WOJTYLA: BAGNASCO, HA DATO SCOSSA SALUTARE AL NOSTRO PAESE
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 25 apr.
Papa Wojtyla, con il suo Pontificato, "ha dato una scossa salutare sia al nostro Paese, sia all'Occidente". Lo sottolinea il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, ricordando che "Giovanni Paolo II ha portato in tutto il mondo, il Magistero legato ai diritti umani e alla dignita' di ogni uomo, che non e' assolutamente un messaggio di tipo sociologico, ma e' un messaggio teologico perche', sempre parlando dell'uomo, ha guardato a Cristo Gesu', che rivela il vero volto di Dio e il vero volto dell'uomo". "Questo Magistero - spiega il cardinale in un'intervista alla Radio Vaticana - ha segnato la mia formazione religiosa, sacerdotale ed episcopale, ma ha segnato anche la coscienza del mondo intero". Secondo Bagnasco, in questo modo "Papa Karol Wojtyla ha portato in Italia e in Occidente l'eco della sua storia personale: la storia che riguarda la Polonia, ma che riguarda anche il mondo dell'Est, che ha lottato tanto per la propria liberta', per l'uguaglianza".
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WOJTYLA: BAGNASCO, HA CONTRIBUITO A RINSALDARE UNITA' ITALIA
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 25 apr.
Per il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, e' una coincidenza significativa quella tra la beatificazione di Giovanni Paolo II e le celebrazioni per i 150 anni dell'unita' d'Italia. "Direi - spiega in un'intervista alla Radio Vaticana - che Papa Wojtyla e' stato, dopo qualche tempo, colui che ha riproposto il termine di 'patria' nel senso etimologico, senza timori e senza complessi ed ha trasferito e ha trasfuso in modo molto bello e contagioso l'amore per la propria terra, per la propria cultura, per le proprie tradizioni, per la nazione; egli ha parlato dello spirito della nazione: tutto questo senza assolutamente cadere in quella che e' una chiusura identitaria". In proposito, il cardinale Bagnasco ricorda che "dentro una tradizione bella, forte, una storia di valori, c'e' sempre la premessa e la condizione per un'apertura inclusiva e arricchente di qualunque altra cultura".
(AGI)
WOJTYLA: BAGNASCO, GRATI A RATZINGER PER BEATIFICAZIONE
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 25 apr.
"Grande gioia e grande gratitudine" per la decisione di beatificare Giovanni Paolo II sono stati espressi a Papa Ratzinger, a nome dell'intera Chiesa Cattolica in Italia, dal presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco. "Perche' - spiega il porporato ai microfoni della Radio Vaticana - il Santo Padre Benedetto XVI ha potuto e ha voluto la Beatificazione del suo predecessore". Per Bagnasco, c'e' in Italia "una grande attesa, un grande desiderio da parte del popolo cristiano verso Giovanni Paolo II, che vede la sua realizzazione. Papa Giovanni Paolo II e' entrato nel cuore non solo della cattolicita', ma del mondo intero. Quindi, poterlo venerare sugli altari e' motivo - ha ripetuto il presidente della Cei - veramente di grande gioia e di gratitudine per Benedetto XVI".
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WOJTYLA: BAGNASCO, DA BEATIFICAZIONE NUOVO SLANCIO MISSIONARIO
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 25 apr.
I cattolici italiani riceveranno dalla beatificazione di Papa Wojtyla "uno slancio; un rinnovamento nello slancio missionario dell'evangelizzazione, per essere veramente sale e luce del nostro Paese". Ne e' certo il cardinale Angelo Bagnasco.
"La Chiesa deve essere - spiega il presidente della Cei ai microfoni della Radio Vaticana - una presenza propositiva, piena di lievito, di gioia per il bene di tutti; non certamente con il desiderio di ingerire, ma con il desiderio di servire la societa' italiana e, quindi, il bene di tutti e di ciascuno, annunciando il Vangelo e Gesu' Cristo. E questo con tutte le implicazioni che il Mistero di Cristo, annunciato e vissuto, comporta - conclude Bagnasco - sul piano antropologico, sul piano sociale, sul piano etico naturalmente: tutti gli aspetti e gli ambiti della vita umana".
