mercoledì 30 marzo 2011

Diplomazia e caritas, la Chiesa si mette al lavoro per la pace (Rodari)

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2 commenti:

Anonimo ha detto...

OT.
Costante crescita in Francia della giovane Comunità dell'Emmanuel, che riporta i seminaristi all'Adorazione Eucaristica.

http://lesalonbeige.blogs.com/my_weblog/2011/03/lemmanuel-une-communaut%C3%A9-dynamique-en-france.html

Alberto

Anonimo ha detto...

Da cattolico sostengo che la diplomazia vaticana non ha mai capito molto delle crisi geopolitiche, nel senso che per la loro soluzione ha sempre auspicato "tout court" la fine dei combattimenti ed il ritorno al negoziato. Sul piano emotivo è una posizione ampiamente comprensibile, e facile da sostenere per uomini di fede interpreti del Vangelo.
Fatta questa preliminare considerazione, per non restare nelle conclusioni "lunari ed astratte" devo aggiungere il mio modesto parere, che forse non sarà condiviso da molti lettori, i quali, scandalizzati, mi tacceranno per pessimio cattolico e potenziale guerrafondaio, cosa, quest'ultima, che non sono assolutamente.
Secondo le tensioni armate internazionali, che coinvolgono il mondo islamico, non possono essere giudicate secondo il metro di misura della cultura e delle tradizioni giuridiche internazionali della cultura occidentale. Intendo dire che questi conflitti, dove in genere una parte delle due in conflitto, non ha alcuna intenzione di avviarsi ad un percorso di pace (cito ad esempio alcuni casi: la Libia di Gheddafi, la striscia di Gaza di Hamas, l'Iran di Amadinejad, la Siria di Assad) non si possono risolvere con il negoziato, perché il negoziato non fa altro che procrastinare all'infinito le tensioni guerreggiate, con incremento costante e sostanziale del numero dei morti e degli ammazzamenti per odio. Sul piano razionale, per quanto possa apparire un discorso cinico (e non lo è, ma si tratta solo di uso razionale del cervello) è preferibile che una delle parti in lotta risulti vincitrice (con tutte le possibili ritorsioni post-belliche, da mettere, purtroppo, in conto), perché nelle guerre "pareggiate", senza vincitori nè vinti, e sempre parlando del mondo islamico, la violenza prosegue indisturbata per decine e decine di anni. L'esempio palestinese insegna.
Dunque fare come fa la diplomazia vaticana, di invocare la fine degli scontri ed il ritorno al negoziato, nel contesto islamico, è affermare ipotesi "lunari" prive di qualsiasi possibilità oggettiva. In quello scacchiere di guerra o di guerriglia l'unica logica che può diminuire, sul piano statistico prospettico, il numero dei morti e le continue tensioni armate del tempo a venire, è che una delle parti risulti vincitrice e l'altra soccombente. Piaccia o non piaccia, sul piano razionale, le cose stanno così. Poi, se rimuovendo l'uso del cervello, come interpreti cattolici delle degenerazioni islamiche, noi pacifi cattolici dobbiamo cullarci superficialmente sulle affermazioni astratte "niente guerra, solo disarmo e negoziati" possiamo pure farlo, ma facciamo opera di astrazione, fuori dalle realtà di quel mondo. Siamo i nuovi Don Chisciotte che combattono una battaglia perdente contro i mulini a vento del nostro tempo, semplicemente perché non abbiamo compreso razionalmente l'essenza dei problemi nello specifico contesto geopolitico islamico.
Anche la Chiesa non è talvolta immune dalla demagogia, spesso in buona fede, alcune volte no (per discutibili fissazioni considerate di cogenza dottrinale, ma sarà poi cosi?), da certe forme di demagogia che prendono a prestito il Vangelo per giustificare, solo in apparenza e non nella sostanza, la deriva pacifista, senza tener conto delle conseguenze "a distanza", del numero dei morti che "una pace od un armistizio malfatti" produrranno negli anni futuri.
Raffaella, sii gentile, non mi censurare l'analisi, che, dal mio angolo visuale, è onesta e sincera. Grazie.
Cherokee.