sabato 23 aprile 2011

Il Papa ed il coraggio del dubbio. Il commento di Zizola

Clicca qui per leggere l'editoriale segnalatoci da Gemma.

10 commenti:

Fabiola ha detto...

Il coraggio del dubbio.
C. McCarthy, in Sunset Limited, scrive:"Non sono uno che dubita, però sono uno che fa domande"."E che differenza c'è?" "Beh, secondo me chi fa domande vuole la verità. Mentre chi dubita vuole sentirsi dire che la verità non esiste".

Ecco, Benedetto è uno, un cristiano, che "fa domande" e, soprattutto che sa a Chi farle e Chi può rispondere.
Non ci vuole coraggio alcuno per dubitare, oggi. All'intorno è tutto un tripudio di dubbi, è solo di sè che non si dubita mai. E della verità del nostro dubbio.
Il coraggio è quello di chi indica "una speranza affidabile", con le parole e con la vita.
Ma questo, per Zizola, è troppo.

Andrea ha detto...

Non si pensa ad altro, non si richiede altro, che la testa di de Mattei.
Questo perché è l' "oscurantista" del momento, mentre la Chiesa è ampiamente infiltrata dagli "Illuminati" (o "Perfetti").

Siamo a Place de la Concorde a fine 1700, con la ghigliottina "normalizzatrice" in funzione.

Donda7 ha detto...

Non mi è piaciuto l'articolo di Zizola che anzi denota poca conoscenza della massa dei cattolici, anche di quelli pratucanti che in gran parte sono rimasti al catechismo imparato da fanciulli. Grande merito a Sua Santità per essere abbassato per rendere la sua alta teologia alla portata di tutti. Buona Pasqua a tutti Donda7

Andrea ha detto...

Caro(?) Donda e cara Fabiola, dipingere il mondo "cristiano sconvolto", cioè le nostre società, come diviso in Laici che vivono nel Dubbio Sistematico e Clericali che hanno "certezze" (vedi Iannuzzi su "Il Tempo", pur bene intenzionato) è ridicolo e vergognoso.
Ma questa gente (intendo gli "Illuminati", o "Intellettuali" patentati dalla casta intellettuale) campa di questo.

Anonimo ha detto...

il riferimento a de Mattei è assolutamente gratuito, ma soprattutto mi dica Zizola dove nel famoso intervento di de Mattei a Radio Maria si evince che il prof. ritiene che quanto accaduto in Giappone sia un castigo.
Ma la cosa ancor più pedante di questo articolo è il riferimento a quell'immagine di Dio "vendicativo" contrapposto a quello del Dio "buono" che ormai da quarant'anni viene utilizzato come una clava da vari teologastri innamorati di psicologia.

Guido ha detto...

Mentre a Roma discutono Sagunto è espugnata...al posto di Sagunto mettiamoci la Basilica di San Paolo luogo santissimo al cuore dei fedeli,occupato dagli zingari.
Se il Papa,affaccendato in altre cose, e la Santa Sede non riescono a proteggere i luoghi santi restistuiscano la sovranità delle basiliche di Roma al popolo italiano unico legittimo proprietario.

Anonimo ha detto...

i zingari sono figli di Dio come il popolo italiano proprietario, forse il Signore non avrebbe tanto da ridire se pernottano nella Sua casa

Anonimo ha detto...

i zingari sono figli di Dio come il popolo italiano proprietario, forse il Signore non avrebbe tanto da ridire se pernottano nella Sua casa

Andrea ha detto...

Il Dio "buono", caro Anonimo delle 14:23, è un "dio buonista" di schietta impronta ereticale: tende a identificarsi con il Tutto, per il quale Bene e Male sarebbero solo delle "increspature", ed è lontanissimo da Dio Vivente Tripersonale, che opera liberamente con esseri liberi e responsabili da Lui creati e che trova il peccato una catastrofe così grande da immolare il proprio Figlio per liberarci da esso.

Anonimo ha detto...

Pure Gramellini vuole il licenziamento di De Mattei e allora ci ricama sopra, Eufemia
Senza copione

Chiunque preferisca gli umili agli infallibili sarà rimasto colpito dal dialogo televisivo fra il Papa e la bimba giapponese che gli chiedeva conto del terremoto. «Perché i bambini devono avere tanta tristezza?», domandava la piccola, dando fiato a un tarlo che non trova risposte nella ragione, ma solo in quella che le Chiese chiamano fede e gli psicanalisti junghiani intuizione. Il Papa avrebbe potuto rispondere come quel cattolico saputello e fanatico del Cnr, che a proposito dello tsunami aveva tirato in ballo il castigo di Dio. Invece se n’è uscito con un’ammissione di impotenza dotata di straordinaria potenza: «Non abbiamo le risposte.

Però un giorno potremo capire tutto». Per il niente che vale, la penso (anzi, la sento) come lui. Mi sono sempre immaginato la vita come un film di Woody Allen, dove gli attori recitano le scene senza che il regista mostri loro l’intero copione. Solo al termine delle riprese vengono ammessi in sala montaggio e finalmente comprendono il motivo per cui si erano baciati o presi a schiaffi.

Per tutta la vita ci sentiamo sballottare da eventi che non afferriamo e siamo pervasi da un senso di inadeguatezza, come se ogni cosa sfuggisse al nostro controllo e il cinismo rappresentasse l’unico antidoto allo smarrimento. Ma appena diamo tregua al cervello e inneschiamo il cuore, sentiamo che tutto ciò che d’incomprensibile ci succede contiene un significato. E il fatto di trovarci al buio non significa che la stanza sia vuota, ma solo che bisogna aspettare che si accenda la luce