(AGI)
WOJTYLA: SUO MAGISTERO SEGNATO FINO ALL'ULTIMO DALLA SOFFERENZA
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 25 apr.
La sofferenza e la malattia hanno caratterizzato il pontificato di Giovanni Paolo II, che soprattutto negli ultimi anni ha continuato a guidare la Chiesa e ad offrire al mondo la sua forte testimonianza attraverso la fragilita' e la debolezza. Per Giovanni Paolo II la sofferenza e' stata "un dono necessario". La aveva definita cosi', all'Angelus della domenica 29 maggio 1994, il primo in Vaticano dopo alcune settimane di degenza al Policlinico Universitario "Agostino Gemelli". In quell'occasione il Papa parlo' apertamente della sua esperienza personale: "ho meditato, ho ripensato di nuovo a tutto questo durante la mia degenza in ospedale - disse ai fedeli in piazza San Pietro - e ho capito che devo introdurre la Chiesa di Cristo in questo terzo millennio con la preghiera, con diverse iniziative, ma ho visto che non basta. Bisognava introdurla con la sofferenza, con l'attentato di tredici anni fa e con questo nuovo sacrificio".
Infine, Giovanni Paolo II confido': "deve essere aggredito il Papa, deve soffrire il Papa, perche' ogni famiglia e il mondo veda che c'e' un Vangelo, direi superiore: il Vangelo della sofferenza, in cui si deve preparare il futuro, il terzo millennio delle famiglie, di ogni famiglia e di tutte le famiglie". Si e' realizzato nei lunghi anni della malattia di Giovanni Paolo II, nella sua stessa persona, quel "Vangelo della sofferenza" di cui il Papa aveva parlato nella Lettera Apostolica "Salvifici doloris" del 1984, un vangelo scritto da "tutti coloro che soffrono insieme con Cristo, unendo le proprie sofferenze umane alla sua sofferenza salvifica. In essi - erano state le parole del Pontefice, reduce allora dall'attentato di Ali Agca - si compie cio' che i primi testimoni della passione e della risurrezione hanno detto ed hanno scritto circa la partecipazione alle sofferenze di Cristo". "In essi - sottolineava il Papa polacco - si compie il Vangelo della sofferenza e, al tempo stesso, ognuno di essi continua in un certo modo a scriverlo: lo scrive e lo proclama al mondo, lo annuncia al proprio ambiente ed agli uomini contemporanei".
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WOJTYLA: STRADA SEMPRE IN SALITA, FITTA DI OSTACOLI E DELUSIONI
(AGI) - CdV, 25 apr.
(di Salvatore Izzo)
All'inizio del Pontificato, verso Giovanni Paolo II "le incomprensioni e le diffidenze erano molte, soprattutto a livello di ceti dirigenti, anche ecclesiastici, mentre il popolo spontaneamente simpatizzava con lui", ricorda il card. Camillo Ruini, gia' vicario del Papa e presidente della Cei. Gradualmente "lo si e' capito e amato sempre di piu', fino a che e' diventato la persona piu' amata del mondo", dice Ruini. "Il nuovo Papa - conferma lo storico Andrea Riccardi, autore di 'Giovanni Polo II. La biografia' - era considerato troppo polacco, e dunque incapace di comprendere i raffinati equilibri della politica italiana e anche della Chiesa". Lui stesso, del resto, si era definito un "extracomunitario", come ebbe a dire scherzando. In realta' non si voleva comprendere quanto fondate fossero le sue critiche. In ogni caso non e' realistica l'immagine "vincente" che ne viene offerta oggi dai media. Quello di Wojtyla e' stato invece un pontificato "in salita", come quello di Paolo VI che lo ha preceduto e oggi quello di Benedetto XVI, l'allora card. Joseph Ratzinger che il Papa polacco ha descritto come "l'amico piu' fidato" nel suo ultimo libro ("Alzatevi, andiamo", edito da Rizzoli nel 2005). Provato ma non vinto dai colpi di pistola di Ali' Agca, da un tumore al colon e, verso la fine, dal Parkinson e dalle conseguenze di alcune brutte cadute, ma soprattutto dalle delusioni (negli ultimi tempi aveva ammesso che l'instabilita' seguita alla caduta del comunismo spinge alcuni a rimpiangere il triste equilibrio dei due blocchi), Giovanni Paolo II ha vissuto di certo un pontificato difficile. E segnato da molte incomprensioni. Nessun Papa prima di lui e' stato cosi' presente nei mass-media (Times lo incorono' "uomo dell'anno" nel '94), ma spesso il suo messaggio e' stato trasmesso in modo parziale e il suo rapporto con la gente non e' stato sempre facilitato dalla mediazione giornalistica.
