Benedetto XVI: non sono gli eroismi a fare la santità, ma l'amore vissuto nella vita di tutti i giorni
I Santi ci dicono che “è possibile per tutti” percorrere la loro stessa strada, quella della santità. Benedetto XVI lo ha ribadito durante la catechesi all’udienza generale di questa mattina in Piazza San Pietro. Con una lunga e sentita riflessione sul tema, il Papa ha terminato il ciclo di catechesi dedicate alle figure più importanti dell’antichità cristiana. Quindi, in inglese, il Pontefice ha inviato un videomessaggio di saluto ai partecipanti al terzo Raduno nazionale delle famiglie di Melbourne. Il servizio di Alessandro De Carolis:
La storia cristiana è fatta di Santi-icona, le stelle brillanti del firmamento della Chiesa. Ed è fatta di santi nascosti, senza altari, devozioni né eroismi visibili, che però fanno luce con la loro bontà alle persone che incontrano; persone che talvolta possono essere il Papa stesso. Lo ha confidato Benedetto XVI in uno dei passaggi spontanei e più intensi dell’udienza generale, tutta dedicata a una nuova spiegazione di un’antica verità: che la santità è per chiunque, purché si ami Dio e il prossimo. Indicando, verso la fine, nei Santi celebrati dalla Chiesa degli esempi certi da imitare, il Pontefice ha tuttavia fatto questa distinzione:
“Per me non solo alcuni grandi santi che amo e che conosco bene sono ‘indicatori di strada’, ma proprio anche i santi semplici, cioè le persone buone che vedo nella mia vita, che non saranno mai canonizzate. Sono persone normali, per così dire, senza eroismo visibile, ma nella loro bontà di ogni giorno vedo la verità della fede. Questa bontà, che hanno maturato nella fede della Chiesa, è per me la più sicura apologia del cristianesimo e il segno di dove sia la verità”.
Di una strada che è giusto ritenere impegnativa, ma sbagliato considerare impercorribile, il Pontefice ha sfatato anzitutto il primo errore. “Spesso – ha osservato – si è portati ancora a pensare che la santità sia una meta riservata a pochi eletti”. Invece, San Paolo replica: il Santo è Gesù e allora chiunque, unendosi a Lui, può stare vicino, vedere, ascoltare e toccare Dio stesso:
“La santità, la pienezza della vita cristiana non consiste nel compiere imprese straordinarie, ma nell’unirsi a Cristo, nel vivere i suoi misteri, nel fare nostri i suoi atteggiamenti, i suoi pensieri, i suoi comportamenti. La misura della santità è data dalla statura che Cristo raggiunge in noi, da quanto, con la forza dello Spirito Santo, modelliamo tutta la nostra vita sulla sua”.
Ma bastano le forze umane, personali per rispondere alla chiamata alla santità? La risposta, ha detto il Pontefice, “è chiara”. La forza viene dall’alto ed entra nell’uomo per grazia, tramite i Sacramenti, a cominciare dal Battesimo:
“Una vita santa non è frutto principalmente del nostro sforzo, delle nostre azioni, perché è Dio, il tre volte Santo (cfr Is 6,3), che ci rende santi, è l’azione dello Spirito Santo che ci anima dal di dentro, è la vita stessa di Cristo Risorto che ci è comunicata e che ci trasforma (...) Ma Dio rispetta sempre la nostra libertà e chiede che accettiamo questo dono e viviamo le esigenze che esso comporta, chiede che ci lasciamo trasformare dall’azione dello Spirito Santo, conformando la nostra volontà alla volontà di Dio”.
Ma come si fa, si è domandato a questo punto il Papa, a conformare le azioni personali a quelle di Cristo? Qui, Benedetto XVI ha risposto con il Concilio Vaticano II, per il quale la santità “non è altro che la carità pienamente vissuta”. E ciò vuol dire vivere secondo lo stile e i doveri propri del cristianesimo, che il Pontefice ha raccomandato con particolare calore:
“Essenziale è non lasciare mai una domenica senza un incontro con il Cristo Risorto nell'Eucaristia; questo non è un peso aggiunto, ma è luce per tutta la settimana. Non cominciare e non finire mai un giorno senza almeno un breve contatto con Dio (…) seguire, nelle decisioni, gli ‘indicatori stradali’ che Dio ci ha comunicato, che sono solo forme di carità”.
Noi cristiani, ha affermato il Papa, siamo come “tessere del grande mosaico di santità che Dio va creando nella storia”. E dunque, ha concluso:
“Non abbiamo paura di tendere verso l’alto, verso le altezze di Dio; non abbiamo paura che Dio ci chieda troppo, ma lasciamoci guidare in ogni azione quotidiana dalla sua Parola, anche se ci sentiamo poveri, inadeguati, peccatori: sarà Lui a trasformarci secondo il suo amore”.
Di rilievo, al termine della catechesi in lingua inglese, il saluto in videomessaggio inviato da Benedetto XVI a coloro che, tra venerdì e domenica prossimi, prenderanno parte al terzo Raduno nazionale delle famiglie di Melbourne:
“This important event is an occasion…
Questo importante evento è per voi un'occasione non solo per testimoniare i legami di affetto all'interno delle singole famiglie, ma anche per approfondirli con la più ampia famiglia di Dio, che è la Chiesa, così da diventare protagonisti di una nuova umanità, di una rinnovata cultura di amore e di unità, di vita e di stabilità, dando gloria a Dio nostro Padre in ogni momento”.
Il Pontefice ha inviato un saluto particolare, tra gli altri, alle religiose di diverse Congregazioni che partecipano al corso promosso dall’USMI e alle Suore Pie Discepole del Divin Maestro, riunite in Capitolo generale.
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