Gesù, ecco la sua vera rivoluzione
C'è chi ne ha fatto un capo politico, Ratzinger ne ricostruisce la figura: in Lui umano e divino s'incontrano
Pietro Barcellona
Chi è Gesù di Nazareth e quale significato può avere attualmente il suo messaggio? È forse Gesù di Nazareth un "rivoluzionario" che è venuto a comandare un gruppo di Giudei in lotta per la propria autonomia ed indipendenza contro il dominio romano? Questa idea tanto suggestiva e tanto lontana dalla realtà storico-spirituale della vicenda terrena di Gesù Cristo è tornata tuttavia più volte nelle culture che hanno sognato improvvisi cambiamenti epocali dei governi e delle istituzioni in nome di una nuova giustizia e di un nuovo modo di stare insieme.
Tutta la grande epopea della teologia della speranza è in qualche modo legata a questa visione di un Gesù rivoluzionario che cambia il corso degli eventi politici e istaura un nuovo modo di concepire l'equità. L'inattendibilità storica di questa interpretazione del messaggio di Cristo non esclude la sua plausibilità alla luce degli eventi che caratterizzavano la vita dei Giudei sotto il dominio romano. All'epoca di Gesù era infatti molto attivo un movimento, denominato degli "zeloti", che aspettava l'arrivo di un Messia, capo-guerriero, che avrebbe guidato la lotta contro l'oppressore straniero. Molti dei discepoli di Gesù provenivano da questo movimento rivoluzionario e qualcuno ricorda che nell'orto degli ulivi Pietro aveva portato con sé una spada perché pensava che si sarebbe ancora verificata una lotta armata.
Quanto questa interpretazione del messaggio di Gesù e della sua attualità siano privi di fondamento è argomentato con grande rigore metodologico e con la vivissima "passione" di chi intende trasmettere ai contemporanei il messaggio di Gesù, nel libro di Papa Ratzinger intitolato Gesù di Nazareth.
Sicuramente, nella storia della Chiesa, il libro di Ratzinger avrà un posto importante perché si misura fino in fondo con le problematiche metodologiche dell'esegesi e dell'ermeneutica delle Sacre Scritture ma testimonia anche della ricerca personale di un rapporto di comprensione del mistero e della novità che Gesù di Nazareth rappresenta nella storia del mondo, anche attuale.
Papa Ratzinger contesta la spiegazione di un Gesù rivoluzionario- politico, esponente dello zelotismo, attraverso alcuni riferimenti testuali ai Vangeli che non dovrebbero veramente lasciare dubbi ad una siffatta interpretazione politica del messaggio cristiano. Come ha scritto ad esempio Kolakowski, il punto straordinariamente innovativo della predicazione di Gesù è la Non Violenza e l'abolizione della distinzione fra popolo eletto e universalità del genere umano.
La riflessione più convincente del pensiero di Papa Ratzinger riguarda appunto la discontinuità tra il messaggio di Cristo e la visione tradizionale del rapporto tra umano e divino, consegnato dalla tradizione alla Legge e ai profeti.
Il punto centrale di questa riflessione è a mio parere la trasformazione radicale del significato del Tempio come luogo di incontro tra Dio e l'uomo, e della visione sacrificale che domina le pratiche cultuali del sacrificio ereditate dalla tradizione. Il racconto dei Vangeli di Gesù che caccia i mercanti dal Tempio è il segno più vistoso della denuncia che Gesù fa della profanazione del Tempio ad opera dei sacerdoti che ne dovrebbero custodire il valore. Ratzinger sottolinea come questo gesto, più che una denuncia della inosservanza delle leggi da parte della casta dei sacerdoti, è una presa di posizione netta contro ogni profanazione del Tempio, come luogo dell'abitare del Dio, divenuto commercio e mercato di affari mondani sotto l'apparente copertura di un rispetto formale della logica sacrificale che ispira il vecchio rapporto tra Dio e uomo.
