurisdizione del patriarca. Questa in estrema sintesi la risposta che fu data.
Quanto è importante il rapporto tra il Patriarcato di Antiochia dei Maroniti e i fedeli della diaspora sparsi nel mondo?
Per il patriarca di Antiochia dei Maroniti è importante avere cura anche di questi fedeli. È un compito svolto già dalle diverse diocesi maronite sparse nel mondo; altrove, invece, a tale cura provvedono comunità organizzate, cioè parrocchie maronite, che dipendono dall’ordinario locale, che poi è quello latino; infine ci sono comunità senza sacerdoti. Quindi è nostro compito provvedere a livello pastorale: inviare sacerdoti, religiosi e religiose e, dove ci sono comunità organizzate, provvedere alle diocesi. Ma il legame tra gli emigrati e la madrepatria è mantenuto anche a livello ecclesiale e di società civile, attraverso le tante organizzazioni che conservano vitali tali rapporti. Un aspetto rilevante di questo legame è il mantenimento della cittadinanza libanese da parte dei discendenti di famiglie maronite. È importante perché, in un sistema politico come quello libanese, fondato sulla demografia, consente ai cristiani di mantenere immutato il loro numero e, conseguentemente, il loro peso politico. Si tenga conto che il nostro sistema politico vede una partecipazione paritetica alla gestione della cosa pubblica di cristiani e musulmani, in quanto la popolazione è composta per metà da cristiani e per metà da musulmani: se i numeri dovessero mutare molto, cambierebbe anche tale equilibrio. Ma il legame con i nostri emigrati è importante anche perché il Libano rappresenta per i maroniti la loro patria spirituale, le loro tradizioni, la loro storia. Inoltre tale legame permette agli emigrati di sostenere economicamente le famiglie rimaste in patria e anche la “causa” libanese.
Infine la diaspora può fare molto a livello di progetti di sviluppo e di progetti sociali.
Dopo la sua elezione, lei ha voluto incontrare i quattro più importanti leader dei partiti politici cristiani presenti in Libano...
In Libano adesso c’è una grande divisione tra quello che si chiama il “Blocco del 14 marzo”, che vede dei partiti cristiani alleati con i musulmani sunniti (che hanno rapporti con Arabia Saudita, Egitto e Stati Uniti), e il “Blocco dell’8 marzo”, che vede altri cristiani alleati con gli sciiti ed Hezbollah, i quali, a loro volta, hanno rapporti con Iran e Siria. Ciò crea tensione, anche perché tra sciiti e sunniti c’è grande conflittualità. Questa situazione ha creato distanze anche tra cristiani, tanto che i leader politici cristiani non riuscivano a incontrarsi. Così ho organizzato questo incontro al Patriarcato nella speranza di favorire una distensione nei rapporti tra cristiani e, di conseguenza, anche nella nazione. Ed è quello che è successo. I vari leader cristiani hanno parlato delle loro diverse opzioni politiche e, pur ribadendo le proprie posizioni, sono arrivati alla conclusione che le loro visioni politiche sono complementari e non in conflitto. La molteplicità di opzioni politiche, piuttosto che causa di scontri, può invece essere una ricchezza e garanzia di democrazia. Nell’incontro si è registrata una bella intesa, che ha creato distensione a livello pubblico. Ora, dopo che si è rotto il ghiaccio, gli incontri tra politici cristiani proseguiranno, ma più allargati, per ampliare le basi del dialogo. Oltre a questo incontro, al Patriarcato si è tenuto un vertice tra diversi capi religiosi, musulmani e cristiani. Ad esso ha fatto seguito una dichiarazione comune sui principi e i fondamenti della nazione nei quali tutti i libanesi, al di là della loro religione, si riconoscono, e sul fatto che la politica, in quanto tale, deve essere lasciata ai politici. Credo che tutto questo possa dare nuovo impulso all’unità del Paese. Spero, infine, che presto si possano realizzare incontri tra politici musulmani e cristiani, nell’ambito dei quali confrontarsi sui temi più caldi della vita sociale e politica del Paese.
Quindi il problema non è tanto creare un unico partito politico dei cristiani, quanto cercare un’intesa tra i vari partiti.
Il Libano è un Paese democratico e pluralista, quindi ben vengano diversità di opinioni e di vedute. Però ci sono due cose che ci uniscono: i fondamenti della nazione e i comuni obiettivi. Il Libano si fonda su alcuni principi politici che, fin dalla nascita dello Stato, ne costituiscono una costante mai venuta meno: cioè che il Libano è un Paese democratico, parlamentare, basato sulla convivenza tra musulmani e cristiani, sui diritti dell’uomo, sulla libertà, sul patto nazionale che vede cristiani e musulmani partecipare in maniera egualitaria alla gestione della cosa pubblica. Questi sono i fondamenti del nostro Paese, indispensabili proprio per la natura della nostra nazione: perché in Libano, data la presenza storica di cristiani e islamici, esistono due tradizioni diverse, due culture diverse e via dicendo. Per quanto riguarda gli obiettivi comuni, invece, s’intende: come conservare il Libano come entità statale, come conservare la sua identità e come agire per il bene comune e, per quanto riguarda in particolare i cristiani, come conservare la loro presenza nel nostro Paese. Per preservare i principi fondamentali del nostro Stato e per raggiungere tali obiettivi non si tratta di unificare le varie opzioni politiche, anzi. Si dice che «tutte le strade portano a Roma»: ben vengano le diversità di opinioni, di scelte politiche, di alleanze perché non c’è una fazione politica che possa pretendere di essere quella “vera”, tutte hanno un aspetto di verità. Il nostro compito è quello di favorire questo approccio costruttivo e non conflittuale.
Come si rapporterà il patriarca con Hezbollah?
