A colloquio con l'agostiniana suor Rita Piccione, scelta per preparare le meditazioni della Via Crucis
La Passione di Cristo nella logica di sant'Agostino
di Nicola Gori
«Potrà sembrare strano ma proprio i suoi occhi abituati a guardare nel buio che lo circonda, hanno guidato la mia ispirazione». Lo mostra fiera, suor Rita, il grande gufo di legno appollaiato sulla sua scrivania. «È stato proprio guardando a quel gufo, pensando alla sua capacità di vedere nel buio -- dice l'agostiniana scelta da Benedetto XVI per preparare i testi per la prossima Via Crucis al Colosseo -- che ho trovato la chiave, spero giusta, per le meditazioni da proporre. Se essa rappresenta la notte, allora è necessario ricercare il volto di Dio che illumina anche le tenebre più fitte». L'agostiniana Rita Piccione, del monastero romano dei Santi Quattro Coronati, terza donna alla quale i Pontefici hanno affidato il compito di preparare le meditazioni, racconta in questa intervista, i suoi timori, le sue attese e le sue speranze nell'assolvere un così delicato incarico.
La benedettina Anna Maria Canopi, nel 1993, e la monaca della comunità protestante di Grandchamp, in Svizzera, sorella Minke de Vries, nel 1995, e ora lei. Cosa pensa che abbia spinto il Pontefice ad affidare a una claustrale le meditazioni di quest'anno?
Non me lo sono chiesta più di tanto. Del resto il Papa in quest'ultimo periodo ha dedicato tante sue catechesi alle grandi figure femminili nella storia della Chiesa. Più che «perché» mi sono chiesta «per chi». E ho accettato perché ho capito che lo avrei fatto per Benedetto XVI e per la Chiesa stessa, dunque, per il Signore. Per amore al Signore.
Ci racconta come ha accolto la decisione di Benedetto XVI e come ha lavorato per preparare i testi?
Mi è stata comunicata dal cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato. Inutile parlare della grande sorpresa, dell'incredulità e poi del timore che mi hanno assalito. Non riuscivo a capacitarmi di cosa stesse capitando proprio a me, una persona così semplice, senza alcun titolo particolare se non quello di un duplice grande amore: Dio e la sua Chiesa. Confesso di non essere riuscita a dire subito sì, tanto ero confusa. È stata l'esortazione del cardinale ad abbandonarmi alla fiducia nel disegno divino e nella grazia a sciogliere ogni mia resistenza. Mi sono totalmente affidata allo Spirito. Ed è stato proprio questo abbandono allo Spirito a decidere il «come» lavorare per preparare i testi: pregando. Mi sono semplicemente messa sul cammino della Via della Croce pregando, ascoltando la Parola e lasciando che lo Spirito conducesse cuore e mente per le sue vie. Ho lavorato sotto lo sguardo del Crocifisso, di Maria Santissima e sotto lo sguardo profondo e trasparente del Papa, del quale tengo una foto proprio al centro della mia scrivania. Più volte, guardando quella foto, ho ripetuto: «Per te». Mi ha accompagnato, per così dire, anche lo sguardo di un grande gufo in legno che mi hanno donato questa estate le sorelle del monastero filippino fondato dalla Federazione nel 1993. Questo uccello notturno, dagli occhi grandi e luminosi per scrutare la notte, mi richiamava continuamente a ricercare il volto stesso di Dio, perché solo con gli occhi di Dio la notte può diventare luce. E la Via della Croce non è forse un tratto di notte?
Quali sono i temi principali delle meditazioni?
Non mi trovo a mio agio a descrivere o ad analizzare una preghiera: la preghiera si prega. Si vive nel contesto di tempo e di luogo che le è proprio; a descriverla mi sembra quasi di farle violenza. Però posso dire questo: il tema di fondo è lo sguardo fisso su Gesù, sulla sua umanità, sulle orme che ci ha lasciato percorrendo la Via Crucis perché esse ci offrano un'indicazione quando anche noi siamo o saremo chiamati a questo appuntamento nella nostra vita.
In genere i testi della Via Crucis richiamano i drammi e le tragedie che vive l'umanità del nostro tempo alla luce del mistero della passione, morte e risurrezione di Cristo. Il fatto che lei sia una contemplativa cambierà quest'anno la chiave di lettura delle meditazioni?
Non sono la persona più adatta a indicare quale sia lo specifico di questa preghiera composta da una monaca. Forse lo diranno chi ascolterà le meditazioni. A tal proposito vorrei solo ricordare un intervento che fece don Giuseppe Dossetti in occasione del conferimento dell'Archiginnasio d'oro da parte della città di Bologna. Quando lessi l'intervento del monaco di Monteveglio ero giovane, in un gran subbuglio interiore, pur non pensando ancora in modo chiaro e deciso alla consacrazione. Don Giuseppe paragonava il monastero a un «microcosmo, a un laboratorio in cui si possono fare in scala ridotta esperimenti trasferibili in scale progressivamente sempre più ampie. È in questo laboratorio che si dimostra la solidarietà del monaco con i problemi più universali e più travaglianti ogni età». Rimasi profondamente segnata dalla verità di questa affermazione. Altro che fuga dal mondo o dalla Chiesa. Ecco, credo che si possa ridurre ulteriormente la scala del mondo e portarla al livello del cuore. Allora la chiave di lettura la si trova qui, nel cuore dell'uomo.
In che modo la figura di sant'Agostino, tanto cara a Benedetto XVI, sarà presente nei testi che ha preparato?