Cosi' molti credevano di conoscere il pensiero del Papa ma lo avevano recepito solo indirettamente, magari attraverso le reazioni negative di qualche teologo contestatore. Il caso piu' evidente e' quello della enciclica sulla teologia morale, la "Veritatis Splendor", nella quale si cercavano riferimenti alla sessualita' mentre quella del Papa era una presentazione dei fondamenti delle norme, del perche', cioe', bisogna seguire la legge di Cristo. In fondo un po' tutte le sue quattordici encicliche hanno condiviso questa sorte: almeno a livello dell'opinione pubblica sono piu' note per le polemiche che hanno suscitato che per i loro contenuti. Ma questo non significa che le sue ferree prese di posizione non abbiano sortito effetti: sul tema della difesa della vita, ad esempio, non sono mancati riconoscimenti significativi, come il compromesso raggiunto alla Conferenza Internazionale del Cairo su "Popolazione e sviluppo" dopo che per mesi ogni Angelus domenicale era stato dedicato alla famiglia. All'interno della Chiesa, ovviamente, il discorso e' diverso. Eppure anche qui non sono mancate le incomprensioni: basti pensare alle tristi pagine costituite dallo scisma di Lefebvre (consumato dal vescovo francese nonostante il Papa avesse in buona parte riconosciuto le sue ragioni e concesso un indulto ai gruppi che volevano celebrare con il vecchio rito, poi vanificato dall'ordinazione illecita dei 4 vescovi della fraternita' San Pio X, il 30 giugno 1988). E, sull'altro versante, al manifesto dei 163 teologi antiromani che ampio spazio ha trovato anche in periodici cattolici molto diffusi, che fanno capo ad istituti religiosi. Alle contestazioni molto forti delle femministe, anche cattoliche (la lettera apostolica "Mulieris Dignitatem" venne criticata per un marginale riferimento all'esclusione delle donne dal sacerdozio tralasciando l'esaltazione che il Pontefice ha fatto del "genio femminile"). Ma anche alle contestazioni dei gay, manifestate mentre Wojtyla testimoniava la necessita' di non discriminare i malati di Aids abbracciandoli in ospedale (a Phoenix il 14 settembre 1987 bacio' addirittura un piccolo malato).
