Benedetto XVI prega Wojtyla: il suo esempio aiuti la Chiesa
di Diana Alfieri
Giovanni Paolo II brilla come «esempio luminoso di fede» e «grande testimone di Dio e di Gesù Cristo» sopra la «vergogna» che la Chiesa sente per i propri errori, e scuote le nostre coscienze di cristiani «stanchi e annoiati» della nostra stessa fede: a incoronarlo, a dieci giorni dalla beatificazione, è l’amico e consigliere fidato, Joseph Ratzinger, che gli è succeduto sul trono di Pietro.
Parole che arrivano in giorni di frenesia e di preparativi per l’evento del primo maggio, ma anche di polemiche e contrapposizioni sulla figura di Wojtyla: i tempi troppo rapidi - a detta di alcuni - del processo di beatificazione, le ombre dello scandalo degli abusi che si allungano fin sulla sua persona, fino al sospetto di coperture, fino a padre Marcial Maciel e i Legionari di Cristo. Tutti argomenti presi in considerazione oltretevere, ma che non hanno scalfito il giudizio sulla straordinaria levatura spirituale di Giovanni Paolo II.
Nel linguaggio limpido che lo contraddistingue, Benedetto XVI non nasconde le preoccupazioni per la Chiesa che guida. Eppure - esorta - «nonostante tutta la vergogna per i nostri errori, non dobbiamo dimenticare che anche oggi esistono esempi luminosi di fede», delle «persone che, mediante la loro fede e il loro amore, danno speranza al mondo», tra cui Giovanni Paolo II e insieme con lui il «grande numero di coloro che egli ha beatificato e canonizzato e che ci danno la certezza che la promessa di Dio e il suo incarico anche oggi non cadono nel vuoto». Durante la Messa crismale del Giovedì Santo nella Basilica Vaticana, Benedetto XVI ha parlato della «unzione» che fa dei cristiani il «popolo sacerdotale» per il mondo, coloro che «dovrebbero rendere visibile al mondo il Dio vivente» ma che sono oggi i primi a tradire questo mandato, trasformandosi in «popolo dell’incredulità e della lontananza da Dio». E non ha nascosto la sua preoccupazione: «Non è forse vero che l’Occidente, i Paesi centrali del cristianesimo sono stanchi della loro fede e, annoiati della propria storia e cultura, non vogliono più conoscere la fede in Gesù Cristo?».
Un monito riecheggiato più tardi sotto le volte di San Giovanni in Laterano, quando nella Messa «in coena Domini», il Papa ha additato i «posti vuoti al banchetto nuziale del Signore», una «realtà presente, proprio in quei Paesi ai quali Egli aveva manifestato la sua vicinanza particolare», quelli di antica tradizione cristiana. E proprio in questo contesto il riferimento a Giovanni Paolo II appare più che mai pertinente: il Papa venuto dall’Est è stato fieramente in trincea nel combattere le grandi ideologie che minacciavano la fede e i grandi muri che si ergevano a difesa e baluardo dell’ateismo. Non ha avuto paura di pronunciare il nome di Cristo nella Vecchia Europa e in tutto il mondo, «fino agli estremi confini». A lui i cristiani sono invitati a guardare, in particolare in questi giorni, per riprendere coscienza e vigore. Le sfide che la mentalità moderna pone alla fede, la diffusione del relativismo, del materialismo, certe tendenze a irridere il sacro o a opporsi a esso, come nella recente polemica, anche nel nostro Paese, sui simboli cristiani: sono questi i temi che si nascondono dietro un altro passaggio dell’omelia pronunciata dal Papa in Laterano: Benedetto XVI ha parlato di Satana, a cui anche oggi «è stato concesso di vagliare i discepoli visibilmente davanti a tutto il mondo».
Tra i riferimenti, non esplicitati, c’è anche quello agli abusi sessuali commessi dai sacerdoti sui minori. Dirà più avanti: «Tutti noi dobbiamo sempre di nuovo imparare ad accettare Dio e Gesù Cristo così come Egli è, e non come noi vorremmo che fosse. Anche noi stentiamo ad accettare che Egli si sia legato ai limiti della sua Chiesa e dei suoi ministri». Ma anche in questo frangente Dio non abbandona la sua Chiesa. «Sappiamo - continua Benedetto XVI - che Gesù prega per la fede di Pietro e dei suoi successori. Sappiamo che Pietro, che attraverso le acque agitate della storia va incontro al Signore ed è in pericolo di affondare, viene sempre di nuovo sorretto dalla mano del Signore e guidato sulle acque». E - ha concluso - «in quest’ora vogliamo pregarLo di guardare anche a noi come ha guardato Pietro, nel momento opportuno, con i suoi occhi benevoli, e di convertirci».
© Copyright Il Giornale, 22 aprile 2011 consultabile online anche qui.
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