In passato esisteva una Commissione in cui il Patriarcato ed Hezbollah dialogavano sui problemi del Paese, ma questo confronto proficuo si è fermato. Quando, dopo la mia elezione, una delegazione di Hezbollah è venuta a rendere omaggio al nuovo patriarca, ho detto loro che si doveva riprendere il dialogo, in particolare attraverso il ripristino di questa Commissione, perché non possiamo lasciarlo cadere nel vuoto. I conflitti tra uomini, tra gruppi nascono da incomprensioni o pregiudizi. Non è che dobbiamo dialogare su tutte le scelte politiche, però ci si può provare a chiarire su molti punti. In passato, riguardo a Hezbollah, c’è stato il problema della natura di questo partito perché, in particolare, c’era chi non accettava che possedesse delle armi. Oggi, però, tale discussione si è esaurita, perché sterile. Adesso si parla di strategia comune di difesa, cioè di come il Libano debba organizzare il possesso e l’uso delle armi. Non è accettabile il fatto che Hezbollah possa usare le armi quando vuole, possa dichiarare guerra o trattare la pace con Israele senza nessun rapporto con il governo del Paese. Si parla allora di una strategia di difesa che riguarda insieme lo Stato, Hezbollah, l’esercito regolare, le milizie di Hezbollah e così via. Non siamo ancora arrivati a un chiarimento sul punto, però il concetto è stato accettato un po’ da tutti. Al contrario, invece, è stata rifiutata al cento per cento la tesi secondo la quale Hezbollah dovrebbe consegnare le armi. È una richiesta che non può essere accettata e, tra l’altro, rende critico il rapporto con Hezbollah. Dobbiamo confrontarci, anche per ottenere garanzie sul fatto che Hezbollah non usi le armi sul piano interno, per rivalersi sui propri avversari politici, né dichiari guerra a Israele a prescindere da ogni riferimento al legittimo potere libanese. Non è accettabile uno Stato dentro lo Stato. Sono temi che sintetizziamo con l’espressione “strategia comune di difesa”.
Più volte ha parlato dell’importanza della convivenza tra cristiani e musulmani in Libano...
La convivenza nel nostro Paese è stata sancita con il Patto nazionale del ’43, quando musulmani e cristiani hanno espresso due negazioni: no all’Oriente e no all’Occidente. Vuol dire che i musulmani libanesi non possono lavorare a un processo di integrazione con la Siria o con qualsiasi altro Paese arabo a regime islamico, né i cristiani con l’Occidente e, nello specifico, con la Francia. Allo stesso tempo i musulmani hanno rinunciato a ogni pretesa riguardo alla possibilità di instaurare una teocrazia islamica mentre i cristiani, a loro volta, hanno rinunciato al laicismo di stampo occidentale. Così in Libano si è costruito uno Stato che è una via di mezzo tra la teocrazia orientale e i regimi secolarizzati occidentali. È un Paese civile, che rispetta la dimensione religiosa di tutti i cittadini; non può essere imposto un sistema teocratico, né una religione di Stato. La convivenza tra cristiani e musulmani è stabilita dalla Costituzione, la quale afferma, all’articolo 9, che il Libano è un grande omaggio a Dio, rispetta tutte le religioni, riconosce i loro statuti, garantisce la libertà religiosa e la pratica religiosa di tutti. Lo Stato libanese non legifera in materie che riguardano la religione, in materia di matrimonio o altro, come invece accade in Occidente dove si fanno leggi in contrasto con la legge naturale: ad esempio, quella sui matrimoni tra persone dello stesso sesso. In queste materie le diverse comunità religiose hanno una loro autonomia legislativa.
Reputa che il Libano sia un esempio virtuoso di convivenza anche a livello internazionale?
Certo. Vediamo che in Occidente la religione è messa da parte e questo l’islam non può accettarlo. D’altro canto vediamo come nel mondo orientale si siano instaurati sistemi politici in cui la religione ha un’importanza fondamentale, ma chiusi. E ciò riguarda sia i Paesi islamici che Israele. In Libano, invece, c’è uno Stato democratico, pluralista, che rispetta la dimensione religiosa di tutti i cittadini e i diritti dell’uomo. È la bellezza del nostro Paese, che ha fatto affermare a Giovanni Paolo II che il Libano più che una nazione è un messaggio e un esempio, un esempio virtuoso per l’Oriente rispetto ai regimi fondati sulla religione, e per l’Occidente rispetto a sistemi politici informati alla secolarizzazione.
Qual è la sua opinione sui movimenti di rivolta che si stanno propagando nei Paesi arabi e che, tra l’altro, toccano un Paese, come la Siria, molto importante per il Libano?
Il problema è complesso. In Siria governa una minoranza alawita, mentre la grande maggioranza dei musulmani siriani è sunnita. I sunniti, che non sono affatto fondamentalisti, governavano il Paese prima che arrivassero gli Assad e ora chiedono riforme... In Egitto invece ci sono i Fratelli musulmani che possono dare un’impronta fondamentalista al nuovo corso politico. Bisogna considerare che l’islam è dilaniato da diversi conflitti: tra sciiti e sunniti in Iraq e altrove, tra alawiti e sunniti in Siria in altri Paesi. Non so dove porterà tutto questo, ma è preoccupante: c’è il pericolo che in qualcuno di questi Stati s’instauri un regime islamico fondamentalista o un regime dittatoriale peggiore dei precedenti; oppure che si giunga alla partizione di questa regione in piccoli Stati confessionali, secondo quello che alcuni osservatori internazionali chiamano “progetto per un nuovo Medio Oriente”. Il futuro è incerto. Noi auspichiamo che questi Paesi trovino la pace nel rispetto dei diritti umani dei popoli, perché sappiamo che quelli che sono stati messi in discussione sono regimi di impronta dittatoriale, nei quali vigono un sistema politico-religioso chiuso e il partito unico. Sono Paesi con grandi risorse, ma le cui ricchezze non sono distribuite e in cui la gente è molto povera. Tutte queste rivolte, queste manifestazioni di massa sono state condotte, generalmente, senza armi, con Facebook: è gente che reclama i propri diritti e libertà. Alcuni Paesi hanno fatto le riforme, altri non le hanno fatte. Dove non si è trovata una risposta positiva alle attese della gente, la situazione va peggiorando e questo ci preoccupa sempre di più, anche perché questa crisi si ripercuote molto negativamente sulle comunità cristiane, com’è avvenuto in Iraq, perché purtroppo a subire le conseguenze di certe situazioni sono i cristiani. Siamo molto preoccupati anche per il Libano, che si trova in questo ambito e risente di tutte queste crisi. Noi ci rivolgiamo alla comunità internazionale perché aiuti questi popoli.