Contestazioni mosse a un Papa che aveva fatto della difesa della dignita' umana l'elemento centrale della sua missione (in proposito va ricordato il ruolo avuto nella formulazione della "Gaudium et Spes" dall'allora ausiliare di Cracovia, che intervenne al Concilio per scongiurare i padri di ricordarsi "di avere sempre nella mente e nel cuore che la dignita' della persona umana va sempre difesa e sostenuta"). Ne' forse i media hanno dato il giusto rilievo, durante il suo Pontificato, alle aperture ecumeniche di questo Papa che per la prima volta nella storia ha convocato, il 27 ottobre dell'86 ad Assisi, i leader delle grandi religioni del mondo, per pregare insieme per la pace e, nel settembre '94, in occasione del viaggio a Zagabria ha coraggiosamente ripetuto la sua condanna di ogni giustificazione religiosa delle guerre sfidando l'incomprensione di un popolo cattolico che si riteneva vittima di un'ingiustificabile aggressione. Ma proprio gli ortodossi serbi verso i quali tendeva la mano lo hanno respinto (niente Belgrado e a Sarajevo e' potuto andare solo tre anni dopo, nell'aprile del '97), come in passato avevano fatto quelli russi. E non ha avuto buona stampa nemmeno da parte degli ebrei (pagine e pagine della rivista ebraica Shalom contro i suoi discorsi alle Udienze). Anche se questo Papa e' stato il primo che si e' recato in una Sinagoga, il 13 aprile '86 (e poi, il 30 dicembre '93, ha riconosciuto Israele). Lui che dell'antisemitismo fin da bambino aveva sentito il disgusto, quando non riuscirono ad impedirgli di essere amico degli ebrei nella natia Wadowice. Come nel suo intimo Karol Wojtyla abbia vissuto questi passaggi umanamente penosi non e' possibile sapere. Uomo coraggioso, mai si e' lasciato intimidire dalle reazioni talvolta scomposte dei suoi "avversari". A Berlino, nel giugno scorso, proprio nel momento che avrebbe dovuto segnare il culmine della sua gloria, la celebrazione alla Porta di Brandeburgo, fu accolto da fischi e un gruppetto di contestatori lancio' un barattolo di vernice rossa contro la "Papamobile". Ma lui lesse l'intero discorso senza fare una piega (ne' omettere un rigo, cosa che invece, sollevando non pochi "gialli" sulle possibili motivazioni politiche di quei tagli, ormai faceva abitualmente durante i viaggi, per non stancarsi troppo e soprattutto per non stancare chi doveva ascoltarlo). E sorrise benevolmente quando, in un clima reso surreale da quelle cosi' sonore contestazioni, Kohl rese omaggio al contributo determinante dato dal Papa alla caduta dei muri.
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WOJTYLA:VOLEVA CHIAMARSI STANISLAO I,AL SANTO POLACCO DEDICO' ODE
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 25 apr.
'Stanislao I': cosi' avrebbe voluto chiamarsi papa Wojtyla - quando fu eletto il 16 ottobre 1978 - in omaggio alla sua patria, di cui San Stanislao e' patrono. Ma gli fu fatto notare che era un nome estraneo alla tradizione romana dei pontefici; e allora scelse il nome di Giovanni Paolo II, che riuniva in se' il ricordo dei suoi tre predecessori immediati: Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo I. Lo rivela il vaticanista Marco Tosatti nel volumetto "99 domande su Wojtyla". Anche il cardinale Franciszek Macharski, arcivescovo di Cracovia, nel maggio 2005 ricordo', in un'intervista a Telepace, che papa Wojtyla in un primo momento aveva pensato di prendere il nome di Stanislao, figura per lui fondamentale. "All'inizio del pontificato - affermo' Macharski - il Santo Padre aveva scritto una poesia che esprimeva l'essenza del suo pontificato: si chiamava 'Stanislao'. E come dono speciale, e originale, mi ha regalato questo scritto, dopo la mia ordinazione espiscopale avvenuta nell'Epifania del '79 a Roma. In questo modo, con una poesia, aveva voluto marcare il nuovo capitolo della sua vita, l'inizio del pontificato, attraverso la figura di San Stanislo, che era tutto per lui". In quell'occasione, Macharski ricordo' anche che, per il 750esimo anniversario della canonizzazione di San Stanislao, Giovanni Paolo II aveva nominato suo legato a Cracovia proprio l'allora cardinale Joseph Ratzinger. "Non so chi sia stato il primo a fare il suo nome: se il papa o Dio", commento' l'arcivescovo di Cracovia.
L'ultimo Papa non italiano prima di Karol Wojtyla, l'olandese, Floreszoon Boeyens, di Utrecht, aveva scelto di chiamarsi Adriano VI, e regno' per neanche due anni (1522-1523) senza grande successo; fra l'altro non capi' l'importanza di quello che stava succedendo in Germania con Lutero. Fu comunque l'ultimo pontefice non italiano, 455 anni prima dell'elezione di Karol Wojtyla, che e' stato finora l'unico Pontefice polacco, e l'unico Papa slavo della storia. Nell'agosto del 1978 si era gia' svolto, dopo la morte di Paolo VI, un conclave che porto' al soglio di Pietro, Albino Luciani, patriarca di Venezia. La sua morte dopo solo 33 giorni di Pontificato rimise in pista due grandi candidati italiani: Siri e Benelli. Un braccio di ferro che dimostro' l'impossibilita' per l'uno o per l'altro di prevalere. Franz Koenig, di Vienna, lancio' l'ipotesi Wojtyla, che fu accolta con rapidita'. E cosi' a 58 anni, un'eta' straordinariamente giovane, Karol Wojtyla fu eletto. Al momento dell'annuncio molti pensarono che per la prima volta nella storia era stato eletto un pontefice africano. Infatti il suo nome, pronunciato da Felici, "voiti'ua", ebbe alle orecchie dei telespettatori, e di molti in piazza San Pietro un suono africano. Uno straniero, dunque, che errori di pronuncia a parte (e' rimasto nella mente di tutti una delle sue prime frasi: "se sbaglio mi corriggerete") al momento dell'elezione parlava gia' undici lingue: polacco, slovacco, russo, italiano, francese, spagnolo, portoghese, tedesco, ucraino e inglese, oltre al latino. Ma prima di ogni viaggio per varie settimane e mesi imparava almeno qualche frase nell'idioma dei paesi che avrebbe visitato. E' comunque in italiano la sua frase che probabilmente passera' alla storia, almeno della Chiesa cattolica. Si tratta della frase di inizio del pontificato: "Non abbiate paura! Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo", pronunciata nell'omelia nella messa celebrata per l'inaugurazione del suo pontificato, il 22 ottobre 1978.
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WOJTYLA: MAXISCHERMI IN 5 PIAZZE ROMA CON VIDEO CTV E NEWS AGI
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 25 apr.
Settimana di celebrazioni in attesa della beatificazione di Papa Wojtyla: i fedeli e i pellegrini potranno assistere sul maxi schermo a un video sui 27 anni del Pontificato curato dal Centro Televisivo Vaticano sul quale scorrono le news dell'Agi che commentano anno per anno i fatti principali. Altri schermi sono stati collocati dall'Opera Romana Pellegrinaggi in piazza San Giovanni in Laterano, presso la Basilica di San Paolo, a Castel S.Angelo e in piazza Risorgimento, dove la presenza di una sorta di anfiteatro che caratterizza i giardini ha favorito la possibilita' per pellegrini, turisti e romani di assistere all'intera sequenza che ha una durata di circa 50 minuti.
Tutti gli schermi, tranne quello in piazza San Pietro (per ragioni di opportunita') hanno l'audio e una base musicale che rende ancor piu' suggestivo il filmato. Il coordinamento di tutti i partner che hanno contribuito al filmato e' stato garantito da Agi che ne ha curato direttamente la post produzione e il montaggio delle didascalie e delle news che scorrono in sei lingue: italiano, inglese, francese, tedesco e polacco in onore dei pellegrini che arriveranno dalla terra di Papa Wojtyla. L'iniziativa fa capo all'Opera Romana Pellegrinaggi e in prima persona al vicepresidente monsignor Liberio Andreatta, e all'amministratore delegato, padre Cesare Atuire, che guidano l'organismo pastorale al quale il Vicariato di Roma ha affidato l'organizzazione della beatificazione e coinvolge il Centro Televisivo Vaticano, diretto da padre Federico Lombardi.
Sui maxi schermi ogni ora passa anche un filmato preparato da Sony Music che - in collaborazione con il CTV - ha realizzato un dvd con immagini del potente discorso del Papa sui NO e sui SI' che impongono la coerenza cristiana. I maxi schermi sono della societa' AD Comunicazione che ha fornito i supporti ad alta tecnologia di risoluzione LED, la migliore disponibile al mondo in questo momento. Contribuiscono un pool di sponsor tra i quali l'Eni, che hanno reso possibile la complessiva organizzazione dell'evento gestito dalla Diocesi di Roma con esclusivi apporto di fondi privati e non pubblici.
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1 commento:
Mi pare proprio che l'ultimo libro di GPII non sia "Alzatevi, andiamo" ma "Memoria e identità", che Papa Ratzinger ha definito il "vero testamento spirituale" di Giovanni Paolo II.
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