martedì 2 agosto 2011

Spagna al bivio tra crisi e futuro (Viana)

VERSO LA GMG

Spagna al bivio tra crisi e futuro

Paolo Viana

Quando le montagne intorno si abbuiano e inizia a frizzare la brezza dell’Oceano, è quella l’ora del pintxo. Che lo si guarnisca con il foie alla francese, col queso dei Pirenei o con la coda stufata del toro – la corrida finisce sempre nello stesso modo –, l’aperitivo dei baschi non va confuso con un qualsiasi rito metropolitano. Quel che conta non è la gradazione del Txakoli, né il numero delle tapas (pintxos per i baschi) ma l’adunata stessa. A sera ci si ritrova nei locali del centro e della periferia come si faceva a Gernika sotto la quercia del paese, quando si doveva decidere il destino di tutti; il pintxo per i giovani di queste terre tra Pamplona e San Sebastian, Vitoria e Bilbao, è come il basco dei novantenni, un segno identitario.
«Guardali bene – fa notare Pello Azpitarte Iribar, cappellano della Deusto, l’università dei gesuiti che dall’Ottocento forma la classe dirigente bilbaina – si riuniscono in piccoli gruppi, divisi in maschi e femmine, compiono gli stessi gesti, hanno le medesime abitudini. Ci si secolarizza ma il Dna rimane». A partire dall’attaccamento alle ricchezze di Euskadi: grazie all’autonomia, i baschi, voltate le spalle all’Eta, in tre lustri hanno letteralmente trasfigurato Bilbao.
Il clima oceanico e i boschi ombrosi basterebbero a farne la Spagna che non ti aspetti, ma la mentalità sorprende. Questi spagnoli, cresciuti spalla a spalla coi francesi e per secoli in affari con gli inglesi, sono nordici dentro; imprenditori con il gusto dell’innovazione e innovatori, bisogna ammetterlo, con un certo gusto. Non è solo merito del Pil (28 punti oltre la media) se il pellegrino interrompe il cammino per Santiago (o per Madrid: qui faranno tappa, tra gli altri, i goriziani diretti alla Gmg) per fermarsi ad ammirare i palazzi della borghesia industriale rimessi a nuovo.
Si passeggia nel centro di Bilbao come in una galleria di architettura, in un susseguirsi di neoclassico e liberty, edifici barocchi e massicci complessi razionalisti, sperimentazioni eclettiche e arditi caleidoscopi, come il palazzo della Sanità che con un gioco di specchi si agghinda degli stili altrui. Il flashback prosegue nelle sale del museo Guggenheim. Le lastre ciclopiche di Richard Serra ricordano che mezzo secolo fa questo era il porto del ferro degli inglesi (Bilbo, toponimo in basco, voleva dire acciaio per Shakespeare) e la città una piccola Liverpool fuliginosa. Solo ripulire il fiume è costato 800 milioni di euro e vent’anni.
Il Guggenheim ha fatto scuola. Oggi Bilbao è la capitale del design: trovi sculture griffate persino nelle aiuole spartitraffico, le archistar vengono qui a lanciare nuove suggestioni – Calatrava compreso – e la città, rimasta ancorata al manifatturiero e alle tecnologie durante la bolla immobiliare, sfrutta le costruzioni in chiave anticiclica. Le torri di Isozaki sono appena terminate, quella della Iberdrola è agli sgoccioli e si progetta di bonificare l’ultima area industriale del porto.
«Il Guggenheim è diventato il nostro logo, ma la riqualificazione è partita per migliorare la qualità della vita dei cittadini – precisa Zigor Beraziartua, del Bilbao Convention Bureau – e solo dopo il turismo è salito da 0 a 6% nel Pil». Quest’attenzione spasmodica per l’ambiente sarà pure una reazione a secoli di inquinamento ma i turisti l’anno scorso sono stati 2,2 milioni e 13 milioni di biglietti staccati al Guggenheim dal ’97.
Patxi Lopéz, capo del governo locale, vaticina: «Euskadi diventerà leader economico del Paese», e la disoccupazione morde di meno. I primi beneficiari del modello basco sono certamente i giovani: se alla facoltà di fisica di Barcellona trova lavoro un laureato su cinquanta, di cento laureati della Deusto restano disoccupati solo in dodici. «I soldi per uscire dalla crisi sono chiusi nei libri, per rilanciare l’economia basta prendere la vita sul serio» ci dice Jon Basurto, uno degli studenti che incrociamo nelle sale di lettura della Deusto. Padre Pello apprezza ma non si fa illusioni: «Il tessuto sociale tiene ma la crisi mette a dura prova persino le capacità di risposta della dottrina sociale della Chiesa».
Questa non è una città per indignados. Dopo le proteste di piazza sono rimaste sedici canadesi sulla riva dell’Arenal, e «dovranno sbaraccare entro la terza di agosto», assicura un agente. Il riferimento è alla Semana grande, otto giorni di baldoria. Non siamo ai livelli dei Sanfermines di Pamplona, ma la fiesta è sempre la fiesta.

