Papa: Una forza di gravità ci tira verso il basso e il male; Cristo ci solleva all’altezza di Dio
Benedetto XVI celebra la messa delle Palme, che dà inizio alla Settimana santa. Presenti 50 mila, in maggioranza giovani, come anticipo della Giornata mondiale della gioventù, in programma a Madrid (16-21 agosto). L’umanità è salita verso l’alto, ha potuto realizzare tante cose, ma “anche le possibilità del male sono aumentate e si pongono come tempeste minacciose sopra la storia”. “Gesù Cristo …, da Dio, è disceso verso di noi e, nel suo amore crocifisso, ci prende per mano e ci conduce in alto”.
Città del Vaticano (AsiaNews)
Da sempre l’uomo cerca di andare verso l’alto, di “essere come Dio”, ma una “forza di gravità” ci “tira in basso – verso l’egoismo, verso la menzogna e verso il male”. Da questa contraddizione, ci salva “Colui che ci solleva all’altezza di Dio, nonostante tutta la nostra miseria: Gesù Cristo che, da Dio, è disceso verso di noi e, nel suo amore crocifisso, ci prende per mano e ci conduce in alto”.
Questa situazione umana di luci ed ombre; di fede nell’efficacia del sacrificio di Gesù e di invito a seguirlo è stato il centro dell’omelia che Benedetto XVI ha tenuto oggi dopo il canto della Passione, nella messa della Domenica delle Palme che inaugura la Settimana santa della Chiesa cattolica.
Nella spianata di piazza san Pietro, erano presenti circa 50 mila persone, in maggioranza giovani di Roma e rappresentanti da altri continenti. Quest’oggi infatti si celebra anche la 26ma Giornata mondiale della gioventù a livello diocesano, in attesa della celebrazione mondiale che avverrà a Madrid dal 16 al 21 agosto prossimi.
E soprattutto ai giovani il papa si è rivolto nell’omelia, prendendo spunto dalla processione delle Palme. Essa segna la salita di Gesù verso Gerusalemme e il suo sacrificio definitivo: “È in cammino verso l’altezza della Croce, verso il momento dell’amore che si dona. Il termine ultimo del suo pellegrinaggio è l’altezza di Dio stesso, alla quale Egli vuole sollevare l’essere umano”. Benedetto XVI ha spinto i giovani a domandarsi sul significato del “salire assieme a Gesù il monte verso il santuario, accompagnarLo lungo la via verso l’alto”.
“Da sempre – ha detto il papa - gli uomini sono stati ricolmi – e oggi lo sono quanto mai – del desiderio di ‘essere come Dio’, di raggiungere essi stessi l’altezza di Dio. In tutte le invenzioni dello spirito umano si cerca, in ultima analisi, di ottenere delle ali, per potersi elevare all’altezza dell’Essere, per diventare indipendenti, totalmente liberi, come lo è Dio. Tante cose l’umanità ha potuto realizzare: siamo in grado di volare. Possiamo vederci, ascoltarci e parlarci da un capo all’altro del mondo. E tuttavia, la forza di gravità che ci tira in basso è potente. Insieme con le nostre capacità non è cresciuto soltanto il bene. Anche le possibilità del male sono aumentate e si pongono come tempeste minacciose sopra la storia. Anche i nostri limiti sono rimasti: basti pensare alle catastrofi che in questi mesi hanno afflitto e continuano ad affliggere l’umanità”.
L’uomo – ha continuato il pontefice – “sta nel punto d’intersezione tra due campi di gravitazione. C’è anzitutto la forza di gravità che tira in basso – verso l’egoismo, verso la menzogna e verso il male; la gravità che ci abbassa e ci allontana dall’altezza di Dio. Dall’altro lato c’è la forza di gravità dell’amore di Dio: l’essere amati da Dio e la risposta del nostro amore ci attirano verso l’alto”.
E ancora: il cuore, “quel centro dell’uomo in cui si uniscono l’intelletto, la volontà e il sentimento, il corpo e l’anima”, ha bisogno di essere “elevato”. Eppure “noi da soli siamo troppo deboli per sollevare il nostro cuore fino all’altezza di Dio. Non ne siamo in grado. Proprio la superbia di poterlo fare da soli ci tira verso il basso e ci allontana da Dio. Dio stesso deve tirarci in alto, ed è questo che Cristo ha iniziato sulla Croce. Egli è disceso fin nell’estrema bassezza dell’esistenza umana, per tirarci in alto verso di sé, verso il Dio vivente. Egli è diventato umile, ci dice la seconda lettura. Soltanto così la nostra superbia poteva essere superata: l’umiltà di Dio è la forma estrema del suo amore, e questo amore umile attrae verso l’alto”.
A conferma del dramma umano descritto, Benedetto XVI cita sant’Agostino. In polemica con alcuni filosofi platonici, che immaginavano di trovare “mezzi di purificazione” perché l’uomo “potesse liberarsi dal grave peso che lo tira in basso”, egli dice: “Riconoscete dunque che la forza dell’uomo e di tutte le sue purificazioni non basta per portarlo veramente all’altezza del divino, all’altezza a lui adeguata”. Sant’Agostino “avrebbe disperato di se stesso e dell’esistenza umana, se non avesse trovato Colui che fa ciò che noi stessi non possiamo fare; Colui che ci solleva all’altezza di Dio, nonostante tutta la nostra miseria: Gesù Cristo che, da Dio, è disceso verso di noi e, nel suo amore crocifisso, ci prende per mano e ci conduce in alto”.
“Manifestiamo al Signore – ha concluso il papa - il nostro desiderio di diventare giusti e Lo preghiamo: Attiraci Tu verso l’alto! Rendici puri! Fa’ che valga per noi la parola che cantiamo col Salmo processionale; che possiamo appartenere alla generazione che cerca Dio, ‘che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe’ (Sal 24,6).
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