mercoledì 2 marzo 2011

Libro di Benedetto XVI, il Papa: non è vero che gli Ebrei condannarono Gesù. Pilato rappresentava il classico potere terreno (Izzo)

LIBRO PAPA: NON E' VERO CHE GLI EBREI CONDANNARONO GESU'

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 2 mar.

Quando il Vangelo di Matteo parla di "tutto il popolo", attribuendo ad esso la richiesta della crocifissione di Gesu', "sicuramente non esprime un fatto storico: come avrebbe potuto essere presente in tale momento tutto il popolo e chiedere la morte di Gesu'?".
Lo scrive Benedetto XVI nella seconda parte del "Gesu' di Nazaret", definendo "fatale nelle sue conseguenze" l'interpretazione che e' stata data di questa frase di Matteo. "La realta' storica - spiega - appare in modo sicuramente corretto in Giovanni e in Marco.
Il vero gruppo degli accusatori - infatti - sono i circoli contemporanei del tempio e, nel contesto dell'amnistia pasquale, si associa ad essi la 'massa' dei sostenitori di Barabba".
Riguardo agli accusatori di Gesu', scrive ancora il Papa, "nelle risposte dei Vangeli vi sono differenze su cui dobbiamo riflettere". "Secondo Giovanni - ricorda - essi sono semplicemente i 'Giudei'".
Ma questa espressione, chiarisce, "non indica affatto come il lettore moderno forse tende ad interpretare - il popolo d'Israele come tale, ancor meno essa ha un carattere 'razzista'". In definitiva, infatti, "Giovanni stesso, per quanto riguarda la nazionalita', era Israelita, ugualmente come Gesu' e tutti i suoi". Cosi' come "l'intera comunita' primitiva era composta da Israeliti". In Giovanni, dunque, "tale espressione ha un significato preciso e rigorosamente limitato: egli designa con essa l'aristocrazia del tempio". Per Ratzinger, dunque, "nel quarto Vangelo il cerchio degli accusatori che perseguono la morte di Gesu' e' descritto con precisione e chiaramente delimitato: si tratta, appunto, dell'aristocrazia del tempio - ma anch'essa non senza eccezione, come lascia capire l'accenno a Nicodemo". Invece in Marco, "il cerchio degli accusatori - che risposero alla domanda se liberare Barabba o Gesu' - appare allargato". Il primo Vangelo usa infatti una parola che "ha un sapore negativo nel senso di 'plebaglia'". Ma, "in ogni caso - tiene a precisare il Papa tedesco - con cio' non e' indicato 'il popolo' degli Ebrei come tale". Infatti se e' vero che, a quanto risulta agli storici, "nell'amnistia pasquale, il popolo ha il diritto di fare una proposta manifestata per 'acclamazione' che ha in questo caso un carattere giuridico", Benedetto XVI fa notare che "in quel momento i sostenitori di Barabba erano "mobilitati per l'amnistia", mentre "gli aderenti a Gesu' per paura rimanevano nascosti, e in questo modo la voce del popolo su cui il diritto romano contava era presentata in modo unilaterale". Nello stesso capitolo, il Pontefice affronta anche un altro aspetto del racconto evangelico sul quale molto si dibatte tra i teologi.
"Secondo Matteo - rileva - tutto il popolo avrebbe detto: 'Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli'". Ma, spiega, "il cristiano ricordera' che il sangue di Gesu' parla un'altra lingua rispetto a quello di Abele: non chiede vendetta e punizione, ma e' riconciliazione. Non viene versato contro qualcuno, ma e' sangue versato per molti, per tutti". "Come in base alla fede bisogna leggere in modo totalmente nuovo l'affermazione di Caifa circa la necessita' della morte di Gesu', cosi' - conclude - deve farsi anche con la parola di Matteo sul sangue: letta nella prospettiva della fede, essa significa che tutti noi abbiamo bisogno della forza purificatrice dell'amore, e tale forza e' il suo sangue. Non e' maledizione, ma redenzione, salvezza". E dunque "soltanto in base alla teologia dell'ultima cena e della croce presente nell'intero Nuovo Testamento la parola di Matteo circa il sangue acquisisce il suo senso corretto".

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LIBRO PAPA: PILATO RAPPRESENTAVA IL CLASSICO POTERE TERRENO

Salvatore Izzo

(AGI)- CdV, 2 mar.

"Gesu' ha creato un concetto assolutamente nuovo di regalita' e di regno mettendo Pilato, il rappresentante del classico potere terreno, di fronte ad esso".
Lo scrive il Papa nella seconda parte di "Gesu' di Nazaret".
"L'accusa secondo cui Gesu' si sarebbe dichiarato re dei Giudei -sottolinea il Pontefice- era pesante. E' vero che Roma poteva effettivamente riconoscere re regionali, come Erode, ma essi dovevano essere legittimati da Roma ed ottenere da Roma la descrizione e la delimitazione dei loro diritti di sovranita'".
"Un re senza tale legittimazione era un ribelle che minacciava la pax romana e di conseguenza si rendeva reo di morte", ricorda Ratzinger rilevando che pero' "Pilato sapeva che da Gesu' non era sorto un movimento rivoluzionario". "Dopo tutto cio' che egli aveva sentito, Gesu' - sottolinea il Papa teologo - deve essergli sembrato un esaltato religioso, che forse violava ordinamenti giudaici riguardanti il diritto e la fede, ma cio' non gli interessava. Su cio' dovevano giudicare i Giudei stessi. Sotto l'aspetto degli ordinamenti romani concernenti la giurisdizione e il potere, che rientravano nella sua competenza, non c'era nulla di serio contro Gesu'". Nel Vangelo di Giovanni, ricorda Bendetto XVI, "e' detto chiaramente che presso Pilato, in base alle informazioni in suo possesso, non c'era nulla contro Gesu'". Infatti, conclude il Papa, "all'autorita' romana non era giunta alcuna notizia su qualcosa che in qualche modo avrebbe potuto minacciare la pace legale. L'accusa proveniva dagli stessi connazionali di Gesu', dall'autorita' del tempio. Doveva stupire Pilato che i connazionali di Gesu' si presentassero davanti a lui come difensori di Roma, dal momento che le sue personali conoscenze non gli avevano dato l'impressione che un intervento fosse necessario".

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