Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:
IL PAPA E GLI ATEI NON DEVOTI DI ASSISI
Lucio Brunelli
Una psicanalista franco-bulgara, Julia Kristeva, ex maoista, impegnata in battaglie per la difesa dei diritti delle donne. Un economista no-global, Walter Maier, membro del partito comunista austriaco. Un pensatore agnostico, Guillermo Hurtado, proveniente dal più massonico paese dell'America latina, il Messico. Un filosofo italiano fieramente laico, Remo Bodei, per il quale Berlusconi è “miscredente come nessuno”. Sono atei, ma non molto devoti i quattro intellettuali scelti dal papa per rappresentare idealmente, ad Assisi, quei “cercatori di verità” ai quali non è stato dato “il dono di poter credere”. La loro presenza, nella cittadella francescana, lo scorso 27 ottobre, è stata la vera novità della riedizione (rivista e corretta da Ratzinger) del meeting inter-religioso per la pace convocato da Wojtyla 25 anni fa.
Negli anni in cui Ruini teneva le redini dell'episcopato italiano gli 'atei' considerati interlocutori interessanti dalla Chiesa erano solo quelli che sposavano ideologicamente le battaglie etiche della gerarchia, ed anzi le avrebbero volute ancora più aspre. In questo tipo di dialogo la politica aveva un peso preminente.
Gli atei invitati ad Assisi non rientrano in questi parametri. Benedetto XVI si è fidato del cardinale Ravasi, non ha messo paletti politici. Il filo rosso che unisce i quattro invitati speciali è una apertura al dialogo, la ricerca non banale di una domanda di senso, il “tenere la porta aperta” come dice Bodei. Persone, ha spiegato il papa, che “pongono domande sia all'una che all'altra parte”. Agli atei fondamentalisti, che pensano di sapere già tutto sulla non esistenza di Dio. Ma anche ai credenti “perché non considerino Dio come una proprietà che gli appartiene”. E' il passaggio che più mi ha impressionato. Dio non è un qualcosa di cui qualcuno si può impossessare. Il tratto assolutamente gratuito, anarchico, della grazia è l'antitesi più radicale alla presunzione violenta di ogni integralismo religioso (anche quello clericale).
Ratzinger sembra quasi divertirsi, negli ultimi mesi, a rovesciare con colpi ad effetto l'immagine di cartapesta del pastore tedesco, asserragliato nel recinto delle sue certezze e sprezzante nei confronti degli altri, quelli che ne sono fuori, appunto.
Gli agnostici in ricerca, ha detto il 25 settembre a Friburgo, “sono più vicini al Regno di Dio di quanto lo siano i fedeli di routine, che nella Chiesa vedono ormai soltanto l’apparato”. Non era una battuta per arruffianarsi qualcuno, anche se persino Eugenio Scalfari ne è rimasto scosso e comincia a rivedere i suoi giudizi sul pontificato. Ma ci sarà pure un motivo se i grandi preti del nostro tempo, da don Giussani a don Divo Barsotti, sentivano il dolore di Leopardi, Pavese e Pasolini più vicino alla loro sensibilità delle dissertazioni di tanti tiepidi autori cattolici.
E citavano proprio i versi di questi atei inquieti quando dovevano spiegare, ai giovani che li ascoltavano, cos'è l'uomo e il suo desiderio ferito di bellezza e di felicità.
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6 commenti:
mi piace.
Vita è una rivista che devo considerare ... mi sta piacendo molto, di recente.
Benedetto XVI è un grandissimo papa, perché apre al dialogo ed ad un dialogo senza frontiere e senza ostacoli.
Che Dio non appartenga a nessuno è perfino ovvio. Non è una "nostra proprietà" e noi non siamo i "detentori della verità", ma solo dei cercatori della stessa intessuti ed intrecciati, ma solo se siamo abbastanza umili e docili, dalla Parola di Gesù Cristo che si fa vita per noi.
a me è piaciuto e piace immensamente questo passaggio ... in cui il "depositum fidei" è (diventa?) soltanto la fatica d'amare
"La Croce di Cristo è per noi il segno del Dio che, al posto della violenza, pone il soffrire con l’altro e l’amare con l’altro. Il suo nome è «Dio dell’amore e della pace» (2 Cor 13, 11). È compito di tutti coloro che portano una qualche responsabilità per la fede cristiana purificare continuamente la religione dei cristiani a partire dal suo centro interiore, affinché — nonostante la debolezza dell’uomo — sia veramente strumento della pace di Dio nel mondo."
ciao
r
Gli agnostici in ricerca, ha detto il 25 settembre a Friburgo, “sono più vicini al Regno di Dio di quanto lo siano i fedeli di routine, che nella Chiesa vedono ormai soltanto l’apparato”.
Ma il Papa s'è mai chiesto perché questi fedeli tiepidi vedono nella Chiesa solo l'apparato? Non sarà perché spesso la Chiesa si presenta ad essi soltanto come tale?
E, poi, basta con questa esaltazione dell'ateismo devoto o non devoto. La Chiesa offra agli atei la Verità, l'unica Verità, di cui è custode e lo dev'esser fedelmente: sta a loro accettarla o meno. Preghi dippiù la Chiesa, invece di esaltarli, per la conversione di costoro. E preghi anche per se stessa, affinché riesca a mostrar ai fedeli tiepidi e di routine tutti i motivi, i tesori divini, perché tornino ad esserne innamorati.
A me, invece, non piace questo Brunelli.
Non mi piace questa distinzione tra "atei devoti o non". Già l'aveva usata Ravasi.
Non capisco perchè si debba sottolineare questa differenza. Mi sembra una distinzione a sua volta ideologica. E non riesco neppure a capire perchè gli uni debbano escludere gli altri.
O perchè debba sembrare quasi una colpa il condividere alcune conseguenze antropologiche della dottrina della Chiesa. Forse perchè chi le condivide si colloca,politicamente, a destra e, solo per questo, non è meritevole di credito? Meglio una femminista pro-aborto e un comunista austriaco?
Io non ho obiezioni circa queste scelte,(per altro so che qualcuno l'invito lo ha rifiutato) ben venga chiunque lo voglia, nel Cortile dei Gentili, ma non capisco perchè lo si debba sottolineare come una novità.
Per il resto sono d'accordo con il prof. Pastorelli: senza cattolici innamorati di Cristo e grati per la bellezza della Chiesa, che è loro madre, ogni dialogo non può che trasformarsi in accademia.
Per Fabiola e per il prof. Pastorelli
Il problema degli "atei devoti" (almeno per me) è che riducono l'esperienza cristiana a delle scelte etiche e queste scelte etiche "cristiane" vengono ridotte ad una operazione politica del tutto contingente.
Si tratta di una deformazione della Parola di Dio che Gesù condanna duramente, per esempio nel Vangelo di oggi.
La Verità della Chiesa, e su questo ha ragione Benedetto XVI, non è una "Verità intellettuale" ma una serie di verità reali che cambiano la mia vita e la tua vita nella vita di Cristo.
Cioè è ricerca.
Poi la religione, ogni religione e quindi anche quella cattolica, tende ad immobilizzarsi in un apparato ed in una "struttura di ceti dirigenti". Ma la Chiesa cattolica ha la sua santità nel fatto, fatto storico e antropologico, che le è impossibile ridursi a "apparato e ceti dirigenti".
Il nostro Re ci salva sempre, come ha promesso.
Infatti la Chiesa converte e si converte, ogni giorno.
E gli esempio sono sotto gli occhi di ciascuno di noi ed ognuno di noi può scegliere quelli che preferisce.
ciao
r
r
mi sembra che l'articolo non stili classifiche degli atei migliori (devoti o non devoti) ma semplicementi registra il dato di un'apertura più grande del papa; che non ha posto paletti politico-ideologici per iniziare un dialogo con chi non crede. E' un dato interessante, no?
Portando agli estremi il ragionamento di Raffaele: meglio chi la verità cristiana, informativa e performativa, la rigetta proprio (vedi il libro della Kristeva su Santa Teresa d'Avila) di qualcuno che la riduce a scelta etica, cogliendone la convenienza per l'umano. E' un'opinione. Ma il Papa, a Verona, non sembrava pensarla così.
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