mercoledì 6 aprile 2011

Wojtyla, il racconto di Papa Ratzinger nel libro di Andrea Riccardi. Il fondatore della Comunità di Sant'Egidio: con Casaroli un rapporto complesso (Izzo)

WOJTYLA: IL RACCONTO DI RATZINGER NEL LIBRO DI RICCARDI

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 6 mar.

"Portava sulle sue spalle, fattesi fragili, il peso del suo ministero. La sua vita, negli ultimi anni, e' stata una vera catechesi del dolore".
A raccontare cosi' Giovanni Paolo II e' il suo successore. Testimone privilegiato del lungo pontificato wojtyliano, del quale era - come scrisse lo stesso Papa polacco - l'amico piu' fidato oltre che uno stretto collaboratore come prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, l'allora card. Joseph Ratzinger, oggi Benedetto XVI, ha affidato alcuni ricordi di quegli anni allo storico Andrea Riccardi, autore della monumentale biografia "Giovanni Paolo II. La biografia" delle edizioni San Paolo e presentato questa sera dal card. Camillo Ruini. "Al momento della sua elezione - ricorda il Papa tedesco - il vero problema da affrontare era uscire dalla crisi della Chiesa in quegli anni. Bisognava praticare la massima fedelta' al Concilio Vaticano II. Si doveva purificare anche la recezione del Concilio. Non era soprattutto necessaria una riforma strutturale, ma una profonda riforma spirituale".
Ratzinger ripercorre con Riccardi anche una pagina che lo ha visto protagonista, quella relativa alla "correzione di rotta" che impressa dalla Santa Sede alla teologia della liberazione. "Giovanni Paolo II - ricostruisce il successore - insisteva sul fatto che si pensasse a una teologia della liberazione anche in modo positivo dopo aver chiarificato gli aspetti negativi e le commistioni indebite". "Non so - ammette l'ex prefetto della Congregazione della fede - quanto ci siamo riusciti in seguito a formularla in senso positivo". "Tuttavia - aggiunge l'attuale Pontefice - la seconda istruzione sulla teologia della liberazione vuole muoversi proprio in questa linea toccando un problema e una prospettiva che sono reali e che Giovanni Paolo II sentiva molto".
Secondo Joseph Ratzinger, "Giovanni Paolo II stimava il lavoro della Segreteria di Stato e dei suoi collaboratori in Curia". "Aveva - ricorda l'allora stretto collaboratore di Wojtyla - una visione dell'umanita' che gli faceva cogliere con acutezza alcuni problemi. Pensava e prospettava modi di intervento anche diretto e personale".
Nella dialettica tra il Papa e l'istituzione, "tra il sentire personale e il lavoro di un'amministrazione", per Wojtyla l'approccio, ricorda il suo successore, "forse era un po' diverso per Paolo VI e per Pio XII, che avevano trascorso tanto tempo della loro vita lavorando in Vaticano e in Segreteria di Stato".
Ma le parole piu' coinvolgenti affidate da Benedetto XVI a Andrea Riccardi riguardano il
tempo della malattia. "Allora - ricorda il Papa tedesco - ci si poteva ragionevolmente chiedere: e' possibile governare la Chiesa in quelle condizioni di salute? Oggi, in una visione retrospettiva, comprendiamo meglio la portata di quegli anni di sofferenza. Vediamo che si', si puo' governare anche con la sofferenza. E' certo qualcosa di straordinario. Ma dopo un lungo pontificato e dopo tanta vita attiva da parte del Papa, era significativo ed eloquente un tempo di sofferenza".
Nel descrivere la personalita' di Karol Wojtyla, grande figura del Novecento e personaggio decisivo agli albori del Duemila, il prof. Riccardi ci porta nel cuore delle vicende che hanno cambiato la storia e ripropone l'immensa energia spirituale della sua figura e del suo ministero, insieme con gli effetti dirompenti che ne scaturirono per la Chiesa e per il mondo. Ma fra tutti i testimoni e i documenti citati spiccano nel libro proprio i colloqui con Benedetto XVI sulla figura del suo predecessore.
Ugualmente emozionante e' poi un'altra testimonianza sul conclave dell'ottobre 1978 raccolta da Riccardi. "Durante le congregazioni generali dei cardinali che precedono il conclave, il primate di Polonia, cardinale Wyszynski - si legge nel libro - interviene notando le tante difficoltà del cattolicesimo e additando il segno di speranza rappresentato dalla crescita delle vocazioni nell'Est europeo. Per lui c'e' un'attesa dei giovani verso il Vangelo. D'altra parte il comunismo – cosi' dice – e' in crisi: le previsioni sulla sua irreversibilita' nel mondo non debbono per forza verificarsi. Tanto piu' che il comunismo e' in ritirata, osservando il suo deperimento a ogni livello: ideologico, sociale, economico". "Sembrava l'auspicio di un vecchio visionario. Sarebbe divenuto realta' con Giovanni Paolo II", conclude Riccardi.