L’ultima domanda riguarda la pace tra Israele e Palestina…
All’origine di tutte le crisi e di tutti i problemi del Medio Oriente c’è il conflitto israelo-palestinese. È il “peccato originale”, la matrice che nutre tutte le crisi della nostra regione. Purtroppo la comunità internazionale non sta agendo come dovrebbe: bisogna applicare le risoluzioni del Consiglio di sicurezza, a cominciare da quella che prevede il ritorno dei profughi nella propria terra. L’Onu è stata creata per favorire la pace nel mondo e invece non fa nulla, perché, purtroppo, è ostaggio delle grandi potenze. I palestinesi devono avere il loro Stato e i profughi devono poter far ritorno alla propria terra. Il Libano ospita mezzo milione di profughi su un totale di quattro milioni di abitanti, un numero esorbitante... Una presenza che costituisce un problema per la sicurezza, dal momento che hanno armi e le usano al di fuori di ogni controllo, ma anche un dramma politico e sociale. I conflitti che hanno tormentato il Libano, dal ’75 fino ad oggi, sono stati causati dalla presenza di questi profughi, che premono per tornare nelle loro terre. Se si risolvesse questo conflitto anche Hezbollah perderebbe la sua ragion d’essere... È che le grandi potenze giocano sulla sorte dei popoli. Basta vedere quel che è successo in Iraq, dove si è intervenuti, si è detto, per instaurare la democrazia e, in un decennio, sono state uccise più persone di quante ne abbia mai uccise Saddam Hussein...
© Copyright 30 Giorni, giugno 2011
L’unità dei Cristiani abita nella preghiera. Intervista con il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani (Cubeddu)
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Il Papa: chi è l’autentico soggetto della Liturgia? La risposta è semplice: la Chiesa. Non è il singolo o il gruppo che celebra la Liturgia, ma essa è primariamente azione di Dio attraverso la Chiesa
BENEDETTO XVI: CENTENARIO PONT. IST. MUSICA SACRA, “PER LA GLORIA DI DIO”
Per cogliere identità e missione del Pontificio Istituto di musica sacra, “occorre ricordare che il Papa san Pio X lo fondò otto anni dopo aver emanato il Motu proprio Tra le sollecitudini, del 22 novembre 1903, col quale operò una profonda riforma nel campo della musica sacra, rifacendosi alla grande tradizione della Chiesa contro gli influssi esercitati dalla musica profana, specie operistica”.
Lo ha scritto Benedetto XVI in una lettera al card. Zenon Grocholewski, gran cancelliere del Pontificio Istituto di musica sacra, per i cento anni della Scuola superiore di musica sacra, elevata a Pontificio Istituto dopo un ventennio.
“Tale intervento magisteriale – ha spiegato - aveva bisogno, per la sua attuazione nella Chiesa universale, di un centro di studio e di insegnamento che potesse trasmettere in modo fedele e qualificato le linee indicate dal Sommo Pontefice, secondo l’autentica e gloriosa tradizione risalente a san Gregorio Magno”. Il Papa ha sottolineato come “da san Pio X fino ad oggi si riscontri, pur nella naturale evoluzione, la sostanziale continuità del Magistero sulla musica sacra nella Liturgia”. In particolare, “Paolo VI e Giovanni Paolo II, alla luce della Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium, hanno voluto ribadire il fine della musica sacra, cioè ‘la gloria di Dio e la santificazione dei fedeli’, e i criteri fondamentali della tradizione”.
Tra di essi, “il senso della preghiera, della dignità e della bellezza; la piena aderenza ai testi e ai gesti liturgici; il coinvolgimento dell’assemblea e, quindi, il legittimo adattamento alla cultura locale, conservando, al tempo stesso, l’universalità del linguaggio; il primato del canto gregoriano, quale supremo modello di musica sacra, e la sapiente valorizzazione delle altre forme espressive, che fanno parte del patrimonio storico-liturgico della Chiesa, specialmente, ma non solo, la polifonia; l’importanza della schola cantorum”. Per il Papa, “sono criteri importanti, da considerare attentamente anche oggi”.
A volte tali elementi, quali “il valore del grande patrimonio ecclesiale della musica sacra o l’universalità che è caratteristica del canto gregoriano”, sono stati ritenuti “espressione di una concezione rispondente ad un passato da superare e da trascurare, perché limitativo della libertà e della creatività del singolo e delle comunità”.
Ma, ha domandato Benedetto XVI, “chi è l’autentico soggetto della Liturgia? La risposta è semplice: la Chiesa. Non è il singolo o il gruppo che celebra la Liturgia, ma essa è primariamente azione di Dio attraverso la Chiesa, che ha la sua storia, la sua ricca tradizione e la sua creatività”. La Liturgia, e la musica sacra, “vive di un corretto e costante rapporto tra sana traditio e legitima progressio”.
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Per cogliere identità e missione del Pontificio Istituto di musica sacra, “occorre ricordare che il Papa san Pio X lo fondò otto anni dopo aver emanato il Motu proprio Tra le sollecitudini, del 22 novembre 1903, col quale operò una profonda riforma nel campo della musica sacra, rifacendosi alla grande tradizione della Chiesa contro gli influssi esercitati dalla musica profana, specie operistica”.
Lo ha scritto Benedetto XVI in una lettera al card. Zenon Grocholewski, gran cancelliere del Pontificio Istituto di musica sacra, per i cento anni della Scuola superiore di musica sacra, elevata a Pontificio Istituto dopo un ventennio.
