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Pedofilia/ Quando vescovo di don Ruggero ammise: Non ho denunciato
La deposizione di mons. Reali a maggio: Non avvisai il Vaticano
Il vescovo di Porto-Santa Rufina (Fiumicino) non denunciò alle autorità civili don Ruggero Conti, il sacerdote oggi condannato a 15 anni per pedofilia dal tribunale di Roma, né avvisò il Vaticano, come prevedono le norme canoniche. A riferirlo, in una deposizione che si è svolta lo scorso 20 maggio, è stato lo stesso monsignor Gino Reali. "Esiste una direttiva della Chiesa cattolica che dice che c'è l'obbligo, in presenza di un fatto accertato, di denuncia alle autorità civile laddove la legge dello Stato lo preveda, ma non so cosa preveda la legge italiana", disse in quell'occasione il presule. Nella sua deposizione di maggio, monsignor Reali spiegò anche di aver istituito un tribunale ecclesiale in seguito alle denunce raccolte di un ragazzo che aveva riferito di essere stato abusato quando era minorenne. "Trovai questo ragazzo abbastanza sincero, lo invitai a denunciare i fatti e a mettere per iscritto le accuse", raccontò il vescovo. "Due giorni dopo mi arrivò la sua lettera ma, dopo aver costituito un piccolo tribunale per procedere in maniera canonica, lui non se la sentiva di andare avanti perché disse che non voleva che i suoi genitori lo sapessero". Quanto al Vaticano, monsignor Reali, interrogato dagli avvocati di parte civile, spiegò: "Io ho l'obbligo di avvisare la Congregazione per la dottrina per la fede quando ho fatto un'indagine previa e ho verificato che è fondata, ma in questo caso non l'ho avvisata. Ho chiesto informazioni e ho incontrato in termini informali qualcuno della Congregazione". Dopo che lo scandalo pedofilia l'anno scorso ha investito numerosi paesi, dall'Irlanda alla Germania, dagli Stati Uniti al Belgio, la congregazione vaticana per la Dottrina della fede ha adottato a maggio scorso norme più restrittive.
Papa Ratzinger, fautore di una linea di 'tolleranza zero', ha scritto una lettera ai cattolici irlandesi, ha incontrato gruppi di vittime dei preti pedofili in alcuni paesi ed ha accettato le dimissioni di diversi vescovi. Per la Santa Sede, un vescovo - qualora il sospetto abbia verosimiglianza con la verità - ha l'obbligo di investire la congregazione per la Dottrina della fede. Quanto alla denuncia alle autorità civili, non esiste una norma canonica univoca e l'indicazione del Vaticano è di rispettare le diverse normative nazionali. Don Conti nel 2008 è stato anche testimonial della campagna elettorale di Gianni Alemanno per le politiche della periferia e del disagio sociale del Comune di Roma.
Quanto all'Italia, la Conferenza episcopale italiana non ha ritenuto sinora di prendere iniziative specifiche come avvenuto in altri paesi europei (strutture 'ad hoc' sul tema degli abusi sessuali, numeri-verdi, revisioni normative). Come ha spiegato il cardinale Angelo Bagnasco all'assemblea generale di Assisi lo scorso novembre in merito alle linee-guida del Vaticano, "a nostro avviso non necessitano, fino ad oggi - ma la valutazione è aperta - di particolari, altre strutture, iniziative o precisazioni". In un'intervista dell'anno scorso ad 'Avvenire', monsignor Charles J. Scicluna, 'promotore di giustizia' della congregazione vaticana, parlò così dell'Italia: "Finora il fenomeno non sembra abbia dimensioni drammatiche, anche se ciò che mi preoccupa è una certa cultura del silenzio che vedo ancora troppo diffusa nella Penisola. La Conferenza Episcopale Italiana (Cei) offre un ottimo servizio di consulenza tecnico-giuridica per i vescovi che devono trattare questi casi. Noto con grande soddisfazione un impegno sempre maggiore da parte dei vescovi italiani di fare chiarezza sui casi segnalati loro". Senza ulteriori dettagli, la Cei, interpellata dai giornalisti, ha reso noto nei mesi scorsi che sono cento i casi di abusi sessuali sui minori da parte dei preti cattolici che i vertici della Chiesa italiana hanno registrato negli ultimi dieci anni. Quanto alle denuncie, il segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata, ha avuto a precisare, nei