Il rapporto tra Gesù e il Tempio è un nodo centrale della visione di Gesù Cristo e della sua discontinuità rispetto alle tradizionali visioni cultuali. Ratzinger si intrattiene a lungo su tutto ciò che nella predicazione di Gesù riguarda il destino del Tempio e delle forme tradizionali del culto giudaico. Gesù Cristo denuncia più volte che il Tempio non è più il luogo dove abita il Padre e che la casa è ormai deserta perché Dio è stato costretto ad abbandonare il luogo della pura esteriorità, profanato continuamente dalla contaminazione con gli affari mondani. Gesù profetizza con parole terribili la distruzione del Tempio e la devastazione di Gerusalemme, parla di un'epoca di grande tribolazione, di guerra e di violenza fratricida, come poi accadrà anche nelle lotte tra le diverse tribù giudaiche che produrranno morte e rovina mai prima conosciute dalla storia degli uomini.
Ratzinger insiste su una nota testuale che mi sembra decisiva: Gesù non è venuto a distruggere il Tempio, ma attribuisce questa distruzione agli uomini stessi che, lottando fra loro e praticando l'assassinio reciproco, hanno tradito il significato della parola di Dio che, già nelle Sacre Scritture, aveva trovato eco nelle profezie di Geremia. Il Tempio è distrutto dagli uomini che lo hanno edificato perché ne hanno fatto uno strumento di potere e hanno così "mercificato" il rapporto dell'uomo con il divino, riducendolo ad una pura esteriorità nel formalismo delle pratiche cultuali.
Gesù Cristo istituisce un Nuovo Tempio che non è più un luogo fisico dove recarsi in pellegrinaggio e portare offerte sempre più preziose, ma una Persona, e cioè egli stesso come Tempio Vivente in cui l'umano e il divino si fondono, istituendo un nuovo rapporto con gli uomini fondato non sul sacrificio ma sull'amore. Dopo la nascita, la morte e la resurrezione di Cristo, la Persona di Gesù è la presenza nel tempo della storia umana del Dio Vivente che si rivolge a ciascuna persona per seguirne la testimonianza attraverso le nuove pratiche istituite dal discorso della montagna.
Dalla predicazione di Gesù inizia un nuovo rapporto tra uomo e Dio che non può risolversi più nell'offerta dell'agnello sacrificale, riducendo l'espiazione dei peccati a un puro scambio di offerte votive, ma deve rivoluzionare l'interiorità di ciascuna persona e portarla a vivere nel presente una identificazione con Cristo crocifisso e risorto attraverso le pratiche di fraternità amorosa.
Ratzinger sottolinea che il messaggio di Cristo rivoluziona le visioni cosmiche e spaziali della presenza di Dio nel mondo e in un certo senso le relativizza in un rapporto di persone. Si modifica totalmente rispetto alle pratiche tradizionali l'idea stessa di "purificazione" dell'uomo, la quale non può consistere in una sorta di continuo lavaggio delle mani e nel rispetto delle regole formali ma richiede, come nel racconto del lavaggio dei piedi dei discepoli, un atto di umiltà assoluta che cancella ogni gerarchia tra uomo e uomo.
Un nuovo concetto di Tempio e un nuovo concetto di Purificazione sono il presupposto necessario per avere una qualche idea della resurrezione dei morti. Non si tratta infatti, come sottolinea Papa Ratzinger, di un miracolo come quello che è toccato in grazia a Lazzaro, che è tornato a vivere per morire nuovamente, ma di una Vita che non possiamo immaginare nei termini mondani di un semplice recupero del corpo fisico. Una nuova dimensione della vita dove scompare il consumarsi delle cose e il divenire incessante che annichilisce ogni presenza terrena nel fiume di Eraclito. Una vita oltre la vita che consegna la fine dei tempi ad una dimensione che non possiamo percepire.
Il libro di Ratzinger restituisce, a mio modo di vedere, senso e attualità al messaggio di Cristo, pur lasciando aperto il significato insondabile della presenza di Dio nel mondo degli uomini. Senza la fede nessuna scienza potrà rendere trasparente il grande mistero della vita. Possiamo però per oggi trarre una conclusione: chi pensa di esser in rapporto col Cristo come Dio Vivente non è autorizzato a farne uno strumento di potere mondano e di superiorità rispetto a coloro che non credono. Chi si dice Cristiano, per la coerenza con la propria fede, ha il dovere di non fare alcun uso mondano del suo rapporto col divino. Il dono della vita che Cristo ha compiuto facendosi crocifiggere riguarda tutti gli uomini indistintamente e nessuno può arrogarsi il potere di amministrarlo secondo finalità terrene.
© Copyright La Sicilia, 22 aprile 2011
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