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WOJTYLA: RICCARDI, CON CASAROLI UN RAPPORTO COMPLESSO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 6 apr.

Fu un rapporto complesso quello di Giovanni Paolo II con il suo principale collaboratore, il segretario di Stato Agostino Casaroli, artefice da ministro degli esteri vaticano dell'Ostpolitik di Paolo VI, cosi' invisa alle Chiese perseguitate dai regimi comunisti. Se Giovanni Paolo II lo volle come suo stretto collaboratore - ricostruisce Andrea Riccardi nel libro "Giovanni Paolo II. La biografia" delle edizioni San Paolo presentato questa sera dal card. Camillo Ruini con Bruno Vespa, presenti nel Palazzo della Cancelleria tanti storici collaboratori di Papa Wojtyla, compresi il suo assistente di camera Angelo Gugel e l'ex direttore dell'Osservatore Romano Mario Agnes - fu perche', pur mantenendo un giudizio molto negativo sull’Ostpolitik, condivideva con il cardinale Wyszynski una grande stima nei confronti di Casaroli, "un uomo di preghiera e di fede viva, sinceramente dedito alla Chiesa". Un rapporto di devozione filiale, invece, ricorda Riccardi, legava Karol Wojtyla al "primate del millennio", l'arcivescovo di Varsavia Wyszynski, dal quale tuttavia si era distaccato quando
Docente di storia contemporanea all'Universita' Roma Tre e fondatore della Comunita' di Sant'Egidio, Riccardi presenta la visione wojtyliana della storia come una sorta di "teologia delle nazioni", sostenuta da quel patrimonio di cultura e di religiosita' che costituisce l'identita' di ogni popolo. Un concetto che il Papa polacco ha fatto valere anche nei confronti dell'Occidente, a cominciare dall'Italia. Il libro ricorda in proposito il discorso epocale di Giovanni Paolo II a Loreto nel 1981 in occasione del Convegno Ecclesiale Nazionale che lancio' a livello nazionale l'allora giovane vescovo Camillo Ruini e la linea di una piu' forte presenza dei cattolici nel dibattito pubblico come nel sociale. Il Papa venuto da un Paese lontano, infatti, era convinto che il cattolicesimo non dovesse smettere di essere "una religione di popolo", il che sconcerto' molti cattolici post-conciliari degli anni Ottanta.
Per Riccardi, insomma, Papa Wojtyla e' stato "un leader globale che ha toccato le fibre di tanti mondi". Ma il suo non fu certamente un "pontificato politico". Infatti, "chi ha presente l'aspetto mistico e la preghiera di Papa Wojtyla non puo' che affermare il contrario. Giovanni Paolo II - scrive Andrea Riccardi - era convinto che il cristianesimo rappresentasse una forza di liberazione dell'uomo e dei popoli". "Tutto puo' cambiare, dipende da ciascuno di noi, dal nostro potenziale di fede... Si', noi possiamo cambiare il corso degli eventi", disse Papa Wojtyla al Corpo Diplomatico riunito in Vaticano nel gennaio 2003. Quasi un testamento spirituale.

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