"Uno sguardo cristiano sull'umanità sofferente"
Il teologo gesuita Repetto: «L’opera è lieve, misericordiosa non astiosa, una lezione di tolleranza e compassione»
GIACOMO GALEAZZI
ROMA
Ex attore come Karol Wojtyla, attento ai «segni dei tempi» come Giovanni XXIII, cultore del dubbio al pari dell’«amletico» Paolo VI, accomunato a Celestino V dal gran rifiuto. Il Pontefice disegnato da Nanni Moretti unisce caratteristiche diverse proiettandole su uno scenario realistico ma «non privo di incongruenze». A snocciolare il rosario di pregi e difetti di Habemus Papam è padre Tiziano Repetto, teologo gesuita che ieri nella capitale ha visto il film in anteprima catalogandone virtù ed «errori di fondo». Per esempio, «la ritrosia del Vaticano sulla psicanalisi è ormai superata» e «l’inferno vuoto proclamato dal cardinale decano non ha riscontro teologico o biblico». Comunque lo sguardo sulla Chiesa è «misericordioso, lieve, non astioso». Una «lezione di tolleranza e compassione».
Il modo in cui Nanni Moretti «si china su un’umanità sofferente è genuinamente cristiano». Ricorda Rahner e i suoi cristiani anonimi ossia i non credenti che si comportano come cristiani senza sapere di esserlo. «Il tema della fede è affrontato con presupposti umani (psicanalisi, sport) ma deve arrestarsi - precisa il teologo -. A un certo punto serve uno sguardo di fede che il regista non ha, per questo il film termina con la rinuncia del Papa». La grazia perfeziona la natura, ma se la natura manca neppure la grazia può agire: il Sacro Collegio elegge un Papa che non è adatto al ruolo. Affiora una cupezza di registro per cui il darwinismo segna il non senso, l’insignificanza della vita. «Forse si cela un desiderio struggente di poter credere», sottolinea padre Repetto.
La pellicola ha riferimenti nella storia ecclesiastica e nelle Sacre Scritture. Il «precedente» storico della vicenda è il dimissionario Celestino V. Il fondamento biblico è il libro di Giona che scappa come il Papa di Moretti, ma poi alla fine della fuga accetta la sua missione. «Come già in altre sue opere (Bianca, La messa è finita, Palombella rossa), il tema portante è la solitudine dell’uomo di talento: Moretti interpreta lo psicanalista migliore tuttavia ha fallito nel matrimonio e i cardinali non lo ascoltano». Il Papa e lo psicanalista sono due aspetti del regista: «Da una parte l’artista di talento, dall’altra l’uomo che si percepisce senza qualità. Ambedue soli».
Da sempre Moretti analizza il tema del «genio incompreso» in molti aspetti del sociale (scuola, sport) e ora anche nella Chiesa. Un quarto di secolo dopo La Messa è finita, ma senza la spigolosità del suo personaggio di allora, don Giulio. «Memorabile la scena umoristica in cui Moretti spiega la Bibbia ai cardinali sostenendo che nel testo sacro sono già descritte la depressione e il panico - evidenzia padre Repetto -. Ed è pungente la critica all’approccio disinvolto della Chiesa alle comunicazioni sociali. Moretti porta sullo schermo un sogno dell’immaginario collettivo, ossia vedere il Papa che vive come un uomo comune, prende l’autobus, cerca un telefono al bar, mangia cornetti».
Il personaggio di Michel Piccoli assomma in sé almeno 4 Papi: Giovanni XXIII (che si vestiva da semplice prete e andava in giro per Roma), Paolo VI e Giovanni Paolo I per il loro atteggiamento problematico davanti alle sfide della Chiesa nel mondo contemporaneo e l’attore Karol Wojtyla, anch’egli dedito a segrete e fugaci «evasioni» dal Vaticano. «Michel Piccoli vorrebbe essere attore ma riesce solo a essere spettatore a teatro e proprio durante la rappresentazione di Checov viene riconosciuto come legittimo Pontefice - puntualizza il teologo -. Pare che la fiction teatrale lo riporti alla sua realtà.
Esaltazione del teatro che ristabilisce gli equilibri dei ruoli». Sono evocati anche il rapporto tra fede e scienza (il portavoce vaticano dice: «Abbiamo chiesto il sostegno della sua scienza» ossia della psicanalisi, riconciliando fede e ragione) e la conoscenza di se stessi. Piccoli afferma: «Dio vede in me capacità che non ho. Dove sono, dottore? Le cerco e non le trovo». Il riferimento è Sant’Agostino: «Dio ci conosce meglio di ogni altro».
Si dice sempre che i papi siano prigionieri in Vaticano, ma nel film tutti sono prigionieri (i cardinali, lo psicoanalista, il portavoce schiavo degli errori, la guardia svizzera rinchiusa nelle stanze papali) mentre il solo libero è il Pontefice.
© Copyright La Stampa, 15 aprile 2011 consultabile online anche qui.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
4 commenti:
mica male come commento. In realtà, a pensarci bene,Moretti è meno irriverente di tanti altri, ma, proprio perché non credente, non riesce a trovare soluzione che è solo e sempre quella di dire sì, di aprire al Signore che chiama e bussa per esere felici anche nelle prove e nella incomprensione. Forse sono ingenuo o imbecille
Riguardo all'inferno vuoto, criticato da Padre Repetto, rammento la teoria dell'apokatastasis di Origene. Rammento inoltre l'auspicio dell'immenso Hans Urs von Balthazar (studioso, tra l'altro, di Origene): "Cristo è venuto per tutti... come teologo cattolico non posso negare che l'inferno esista ma posso formulare l'auspicio che esso sia vuoto" (cito a memoria). Su questa scorta e in tal senso le parole di Papa Giovanni Paolo il Grande (ammiratore di von Balthazar) negli ultimissimi tempi della sua vita terrena. Grazie
Ricordo che l'apokatastasis fu condannata come eresia. Quanto all'inferno non è vuoto, almeno uno c'è ed è il satana. Padre Repetto.
Caro Padre Repetto, certamente il secondo Concilio di Costantinopoli, nel 553, condannò l'apokatastasis, nel senso di una restitutio et redintegratio di demoni ed empi. Mi riferivo però al bellissimo libro di H.U. von Balthasar "Sperare per tutti - Breve discorso sull'inferno- Apocatastasi" (Jaca Book) ove si fa appello alla teologale Speranza che esso possa essere almeno vuoto, o quasi vuoto, impiorun hominum. In quel libro, se non rammento male, von Balthasar si dichiarava in buona compagnia del Padre de Lubac, di Romano Guardini, suttutto del nostro amato Pontefice (allora Cardinale Ratzinger) e del gran gesuita Erich Przywara. Non mettiamo limiti alla Grazia e al compimento dei Suoi disegni salvifici... nonostante le nostre umane pochezze. Con stima e affetto (Franzaldo di Paolo)
Posta un commento