“Tale intervento magisteriale – ha spiegato - aveva bisogno, per la sua attuazione nella Chiesa universale, di un centro di studio e di insegnamento che potesse trasmettere in modo fedele e qualificato le linee indicate dal Sommo Pontefice, secondo l’autentica e gloriosa tradizione risalente a san Gregorio Magno”. Il Papa ha sottolineato come “da san Pio X fino ad oggi si riscontri, pur nella naturale evoluzione, la sostanziale continuità del Magistero sulla musica sacra nella Liturgia”. In particolare, “Paolo VI e Giovanni Paolo II, alla luce della Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium, hanno voluto ribadire il fine della musica sacra, cioè ‘la gloria di Dio e la santificazione dei fedeli’, e i criteri fondamentali della tradizione”.
Tra di essi, “il senso della preghiera, della dignità e della bellezza; la piena aderenza ai testi e ai gesti liturgici; il coinvolgimento dell’assemblea e, quindi, il legittimo adattamento alla cultura locale, conservando, al tempo stesso, l’universalità del linguaggio; il primato del canto gregoriano, quale supremo modello di musica sacra, e la sapiente valorizzazione delle altre forme espressive, che fanno parte del patrimonio storico-liturgico della Chiesa, specialmente, ma non solo, la polifonia; l’importanza della schola cantorum”. Per il Papa, “sono criteri importanti, da considerare attentamente anche oggi”.
A volte tali elementi, quali “il valore del grande patrimonio ecclesiale della musica sacra o l’universalità che è caratteristica del canto gregoriano”, sono stati ritenuti “espressione di una concezione rispondente ad un passato da superare e da trascurare, perché limitativo della libertà e della creatività del singolo e delle comunità”.
Ma, ha domandato Benedetto XVI, “chi è l’autentico soggetto della Liturgia? La risposta è semplice: la Chiesa. Non è il singolo o il gruppo che celebra la Liturgia, ma essa è primariamente azione di Dio attraverso la Chiesa, che ha la sua storia, la sua ricca tradizione e la sua creatività”. La Liturgia, e la musica sacra, “vive di un corretto e costante rapporto tra sana traditio e legitima progressio”.
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“Religione & Società”, nell’ottica della ‘nuova evangelizzazione’. Dal prossimo Anno accademico un nuovo biennio specialistico e un Master presso l’ISSR all’Apollinare
Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:
COMUNICATO STAMPA
Dal prossimo Anno accademico un nuovo biennio specialistico e un Master presso l’ISSR all’Apollinare
“Religione & Società”, nell’ottica della ‘nuova evangelizzazione’
ROMA, 31 maggio 2011
Nell’ottica della “nuova evangelizzazione”, dal prossimo Anno accademico 2011-2012, l’Istituto Superiore di Scienze Religiose all’Apollinare (ISSRA) attiverà il biennio specialistico “Religione & Società”, con una specifica attenzione all’attuale crisi antropologica ed etica della politica e dell’economia, spaziando dalle più cruciali questioni al centro del dibattito scientifico e con uno sguardo ai problemi posti dal multiculturalismo, dal pluralismo religioso e dal rapporto tra la funzione magisteriale della gerarchia ecclesiastica e il ruolo del laico cristiano nella vita pubblica.
Il Biennio prevede 120 crediti ECTS ed è suddiviso in quattro semestri. Possono essere ammessi coloro che sono in possesso del titolo di Magistero o Laurea in Scienze Religiose.
Parallelamente, viene attivato anche un omonimo Master, rivolto in particolare a coloro che, pur senza aspirare a un titolo ecclesiastico in Scienze Religiose, operano in settori che richiedono una formazione cristiana non solo profonda ma anche aggiornata alle problematiche attuali, come ad esempio nel volontariato o in ONG di tipo sociale.
In questo caso, è necessario essere in possesso di un diploma universitario civile od ecclesiastico di durata almeno triennale, ed è sufficiente il superamento degli esami equivalenti a 62 crediti ECTS.
Tra le principali materie del nuovo biennio specialistico e Master, “Morale sociale e politica”, “Antropologia del lavoro”, “Scienza e religione”, “Antropologia dell’amore umano”, “Storia delle dottrine economiche”, “Sociologia della Famiglia”, “Commercio e finanza responsabili”, “Responsabilità sociale dell’impresa”, “Rapporto Chiesa-Comunità politica”.
La metodologia didattica adottata dall’ISSRA propone le tradizionali forme dell’insegnamento di presenza (lezioni frontali, elaborati scritti, esami orali) in una forma flessibile, adatta a coloro che per ragioni geografiche, professionali o familiari sono impossibilitati a frequentare un Istituto presenziale.
Ogni annualità del Corso prevede 200 ore di lezioni frontali obbligatorie, distribuite lungo l’anno in sei cicli intensivi, per un totale di 24 giorni.
Le lezioni e gli esami di svolgono nella sede della Pontificia Università della Santa Croce (piazza Sant’Apollinare, 49, Roma).
Per informazioni ed Iscrizioni:
0668164330 - 0668164331
issrapoll@pusc.it - www.issra.it
COMUNICATO STAMPA
Dal prossimo Anno accademico un nuovo biennio specialistico e un Master presso l’ISSR all’Apollinare
“Religione & Società”, nell’ottica della ‘nuova evangelizzazione’
ROMA, 31 maggio 2011
Nell’ottica della “nuova evangelizzazione”, dal prossimo Anno accademico 2011-2012, l’Istituto Superiore di Scienze Religiose all’Apollinare (ISSRA) attiverà il biennio specialistico “Religione & Società”, con una specifica attenzione all’attuale crisi antropologica ed etica della politica e dell’economia, spaziando dalle più cruciali questioni al centro del dibattito scientifico e con uno sguardo ai problemi posti dal multiculturalismo, dal pluralismo religioso e dal rapporto tra la funzione magisteriale della gerarchia ecclesiastica e il ruolo del laico cristiano nella vita pubblica.
Il Biennio prevede 120 crediti ECTS ed è suddiviso in quattro semestri. Possono essere ammessi coloro che sono in possesso del titolo di Magistero o Laurea in Scienze Religiose.