La presenza di Agostino, prima dei testi, abita l'atteggiamento interiore che mi ha guidato in questa esperienza a partire dal «sì» dell'accettazione. Intendo far riferimento alla lettera che Agostino scrisse a Eudossio, abate del monastero di Capraia e che ho riletto proprio per vivere questo servizio da agostiniana. Ho ricevuto l'esortazione di Agostino come rivolta direttamente a me: «Se la Chiesa richiederà i vostri servigi, non assumeteli per brama di salire in alto né rifiutateli spinti dal dolce far nulla, ma ubbidite con mitezza di cuore a Dio sottomettendovi con mansuetudine a Colui che vi dirige, che guida i miti nella giustizia e ammaestra i docili nelle sue vie». Poi la presenza di Agostino -- questo «buon compagno di viaggio» come il Papa lo ha definito nell'udienza del 25 agosto scorso -- si respira nello sguardo rivolto all'umanità del nostro Salvatore, alla sua umiltà; si respira nel richiamo, più o meno costante, della verità e in alcune brevi espressioni del vescovo di Ippona che trapuntano qua e là il testo. Anche il tema della verità è un punto di incontro, di sintonia, tra il Papa e Agostino: la ricerca sincera della verità ha portato Agostino a Dio, il servizio della verità è sempre stato l'anima del ministero di Joseph Ratzinger.
Come ha influito nelle meditazioni la sua visione di donna al servizio della Chiesa?
Più che avere una visione di donna, sono una donna, sono una donna felice di essere donna, e credo che sia questo essere a permeare lo stile delle meditazioni, l'essere che si esprime nel fare. L'essere che contagia il sentire e il vedere; l'identità che si riflette nella sensibilità. È molto bello e significativo che -- al di là della mia persona -- sia stata scelta non solo una donna ma una monaca per la preghiera ecclesiale della Via Crucis. È bello e significativo che la Chiesa abbia richiesto questo suo servizio a chi in essa ne incarna la dimensione contemplativa. È la Chiesa che si rivolge al suo cuore, nascosto ma presente e pulsante.
Anche le illustrazioni che corredano le diverse stazioni sono state scelte da una religiosa agostiniana, suor Elena Manganelli. Ci può dire quali sono state la prospettiva e la tecnica utilizzate?
Si è trattato di una collaborazione molto bella e significativa per il nostro carisma agostiniano fondato appunto sulla comunione di vita, dunque anche dei doni. Quando mi fu chiesto se avevo una preferenza circa le illustrazioni ho pensato a questa mia consorella che già altre volte aveva cercato illustrazione per una Via Crucis. Suor Elena Maria ha accolto con gioia questa proposta. Abbiamo lavorato in contemporanea, dunque senza che lei potesse attingere alla preghiera che io andavo componendo. Tuttavia le avevo parlato di alcuni miei orientamenti. È stato molto bello constatare come dopo aver parlato tra di noi, qualcosa sia cambiata nel nostro modo di vedere a partire dalla crocifissione di Gesù sia per quanto riguarda il testo della preghiera sia per quanto riguarda le tavole illustrative il testo. Certamente un Alto regista ha coordinato il tutto. Suor Elena Maria ha usato una tecnica mista su carta. Nelle sue tavole domina il carattere dell'essenzialità sia per quanto riguarda il colore che eventuali elementi accessori. Gesù è infatti presentato solo nella sua passione; tuttavia è sempre resa la presenza dello sguardo del Padre e dello Spirito Santo. Con il suo passaggio sull'arida terra Gesù scava come un solco irrigato dalla grazia: il solo nel quale il seme muore per generare nuova vita.
Qual è oggi il messaggio che la vita contemplativa può lanciare a un mondo secolarizzato?
Il contributo della vita contemplativa al mondo di oggi e di sempre è la gratuità, il senso della gratuità. La bellezza e la gioia della gratuità. La gratuità non si compra: forse proprio questo bene ha perduto il mondo secolarizzato, perdendo di conseguenza la sorgente della gioia genuina. La gratuità dell'amore è il messaggio stesso di Gesù in croce: «Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi». L'amore non si merita: è dono. E quando ci lasciamo raggiungere, toccare da questo amore non si può che amare. Dio amandoci ci rende amanti. Ma c'è anche un altro messaggio che la vita contemplativa offre al mondo con il suo semplice esserci. La vita dei monaci e delle monache, così semplice, apparentemente insignificante, è memoria vivente di ciò che per l'uomo è essenziale: l'amore del Padre che ci è donato in Gesù attraverso lo Spirito. Si può vivere senza altre cose, ma non senza questo amore che è appunto la condizione necessaria e sufficiente per vivere e gustare la vita. Non si è mai soli. La grande difficoltà è solo lasciarci amare dal Padre. C'è una grande preghiera che muove il mio cuore riguardo la prossima Via Crucis e ogni futura Via Crucis del Venerdì Santo: che possa essere un appuntamento per ogni uomo, credente e non. Appuntamento di preghiera davanti a Dio e di riflessione davanti alla nostra umanità che in Gesù risplende; un appuntamento soprattutto davanti al Crocifisso la cui immagine non può che consegnare al cuore di ogni uomo, indipendentemente dalla sua fede, la parola di cui ogni cuore umano ha bisogno: quella dell'amore gratuito. Quando ci si lascia raggiungere da questa parola possiamo comprendere ciò che ha compreso per esperienza Agostino: «Ci hai fatti per te e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te».
(©L'Osservatore Romano 6 aprile 2011)
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