Il volume
Diritto ecclesiale, «edificio» fondato nella teologia
Ha la presentazione dell’allora cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il libro di Dario Composta pubblicato nel 1985 e ora ristampato dalla Lev
DA ROMA
GIANNI CARDINALE
L’influsso di un diffuso antigiuridismo nel periodo post-conciliare è stato più volte evocato tra le concause che spiegano la crisi nella gestione dei casi di abusi sessuali compiuti da chierici nei confronti di minori.
Lo ha fatto lo stesso Benedetto XVI, ad esempio, nella Lettera pastorale ai cattolici d’Irlanda o nel libro-intervista Luce del modo, dove ricorda che «a partire dalla metà degli anni Sessanta (…) dominava la convinzione che la Chiesa non dovesse essere una Chiesa del diritto» (pag. 47). Ma la negatività di questa «convinzione» era ben chiara al cardinale Joseph Ratzinger ben prima che venisse elevato al Soglio di Pietro.
Ne è riprova, tra l’altro, un denso volume che la Libreria editrice vaticana (Lev) ha voluto da poco ristampato: «La Chiesa visibile. La realtà teologica del diritto ecclesiale» (pagine 525, euro 26).
Si tratta di un’opera pubblicata per la prima volta nel 1985 del compianto don Dario Composta, salesiano, scomparso 85enne nel 2002 dopo essere stato per lunghi anni professore di diritto canonico alla Pontificia Università Urbaniana.
E che già in quella prima edizione era impreziosita da una «presentazione» del cardinale prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Ratzinger appunto. In quel testo il futuro pontefice segnala la fatica di don Composta quale esempio di «primo» tentativo di elaborare una «monografia cattolica completa» di «teologia del diritto canonico quale parte essenziale della teologia».
Un giudizio che viene sottolineato dal curatore di questa seconda edizione – l’uditore di Rota monsignor Giuseppe Sciacca – quando nella sua introduzione loda «la maturità e la prudenza» dell’opera («invero inusuale per gli anni in cui fu elaborata»), caratteristica che «ne addita l’attualità e ne consiglia oggi la ripubblicazione». Monsignor Sciacca nell’introduzione ricorda come durante «la vivacissima stagione conciliare», quando tuttavia «non mancarono tensioni e financo travisamenti dottrinali», don Composta «ritenne di dover approfondire i suoi studi scientifici instancabilmente condotti nel senso dell’ermeneutica della continuità», senza rimanere abbagliato «di fronte ai fenomeni sessantotteschi e post-sessantotteschi, siccome davanti alla definitiva, e improbabile, epifania della storia che avesse finalmente rivelato il vero senso della realtà, ecclesiale e non, all’insegna di una (non si capisce come criticamente e storicamente fondata) ermeneutica della 'discontinuità', quasi che il provvidenziale e fisiologico rinnovamento voluto dal Concilio Vaticano II potesse aver comportato l’eversione della Tradizione, viva e organica, della Chiesa e nella Chiesa». E suggerisce come il volume possa offrire «utili suggestioni e preziose indicazioni» a chi «riterrà ormai maturi i tempi», per mettere «mano a un’intelligente rivisitazione di quel che in passato veniva definito 'diritto pubblico ecclesiastico'». Perché, spiega monsignor Sciacca, oltre alla libertas Ecclesiae nel quadro della difesa del diritto alla libertà religiosa, va «ugualmente salvaguardato alla Chiesa quell’irrinunciabile spazio di peculiare libertas che necessariamente consegue dall’autoconsapevolezza, da parte della Chiesa stessa, della propria identità ordinamentale e giuridica».
Una «autoconsapevolezza» che «rappresenta e tutela la visibilità della Chiesa siccome essa si appalesa nei sentieri della storia».
© Copyright Avvenire, 19 marzo 2011
Vedi anche:
Origine, essenza e fine del diritto canonico (Giuseppe Sciacca)
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