Parallelamente, viene attivato anche un omonimo Master, rivolto in particolare a coloro che, pur senza aspirare a un titolo ecclesiastico in Scienze Religiose, operano in settori che richiedono una formazione cristiana non solo profonda ma anche aggiornata alle problematiche attuali, come ad esempio nel volontariato o in ONG di tipo sociale.
In questo caso, è necessario essere in possesso di un diploma universitario civile od ecclesiastico di durata almeno triennale, ed è sufficiente il superamento degli esami equivalenti a 62 crediti ECTS.
Tra le principali materie del nuovo biennio specialistico e Master, “Morale sociale e politica”, “Antropologia del lavoro”, “Scienza e religione”, “Antropologia dell’amore umano”, “Storia delle dottrine economiche”, “Sociologia della Famiglia”, “Commercio e finanza responsabili”, “Responsabilità sociale dell’impresa”, “Rapporto Chiesa-Comunità politica”.
La metodologia didattica adottata dall’ISSRA propone le tradizionali forme dell’insegnamento di presenza (lezioni frontali, elaborati scritti, esami orali) in una forma flessibile, adatta a coloro che per ragioni geografiche, professionali o familiari sono impossibilitati a frequentare un Istituto presenziale.
Ogni annualità del Corso prevede 200 ore di lezioni frontali obbligatorie, distribuite lungo l’anno in sei cicli intensivi, per un totale di 24 giorni.
Le lezioni e gli esami di svolgono nella sede della Pontificia Università della Santa Croce (piazza Sant’Apollinare, 49, Roma).
Per informazioni ed Iscrizioni:
0668164330 - 0668164331
issrapoll@pusc.it - www.issra.it
“Il Santo Padre ha espresso la sua vicinanza alla Chiesa e al popolo libico” dice Mons. Martinelli (Fides)
AFRICA/LIBIA - “Il Santo Padre ha espresso la sua vicinanza alla Chiesa e al popolo libico” dice Mons. Martinelli
Tripoli (Agenzia Fides)
“Il Santo Padre ci ha tenuto a dirmi: ‘non sentitevi soli, la Chiesa vi sostiene soprattutto con la preghiera’. Il Papa è stato molto paterno ed ha capito la sofferenza che sia la Chiesa in Libia sia il popolo libico stanno vivendo. Il Santo Padre ci ha dato coraggio. Avevamo bisogno di una parola di conforto” dice all’Agenzia Fides Sua Ecc. Mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, Vicario Apostolico di Tripoli, che sabato 28 maggio è stato ricevuto in udienza da Papa Benedetto XVI.
Mons. Martinelli che a Roma ha incontrato anche il Cardinale Peter Turkson, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, e Sua Ecc. Mons. Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati, sottolinea che da parte di tutti “è stata assicurata la preghiera, perché l’unità e la comunione ecclesiale si esprime attraverso di essa”.
Mons. Martinelli è da poco rientrato a Tripoli, dopo “un viaggio abbastanza tranquillo, anche se lungo. Ai check point non vi sono stati particolari problemi” racconta a Fides.
Ieri, 30 maggio, il Presidente sudafricano e inviato dell’Unione Africana, Jacob Zuma, si è incontrato con il leader libico Muhammar Gheddafi. “Speriamo che vi sia qualche sbocco, anche se non sappiamo cosa si siano detti” commenta Mons. Martinelli. “C’è la buona volontà, ma le soluzioni non sono facili. Speriamo comunque che avvenga qualcosa di nuovo” conclude il Vicario Apostolico di Tripoli. (L.M.)
© Copyright (Agenzia Fides 31/5/2011)
Tripoli (Agenzia Fides)
“Il Santo Padre ci ha tenuto a dirmi: ‘non sentitevi soli, la Chiesa vi sostiene soprattutto con la preghiera’. Il Papa è stato molto paterno ed ha capito la sofferenza che sia la Chiesa in Libia sia il popolo libico stanno vivendo. Il Santo Padre ci ha dato coraggio. Avevamo bisogno di una parola di conforto” dice all’Agenzia Fides Sua Ecc. Mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, Vicario Apostolico di Tripoli, che sabato 28 maggio è stato ricevuto in udienza da Papa Benedetto XVI.
Mons. Martinelli che a Roma ha incontrato anche il Cardinale Peter Turkson, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, e Sua Ecc. Mons. Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati, sottolinea che da parte di tutti “è stata assicurata la preghiera, perché l’unità e la comunione ecclesiale si esprime attraverso di essa”.
Mons. Martinelli è da poco rientrato a Tripoli, dopo “un viaggio abbastanza tranquillo, anche se lungo. Ai check point non vi sono stati particolari problemi” racconta a Fides.
Ieri, 30 maggio, il Presidente sudafricano e inviato dell’Unione Africana, Jacob Zuma, si è incontrato con il leader libico Muhammar Gheddafi. “Speriamo che vi sia qualche sbocco, anche se non sappiamo cosa si siano detti” commenta Mons. Martinelli. “C’è la buona volontà, ma le soluzioni non sono facili. Speriamo comunque che avvenga qualcosa di nuovo” conclude il Vicario Apostolico di Tripoli. (L.M.)
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Cei: cordoglio bipartisan per la morte di Mons. Ruppi. Cattolici, Mons. Crociata: è triste se diventano faziosi. Divisi nei partiti ma uniti in difesa dei valori (Izzo)
CEI: CORDOGLIO BIPARTISAN PER IL VESCOVO RUPPI
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 30 mag.