© Copyright Avvenire, 29 luglio 2011 consultabile online anche qui.

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Lo scrittore ed ex giornalista rock irlandese John Waters: "Non c'è niente di coraggioso nel discorso di Kenny. Si rivolge al nuovo regime invisibile, che ha il potere di creare e distruggere un Taoiseach. L'attacco al Papa indica grossolana ignoranza e forse malizia da parte di chi sa che sarebbe rimasto incontrastato, perché chi si preoccupa di difendere il Papa?"
http://www.irishtimes.com/newspaper/opinion/2011/0729/1224301562340.html
Alberto

Anonimo ha detto...

Ciao, Raffa!
Sul Foglio di oggi (non ancora online):
La chiesa tedesca aspetta Benedetto XVI, ma i fedeli scappano
Nel 2010 oltre 180 mila persone hanno abbandonato il cattolicesimo in Germania, e non solo per lo scandalo della pedofilia

Un'analisi a dir poco carente quella dell'esperto di punta in materia di chiesa cattolica della FAZ.
Mi domando perché non si analizzi a cosa hanno portato certi magisteri paralleli. Molto semplicemente allo spegnersi progressivo della fede. La gente se ne va perché non crede più e non ritiene di dover continuare a finanziare la DBK. Poco hanno a che vedere la supposta clemenza papale nei confronti dei lefebvriani o l'intransigenza assoluta verso qualsiasi cosiddetta riforma, e neppure lo scandalo pedofilia. Del resto, già in tempi non sospetti l'allora card. Ratzinger aveva descritto la situazione del cattolicesimo in Germania.
Alessia

Anonimo ha detto...

Ciao Raffaella,
tu ne sai qualcosa della visita del Papa in Brasile per il 2013?
http://portuguese-american-journal.com/2013-pope-benedict-xvi-to-visit-rio-de-janeiro-–-brazil/

Jacu

Anonimo ha detto...

Comunicato ufficiale della Diocesi di Cloyne sullo status attuale dei 19 preti menzionati nel Cloyne Report.
http://www.cloynediocese.ie/2011/07/present-status-of-clerics-mentioned-in-the-cloyne-report/
Alberto

Anonimo ha detto...

Raffa, qui qualche link sul contenzioso Croazia-Santa Sede.
http://www.edit.hr/lavoce/2011/110801/politica.htm
http://www.agenzianova.com/a/4e373d1e19bc23.26694603/617794/2011-08-01/croazia-il-presidente-josipovic-interviene-nella-polemica-con-il-vaticano-3/linked
http://ilpiccolo.gelocal.it/cronaca/2011/08/02/news/bufera-sull-ex-monastero-la-kosor-scrive-al-papa-1.756014
Alessia

Anonimo ha detto...

Il nostro Papa Benedetto, se mai ce ne fosse stato bisogno, ha dimostrato di aver più a cuore la giustizia della popolarità, anche se questa sua decisione dovesse costargli l'affetto della cattolica Croazia.
Alessia

Anonimo ha detto...

Come considerare questo articolo della Giansoldati? Disinformato, disinformante?
http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=158308&sez=HOME_NELMONDO
Alessia

Raffaella ha detto...

Molto grave l'articolo!
R.

Raffaella ha detto...

Ciao Jacu, so che c'e' un invito ma non si conosce la risposta.
R.