venerdì 18 marzo 2011

Dopo Tettamanzi, Amicone: Ora un vescovo che testimoni l'orgoglio di essere Cristiani (Scaramuzzi)

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7 commenti:

Anonimo ha detto...

Secondo me è di una figura di pastore davvero nuova che la diocesi di Milano e la Lombardia hanno bisogno. Una figura libera da appartenenze a movimenti e impossibile da accostare alle figure degli immediati predecessori. Un pastore giovane che sappia accogliere tutte le sensibilità e far rifiorire una fede gioiosa nei fedeli.
Alessia

Angelo ha detto...

L'orgoglio non è mai stata una virtù cristiana.

Anonimo ha detto...

Amicone, in un linguaggio rispettoso verso Martini e Tettamanzi, lascia trasparire chiaramente, dal suo lessico, una esigenza di fondo, a mio avviso abbastanza trascurata da entrambi i metropoliti: l'integrazione delle altre culture, soprattutto di quella islamica, non può limitarsi ai servizi di assistenza sociale (vitto, alloggio, doposcuola ai figli, pacchi dono e scorte alimentari, ecc), ma deve perseguire il disegno di Cristo, basato anche e direi soprattutto sulla proclamazione del Vangelo, sulla sua diffusione tra i non cristiani. E' inutile girare intorno al problema: finché i cristiani, con delicatezza ma determinazione, non si adopereranno per divulgare il vangelo tra i non cristiani ed in particolare tra gli islamici, l'opera sociale benemerita della Chiesa e di quella milanese in particolare, resterà qualche cosa di "fine a se stessa", un segno di carità materiale, non una "predicazione integrale del Vangelo". Va anche detto, per doverosa chiarezza, che anche parecchie gerarchie, in tempi passati e recenti, hanno "ridotto l'iniziativa cristiana" verso i non cristiani, alla semplice assistenza sociale, quasi fossero delle strutture statali di assistenza ai paesi poveri. Hanno sostanzialmente abbandonato la predicazione ed il proselitismo preferendo l'acquiescienza al comodo paravento esclusivo dell'assistenza sociale dei non cristiani. Il risultato è stato deleterio:la Chiesa ha fatto molta carità, ha dato molta assistenza ai bisognosi non cristiani, ha spesso ricevuto insulti e maltrattamenti (anche in Italia) dai non cristiani, soprattutto dagli islamici. Purtroppo i vescovi, sono spesso lenti di riflessi; se non avessero dalla loro lo Spirito Santo non so dove andrebbero a finire, perché mostrano spesso una spiccata propensione "a non capire i problemi del tempo restando con i piedi per terra".
Nella mia parrocchia sono state assicurate varie forme di assistenza agli islamici; non ho mai saputo che anche uno solo di essi avesse mostrato una qualche attenzione concreta al cattolicesimo; hanno sempre e solo proclamato la bontà dell'Islam, senza un minimo di attenzione ai valori dottrinali e morali del cattolicesimo.
Cherokee
Cherokee

Fabiola ha detto...

Un'appartenza qualsivoglia non è mai un limite, nello spazio della cattolicità. Tutti noi abbiamo incontrato Cristo attraverso circostanze particolari, che non abbiamo scelto ma alle quali abbiamo obbedito. E' la dinamica dell'Incarnazione che continua nella storia. E anche quella alla parrocchia è un'appartenenza.
Se la realtà di Chiesa che ci educa educa a Cristo non può che educare alla libertà e all'accoglienza cordiale di tutte le diversità nell'unità sull'essenziale.
Quanto all'"orgoglio di essere cristiani" forse è un termine infelice ma il concetto è centrato: don Giussani la chiamava "ingenua baldanza", fierezza se volete; come si può amare qualcosa senza esserne fieri e grati?

Il papa è il mio padre spirituale ha detto...

C'era chi in questi giorni si augurava il card Bagnasco come arcivescovo di Milano; nel qual caso, faccio notare, Milano diverrebbe ancor più importante, perchè ci sarebbero 2 cardinali, la carica principale della CEI, università, testate giornalistiche, TV,....tutto in mano a questa chiesa che sta creando tanto scompiglio nella cattolicità.
Si divida invece la diocesi e la si renda meno potente!

Anonimo ha detto...

Con il dovuto rispetto credo che Fabiola non abbia compreso appieno il senso del mio intervento.
Ribadisco sinteticamente il concetto: la carità è la prima virtù teologale, secondo S.Paolo; quindi i cattolici devono occuparsene; ma la sola carità è un concetto cristianamente zoppo, che trascura il comandamento di Cristo di "andate e predicate il mio Vangelo a tutte le genti". Servono entrambe le opere, ma il Vangelo "della carità", senza quello della predicazione della parola e della chiamata all'ascolto, rivolta ai fratelli non cristiani (ed in particolare ai diffidenti islamici), non adempie pienamente l'insegnamento di Cristo, che vuole che tutti gli uomini "lo riconoscano", e per riconoscerlo, occorre che qualcuno parli di Lui ai non cristiani; li inviti a leggere le sacre scritture, a confrontarsi dottrinalmente e moralmente con esse, a verificare i contenuti etici del messaggio evangelico.
Quest'ultima parte, a mio avviso, negli ultimi quindici anni, è stata abbondantemente trascurata da ampi strati della Chiesa, pezzi di gerarchie comprese, che hanno abdicato al bisogno insopprimibile, ed in linea con le tendenze culturali del nostro tempo, di "fare, con i non cristiani e gli islamici in particolare, gli assistenti sociali" e .....basta!
Un'ottica riduttiva sbagliata! Che magari ottiene qualche contributo finanziario a fondo perduto dalle strutture pubbliche, ma che non fa camminare il cattolicesimo.
Cherokee

Fabiola ha detto...

Caro Cherokee sono del tutto d'accordo con te.
Mi riferivo, invece, ai primi due post. In particolare al fatto che si invochi una personalità "libera da appartenenze ", se questo fosse possibile. Mi infastidisce un po' questa diffidenza nei confronti dei movimenti, come se impedissero apertura e accoglienza.
Può darsi che accada ma di solito è responsabilità dell'immaturità di fede dei singoli oppure di quella realtà antica come l'uomo che si chiama peccato.