Prete giornalista, monsignor Cosmo Francesco Ruppi - l'arcivescovo emerito di Lecce scomparso ieri a 78 anni - era ancora una firma del Gr Rai e dell'Osservatore Romano dopo aver partecipato come inviato speciale della Gazzetta del Mezzogiorno ai viaggi apostolici di Paolo VI, che e' stato il primo Papa a sorvolare gli Oceani per portare speranza in Colombia, Africa e India, e il primo a recarsi in Terra Santa, seguito in quel pellegrinaggio anche da Eugenio Montale come inviato del Corriere della Sera. Giovanni Paolo II volle farlo vescovo e lo invio' prima da Termoli-Larino e poi a Lecce, dove e' rimasto per venti anni esatti, ma don Cosmo quando tornava a Roma non mancava di trascorrere un po' di tempo nella Sala Stampa della Santa Sede, che lo aveva visto al lavoro per raccontare il Concilio Vaticano II negli anni '60. Cronache assai coraggiose, le sue. Come quelle spedite dalla Colombia nell'agosto del '68, quando scrisse che nella storia di Camillo Torres, il prete guerrigliero, "c'e' il dramma della America Latina" e racconto' di 30 preti e suore che insieme a 200 studenti avevano occupato la Cattedrale di Bogota' per protesta.
Non solo, Ruppi volle anche intervistare la mamma di Torres che chiedeva al Papa di non andare in Bolivia per non dar credito internazionale ad un regime poliziesco. Era un giornalista molto obiettivo, certo non sospettabile di simpatia verso la Teologia della Liberazione, della quale in altrettanti e simmetrici articoli individuava i punti deboli.
Amava la verita' e la proclamava in ogni occasione senza peli sulla lingua. Divenuto vescovo continuo' a servirla, esercitando anche un ruolo di primo piano nella Cei, come presidente per un decennio della Commissione Episcopale per la pastorale delle migrazioni.
E molte volte dovette alzare la voce contro il rischio di derive razziste che si celavano dietro alle difficolta' di accoglienza degli immigrati in arrivo in quegli anni soprattutto dall'Albania. Un tema quello dell'immigrazione che gli stava molto a cuore e non poche sofferenze gli ha causato: il Centro Regina Pacis era la sua creatura prediletta (affidata al coraggioso don Cesare Lodeserto) e quando fu travolto da un polverone che rischiava di metterne in ombra i meriti, per monsignor Ruppi si tratto' di un grandissimo dolore. Ma tutti riconobbero la sua onesta' e trasparenza d'intenti. "Partecipo con commozione alla scomparsa di monsignor Ruppi, uomo di fede, per vent'anni vescovo di Lecce. In questa sua funzione ha saputo coniugare l'attivita' pastorale all'impegno per la crescita civile dei fedeli e dei cittadini", scrive oggi il presidente della Fondazione Italianieuropei, Massimo D'Alema. "In tutti questi anni con monsignor Ruppi - confida l'ex premier - ho avuto un dialogo profondo e costante sui problemi del Salento, sullo sviluppo sociale e civile di quest'area particolare e importante della regione". "Nel momento in cui monsignor Ruppi e' fra le braccia di quel Padre a cui ha consacrato se' stesso, due elementi emergono, fra gli altri, a segnare i venti anni del suo episcopato a Lecce: l'essere vicino a ciascuna singola persona al momento giusto, con un rapporto individuale che e' il solo sul quale poter costruire; la capacita' di gettare il cuore oltre l'ostacolo, frutto non solo di una naturale tenacia ma anzitutto di una profonda fede", afferma da parte sua il sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano. Un cordoglio bipartisan, come di certo gli sarebbe piaciuto.
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CATTOLICI: CROCIATA (CEI), E' TRISTE SE DIVENTANO FAZIOSI
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 30 mag.
"La cosa piu' triste sarebbe vedere cattolici per i quali e' maggiore la forza conflittuale dell'appartenenza partitica piuttosto che la capacita' di dialogo". Per i politici cattolici militanti in diversi schieramenti, infatti, "la sfida piu' grande e' non farsi fagocitare dalle logiche conflittuali interpartitiche, ma far agire la logica del confronto costruttivo". Monsignor Mariano Crociata, segretario generale della Cei ha voluto sottolinearlo nel suo intervento al Convegno del Convegno "Cattolici e cattolici a confronto" che si tiene presso la Camera dei deputati.
Chi si impegna in politica da cattolico, per monsignor Crociata deve tener presente invece "il carattere contingente della scelta politica di schieramento", il fatto cioe' che "nessuna scelta politica puo' tradurre compiutamente la visione cristiana e farlo in una forma sociale definita perfettamente corrispondente ad essa".
"La presenza dei cattolici nei vari partiti - ha scandito monsignor Crociata - e' una scommessa e una chance affinche' la politica prenda la piega di un concorso costruttivo e non lacerante, alla ricerca del bene comune e non solo di quello di una parte". Nello scegliere lo schieramento dove militare, quindi, "entra in gioco il discernimento personale e di gruppo nell'esercizio concreto della responsabilita' vocazionale in ambito socio-politico alle determinate condizioni di tempo e di luogo".
E "la stessa scelta di esprimere l'impegno dei cattolici in una qualche forma di unita' politica o in una pluralita' di formazioni partitiche o simili ha un carattere discrezionale". I vescovi italiani, ha ricordato il segretario della Cei, si aspettano che "ogni scelta sia dettata da un discernimento che abbia una continuita' e una coerenza con quella visione d'insieme che l'insegnamento sociale della Chiesa prepara e rende possibile".
In questo contesto, "le diverse rappresentazioni del bene generale e la ricerca di tutti per un qualche interesse di parte devono trovare una forma di composizione che non cancelli le differenze, ma evolva verso la visione di un bene piu' grande in cui sia possibile riconoscere l'apporto di ciascuno senza penalizzare il bene di tutti". "L'interesse di parte - infatti - non puo' oscurare la visione e la ricerca del bene generale: di questo i cattolici in politica devono sentire la primigenia e irriducibile responsabilita', come testimonianza di fede e di una appartenenza ancora piu' originaria e discriminante".
