Nel nuovo libro Benedetto XVI spiega: i «Giudei» erano l'aristocrazia
Andrea Gagliarducci
Non è solo un saggio sulla vita di Gesù.
È un libro che parte dalla vita di Cristo, la racconta e da questa cerca di dare risposte agli interrogativi dell'animo umano.
I primi stralci del secondo volume di Benedetto XVI dedicato a "Gesù di Nazaret" (Edizioni Lev) raccontano di una ricerca che ci consegna un Gesù che celebra l'ultima cena non durante la Pasqua, ma il giorno prima (è l'istituzione di una nuova Pasqua), e che muore significativamente proprio nel momento in cui vengono sacrificati nel tempio gli agnelli pasquali; che mostra Ponzio Pilato come l'emblema del limite umano, il quale accantona come "irrisolvibile" la domanda sulla verità, come avviene - dice Ratzinger - anche oggi; e che segna una nuova alleanza con il popolo ebraico, non più additato come il colpevole della morte di Gesù. Ma allora chi ha voluto la morte di Cristo? Ratzinger nota che il Vangelo di Giovanni parla semplicemente di "Giudei".
Ma il termine non si riferisce al popolo di Israele, quanto all'aristocrazia del tempio. La stessa aristocrazia che non entra nel palazzo di Pilato a chiedere la morte di Gesù per rimanere pura esteriormente, in contrasto con l'impurità del cuore. È il "popolo" a scegliere Barabba. Ma un popolo fatto dai sostenitori del rivoltoso anti-romano, mentre i discepoli di Gesù per paura restano nascosti. Secondo Matteo, il popolo ha detto: "Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli". E questa frase ha dato vita a decenni di antisemitismo nella Chiesa. Ma Ratzinger ricorda che il sangue di Gesù "non chiede vendetta e punizione, ma è riconciliazione. Non viene versato contro qualcuno, ma è sangue versato per molti, per tutti". Questa affermazione sul sangue significa, insomma, che "tutti noi abbiamo bisogno della forza purificatrice dell'amore, e tale forza è il suo sangue. Non è maledizione, ma redenzione, salvezza". Ed ecco che i tre brani dati in anticipazione sono legati da un filo rosso. Il tradimento di Giuda, avvenuto nell'ultima cena, è la rottura di una amicizia che può venire - secondo Giovanni - solo da Satana, tanto è inspiegabile. Gesù ne soffre, e in quell'ora si carica "del tradimento di tutti i tempi, della sofferenza che viene in ogni tempo dall'essere traditi". È un messaggio che Benedetto XVI ha sentito vivo durante il suo pontificato.
Tanto che a Fatima, nel pieno delle rivelazioni sui sacerdoti pedofili, ha messo in penitenza la Chiesa ricordando che il terzo segreto di Fatima non si è compiuto solo nell'attentato di Giovanni Paolo II, ma che ha bisogno di continua redenzione e purificazione.
È un mistero che fa parte della natura della Chiesa. Scrive il Papa che Gesù muore perché alla fine Pilato preferisce l'interpretazione pragmatica del diritto, più importante della verità. "La pace - scrive il Papa - fu per lui più importante della giustizia". Andò bene, per un periodo. "Il fatto però - chiosa Ratzinger - è che la pace non può essere stabilita contro la verità".
© Copyright Il Tempo, 3 marzo 2011 consultabile online anche qui.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento