Su segnalazione di Eufemia leggiamo:
La glasnost di Benedetto
di Maria Galluzzo
Il papa vara una riforma delle finanze della Santa Sede all’insegna della trasparenza.
Cambio di rotta per la finanza vaticana. La spirito riformatore di Benedetto XVI compie un passo concreto nella direzione della trasparenza. Con atti giuridici molto chiari.
Ieri infatti è stata pubblicata la lettera apostolica in forma di motu proprio con la quale il papa adegua lo stato della Città del Vaticano ma anche la Santa Sede – organo del governo della chiesa cattolica universale – alle norme europee sulla trasparenza finanziaria e all’antiriciclaggio.
Il motu proprio sancisce l’applicazione delle norme della Convenzione monetaria che è stata firmata il 17 dicembre del 2009 a Bruxelles dall’Unione europea e dal Vaticano ed emana in proposito un impianto legislativo molto articolato di contrasto delle attività illegali in campo finanziario e monetario.
Il provvedimento ha vigenza immediata per tutti i dicasteri della curia e per tutti gli enti e gli organismi dipendenti dalla Santa Sede, compreso quindi anche l’Istituto per le opere religiose (Ior), presieduto da Ettore Gotti-Tedeschi, da mesi sotto i riflettori della legge antiriciclaggio.
Il motu proprio di Benedetto XVI contiene molte novità in campo finanziario e monetario: lo stato della Città del Vaticano utilizzerà l’euro come moneta ufficiale (il conio pontificio della moneta europea non sarà solo più per la numismatica); viene istituita l’Autorità di informazione finanziaria (Aif), che in sintesi ricalca la funzione che da noi svolge la Vigilanza di Bankitalia.
Ci sono novità anche sul fronte dei reati, con pene pecuniarie e detentive: ad esempio, reclusione fino a 12 anni per riciclaggio, 15 anni per reati legati al terrorismo e all’eversione.
In una sintesi molto spicciola, d’ora in poi tutte le somme che escono ed entrano dal Vaticano saranno controllate. Con questa nuova legge, spiega direttore della sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, il Vaticano in sostanza entra nella white list, cioè nell’elenco dei paesi virtuosi in fatto di trasparenza finanziaria deciso dal Gafi, il Gruppo d’azione finanziaria internazionale contro il riciclaggio dei capitali che fa riferimento all’Ocse.
Una rivoluzione? Certamente la normativa pubblicata ieri rappresenta un atto dovuto da parte del Vaticano. Non attuare la convenzione monetaria europea avrebbe relegato lo stato del papa nella black list, dove si iscrivono stati come le Cayman. Ma anche una grande riforma se si pensa che il piccolo stato Oltretevere è sempre stato considerato un “paradiso fiscale”. Un cambiamento di tale portata deve avere trovato più di un oppositore proprio all’interno della stessa curia.
A sostenere papa Ratzinger nella sua volontà di rinnovamento in questo settore non secondario della vita della Chiesa – come scrive nell’incipit del motu proprio – è stata la consapevolezza che la pace ai tempi della globalizzazione è «minacciata» anche dall’uso «improprio del mercato e dell’economia». Nella cordata che in questi mesi lo ha aiutato a cercare di scrollare dalle spalle della Chiesa il peso degli scandali finanziari c’è il cardinale Attilio Nicora, presidente dell’Apsa (Amministrazione del patrimonio della Santa Sede) – al quale è possibile immaginare che affiderà la guida nel neonato Aif.
Nel gruppo “riformatore” c’è anche il segretario di stato Tarcisio Bertone e Gotti-Tedeschi, che, dopo il sequestro dei 23 milioni allo Ior da parte della procura di Roma, ha spinto sull’acceleratore del processo di trasparenza già in atto.
Ma su tutto c’è un papa etichettato come “arciconservatore”, che sta dando importanti lezioni da “riformatore”.
© Copyright Europa, 31 dicembre 2010 consultabile online anche qui.
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