Per monsignor Crociata, oggi, invece, "c'e' bisogno di trovare forme e percorsi di trasformazione della politica", attraverso "la volonta' e lo spirito di iniziativa e di inventiva nel fare spazio a giovani che possano apprendere sul campo un modo costruttivo di operare in politica, partendo dall'alleanza con altri credenti e fecondando le dinamiche partitiche di lungimiranza e di progettualita' in vista della realizzazione crescente del bene di tutti". Piu' in generale, per il vescovo "il compito decisivo e assolutamente prioritario di ogni credente e' coltivare la propria fede e curare la sua espressione e coerenza in tutti gli ambiti dell'esistenza, primi fra tutti quelli in cui si esplica la dimensione vocazionale della sua identita' personale". Un impegno che trova espressione nell'ascolto della Parola, nella preghiera, nella vita sacramentale, e poi nello sforzo di tradurre negli ambiti della vita sociale le esigenze della vocazione cristiana con coerenza di giudizio, di atteggiamenti, di scelte e di comportamenti". "Qui - ha concluso Crociata - sta il primo e fondamentale sostegno che anche un credente impegnato nella vita pubblica puo' ricevere e si deve attendere dalla comunita' ecclesiale a cui appartiene", mentre "non e' spiritualismo o intimismo, e tanto meno devozionismo, rinviare alla dimensione ordinaria della vita della Chiesa come costitutiva anche di un impegno in politica da credenti", senza equivoci integralistici, bensi' "mantenendo lo statuto secolare autonomo delle realta' terrene, per riprendere una categoria di epoca conciliare".
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CATTOLICI: CROCIATA,DIVISI NEI PARTITI MA UNITI IN DIFESA VALORI
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 30 mag.
Anche se militano in partiti e schieramenti diversi, i politici cattolici sono tenuti a difendere gli stessi valori. "Cio' che unisce i credenti tra di loro - ha ricordato in proposito monsignor Mariano Crociata, segretario generale della Cei - e' piu' importante e maggiore rispetto alle differenze determinate dalla realta' sociale e politica". Secondo Crociata, intervenuto al Convegno del Convegno "Cattolici e cattolici a confronto" in corso alla Camera dei deputati, "contingente" non vuol dire "privo di riferimento con i principi della dottrina sociale che indirizza l'approccio e l'impegno dei credenti, qualunque sia la forma politica in cui questi si trovino a operare". In questo ambito, ha sottolineato monsignor Crociata, "si inserisce l'istanza imprescindibile del dialogo", il cui orizzonte "piu' immediato" e' "quello politico in senso tecnico, che si consuma tra le sedi dei partiti e le aule parlamentari".
C'e' poi, ha elencato il presule, il livello del dibattito pubblico, dove "l'opinione pubblica, ma anche l'ambito sociale intellettuale in senso lato umanistico, tecnico, scientifico, comunicativo e artistico, sono il luogo di un confronto in cui non soltanto si guadagna consenso, ma si costruiscono correnti di opinione e si fanno fermentare temi e progetti di vita sociale".
Infine, c'e', ha concluso monsignor Crociata, il "livello piu' interno" in cui il politico cattolico "si confronta all'interno della comunita' ecclesiale".
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Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 30 mag.
Prete giornalista, monsignor Cosmo Francesco Ruppi - l'arcivescovo emerito di Lecce scomparso ieri a 78 anni - era ancora una firma del Gr Rai e dell'Osservatore Romano dopo aver partecipato come inviato speciale della Gazzetta del Mezzogiorno ai viaggi apostolici di Paolo VI, che e' stato il primo Papa a sorvolare gli Oceani per portare speranza in Colombia, Africa e India, e il primo a recarsi in Terra Santa, seguito in quel pellegrinaggio anche da Eugenio Montale come inviato del Corriere della Sera. Giovanni Paolo II volle farlo vescovo e lo invio' prima da Termoli-Larino e poi a Lecce, dove e' rimasto per venti anni esatti, ma don Cosmo quando tornava a Roma non mancava di trascorrere un po' di tempo nella Sala Stampa della Santa Sede, che lo aveva visto al lavoro per raccontare il Concilio Vaticano II negli anni '60. Cronache assai coraggiose, le sue. Come quelle spedite dalla Colombia nell'agosto del '68, quando scrisse che nella storia di Camillo Torres, il prete guerrigliero, "c'e' il dramma della America Latina" e racconto' di 30 preti e suore che insieme a 200 studenti avevano occupato la Cattedrale di Bogota' per protesta.
Non solo, Ruppi volle anche intervistare la mamma di Torres che chiedeva al Papa di non andare in Bolivia per non dar credito internazionale ad un regime poliziesco. Era un giornalista molto obiettivo, certo non sospettabile di simpatia verso la Teologia della Liberazione, della quale in altrettanti e simmetrici articoli individuava i punti deboli.
Amava la verita' e la proclamava in ogni occasione senza peli sulla lingua. Divenuto vescovo continuo' a servirla, esercitando anche un ruolo di primo piano nella Cei, come presidente per un decennio della Commissione Episcopale per la pastorale delle migrazioni.
E molte volte dovette alzare la voce contro il rischio di derive razziste che si celavano dietro alle difficolta' di accoglienza degli immigrati in arrivo in quegli anni soprattutto dall'Albania. Un tema quello dell'immigrazione che gli stava molto a cuore e non poche sofferenze gli ha causato: il Centro Regina Pacis era la sua creatura prediletta (affidata al coraggioso don Cesare Lodeserto) e quando fu travolto da un polverone che rischiava di metterne in ombra i meriti, per monsignor Ruppi si tratto' di un grandissimo dolore. Ma tutti riconobbero la sua onesta' e trasparenza d'intenti. "Partecipo con commozione alla scomparsa di monsignor Ruppi, uomo di fede, per vent'anni vescovo di Lecce. In questa sua funzione ha saputo coniugare l'attivita' pastorale all'impegno per la crescita civile dei fedeli e dei cittadini", scrive oggi il presidente della Fondazione Italianieuropei, Massimo D'Alema. "In tutti questi anni con monsignor Ruppi - confida l'ex premier - ho avuto un dialogo profondo e costante sui problemi del Salento, sullo sviluppo sociale e civile di quest'area particolare e importante della regione". "Nel momento in cui monsignor Ruppi e' fra le braccia di quel Padre a cui ha consacrato se' stesso, due elementi emergono, fra gli altri, a segnare i venti anni del suo episcopato a Lecce: l'essere vicino a ciascuna singola persona al momento giusto, con un rapporto individuale che e' il solo sul quale poter costruire; la capacita' di gettare il cuore oltre l'ostacolo, frutto non solo di una naturale tenacia ma anzitutto di una profonda fede", afferma da parte sua il sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano. Un cordoglio bipartisan, come di certo gli sarebbe piaciuto.
