lunedì 25 aprile 2011

Le certezze scritte nel cielo della Risurrezione. Niente finisce in niente (Sequeri)

Le certezze scritte nel cielo della Risurrezione

Niente finisce in niente

Pierangelo Sequeri

Dovete volerci bene anche sol­tanto perché da qui, nonostan­te tutto, noi non arretriamo.
Con tutto quello che succede ogni an­no. Con tutte le piaghe dalle quali, an­che noi, siamo coperti. Con tutta la rassegnazione che ci ammala invisi­bilmente, come la radioattività nel­l’aria. Con tutta la rabbia per le im­placabili mortificazioni della vita, per le ottuse indifferenze della morte, che ci farebbe mandare tutto all’aria: cia­scuno per sé, e per l’amor di Dio, più nessuno per tutti, che ne abbiamo a­vuto abbastanza. Con tutto che sia­mo più pochi, e nemmeno tutti i mi­gliori. Con il fatto che non sappiamo neppure bene che cosa inventarci, per farvi volare alto: almeno voi, per­ché noi ci siamo impegnati anche per i pulcini con le ali spezzate. Con la sensazione di spenderci all’osso per l’essenziale e di essere poi comprati per le cose di complemento: come per un atto di beneficenza – almeno una volta all’anno. Con le lacrime a­gli occhi per tutti i figli che chiedono pane e ricevono rospi, sognano aria pulita e devono scegliere fra gli abiti dismessi. Con il groppo della nostal­gia per le avventure dell’anima che scoprono mondi e creano bellezza, quotidianamente sbeffeggiate dai vo­lenterosi carnefici del rendimento.
Con tutto questo, e col fatto che non siamo, noi per primi, all’altezza del­l’inaudito, noi sciogliamo le campa­ne e ripetiamo “Gesù Cristo è risor­to”. E che non c’è niente che finisca in niente. Dio ha bruciato le sue navi e non vuole ritornare da solo oltre la barriera. E noi siamo la compagnia destinata. Noi. Noi umani, che a di­spetto di tutto, siamo anche capaci di svenarci per un figlio, e di com­muoverci per la pura essenza della fe­de che ci viene incontro con lo sguar­do di qualcuno che ci pensa capaci di voler bene. Ebbene, noi siamo stati elegantemente anticipati da Dio. Im­perterrito, ha abitato le nostre frivo­lezze indecenti e le nostre odiosità in­sopportabili, e ne ha fatto fascine. Ha stretto un legame irrevocabile anche per un bicchier d’acqua. Non si è per­so nessuno dei nostri inferni, per strapparci dalle grinfie quelli che ci avevamo chiuso dentro: perché non erano dei nostri, perché non c’erano risorse, perché la civiltà dell’uomo e­mancipato aumenta i diritti, estingue i doveri, impone a tutti di pensare al­la salute.
”Gesù Cristo è risorto”. Il cielo è abi­tato da uomini, donne, bambini. Non solo angeli. L’intimità di Dio è un uo­mo come noi. Milioni hanno già tro­vato. Miliardi, troveranno. E saremo riconosciuti se ci riconosceranno. E saremo protetti, se abbiamo protet­to. Il pensiero dell’uomo occidenta­le si è fatto fine. L’annuncio è in cir­colazione da un bel po’. Bisognereb­be aggiornarsi. Il racconto è commo­vente, ma l’epilogo fuori portata. Gli atomi non vanno contraddetti – se non lo sappiamo noi! Li abbiamo in­terrogati: non ne sanno niente. D’ac­cordo, ognuno ha gli oracoli che si merita. Noi comunque non ci ag­giorniamo. Non cambiamo. Ci com­muoviamo come il primo giorno. Le donne hanno più fiuto di noi. I di­scepoli l’hanno visto, e non l’hanno più abbandonato. È in quel momen­to che, a noi uomini, ci è cambiato Dio. Non era più il faraone celeste, l’imperatore supremo, il divino mo­tore. E voleva noi. Ha imparato la no­stra lingua, ha patito i nostri affetti, ha sostenuto il nostro odio. Ha voluto noi e niente ha potuto fermarlo.
”Gesù Cristo è risorto”. A pensarci, grazie alla cocciuta fedeltà di questa testimonianza, oggi anche noi ci sen­tiamo migliori. E anche voi, vi vedia­mo meglio. Con tutto che siamo co­sì imperfetti (e così terribili, persino), grazie all’indomita ostinazione di quell’annuncio, incominciamo a ve­derne così tanti di esseri umani che tengono in vita il mondo, che certo non lo meriterebbe, da commuover­ci di quanti sono. Questo popolo del­le beatitudini, dico, ostinato come Dio, che ci tiene in vita, anche quan­do non lo meritiamo. Vedo che mol­ti sono dei nostri, li riconosco. Ma la stragrande maggioranza vengono da tutte le parti, e Gli vanno incontro. Ve lo dicevo che con la risurrezione di Gesù Cristo ci è cambiato Dio, a noi uomini. E anche noi ci troveremo cambiati, prima o poi. Noi non smet­tiamo, finché ce ne sono, di uomini. “Gesù Cristo è Risorto”.

© Copyright Avvenire, 24 aprile 2011

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