sabato 26 marzo 2011

Nel cuore di Parigi voce del Papa entra con suadente semplicità non per criticare o condannare il nostro povero tempo, ma per invitare a raccolta i giovani, credenti e non credenti, a un dialogo profondo sulle questioni che contano (Sindoni)

FEDE, LAICITÀ E DIALOGO

CON ACUTA SPERANZA

PAOLA RICCI SINDONI

Nel cuore di Parigi, città simbolo, erede dell’Illuminismo laicista, antica culla della dea ragione, ideatrice della modernità senza Dio, la voce del Papa entra con suadente semplicità non per criticare o condannare il nostro povero tempo, ma per invitare a raccolta i giovani, credenti e non credenti, a un dialogo profondo sulle questioni che contano. Plaudendo all’iniziativa, promossa dal cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, nata da un suo suggerimento sull’incontro costruttivo di tutti in ordine alla ricerca di Dio e della sua verità, pensando simbolicamente alla spianata del Tempio, cortile dei gentili, Benedetto XVI si rivolge a quanti, ancora in ricerca, sono generosamente aperti a intercettare il senso autentico del loro stare al mondo. Due sono, a suo avviso, i problemi centrali che vanno affrontati senza paura e con il coraggio dell’intelligenza: il primo riguarda la presenza di Dio nei nostri giorni, sia che si riveli ai credenti nella figura di una Persona che ama e salva, sia che rimanga sullo sfondo della coscienza dei tanti ragazzi che inconsapevolmente lo cercano ancora, intravedendolo appena come un Dio sconosciuto.
In questo simbolico 'cortile' lo sguardo di Benedetto li coglie insieme e insieme li invita a maturare un’attitudine aperta e pensosa, capace di «rispettare, sostenere e amare l’essere umano », chiunque egli sia, là dove abita insieme alla solitudine, alla sofferenza, all’indigenza, e anche alla gioia, quando queste insegnino l’arte difficile e splendida dell’accoglimento dell’altro per quello che è. Un modo concreto e definitivo per dare il giusto peso al dialogo e al riconoscimento del valore di verità di cui ciascuno è portatore, attivando la pratica della fraternità, parola cruciale dell’Illuminismo, di certo però poco praticata. Se infatti la libertà e l’uguaglianza hanno infiammato le rivoluzioni sociali e politiche, dando vita a nuovi assetti istituzionali in tutto l’Occidente moderno, il valore della fraternità – anche se il Papa non lo dice apertamente – trova di certo la sua fonte originaria nel cuore del cristianesimo. Siamo tutti fratelli non tanto perché – come vuole il credo illuminista – siamo tutti uguali e tutti appartenenti al genere umano, ma perché tutti ci riconosciamo figli dello stesso Padre. Si tratta di un importante valore aggiunto al patrimonio ideale delle giovani generazioni, spontaneamente pronte a creare vincoli di amicizia, a potenziare legami di mutuo sostegno, per condividere interessi e fini comuni, pronti a lottare per veder realizzati i loro sogni. Vivere la fraternità, in un mondo che appare segnato dall’individualismo e dall’indifferenza, non vuol dire certo – come chiarisce il Papa – omologare le differenze per trovare qualche punto in comune, ma coltivare «la giusta laicità», quale prospettiva che consente a ciascuno di vivere quello che crede, in coerenza con la propria coscienza e con la consapevolezza di arricchire le proprie convinzioni anche tramite il confronto e il rispetto delle altrui credenze.
Facendo riferimento al prossimo incontro estivo di Madrid per la Giornata mondiale della gioventù, appuntamento amato da tanti giovani credenti, il Papa allarga il suo invito a tutti, senza alcuna esclusione, convinto com’è che Dio si fa trovare vicino in modo inaspettato, anche quando lo si sente lontano. Ed è toccante la parte finale del messaggio, là dove Benedetto XVI chiede ai giovani, anche ai non credenti, di entrare in cattedrale e di provare a pregare, certi che l’invocazione a Dio, oltre che dalla fede provata, può nascere dall’acuta speranza di essere ascoltati e accolti.

© Copyright Avvenire, 26 marzo 2011

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