© Copyright (AGI)
CATTOLICI: CROCIATA (CEI), E' TRISTE SE DIVENTANO FAZIOSI
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 30 mag.
"La cosa piu' triste sarebbe vedere cattolici per i quali e' maggiore la forza conflittuale dell'appartenenza partitica piuttosto che la capacita' di dialogo". Per i politici cattolici militanti in diversi schieramenti, infatti, "la sfida piu' grande e' non farsi fagocitare dalle logiche conflittuali interpartitiche, ma far agire la logica del confronto costruttivo". Monsignor Mariano Crociata, segretario generale della Cei ha voluto sottolinearlo nel suo intervento al Convegno del Convegno "Cattolici e cattolici a confronto" che si tiene presso la Camera dei deputati.
Chi si impegna in politica da cattolico, per monsignor Crociata deve tener presente invece "il carattere contingente della scelta politica di schieramento", il fatto cioe' che "nessuna scelta politica puo' tradurre compiutamente la visione cristiana e farlo in una forma sociale definita perfettamente corrispondente ad essa".
"La presenza dei cattolici nei vari partiti - ha scandito monsignor Crociata - e' una scommessa e una chance affinche' la politica prenda la piega di un concorso costruttivo e non lacerante, alla ricerca del bene comune e non solo di quello di una parte". Nello scegliere lo schieramento dove militare, quindi, "entra in gioco il discernimento personale e di gruppo nell'esercizio concreto della responsabilita' vocazionale in ambito socio-politico alle determinate condizioni di tempo e di luogo".
E "la stessa scelta di esprimere l'impegno dei cattolici in una qualche forma di unita' politica o in una pluralita' di formazioni partitiche o simili ha un carattere discrezionale". I vescovi italiani, ha ricordato il segretario della Cei, si aspettano che "ogni scelta sia dettata da un discernimento che abbia una continuita' e una coerenza con quella visione d'insieme che l'insegnamento sociale della Chiesa prepara e rende possibile".
In questo contesto, "le diverse rappresentazioni del bene generale e la ricerca di tutti per un qualche interesse di parte devono trovare una forma di composizione che non cancelli le differenze, ma evolva verso la visione di un bene piu' grande in cui sia possibile riconoscere l'apporto di ciascuno senza penalizzare il bene di tutti". "L'interesse di parte - infatti - non puo' oscurare la visione e la ricerca del bene generale: di questo i cattolici in politica devono sentire la primigenia e irriducibile responsabilita', come testimonianza di fede e di una appartenenza ancora piu' originaria e discriminante".
Per monsignor Crociata, oggi, invece, "c'e' bisogno di trovare forme e percorsi di trasformazione della politica", attraverso "la volonta' e lo spirito di iniziativa e di inventiva nel fare spazio a giovani che possano apprendere sul campo un modo costruttivo di operare in politica, partendo dall'alleanza con altri credenti e fecondando le dinamiche partitiche di lungimiranza e di progettualita' in vista della realizzazione crescente del bene di tutti". Piu' in generale, per il vescovo "il compito decisivo e assolutamente prioritario di ogni credente e' coltivare la propria fede e curare la sua espressione e coerenza in tutti gli ambiti dell'esistenza, primi fra tutti quelli in cui si esplica la dimensione vocazionale della sua identita' personale". Un impegno che trova espressione nell'ascolto della Parola, nella preghiera, nella vita sacramentale, e poi nello sforzo di tradurre negli ambiti della vita sociale le esigenze della vocazione cristiana con coerenza di giudizio, di atteggiamenti, di scelte e di comportamenti". "Qui - ha concluso Crociata - sta il primo e fondamentale sostegno che anche un credente impegnato nella vita pubblica puo' ricevere e si deve attendere dalla comunita' ecclesiale a cui appartiene", mentre "non e' spiritualismo o intimismo, e tanto meno devozionismo, rinviare alla dimensione ordinaria della vita della Chiesa come costitutiva anche di un impegno in politica da credenti", senza equivoci integralistici, bensi' "mantenendo lo statuto secolare autonomo delle realta' terrene, per riprendere una categoria di epoca conciliare".
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CATTOLICI: CROCIATA,DIVISI NEI PARTITI MA UNITI IN DIFESA VALORI
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 30 mag.
Anche se militano in partiti e schieramenti diversi, i politici cattolici sono tenuti a difendere gli stessi valori. "Cio' che unisce i credenti tra di loro - ha ricordato in proposito monsignor Mariano Crociata, segretario generale della Cei - e' piu' importante e maggiore rispetto alle differenze determinate dalla realta' sociale e politica". Secondo Crociata, intervenuto al Convegno del Convegno "Cattolici e cattolici a confronto" in corso alla Camera dei deputati, "contingente" non vuol dire "privo di riferimento con i principi della dottrina sociale che indirizza l'approccio e l'impegno dei credenti, qualunque sia la forma politica in cui questi si trovino a operare". In questo ambito, ha sottolineato monsignor Crociata, "si inserisce l'istanza imprescindibile del dialogo", il cui orizzonte "piu' immediato" e' "quello politico in senso tecnico, che si consuma tra le sedi dei partiti e le aule parlamentari".
C'e' poi, ha elencato il presule, il livello del dibattito pubblico, dove "l'opinione pubblica, ma anche l'ambito sociale intellettuale in senso lato umanistico, tecnico, scientifico, comunicativo e artistico, sono il luogo di un confronto in cui non soltanto si guadagna consenso, ma si costruiscono correnti di opinione e si fanno fermentare temi e progetti di vita sociale".
Infine, c'e', ha concluso monsignor Crociata, il "livello piu' interno" in cui il politico cattolico "si confronta all'interno della comunita' ecclesiale".
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