mesi scorsi, che l'Italia "è uno di quei paesi in cui la legge civile non prevede l'obbligo di denuncia" di casi di pedofilia. "Questo evidentemente non esclude che, per nostra iniziativa, assicuriamo una cooperazione e collaborazione che consiste nell'accertamento dei fatti e nell'incoraggiamento alla denuncia dei fatti da parte di chi ha subito o è a conoscenza dei fatti". Proprio ieri, peraltro, l''Avvenire' ieri ha dedicato un dossier speciale alla pedofilia. "Oggi, i riflettori sullo scandalo pedofilia sono di nuovo spenti (anzi, spentissimi)", ha scritto in prima pagina il direttore Marco Tarquinio. "E a misurarsi senza lesinare energie con il feroce e avido mostro dello sfruttamento sessuale dei più piccoli sono rimasti un gruppo di poliziotti e di uomini della legge, i soliti volontari e proprio quei preti e quegli uomini e quelle donne di Dio che erano stati messi 'in blocco' nel mirino". Nel dossier, tra l'altro, anche il punto sul "rigore e l'impegno" della Chiesa. Il giornale Cei ricorda che è in arrivo una "lettera circolare della Congregazione alle Conferenze episcopali sulle linee guida da offrire per un programma coordinato ed efficace nella direzione sopra descritta". Il vescovo di Fiumicino oggi ha commentato la condanna di don Ruggero Conti con una nota nella quale ha detto di aver appreso "con rispetto" la decisione dei magistrati, ha espresso "profondo dolore per l'accaduto" e, sottolineando che "quanto avvenuto ferisce l'intera comunità ecclesiale", ha invitato tutti "alla preghiera e alla penitenza". Quanto alla situazione attuale e futura di don Conti, "nei confronti del sacerdote, che aveva già la proibizione dell'esercizio pubblico del ministero, verranno presi i provvedimenti previsti dalla disciplina della Chiesa, secondo le indicazioni della competente Congregazione per la Dottrina della Fede". Nella deposizione di maggio in tribunale, mons. Reali, 64 anni, precisò di avere appreso delle accuse di abusi sessuali sui minori dallo stesso parroco di Selva Candida che, nell'ottobre del 2006, gli riferì di voci che circolavano sul suo conto e formulò il sospetto che a metterle in giro fosse stato uno dei suoi viceparroci, don Claudio Peno Brichetto. E' stato proprio quest'ultimo a denunciare il sacerdote. Don Ruggero Conti "mi ha sempre smentito in modo deciso quelle voci che circolavano sul suo conto", riferì mons. Reali. "Io ho cominciato a verificare le accuse a partire dai suoi più stretti collaboratori. Ho incontrato sacerdoti, laici, religiose ed ho detto loro di invitare chi sapeva a farsi avanti. Ho visto una ventina di persone. Ho cercato riscontri con i mezzi che il vescovo ha a disposizione, muovendomi secondo la normativa canonica". Ad ottobre del 2006 don Ruggero Conti chiese al vescovo Reali di lasciare la parrocchia per un mese di pausa. Quando tornò il vescovo, sulla scorta delle indicazioni raccolte, ha riferito di avergli dato tre indicazioni: "Un impegno maggiore nella vita spirituale della parrocchia che aveva avuto una forte attenzione nell'impegno di costruire una nuova casa parrocchiale. Assumere un atteggiamento più prudente nei confronti di ragazzi e bambini in particolare per quanto riguardava i baci e gli abbracci che lui era solito dare anche agli adulti. Gli chiesi, infine, di non accogliere ragazzi in casa", ha detto mons. Reali che ha precisato, su domanda di un avvocato di parte civile, di essere stato a conoscenza che il sacerdote ospitava a casa dei ragazzi anche di notte. "Lui promise di impegnarsi ed attuare queste indicazioni". L'associazione Caramella buona, parte civile nel processo a carico di don Ruggero Conti, ha preannunciato che intende chiedere l'incriminazione del vescovo per favoreggiamento della pedofilia.
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1 commento:
Nel 2009 il Vaticano, dopo averlo sanzionato, accettò le dimissioni anticipate dell'olandese Schilder, vescovo in Kenya dal 2003, per un abuso su un ragazzo commesso una ventina d'anni fa.
http://www.rnw.nl/africa/article/vatican-punishes-dutch-bishop-child-abuse-kenya
Alberto
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