martedì 19 aprile 2011

Intervista a George Weigel: «Benedetto XVI, un catechista che sa parlare al cuore e alla mente» (Molinari)

Intervista a George Weigel

«Un catechista che sa parlare al cuore e alla mente»

Elena Molinari

Continuità intellettuale e spirituale con il suo predecessore. Questo, nei primi sei anni di pontificato di Benedetto XVI, vede George Weigel, uno dei maggiori teologi americani, auto­re della biografia best-seller di Giovanni Paolo II Te­stimone della Speranza e di La scelta di Dio, sull’a­scesa di Joseph Ratzinger al soglio pontificio. Ma anche la rivelazione al mondo di un autentico ca­techista che sa porre di fronte ai cattolici le sfide della loro epoca.

Quali sono le linee guida del pontificato di Bene­detto XVI?

È un meraviglioso catechista. Ha ricordato alla Chie­sa la ricchezza del suo patrimonio teologico, che è importante in un’epoca caratterizzata dal “presen­tismo” e da una mancanza di radici intellettuali. Ha insegnato ai fedeli la bellezza della liturgia. E ha da­to voce alla sua determinazione di liberare la Chie­sa dalla corruzione, specialmente dell’abuso ses­suale. Nel suo impegno nel mondo, Benedetto XVI è stato un difensore vigoroso della libertà religiosa e ha pro­vato a riorientare il dialogo cat­tolico- musulmano verso la ve­ra questione del momento, va­le a dire la libertà religiosa e la separazione dell’autorità poli­tica e religiosa negli Stati del XXI secolo.

Qual è lo stile pastorale del Papa?

Lo si è visto durante le visite negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, dove ha incontrato le vittime di a­busi e pregato e pianto con loro. Anche il suo me­todo catechistico è parte del suo stile pastorale: il Papa sa che la mente, come l’anima e il cuore, ha bisogno di essere nutrita.

La definizione del Papa di una “amicizia” fra fede e scienza, quanto ha contribuito a ricucire la per­cezione di una separazione fra uomini di scienza e uomini di fede?

Ha continuato il processo di avvicinamento avvia­to da Giovanni Paolo II. Ma il vero problema è l’a­bisso fra Chiesa e scienze della vita. Qui la tenta­zione prometea di riconfigurare la condizione u­mana costruendo o ricostruendo essere umani è lampante. E questo è un problema nell’ordine del­la metafisica e della morale, nessuna delle quali è apprezzata nel mondo delle scienze della vita del XXI secolo.

Durante la sua prima omelia, Papa Ratzinger en­fatizzò l’inviolabilità della vita umana. Perché tanta urgenza?

È un esempio della continuità con il suo predecessore. L’Eu­ropa sta morendo per auto-in­flitta infertilità. L’aborto è con­siderato una soluzione ai pro­blemi umani in tutto il mondo. E in alcuni casi, co­me in Cina, il controllo della popolazione è impo­sto dallo Stato. Gli anziani sono considerati un al­tro problema da risolvere, non persone di cui pren­dersi cura. È naturale che il Papa debba parlare di questi temi dall’unico pulpito che esige l’attenzio­ne del mondo.

Che cosa hanno mostrato questi sei anni del lato umano del Papa?

Che è un uomo dai modi garbati, di vera compas­sione e carità sacerdotale.

Quali sono i maggiori elementi di continuità fra Be­nedetto XVI e Giovanni Paolo II?

Questi due pontificati stanno portando a un pun­to elevato lo sviluppo della Chiesa iniziato con Leo­ne XIII. Hanno posto alla Chiesa la sfida del “catto­licismo evangelico”. Una Chiesa-missione, in cui tutto e tutti sono misurati in base al loro contribu­to a un’evangelizzazione “delle profondità” del XXI secolo, come Giovanni Paolo II ha scritto in Novo Millennio Ineunte.

© Copyright Avvenire, 19 aprile 2011 consultabile online anche qui.

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