Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:
B-XVI ha deciso: Scola a Milano
Francesco Antonio Grana
Una semplice stola rossa per un gesto profetico o un passaggio di testimone. È il 1972 quando Paolo VI si reca in visita pastorale a Venezia, nella diocesi che il cardinale Albino Luciani guida da appena due anni.
A Piazza San Marco l'austero Montini compie un gesto più incredibile che inusuale. Il Papa si toglie la stola e la pone sulle spalle del Patriarca. Un segno eloquente per il conclave che si sarebbe svolto dopo la sua morte? Sei anni più tardi, quando Paolo VI terminerà la sua corsa terrena, sarà proprio Albino Luciani a ereditare il timone della barca di Pietro. Del gesto profetico del suo diretto predecessore, Giovanni Paolo I ne parlerà durante il suo primo messaggio ai fedeli, l'indomani la sua elezione. "Papa Paolo non solo mi ha fatto cardinale, ma alcuni mesi prima, sulle passerelle di Piazza San Marco, m'ha fatto diventare tutto rosso davanti a 20mila persone, perché s'è levata la stola e me l'ha messa sulle spalle, io non son mai diventato così rosso!".
Oggi Benedetto XVI compie un gesto diverso, ma che può avere lo stesso significato e che ha come scenario sempre il patriarcato di Venezia. Ratzinger ha nominato, infatti, il cardinale Angelo Scola alla guida dell'Arcidiocesi di Milano. Si lascia la Serenissima prima dei settantacinque anni, cioè dell'età in cui i vescovi vanno in pensione, solo per la Cattedra di Pietro. E la stessa cosa si può dire della diocesi più importante d'Europa. Milano, infatti, conta 1107 parrocchie, riunite in 73 decanati e in 7 zone pastorali. Il numero degli abitanti è superiore ai cinque milioni. I preti impegnati nella pastorale sono circa tremila, duemila diocesani e mille religiosi, e i parroci più di 800.
Nel Novecento sono diventati Papi due Arcivescovi di Milano, Achille Ratti (Pio XI, 1922-1939) e Giovanni Battista Montini (Paolo VI, 1963-1978), e tre Patriarchi di Venezia, Giuseppe Melchiorre Sarto (Pio X, 1903-1914), Angelo Giuseppe Roncalli (Giovanni XXIII, 1958-1963) e Albino Luciani (Giovanni Paolo I, 1978). Eccezioni, se così si possono definire, in questa particolare cronologia sono stati Giacomo della Chiesa (Benedetto XV, 1914-1922) che arrivò al pontificato come Arcivescovo di Bologna, Eugenio Pacelli (Pio XII, 1939-1958) che fu eletto quando era Segretario di Stato, Karol Wojtyla (Giovanni Paolo II, 1978-2005) che entrò in conclave come Arcivescovo di Cracovia, e il regnante Joseph Ratzinger (Benedetto XVI, 2005), ma qui siamo già nel Ventunesimo secolo, che arrivò alla Cattedra di Pietro da Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e Cardinale Decano. Degli ultimi nove Pontefici, cinque prima di essere eletti guidavano le Diocesi di Milano o di Venezia. Scola che nel suo curriculum le annovera entrambe potrebbe avere una carta in più da giocare nel futuro conclave.
Benedetto XVI, dopo quasi settant'anni di nomine papali dirette, ha voluto che le candidature per la Diocesi ambrosiana fossero vagliate seguendo l'iter canonico. L'indicazione finale è stata favorevole a Scola, ma molti segnali fanno ritenere che a lui il Papa pensasse da sempre, per la stima che nutre per il nuovo Arcivescovo di Milano, che conobbe quarant'anni fa e che, dalla metà degli anni Ottanta, collaborò con lui nella Congregazione per la Dottrina della Fede. È di Scola, inoltre, il suggerimento, accolto dal Papa, di istituire un Dicastero dedicato alla promozione della nuova evangelizzazione. Si dice che nel conclave del 2005, il neo Arcivescovo di Milano, sebbene tra i potenziali papabili, si sia speso per l'elezione del suo maestro.
L'amicizia con Benedetto XVI nacque all'epoca di "Communio", la rivista teologica internazionale fondata nel 1974 da Hans Urs von Balthasar, Henri de Lubac e Joseph Ratzinger. Tra i primi a farne parte ci furono anche quelli che il futuro Papa definì alcuni «promettenti giovani di Comunione e liberazione». In primis proprio Angelo Scola. «Un giovane professore di diritto canonico, due sacerdoti non ancora trentenni studenti di teologia e un giovane editore erano a tavola, invitati dal professor Ratzinger, in un caratteristico ristorante in riva al Danubio che, a Regensburg, scorre né troppo lento né troppo impetuoso così da far ancora pensare al bel Danubio blu. L'invito l'aveva procurato von Balthasar per discutere della possibilità di fare un'edizione italiana di quella rivista che sarebbe poi stata "Communio"». Così il neo Arcivescovo di Milano, all'epoca studente di teologia, ricorda il primo incontro con Ratzinger, avvenuto durante la quaresima del 1971. «Col suo tratto delicato, i gesti misurati ma gli occhi mobilissimi - continua Scola - Ratzinger ci illustrava il menù: una lunga sequenza di succulenti piatti bavaresi… Mostrava di conoscerlo bene, era senz'altro un habitué del ristorante. Noi, superato l'impaccio dell'inizio, da buoni latini, per giunta giovani, ci lanciammo in paragoni fra menù bavaresi e lombardi. Mi ricordo bene che chiesi al nostro ospite cosa ci consigliasse: pazientemente prese a illustrarci ogni piatto della lista, spingendoci a gustarne più di qualcuno per farci un'idea della cucina bavarese. Non senza disordine finimmo, sotto gli occhi benevoli e il sorriso, forse un po' impaziente, del nostro ospite, per scegliere un vasto e esagerato assortimento di piatti. Ratzinger chiuse la lista degli ordini dicendo al cameriere qualcosa come "per me il solito". Il cameriere portò al noto teologo un toast e una sorta di limonata. La nostra sorpresa rischiava l'imbarazzo. Con un sorriso, stavolta veramente largo e bonario, il cardinale ci liberò, esclamando: "Voi siete in viaggio... Se io mangio troppo come si fa poi a studiare?". Al ritorno in auto, notammo però quella battuta: "Come al solito"».
La nomina di Scola alla cattedra di Ambrogio e Carlo è un segno profetico o un passaggio di testimone come il gesto di Paolo VI con Luciani? Solo il futuro, o meglio il prossimo conclave, lo svelerà.
© Copyright L'Avanti, 29 giugno 2011
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